
Edito da Wolf Pictures Novel nel 2022 • Pagine: 272 • Compra su Amazon
Strappato da un’adolescenza tranquilla, Christian si ritrova lontano da casa. Nel giro di pochi mesi, vedrà la sua vita prendere una svolta inaspettata in un luogo surreale, fatto di amicizie, animali, insicurezze e conflitti. Il giovane subirà la trasformazione in un nuovo organismo chiamato “Zoon”, nome che deriva dall’ etimo greco, ζῷον - zōon, "animale". Lo Zoon è una metamorfosi genetica del corpo umano contaminato o dal morso o dal graffio o dal contatto con liquidi biologici di un animale esposto a specifiche forme di inquinamento, causate dai più famosi disastri industriali del mondo. Gli individui che hanno subito queste mutazioni invecchiano più lentamente e possono avere tre forme: umana, animale e Zoon. I più anziani hanno istituito da anni, nella Rocca di Gibilterra, un luogo sicuro, dove questa trasformazione viene studiata, educata e controllata. Christian e i suoi nuovi compagni della World Zoon Organization, tutti reduci da famosi disastri ambientali che gli hanno procurato poteri soprannaturali, dovranno fronteggiare i loro simili, fuggiti dalla Rocca, in uno scontro memorabile, per essere liberi di vivere diversi o essere salvi e al sicuro dal mondo.

Christian soppesò le sue parole in silenzio, ancora senza smuoversi dal suo posto.
«Capisco la diffidenza, ma la tua non è una condizione normale, te ne sei reso conto anche tu. Hanno trovato tracce di mercurio ed iridio nel tuo corpo, dai dati che hanno raccolto a Roma dovresti essere già morto.»
Era vero. Lo avevano isolato per questo, nessuno aveva ben chiaro cosa gli fosse accaduto.
«Non hai niente da temere, davvero.» Alice si avvicinò. La sua espressione esprimeva comprensione, solo i suoi occhi sembravano pregare di riporre fiducia in lei. Era lo stesso sguardo di una madre che assicura al figlio che andrà tutto bene il primo giorno di scuola. Christian sospirò.
«Va bene, hai ragione. Scusami, mi sono lasciato traspor-tare dall’ansia.»
«Grazie.»
Christian si sentiva la testa sottosopra, i pensieri non erano più in grado di seguire un solo filo logico, ma conti-nuavano a saltare da uno all’altro aggrovigliandosi inevita-bilmente tra loro. Mentre seguiva Alice nell’ascensore cercava disperatamente di snodare il groviglio nella testa, ma senza successo. Mille domande gli riempivano il cer-vello, non c’era spazio anche per le risposte.
Una volta che l’ascensore si fermò e le porte si aprirono, i due proseguirono per un breve corridoio. Nonostante si trovasse all’interno della Rocca era ben ventilato, era completamente spoglio e conduceva ad una porta simile a quella d’entrata, al suo lato un tastierino numerico. La dottoressa digitò velocemente una serie di numeri che sbloccarono il meccanismo, aprendole la via. La stanza al di là era molto più grande di quanto si aspettasse. Aveva una serie di scaffali e vetrine ripieni di fialette e nomen-clature a lui sconosciute, apparecchiature mediche dalle più comuni alle più rare e bizzarre, di ogni dimensione. Al centro della stanza si ergeva un anello metallico molto spesso, sembrava essere designato perché qualcuno ci stesse all’interno durante il funzionamento. Il pavimento e le pareti erano rivestite dello stesso metallo che si trovava anche nel corridoio se non per un piccolo angolo dove era piazzata una scrivania in legno disordinata. Su di essa penne scariche e strumenti accatastati occupavano com-pletamente lo spazio, cestini pieni di fogli accartocciati si trovavano tutto intorno. Sullo scaffale di fianco erano at-taccate fotografie di una bambina dai capelli rossi su sfondi diversi, alcune volte da sola e altre accompagnata da altre bambine o da quelli che sembravano i suoi genitori. Probabilmente era lo studio di Alice.
«Prego, siediti.» Alice indicò un divanetto adiacente all’en-trata. Christian non se lo fece ripetere due volte.
«Dimmi, quando hai iniziato ad accusare i primi sintomi e quali sono stati. Non tralasciare alcun dettaglio.» Alice aveva preso un taccuino dal primo cassetto della scrivania e si era approntata a prendere appunti.
