
Edito da Hollander nel 2016 • Pagine: 168 • Compra su Amazon
Edoardo ha sogni di gloria, ma il suo capo è un falsario dedito a svaghi pericolosi. Edoardo perde il lavoro. Incontra una ragazza improbabile. La perde. Trova un nuovo lavoro: consegnare lettere. I suoi capi sono inquietanti come le lettere che deve consegnare. Edoardo viene coinvolto in lunghi viaggi in luoghi impossibili. Il Tempo può non essere un luogo ameno. Edoardo innamorato subisce e patisce, fino ad un giorno di pioggia, quando tutto si ferma. E tutto ricomincia.

Grande vernissage, niente da dire. Tutta la città che conta, critici venuti anche da fuori, catering di qualità, belle donne. Peccato non fosse avanzata né una briciola, né un fondo di Champagne, ma pazienza. Erano tutti famelici, digiuni da mesi, e trangugiavano a velocità impressionante. Le mani in tasca, la bella giacca sbottonata, sentendosi seducente, Edoardo strizzò l’occhio a Irina, che trasportava ingrugnita secchio e spazzolone. La biondina lo fissò come fosse trasparente, entrando nell’altra stanza. Straniere, pensava Edo. E non era una brutta ragazza, aveva un fisico notevole, ma la faccia da campagnola suscettibile, una noia. E comunque, non riusciva a dire quattro parole giuste di seguito. Per sopravvivere in un altro Pese, bisogna avere un minimo di cultura, sennò, giù a lavare pavimenti. Intanto s’era fermato davanti all’opera principale. Un metro per due, “ Paesaggio interiore ”. Acrilico su tela, subito venduto. Impressionante, era l’espressione giusta. Pittore notevolissimo, quel Tedesco. Olandese, o Fiammingo o cosa era. Kaspar. Visionario, creatore di paesaggi allucinati. Grandissima tecnica, uso superbo del colore. Ancora un colpo da maestro del Capo, che confermava la teoria. Per riuscire, nel mondo, occorre un giusto intingolo di abilità e cattiveria. Solo bravi non basta, solo cattivi non rende. Entrambe le cose, come il dottor Morgante. Impara, ragazzo. Che poi, dove avesse pescato quel Kaspar, vai a sapere. Questione di fiuto. A vederli vicini, la sera prima, uno avrebbe immaginato le parti assolutamente rovesciate. Quell’ometto occhialuto, in giacca impiegatizia, di pochissime e impacciate parole, sembrava un gallerista di quart’ordine, e invece era l’artista sulfureo e stupefacente. Il bell’uomo brizzolato e charmant che faceva il galante con tutte, ma proprio tutte, le signore, di qualsiasi età, che parlava forbito, che conosceva l’arte moderna come pochi al mondo, con quell’aria da grande divo internazionale, si limitava a fare il gallerista. Però, che gallerista. Un genio, nel suo campo. Edo sospirò, immaginando voluttuosamente un se stesso vent’anni dopo, al posto di Morgante. Beh, meglio, di Morgante, ovvio. Lo squillo del telefono spezzò la promettente fantasia. Chi avrà vinto l’ambito titolo di primo seccatore della giornata, vediamo un po’. Un sospetto l’aveva, la conferma gli strappò un auto compiaciuto sorriso di congratulazioni. No signora, il dottore non è ancora arrivato. Nel pomeriggio, immagino. Non mancherò. Urgente, ho capito. Non dubiti. Chi, se non l’ex moglie di Morgante. Altra bella donna, tra parentesi, ma così sanguisuga, così orribilmente idrovora di pecunia, da fuggire subito, lontanissimo. Cosa che Morgante aveva certo fatto, ma con deplorevole ritardo. Nessuno è perfetto. Di conseguenza, regola aurea: donne in abbondanza, mogli, mai. Semplice, efficace. L’orrida lucidatrice di Irina ronzava monotona. Gli impedì di sentire il campanello che trillava, musicale e discreto. Per caso, vide un gesticolare dietro la porta d’ingresso in vetro smerigliato. Non un cliente venuto dalla pioggia, impossibile. Ma infatti, la sagoma si direbbe giovanile, si direbbe con casco sotto braccio. Ancora ovvia deduzione. Apri, e chi ti guarda simpatica come una biscia d’acqua? Solo lei, Stefy. La dolce pargoletta di Morgante, e della amabile signora di poco prima. Degna figlia di tanta mamma. Aspetto, dieci e lode. Adolescente da ingrifare dieci Humbert, ma carattere raccapricciante. La Viziata per antonomasia, succiasoldi peggio di mamma. Infatti, che fa la carina? Batte cassa, tranquilla.
