
Edito da NPS edizioni nel 2021 • Pagine: 140 • Compra su Amazon
Pietro Bracaletti è un marinaio esperto, baciato dalle ninfe del mare. Non c’è peschereccio su cui si imbarchi che non rientri in porto carico di pescato.
Una simile fama genera invidia e attira l’attenzione dell’ombra.
Costretto all’esilio dalla sua amata San Benedetto del Tronto, Pietro vaga per tutta l’Italia, deciso a lasciarsi alle spalle i fantasmi del suo oscuro passato. Ma le anime erranti in cerca di vendetta non gli danno tregua: soltanto un Tagliatore, in fondo, può aver ragione della potenza dello Scijò.

Pietro ebbe per tutto il tempo la sensazione di un paio di occhi invidiosi puntati addosso quand’era distratto da altro. Era notte fonda quando gli toccò l’ultimo controllo alla carpa-sfòje prima di coricarsi. La brezza fredda che spirava dal mare lo costrinse a calcarsi il berretto in testa. Ignaro di quell’instancabile cacciatrice che stava da tempo sulle sue tracce, si mosse verso il portello di coperta, agognando il caldo pagliericcio. Si arrestò di colpo. Gli era parso di sentire qualcosa. Frugò con lo sguardo nel buio senza scorgere nulla d’insolito. Aguzzò le orecchie e trattenne il respiro. Nulla. Doveva essere stato uno scherzo dell’immaginazione.
Uccidilo!
Pietro trasalì. Stavolta era sicuro di non essersela immaginata quella voce gorgogliante che sembrava emersa dagli abissi marini. Una pozza di oscurità profonda strisciò sull’assito del ponte fino ai suoi piedi, costringendolo ad arretrare fin quasi a inciampare su una gomena arrotolata.
L’ombra rimase immobile, in attesa. Uccidilo, ripeté perentoria.
Pietro raggelò. Scosse il capo in un ostinato rifiuto.
La voce dell’ombra aumentò di volume. Uccidilo!
«C-che v-vuoi da me?» balbettò Pietro, terrorizzato come mai prima d’ora.
T’ha rubato l’amore. Tu rubagli la vita, così sarete pari.
Pietro deglutì. «Non posso farlo…»
Oh, sì che puoi. L’ombra tremolò. Sembrava ridesse, facendo spregio dei suoi patetici tentativi di resistenza.
Pietro, senza volerlo, si ritrovò in mano il suo stiletto italiano. Fece scattare la lama e la tenne sollevata nell’irrazionale tentativo d’intimidire l’ombra maligna.
Stupido! Credi davvero di potermi fermare con quello?
«Chi sei tu?» ansimò Pietro.
Io sono Vendetta, sibilò l’ombra, un istante prima di sferrare il suo attacco.
Pietro colse a malapena il repentino guizzo. Chiuse gli occhi e affondò il colpo. Ci fu un viscido risucchio seguito da un gemito strozzato. Sollevò le palpebre e l’orrore si dipinse sul suo volto. Giuseppe barcollò con le mani serrate attorno al manico del coltello, affondato in profondità nel petto. Appuntò lo sguardo esterrefatto addosso al suo aggressore. Pietro rimase di sale nel vedere Isè afflosciarsi sul ponte come un sacco vuoto e lì giacere, immobile. Impiegò un’eternità per riprendersi, troppo istupidito dal gesto non voluto. Quando infine realizzò l’accaduto, si fiondò a soccorrere l’uomo ferito a morte. Gli sfilò la lama dal petto, cercando di tamponare la ferita alla bell’e meglio. Continuò a chiamarlo per nome, ma il copioso sangue di Giuseppe gli sgusciò tra le dita, insieme alla sua vita. Lo sventurato rimase a fissarlo con occhi vitrei, senza vederlo davvero.
Pietro guardò le proprie mani lorde, poi le sollevò in una muta implorazione al cielo. Iniziò a respirare a fatica. Calmo, statti calmo, si disse. Apparentemente nessuno sembrava essersi accorto di niente: nessun lume si era acceso sottocoperta, nessuna voce né suono di passi risuonò sul ponte. Si pulì con uno straccio, lo stesso fece con la lama prima di riporla nella tasca. Trascinò il cadavere a babordo e lo gettò in mare. Attese finché non lo vide affondare nei flutti scuri. Con la spazzola ripulì come meglio poté la chiazza rossa che si era formata laddove un attimo prima giaceva il corpo; per cancellare ogni segno, vi gettò sopra una secchiata d’acqua. Inspirò a fondo la gelida aria notturna, con il cuore che gli martellava nel petto. Ogni battito risuonò come una pesante accusa.
L’ombra era scomparsa, silenziosa com’era giunta, lasciandolo nella disperazione. Lacerato dal rimorso, scoppiò in un pianto dirotto. Perso ogni barlume di lucidità, si tuffò in mare, sperando di essere abbastanza fortunato da trovare il meritato castigo nel gelido abbraccio delle onde.

Come è nata l’idea di questo libro?
Anni fa mi capitò tra le mani un libercolo di Guido Milanesi intitolato “Mar Sanguigno”, una pubblicazione del 1927: un’antologia di racconti dedicati al mare, contenente il racconto “lu Scijò” (che in dialetto sambenedettese significa tromba marina), una leggenda marinara del medio-basso Adriatico. Nello specifico, un vortice costituito delle anime vendicative di chi in vita aveva subito un torto, la nemesi di ogni marinaio. Il romanzo è ispirato appunto a questa leggenda del folklore marinaro.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
La parte più complessa è stata sicuramente ricostruire la vita a bordo delle paranze negli anni ’30, fino ad arrivare alla fine degli anni ’50, periodo in cui a San Benedetto del Tronto vennero varati i primi pescherecci di pesca oceanica. In questo sono stati utilissimi i documenti messi a disposizione dal Circolo dei Sambenedettesi, un’associazione culturale per la salvaguardia del patrimonio artistico e dialettale locale.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Come già accennato sopra, Guido Milanesi (Mar Sanguigno, 1927), comandante di vascello della marina militare nella guerra italo-turca del 1912, grande appassionato delle storie di mare.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Monteprandone (AP), ma sono originario di San Benedetto del Tronto (AP, Marche).
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Storie che hanno a che vedere con le tradizioni della mia San Benedetto del Tronto, e per estensione con il territorio del Piceno.
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