Edito da Dario Abate Editore nel 2020 • Pagine: 768 • Compra su Amazon
Svegliarsi nel cuore della notte per scoprire che la vita di prima non esiste più, che gli incubi si sono trasformati in realtà. Questa è la storia di Anna, una giovane donna normale, che diventa un’eroina.
Prima dell’esplodere della pandemia del nuovo virus, Anna è una ricercatrice, una donna di scienza, armata di logica e razionalità. Quella logica e quella razionalità che in un nuovo mondo sembra aver perso in cambio di una animalesca brutalità. Per quanto possa sembrare improbabile e insensato, Anna si risveglia protagonista di un mondo, che solitamente fa da sfondo nei racconti e nei film horror, popolato dagli zombi, spietati predatori di chi è ancora vivo. E in questo nuovo mondo dominato dalla illogica irrazionalità, Anna si trova perfettamente a suo agio, sa cosa fare, lucida sin dai primi istanti, in cui salva i suoi amici e il suo amore di sempre, Filippo, rifugiandosi nel centro di ricerca dove lavora. In questo rifugio sicuro si vengono a creare all'interno del gruppo dei legami molto forti, una fratellanza al di là del legame di sangue, una nuova famiglia in cui tutti si prendono cura l’uno dell’altro, proteggendosi vicendevolmente.
Ma Anna è un’eroina molto complessa, connotata da luci e ombre, simbolo di coraggio, ma anche incarnazione delle debolezze umane, delle contraddizioni, delle paure e della fragilità, guidata da un istinto di sopravvivenza e da una voglia di vivere così marcati da renderla capace di calcolare in anticipo, con una precisione minuziosa, ogni singolo dettaglio, fino alla strategia per trovare una soluzione in grado di salvare l’umanità.
Trovare la cura comporta uscire dal rifugio di Roma e dirigersi verso il centro di virologia di Edimburgo, dove anche altri ricercatori stanno studiando una soluzione; ma non tutti seguiranno Anna: Filippo, in un primo momento, resterà. Il viaggio nel “mondo fuori”, sin da subito, si rivela più duro del previsto, fino al ricongiungimento con la metà superstite del gruppo romano. Anna e i suoi amici si troveranno, ora, a dover affrontare un nemico molto più atroce e crudele dei non-morti.
Autorevoli esperti di medicina e famosi ricercatori avevano profusamente descritto caratteristiche, cause, fasi e sintomi di quell’improbabile e sconosciuto morbo. Dalle osservazioni scientifiche era ormai chiaro che il contagio avveniva attraverso un contatto diretto di liquidi organici: sangue e, probabilmente, anche liquido seminale. L’agente infettivo agiva direttamente sui neuroni, inducendo nelle persone infette coma reversibile, seguito da follia omicida. Le persone contagiate mostravano inizialmente tutti i sintomi di un’infezione settica: febbre alta, mal di testa, spossatezza muscolare, alterazioni nel numero di leucociti e piastrine. In un tempo variabile, da poche ore ad alcune settimane, i soggetti manifestavano allucinazioni, un’alterazione del comportamento e un’eccessiva produzione di saliva, poi entravano in coma e quando superavano lo stadio comatoso, perdevano la ragione, cominciando ad attaccare chiunque. Eppure, c’era qualcosa che non veniva raccontato, qualcosa che rendeva quella malattia unica. Seppur simile alla rabbia, con la quale condivideva gran parte dei sintomi iniziali, quel morbo era differente. Era qualcosa di nuovo e terribilmente affascinante nella sua ferocia. Tutti noi sapevamo che i morti avevano cominciato a vagare sulla terra, ma nessuno aveva il coraggio di esplicitare ad alta voce un pensiero che avrebbe trasformato una malattia mortale nello scherzo di un folle.