“Non c’è papino? Oh, cavoli. No che non faccio a tempo di andare a casa sua. Io studio, non lo sai. E poi, a casa di papino a quest’ora c’è il coprifuoco, caro il mio ingenuo. Battonazze in libertà fino a mezzodì. Ma tu, caro Edoardo, non potresti farmi un prestitino? Pronto rimborso domani al più tardi, come sempre.”
Con dolore, Edoardo toglie di tasca i biglietti di banca, li allunga timido. Una adunca rapace manina con unghie decoratissime glieli strappa fulminea. Veloce sexy sorriso, e giù per le scale. Riavere il prestito in restituzione, sarebbe stata impresa improba. Già la perfetta mattinata s’incrinava un po’.
Pazienza, vecchio mio. Non ti alterare. Richiudi la porta, vai a guardare la posta elettronica. Ordina una spremuta al bar. Sopravvivi, insomma. Chissà se il Capo stava esagerando. L’ultima volta, era ricomparso con una faccia spaventosa, verso sera, semi collassato. Occorre comunque riguardarsi, ad una certa età. Orge e stravizi uccidono. Allora a che serve, diventare ricchi, se poi si schiatta troppo giovani. Altra regola: mai strafare con i divertimenti. Anche se, a ripensarci, aveva, la sera innanzi, colto un curioso frammento di conversazione, nel brusio del vernissage. Voci anonime, davano il Kaspar come autentico Satanista. Uno di quei tizi che giocano alla Magia Nera? Edo fa smorfie di raccapriccio. Se il Signore delle Mosche esiste, meglio lasciar perdere, che tanto ci perdi. Se non esiste, è gioco da imbecilli. Ergo, lascia perdere in ogni caso. Regola aggiunta, niente trasgressioni inutili. Distraggono dal successo. In seguito, Morgante e Kaspar erano andati via insieme. Ma poi, in fondo, a me che importa? E già Edo si stira, e sta per chiamare il bar, ma la cornetta squillante lo previene. Chi tormenta? Per un attimo, ha quasi la certezza si tratti di qualche compaesana di Irina. Più straniera e selvatica di lei, perché parla strano davvero.
” Vi scongiuro fortemente, subito dovete intervenire. ” Biascicato da una voce femminile ma notevolmente roca. Calmo, Edo sfoderò il giusto piglio professionale.
“Galleria d’arte Morgante. Sono Edoardo Vizzini. Se posso esserle utile, dica pure. ”
“Per l’appunto è ciò che dissi, messere di nome Edoardo. Intervenite, vi prego. Assai funesta è la situazione.”
Sospirò. Ma davvero volevano rovinargli la mattinata. Non ci sarebbero riusciti. Garantito.
“Mi scusi ” con tono appena seccato, un’ombra, di durezza. “Posso sapere chi parla ? ”
” Appellatemi Regina, se vi aggrada. Ma accorrete.”
Uno scherzo? Ancora un secondo di glaciale calma, e poi sbatti giù.
” Abbia pazienza, signora, ma ho difficoltà ad afferrare il problema. Vuole per cortesia ricominciare da capo, e lentamente? Se preferisce parlare Inglese, non ci sono problemi. Per favore, non dimentichi che sto lavorando. ” Checavolo, insopportabili i perditempo. Se telefonava troppo tardi quelli del bar finivano tutti i croissant.
