Edito da Susil edizioni nel 2020 • Pagine: 288 • Compra su Amazon
Laura è una ragazza calabrese proveniente da un contesto sociale difficile, ha appena finito di scontare una pena detentiva, un nuovo amore le fornirà lo slancio per allontanarsi da scelte erronee intraprese da adolescente. Le sue giornate saranno caratterizzate da bagliori di passione, desiderio, introspezione, tormento, lampi di ironia, strappi dell’anima, poesie di strada tratte da episodi realmente accaduti. La protagonista cerca di ritrovare sé stessa, ripartendo dal luogo in cui la sua esistenza si era fermata, una terra dove la ’ndrangheta ha tracciato un’onta incancellabile nel tessuto culturale. Inizia un nuovo percorso in una pubblica assistenza, abbandona le armi da fuoco e la sua nuova arma di riscatto diviene quella di allontanare i giovani dalla strada. Ma i fantasmi del passato tornano con prepotenza a bussare alle porte del presente, riservandole sorprese sgradite. Ricade, senza accorgersene, nel vortice della cocaina, dapprima si sente una tossicodipendente normalizzata e perfettamente mimetizzata nella società, ma la gestione della sua vita sentimentale sarà piuttosto complessa, come se vivesse una doppia esistenza, sin quando non si renderà conto di aver toccato il fondo.
<<…Ti va se ci vediamo? >> E il mondo si sganciò metodicamente dalla realtà, cambiando la sua direzione, non ruotava più attorno al sole, era la mia testa che iniziava vorticosamente a girare.
I suoi occhi…pura poesia, calde note dell’anima, avvertivo una vampa densa farsi strada in me, avevo lo stomaco così a soqquadro per la trepidazione che neanche riuscii a finire l’hamburger che giaceva nel mio piatto. Mi fece servire del vino da un cameriere zelante e ne trangugiai un’abbondante sorsata. Stavo calpestando un terreno insidioso, fantasticavo con sguardo sognante sulla possibile evoluzione della serata, fissando con una nota di raffinata impudicizia, la sua figura armoniosa. Un’ immagine soave, ogni suo movimento mi catturava e mi affascinava sempre di più, quando mi passava accanto, una scossa elettrica investiva il mio corpo.
Si era fatta mezzanotte, gli proposi di fare un giro al borgo medievale di San Giorgio Morgeto, ove ergeva un antico castello normanno -svevo che dava su un parco con un panorama mozzafiato: un’altura imperiosa sovrastava l’intera piana di Gioia Tauro, da cui si potevano scorgere persino le luci del porto.
In quello scenario magniloquente prendevano forma i nostri pensieri, i nostri sentimenti, le nostre emozioni, lasciando parlare ciò che troppo spesso rimaneva in silenzio, proprio come la nostra attrazione.
Chiaramente, quando il silenzio si univa alla timidezza, insieme costruivano una barriera difficile da abbattere, ma ci sentivamo deliziosamente goffi al posto giusto: una sera dove i protagonisti del film eravamo solo noi due!
Durante la passeggiata non mi fermai neppure per un secondo a riflettere sulle possibili conseguenze che avrebbero potuto causare i miei gesti, il confine tra sogno e realtà era talmente tanto labile da non riuscire a distinguere la fine dell’uno e l’inizio dell’altro, per questo definivo “ipotetica” la sede fisica dei miei pensieri: una notte sognai di volare e forse volai davvero.
Lo condussi in un sito molto suggestivo, prendeva il nome di “Passetto del Re”, il vicolo più stretto d’Italia, si raccontava che Re Morgete, durante la notte, lo percorresse per raggiungere le alcove di compiacenti cortigiane. Nella tradizione popolare il suo attraversamento infondeva sensazioni di benessere, un atto di buon auspicio, soprattutto da un punto di vista sentimentale.
Da questo scorcio caratteristico ci inoltrammo nel labirinto di piccoli sentieri in pietra che confluivano verso l’antico Convento dei Domenicani, i colori si fondavano con le luci, i nostri occhi si incrociarono a distanza ravvicinata, analogo destino seguivano le nostre bocche, sussurravano cose sempre più audaci e sempre più a bassa voce, quasi a volerci costringere ad avvicinarci. Avanzai d’un passo, trattenni il respiro e… lo baciai. Un bacio lungo, intenso, dolce e passionale al tempo stesso, il cuore per un attimo smise di battere e sentii perdere le forze.
Non volevo staccarmi dalle sue labbra, morbide, imperiose, prepotenti, in quel preciso istante mi incatenò al suo cuore, ma notai qualcosa di strano, ci eclissammo, forse avevo concretizzato troppo in fretta, ma non riuscivo ad esimermi dall’avere un accostamento tangibile con lui. Forse era sposato e non aveva avuto il coraggio di rivelarmelo, ma non m’interessava, volevo lui e poco importava del resto.
Da ragazzina non ero molto dedita agli slanci affettivi, non nutrivo propensioni significative per baci e abbracci, ostentavo una personalità quasi nordica, li consideravo futili, infantili e anche piuttosto banali. Mi resi conto dell’enorme importanza degli stessi durante il periodo della mia detenzione, di quanto potessero mancare, più di ogni altra cosa al mondo.
La sera al locale, grande era l’impaccio nella mia interazione con Piero, non mi riusciva senza sorridere timidamente, ma la gioia era egualmente troppo grande per poter avvertire disagio, mi sentivo felicemente imbarazzata. Mi attraeva per la protervia con cui esibiva un repertorio da infarto di fascinazioni, sia fisiche che introspettive.