Forse, se tutti avessimo compreso la gravità della situazione dalle prime avvisaglie, dalle prime notizie date dai media, molti mesi prima che quella follia avesse bussato con prepotenza alle nostre porte, le cose sarebbero andate diversamente. Forse. Eppure, quando l’epidemia di rabbia aveva fatto la sua comparsa, le prime notizie erano state precise e dettagliate e avevano creato un indiscusso panico nelle popolazioni di tutto il mondo. All’inizio, ai primi contagi, erano state chiuse le scuole e gli uffici pubblici per qualche settimana. Era anche stato istituito un numero verde, il 1800. Non si poteva andare in ospedale, per evitare il diffondersi del contagio, ma erano gli addetti sanitari che si recavano presso l’abitazione dei presunti infetti. Si raccontava che si presentassero accompagnati dai militari, indossando delle tute protettive. Dopo il sopralluogo, le persone che venivano ritenute infette, erano trasportate in luoghi sicuri e tenute in quarantena. Poi, con il passar del tempo, quelle morti erano diventate parte della nostra quotidianità, colpivano altri, erano lontane e, soprattutto, l’epidemia era sotto controllo. Avevamo precise indicazioni sul contagio e sulla profilassi da seguire per evitarne la diffusione: lavarsi bene le mani, evitare contatti ravvicinati con persone infette o potenzialmente tali, pulire le superfici con disinfettanti. Non c’era motivo di preoccuparsi. Forse, se avessimo compreso la vera entità di quanto stava per accadere le cose oggi sarebbero diverse e staremmo raccontando un’altra storia. Ma non è andata così, purtroppo. Alla fine, ci eravamo stranamente abituati a quelle morti, a quella improbabile, ma razionale, epidemia di rabbia e a quelle misteriose sparizioni. Nelle nostre vite non c’era spazio per una malattia che stava per falcidiare l’umanità e, quindi, l’avevamo relegata in un angolo buio, trasformandola in un trafiletto di giornale o nelle notizie date da folli maniaci delle cospirazioni sui loro blog. Ma quando l’epidemia era esplosa, il panico era dilagato e il governo aveva dato istruzioni per la quarantena, quelle idee cospiratrici avevano assunto tutt’altro significato.
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro nasce nell’estate del 2012, durante un’occupazione. Io sono una ricercatrice. In quel periodo ero ancora precaria e l’ente di ricerca, per il quale lavoro ancora adesso, era stato soppresso e accorpato, con “eventuale” licenziamento del personale a contratto. Decidemmo, quindi, di occupare l’istituto. L’occupazione durò qualche mese. Non ero mai stata di notte nel centro: isolato, silenzioso, nascosto nella estrema periferia romana; possedeva tutto quello che serviva per sopravvivere, per anni, se fosse stato necessario. Pensai che sarebbe stato un luogo ideale per nascondersi durante un’epidemia di zombi e che i laboratori potevano essere usati per trovare una cura. Cominciai a pensare alla possibile malattia legata agli zombi e a un’eventuale cura e poi, intorno a questa malattia, sono nati i personaggi del romanzo.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
Terminare questo romanzo è stato difficilissimo. Ho iniziato a scriverlo nel 2012 e l’ho terminato nel 2015. Il mio obiettivo era di portare il gruppo di sopravvissuti fuori dall’Italia per farli arrivare al centro di virologia di Edimburgo, e cominciare le ricerche, ma non ci sono riuscita. Mentre viaggiavano continuavano a incontrare ostacoli e persone con le quali confrontarsi, quindi, dopo oltre 700 pagine, mi sono decisa a spezzare l’opera in due parti (su quest’ultima parte sto ancora lavorando, ma sono quasi alla fine). A dirla tutta, all’inizio la storia andava molto rapidamente, quasi da sola, ma poi il mondo utopico che stavo costruendo ha cominciato lentamente ad allontanarsi dalla realtà come la conosciamo e, quindi, i personaggi sono stati costretti a plasmarsi all’interno del mondo che avevo costruito per loro. Non è facile ritrovarsi in un mondo che non si riconosce più come la propria casa e sentirlo ostile; e non era facile, almeno per me, rimanerci per periodi lunghi, quindi riuscivo a scrivere poche pagine alla volta verso la fine. Mi chiedo spesso come Anna e gli altri non siano ancora impazziti!
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Amo tantissimo i classici, ma sul genere horror, sicuramente, il mio autore di riferimento è Stephen King.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Roma (dove appunto è ambientata la prima parte del romanzo), ma sono nata e cresciuta a Napoli, che è la terra di origine della protagonista del romanzo (preciso che non sono la protagonista del romanzo… senza fare spoiler, ma io il gatto lo avrei salvato!).
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente voglio continuare a fare ricerca, io amo la ricerca, ma mi piace molto scrivere, perché ti dà la possibilità di esprimere una parte di quel “sè” che a volte ignori persino tu. In futuro, c’è in programma la pubblicazione di un altro romanzo, questa volta una commedia rosa, che dovrebbe uscire nei prossimi mesi, edito da un’altra casa editrice. E, ovviamente, vorrei terminare e avere la possibilità di pubblicare la seconda parte di Z story. Grazie per la disponibilità
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