” La quaestio è semplicissima. Qui urge che veniate. In vostro interesse, parlai. Non nel mio.”
Quello che è troppo. Fa anche la proterva.
” Nel pomeriggio potrà trovare il titolare. Adesso mi perdoni, ma sono oberato di lavoro. Mi trovo costretto a lasciarla, signora. Davvero. ”
” Non nel meriggio, ne mai, trovare sarà possibile sire Morgante. Egli è lontano, ormai, verso tenebrosi lidi da cui non v’è ritorno, insieme ad un figuro di nome Kaspar. Accorrete messer Edoardo, prima che Colui che fu liberato venga a cercarvi, con vostro grandissimo personale rischio.”
Chissà perché, mentre la mente logica s’inalberava urlando non dire scemenze, l’inconscio ebbe un brivido che gli gelò le ossa. Effetto di quel suadente timbro, era possibile. Ma intanto gli si bloccarono le minacce in gola, anche se tentava di essere ancora saldo e deciso.
” Se è uno scherzo, l’avverto che non lo tollero. ” Stava per riattaccare, e in quell’attimo vide ciò che era evidente dal principio. Il display dell’apparecchio indicava il numero di chiamata. Senz’ombra di dubbio, era quello della casa di Morgante. Fu chiaro in un lampo. Quello che non doveva succedere, era avvenuto. Il vecchio maiale s’era inguaiato. E questa, era una mercenaria coinvolta in un’orgia, o chissà quale orrenda porcheria innominabile. Non si muova, sbraitò, in cinque minuti sono lì. E già schizzava, senza aspettare risposta, urlando a Irina un “ torno subito ” che quella placidamente ignorò. Ascensore veloce e diretto nei garage sotterranei, anche perché l’auto nuova e costosa ( molte rate di leasing incombenti) sarebbe follia abbandonarla in pubblici parcheggi infestati da rigatori selvaggi e teppisti demolitori. Rombo musicale d’avvio, e già sgommava sulla rampa. Traffico convulso, certo, ma in fondo erano pochi isolati. Chi non è buzzurro vive nel cuore della metropoli, diceva sempre Morgante. Santa verità, anche se Edo, per il momento, provvisoriamente, insomma, abitava un poco più in periferia. Altro palazzo elegantissimo “ Casa d’epoca prestigiosa” come lo definivano gli Immobiliaristi, altro garage sotterraneo. Vietatissimo agli estranei, ma non a lui. Edoardo aveva duplicato di chiavi e permesso di transito, dopo una baruffa condominiale di Morgante. Signori, aveva detto tuonando il Capo, il mio più stretto collaboratore ha libero accesso alle proprietà della Galleria. E se queste proprietà sono immagazzinate nella mia cantina climatizzata e blindata, il mio collaboratore vi accede. Basta. E zitti quei meschini, quasi tutti bottegai del centro, orologiai e profumieri e perfino un pizzicagnolo, ma di quelli che vendono prosciutti e omelettes a peso d’oro. Quindi parcheggiò dietro l’auto presidenziale blu di Morgante. Intralciava la corsia, ma era un’emergenza, ci mancherebbe. Quattro minuti dopo, aveva il dito sul campanello dell’appartamento. Lo stesso suonino musicale e discreto della galleria. Adesso apre sfatto e non ricorda niente, e devo preparargli le aspirine e la tisana, come l’ultima volta. Se ci tocca, faremo anche questo, pensò. La porta di legno scuro e lucido si aprì. Una mano l’afferrò, tirandolo dentro. Che maniere, stava per esclamare, poi si bloccò, faccia a faccia con un essere indecifrabile. Bassa statura, capelli castani corti. Magra magra, scalza, con addosso una specie di camicia da notte o tunica leggera, che le lasciava scoperte gambe tutto sommato graziose, pareva la schiavetta devota del tribuno, la piccola Cristiana salvata all’ultimo dai leoni, perfetta per la parte. O forse no. Come protocristiana, quegli occhi brucianti non erano troppo adatti.