Percorsi a ritroso la distanza che mi separava dal bancone, poi, lentamente, tornai da lui, fissandolo con un sorriso tenue. Provavamo entrambi la medesima, bizzarra sensazione, nonché quella di conoscerci da un’intera vita. Quello sguardo, diretto riflesso della sua anima e il suo profumo, sembravano far parte della mia esistenza da sempre…ma davvero avevamo trascorso soltanto una notte insieme?
<< Mi piacerebbe se ci vedessimo domani…se puoi…<< Gli dissi e lui sembrò entusiasta.
Gli proposi di passare alle 11.00 al campo perché si sarebbe svolta, proprio nel suo paese, una partita amichevole di calcio dei nostri ragazzi del centro di aggregazione. Accettò di buon grado il mio invito e sentii attraversare il corpo da vibrazioni piacevoli.
La mattina seguente, l’agitazione aveva raggiunto un tale livello e necessitavo di un po’ di coca. Dovevo ammetterlo, avevo ricominciato a fare uso di talune sostanze, forse con una certa abitualità. La droga aveva caratterizzato pesantemente le mie giornate, la sostituivo a tante cose, se stavo male, per stare meglio, se stavo bene per riuscire a contenere l’appagamento. Mi definivo una donna perfettamente mimetizzata, con una sorta di dipendenza normalizzata, perché sentirmi in colpa? Mi serviva anche solo per carburare, mi resi conto che ventiquattro ore in una giornata erano poche per tutti gli adempimenti a cui dovevo far fronte e mi creavano stati d’animo d’ansia. Tutto era programmato per rientrare nei ranghi al momento opportuno, mi ripetevo << A me cosa cambia? Mi faccio un paio di strisce, ma comunque vado a lavorare, conduco una vita normale, sono lontana da brutti giri. <<
Mi recai al campo per incitare i nostri ragazzi, poco dopo il fischio di inizio, in mezzo a quello stuolo di maschi curiosi, sopraggiunse Piero, lo scortai in tribuna per prendere posto vicino a me. Indossavo la polo associativa e una gonna chiara, ma la temperatura si era abbassata e qualche brivido, scaturito da un composito di freddo e trepidazione, iniziò a pervadermi. Lui, premuroso e galante come sempre, mi poggiò sulle gambe il suo giubbetto felpato.
Lontani da occhi indiscreti, sotto quell’indumento, si consumava l’incontro intimo delle nostre mani. Pensavo << Non esiste nulla di più seducente di due mani calde che clandestinamente si cercano, lentamente si sfiorano, un connubio tra dita intrise di passione, impeto e ardore. <<
Iniziò a concedersi alle mie attenzioni, in pochi minuti il lato razionale che guidava le condotte umane, si era letteralmente sgretolato, come se fossimo stati proiettati in un mondo a sé stante, svincolato dalla morale. E da lì, guizzare verso un’intimità che lui cercava di reprimere, ma che innegabilmente lo intrigava…più le mani strusciavano lungo le cosce, più cresceva il desiderio, ormai sempre più incontrollato. Palpiti percorrevano tutto il corpo, certe sensazioni continuavano ad alimentare le voglie proibite.
Nessun filtro. Nessun confine. Nessuna legge che non fosse il piacere.
<< Anche questo mi piace di te…<< Palesò.
<< Cosa? <<
<< Il tuo essere completamente spregiudicata! << Sorrisi.
Nonostante fossi proprio cotta di lui, non sentii mai le campane, niente cori di angeli e quisquiglie varie (sarà perché tenevo sempre la radio ad alto volume) e quelle comunemente definite “farfalle allo stomaco”, non le attribuivo all’infatuazione, bensì alla gastrite cronica causata dall’ingente quantitativo di bevande gassate che consumavo quotidianamente.
Con Piero riuscii a mettere in atto una strategia che con un tipo introverso come lui poteva funzionare: l’assedio. Lasciai da parte la timidezza e fui assolutamente determinata, il nostro fu un dialogo breve, fatto di nulla, eppur così vivo, immediato, caldo da toccare il cuore, fra leggere speranze e acerbi miraggi.
Come è nata l’idea di questo libro?
Come è nata l’idea di questo libro? Da diverso tempo coltivavo l’idea di scrivere un romanzo, ma con una peculiarità, quella di immergerlo in una cornice “sociale”, inglobando alcune tematiche che affliggono la nostra società: tossicodipendenza, devianze giovanili, criminalità organizzata, rimestate a emozioni forti come passione, desiderio, tormento e qualche punta di ironia.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
È stato molto impegnativo, penso di aver modificato l’evoluzione della trama almeno venti volte! Ho avuto modo di ultimarlo durante il periodo del lock down.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Una persona che ha fortemente contribuito alla mia passione per l’universo letterario, è stata mia zia, la scrittrice Isabella Loschiavo. Uno dei miei autori favoriti è Alberto Moravia, non soltanto per l’eleganza stilistica dei suoi scritti e le tematiche trattate, è la poliedricità ad accostarmi alla sua figura, soprattutto in merito alla passione per la regia e la sceneggiatura. Gradisco molto Gabriele D’Annunzio e sono un’appassionata di letteratura russa, in particolare di Vladimir Nabokov. Tra i contemporanei apprezzo molto Carlos Ruiz Zafón.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Il mio paese natio è Taurianova in provincia di RC, ove ho trascorso gran parte della mia esistenza, ma le attività lavorative mi hanno portata per qualche anno in giro per l’Italia. Attualmente mi divido tra Calabria e Sicilia.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Attualmente sto realizzando delle sceneggiature per short film. Non escludo la pubblicazione di un sequel del romanzo.
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