“Entrate, ratto e silente. ” sussurrò, prendendolo per mano. Straniera, aveva indovinato. Nazionalità indecifrabile, ma certo paese di poca civiltà. E che mano bruciante, ricordarsi una bella disinfettata, dopo. Questa è certo zuppa di febbre, oppure ha preso roba ben forte. In quel momento lei aprì la porta del soggiorno con un cenno della mano, come a dire “guarda.”. Ci sono gli attimi di non ritorno, certo che ci sono. Eccone uno.
Il soggiorno di Morgante, Edoardo lo Adorava. Una grande stanza rettangolare, due porte finestra sul lato lungo, accesso a sterminato terrazzo colmo, rutilante di alberelli, e fiori e altane, con vista impagabile sulla collina proprio dirimpetto. In mezzo un caminetto autentico, stile essenziale tipo Bauhaus. Arredo squisito, vecchi divani inglesi in pelle, tappeti cinesi, librerie su misura con tomi d’antiquariato. Le pareti, coperte di quadri. Una Summa perfetta dell’Arte Moderna, i Grandi Maestri del XX secolo, tutti lì, da tramortirti. Edoardo lo sognava, ogni tanto, quel soggiorno. Quasi piangeva di rabbia, pensando che davvero qualcuno ci poteva vivere. E giurava, con se stesso. A costo di morire, ne avrò uno anch’io. Un giorno. Domani. E quel sabato piovoso e freddo, quando mise la punta del piede nella stanza dei suoi sogni, restò folgorato, ammutolito. Il Soggiorno Perfetto non era più. Il caminetto, certo, era sempre lì. Anche le finestre. In centro alla stanza, un complicato disegno sul bellissimo parquet lucido, fatto forse con gesso colorato. Un Pentagramma, ecco il termine esatto. Con lugubri candele nere ai vertici, attualmente spente. E basta. Non c’era altro. A parte, naturalmente, i mucchi di quelli che sembravano detriti colorati. Che invece, e da qui la nausea, il raccapriccio, erano i frammenti di mobili, di tappeti, di quadri. Pezzetti piccoli, brandelli usciti dal tritacarne. Un esercito di demolitori, reggimenti di vandali. Impossibile immaginare chi potesse aver perpetrato lo scempio. Annientato, Edoardo guardava, muto, poggiato allo stipite della porta.
” Chi ” susurrò affranto. E dopo un momento ” Come ” La magrolina, accanto a lui, lo fissava comprensiva.
“Un vento ardente spazzò questa magione ” borbottò, o qualcosa di altrettanto stupido. Edo si girò. La folgorò con sguardo severissimo. “Adesso signorina, avrà la compiacenza di spiegarmi, nei dettagli, quello che è accaduto. ” Oh, sapeva essere duro, volendo. Ma la scervellata non se ne dava per inteso. Ridacchiava, l’ebete. “Ciò che avvenne, grazioso signore? Una sola parola, dirò. Evocatio. Sire Morgante, e Sire Kaspar, praticavano Tenebrose Arti. Entrambi, durante una trista notte, commisero errore fatale, nominando Ciò che dev’essere taciuto. L’Invocato rispose. Incautamente, nessun rituale era pronto per fermare Colui che eruttò in bestiale furia. Frantumando suppellettili e dipinti, ghermì gli incauti, e, gementi e piangenti, li tradusse in Luoghi che piede vivente mai calpestò. Là, tra tormenti impossibili a dirsi, confesseranno i peccati loro. Tutti, anche quelli commessi solo nel pensiero. Invano, accorsi. Più nulla per quelle anime prave era possibile ormai. Solo innalzare Preci dolenti e sincere. Il guaio fu senza rimedio. ”
” Guaio? Ma è una catastrofe assurda. Ma lei non si rende conto. Su questi muri c’erano tele degne di un Museo. Di valore Inestimabile. Questa casa è protetta infatti da sistemi d’allarme migliori di quelli di una banca. E lei, come niente fosse, mi dice che è un guaio. Ma abbia ritegno. ”
E già mentre parlava congetture vorticose gli stancavano la mente. Ma i due che fine hanno fatto? Rapiti? Questa sì, che era un’ipotesi sensata. La Mafia Russa. E questa scemetta magari è un complice, quella che apre la porta, e introduce il Nemico. Istintivamente fece un passo di lato, scostandosi dalla ragazza. Adesso telefono alla Polizia, pensò.
“Guaio, messere, è termine corretto. I celebrati dipinti di certo non valevano lo scambio con un capro, o uno stallone da monta. Morgante li ordinò, e con truffaldina arte li fece eseguire. Kaspar medesimo li dipinse. I due messeri da gran lungi erano amici e sodali, dediti a truffe e raggiri, gabbatori di professione, gaudenti e corruttori di fanciulle, e sodomita, questo solo Kaspar, a dire il vero. Giusto castigo li travolse, mio signore. Ma ora anche voi, in grande pericolo versate. Lungi da qui fuggite, vi scongiuro.”
Adesso stava esagerando. Edoardo Vizzini la fissò, furioso. “Accuse gravissime, cara signorina. Morgante è il più illustre Gallerista dei nostri tempi. La sua onestà è adamantina, la sua competenza sterminata. Kaspar, francamente, lo vidi ieri la prima volta. Su di lui non potei giurare. Ma queste illazioni non stanno né in cielo né in terra. Altro che falsi. Adesso chiamo la Polizia, e temo che lei dovrà spiegare molte cose. ” Già cercava in tasca il cellulare, poi s’accorse di averlo lasciato in Galleria, uscendo a precipizio. Ma certo non mancavano i telefoni, in casa. Corse nell’ingresso, in una nicchia con deliziosa consolle rococò ecco un apparecchio. Numero del pronto intervento, voce registrata che lo metteva in attesa, e quella sempre a borbottargli al fianco, ma che stava dicendo? “Gli sbirri chiamare non vorrei, se fossi voi, messere. Il raggiro dei due manigoldi a nome vostro, fu fatto. Voi, solo voi, risultate responsabile del commercio truffaldino. Il nome vostro in calce a pergamene fu posto, Voi stesso, lo poneste. ”
Riattaccò. Che scemenze sono queste, e già uno sgradevole ricordo, un giro di carte che Morgante gli aveva fatto firmare mesi prima. Deleghe, aveva detto. Per la banca. Li hai letti ? domandava la Vocina Interiore. Certo che no. Oh, che sgradevole sensazione di essere un imbecille.
“Dov’è Morgante ? ” Domandò querulo. Regina lo fissava con quello sguardo febbrile. Corrucciata. ” Lo dissi. Assai lungi da qui. In tristi luoghi innominati, dove sconterà il fio delle sue colpe. Vi supplico, fuggite. La Gogna, vi attende. Nessuno crederà che voi non siate complice. Anche perché altri dipinti contraffatti furono venduti a ricchi signori. E la scomparsa del messere Morgante attizzerà dubbi, e qualcuno esaminarli vorrà con più attenzione, e scandalo ne verrà, e ne sarete travolto. Inoltre, Colui che fu Chiamato il vostro nome udì. Morgante v’invocò, spaventato, quando il suo errore tragico comprese. L’Evocato vi potrebbe cercare per suo diletto, e v’assicuro, qualora vi trovasse, che diletto per lui solo sarebbe. Temo che non trarreste alcun piacere da una sua visita. Fuggiamo, bando agli indugi. ”
Frastornato, Edoardo si rese conto di non riuscire a connettere. Di essere succube di quanto l’essere ridicolo stava dicendo. Pensa Edoardo, pensa veloce. Forse non sarebbe del tutto errato, avvisare la Polizia, sì, ovvio, ma non da qui. Dall’ufficio, magari, meno coinvolgente. Scusate, ma temo per l’incolumità del mio principale. Non risponde al telefono, non si è visto al lavoro. E’ vero, sono apprensivo, ma capite, di questi tempi…
E poi, quegli accenni oscuri all’invitato misterioso, certo un malavitoso, ah, Morgante, accidenti a te, un minimo di cautele nelle frequentazioni di estranei. Un altro pensierino intanto sgomitava per emergere. Quelle firme. E se la ragazzina, qui, era meglio informata di quanto fosse lecito? Era l’amichetta di chi? Di Morgante, conoscendo i suoi gusti per le forme opulente, certo no. Kaspar, allora. Magari una compaesana, con quel parlare sgangherato. Del resto, bastava chiedere.
” Ma lei, scusi, chi è? Non è per essere curioso, ma qual è il suo ruolo, in questo pasticcio? Era alla festa, ieri sera? Esattamente, cosa è successo? Perché qui, la Polizia ne farà, di domande, se lo metta in testa.”
” Nessun ruolo, ebbi, salvo quello di tentare inutile soccorso. Fallii, come dissi. Non so dire di codesta festa, ma se vi riferite agli accadimenti recenti di questa casa, essi nulla ebbero di festoso, in fede mia. Ora, volete avere la bontà di venire ?”
E già s’avviava alla porta, pronta a uscire così, seminuda e scalza nella fredda acida pioggia di un sabato mattina, in centro. L’acciuffò per il braccino sottile. Anche quello scottante, anzi, bollente. “Non uscirà così, spero. Oltretutto, si gela. ”
Lo fissò corrucciata. Sembrava meditare, mordicchiandosi il labbro. ( bella bocca, mugugnava l’Edoardo, buongustaio sempre, anche nei momenti duri ) Alla fine, annuì.
“Valido argomento. Occorrono vesti. E temo d’aver peccato di presunzione, dicendo di parlare in modo degno il vostro idioma. Molto tempo trascorse, dalla mia ultima visita. Aggiornarmi, dovrò. Indicatemi ove trovare tuniche pesanti, e mantelli, ma presto.”
” Presunzione è termine riduttivo. Per i vestiti, cerchiamo qualcosa nel guardaroba di Morgante. E’ il triplo del suo peso, ma a caval donato non si guarda in bocca.”
Lo fissava, apparentemente sorpresa. “A cavallo fuggiremo? Forse fuori delle mura avete un rifugio sicuro ove chiedere asilo? ”
Ma è pazzesco, ringhiava Vizzini precipitandosi in camera da letto di Morgante. Ecco la cabina armadio, rigurgitante. Breve estasi davanti a tale grazia del Cielo, domani anch’io avrò un guardaroba così, e già frugava, leggermente isterico, mica facile, davvero Morgante ne faceva tre di quel topolino, ma alla fine rimediò maglione e jeans sorprendentemente piccoli, magari roba della figlioletta Lolitesca del Capo, o magari lasciamo perdere, quella collezione di scarpette da sera, a tacchi alti, era almeno sospetta, ma tappati il naso e agisci. Completò con una giacca a vento molto grande e un basco nero, e già lei s’infilava tutto, obbediente, un po’ goffa, senza neppure dirgli di girarsi, e lui affascinato restò lì a guardare, almeno per i primi dieci secondi, quella scardellata che infilava goffamente i jeans stretti, ma già si vergognava, e finse di cercare chissà cosa nell’armadio, sentendo strani fruscii e sbuffare alle sua spalle, e comunque sentendosi ancora più ridicolo tornò a guardare, e tutto era compiuto e la vestizione terminata, e davanti aveva uno straordinario piccolo spaventapasseri in tacchi a spillo, ma così sorprendentemente seducente da causare un groppo in gola. Col terrore di incontrare vicini impiccioni, uscirono. Dieci minuti dopo, filavano in auto sotto la pioggia. “Andiamo a casa mia “ disse Edo in risposta alla domanda dell’esserino sempre più febbrile che lo fissava dal sedile del passeggero.
” Se la vostra vita intendete conservare, non fatelo, vi imploro. ”
Fermi ad un semaforo, poté girarsi, guardarla. C’era una tale angosciata serietà, in quegli occhi ad un tempo infantili e profondissimi, da causargli un subbuglio di ansia. E nello stesso istante la voce interiore gli stava sibilando che era tutto vero. Qualcuno, qualcosa di non immaginabile, lo stava aspettando a casa. Ne fu certo, e un bagno di sudore freddo gli attraversò la schiena, gelandolo fino alle ossa. Ma che fare, allora, cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo, e intanto era verde e file di seccatori alle sue spalle scalpitavano per accelerare verso ignote ma urgentissime destinazioni, suonando irritanti clacson. Ovviamente si mosse, ma guidava lasciandosi portare dal flusso, a casaccio, e intanto tentava, invano, di farsi venire uno straccio d’idea. Al terzo scontro evitato per miracolo, s’accorse che era meglio fermarsi, e pensare con lucidità. Accostò nello slargo di una piazza, spense il motore, si voltò ancora a guardarla. Anche lei lo fissava, incuriosita.
” Siamo giunti? Perché fermaste il carro privo di cavalli ? ”
” Senta.” Innanzi tutto, restare calmi. Ragionare. Chiarire. “Senta, signorina. Adesso cerchiamo di evidenziare alcune cose. Io, non ho fatto nulla di male. Non devo né scappare, né nascondermi. Ho lasciato la galleria aperta, con nessuno dentro. Anzi, c’è Irina, ma capirà, la sua presenza è nulla. Quindi: devo tornare a chiudere. Devo avvisare la Polizia che Morgante è sparito, rapito, non ho capito bene cosa. Quanto a lei, io non so fino a che punto sia coinvolta in questo pasticcio, ma le consiglierei di raccontarmi la verità. Forse non si rende conto, ma il dottor Morgante è persona in vista, in questa città. La sua scomparsa farà molto rumore. Sarà meglio avere una linea di difesa credibile, mi dia retta. ”
Lei lo fissava, muta, corrucciata. Meditabonda, forse. Poi, inopinatamente, scoppiò a ridere. Una risata vera, irrefrenabile, rauca e sensuale, e gli occhi lucenti si riempirono di lacrime, diventando ancora più irresistibili, tanto da confonderlo completamente, e fargli scordare del tutto le indignate proteste che per un attimo gli erano salite in gola. Risata lunga. Terminò di colpo, adesso eccola nuovamente serissima. Quasi addolorata.
” Potete non credere alle mie parole, messere. Costringervi non posso, in fede mia. Se il mio aiuto non volete, così sia. Per l’ultima volta, lo dirò. Celatevi in luogo sicuro. Intendo un luogo ignoto a messer Morgante. Colui che lo prese, tutti i suoi pensieri ormai conobbe. Per questo, mio signore, vi occorre luogo protetto che Morgante ignorava. Da lì, allora, ma solo allora, potrete accudire alle molte questioni che vi attendono. Solo voi, decidere dovete. “

Come è nata l’idea di questo libro?
In un giorno di pioggia, non avevo niente da leggere. Allora mi sono detto: ” Quasi quasi, mi scrivo da solo qualcosa di divertente…”
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Facilissimo. Un mese di scrittura notturna, di rilettura diurna, e di emicrania incessante.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Tutti i grandi della letteratura Fantastica. ( Fantastica, non Fantasy. C’è differenza.) Compresi i Comics, ed i film Horror della Hammer.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Torino, forever.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Scrivere un capolavoro immortale. Ci sto lavorando. Sull’Immortalità, ho qualche problema.
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