«Non dovresti esserne già al corrente? Ho già raccontato tutto ai medici italiani.»
«Sì, ma ho bisogno di sentire tutti i dettagli di persona. Per te non è un problema, vero?»
«No, nessun problema, non che abbia di meglio da fare. Successe poco più di due mesi fa. Ero solito frequentare un posto con i miei amici, era in riva al fiume che scorreva in mezzo al mio paesino, il Tirino. Per arrivarci si doveva attraversare un vecchio complesso industriale abbandonato, e fiancheggiare il bosco. Nel giro di qualche minuto di camminata, evitando le macerie dei vecchi capannoni si arrivava ad uno spiazzo che pendeva verso il fiume. Un giorno come gli altri dal bosco uscì un lupo. Aveva il fianco squarciato da solchi profondi, sembrava una ferita inflitta da degli artigli. I miei amici non persero tempo a darsela a gambe, io, ancora non ne so bene il perché, rimasi lì, a guardarlo. Mi sembrava implorasse aiuto con lo sguardo, e per un po’ rimasi incantato a fissare il suo pelo bianco sporco di sangue. Solo poco dopo capii dove si era procurato quei tagli. Un’aquila gli piombò improvvisamente addosso, cercando di finire il lavoro che aveva iniziato.»
Christian alzò lo sguardo per controllare se Alice stesse ancora prendendo appunti.
«Ma hanno già accertato che io non sia stato infettato da alcuna malattia che potevo contrarre dagli animali, non credo sia importante…»
«Lo è» interruppe subito Alice «stavi andando bene, con-tinua. Cos’è successo dopo?»
«Bé, dopo ho cercato di difendere il lupo. Mentre l’aquila cercava di artigliarlo al collo gli ho fracassato la chitarra addosso. Sì, avevo una chitarra, suono fin da piccolo.» Christian si arrotolò la manica destra, scoprendo una ci-catrice sulla spalla. «Questo è il souvenir che mi ha lasciato prima di volarsene via.»
«Del lupo che mi dici, è possibile ti abbia ferito?» Alice si stava mordendo il labbro, concentrata a trascrivere qual-siasi cosa ritenesse interessante sul suo taccuino.
«Non so, non credo. Quella volta l’ho sistemato in uno dei capannoni abbandonati e sono tornato ogni giorno per curarlo. È stato più o meno quello il periodo in cui i capelli hanno iniziato a scolorirsi e gli occhi a cambiare colore. Nel giro di una settimana mi si è fratturato l’appa-recchio in bocca, e dopo un mese ho iniziato a sentirmi i muscoli costantemente rigidi, doloranti. I miei peli sono sbiancati tutti, mi hanno portato all’ospedale e mi hanno fatto analisi su analisi, ma non si è mai capito cosa avessi, per questo mi hanno isolato.»
«Avverti ancora il disagio muscolare?»
«Sì, quasi sempre. Ho quasi imparato a conviverci, ma non posso fare alcun movimento brusco senza che il muscolo non avverta una fortissima fitta.» La dottoressa annuì mentre finiva di appuntare le ultime parole di Christian. I suoi occhi facevano avanti e indietro tra lui e il taccuino, vispi e attenti.
«Grazie, sei stato molto esaustivo. Ho bisogno che tu faccia un’ultima cosa per me» Alice indicò la macchina al centro della stanza «Quella è una macchina a radiazioni UV, devi entrarci e aspettare che faccia il suo lavoro.»
Christian gettò un’occhiata furtiva nella direzione indicata. Oltre il dito di Alice l’anello metallico si stagliava al centro della stanza. Se l’avesse trovato in una sede diversa l’a-vrebbe scambiato per uno strumento di tortura, aveva delle cinghie di cuoio alla base per fissare i piedi e delle sporgenze in metallo per sostenersi con le mani.
«Devo solo entrarci e aspettare che faccia il suo lavoro» ripeté per autoconvincersi.
Christian si posizionò sulla piattaforma alla base del mac-chinario e la dottoressa si chinò per agganciare le cinghie.
«Quando metterò in funzione la macchina inizierai a girare, quindi se non vuoi essere scaraventato via afferra le sbarre metalliche sopra di te. Potresti avvertire nausea, mal di testa, irrigidimento dei muscoli, bruciore alla pelle e confusione. Chiudi gli occhi all’accensione e… cerca di non spaventarti troppo.»
«Rassicurante, Alice, grazie.»
Dopo che la dottoressa premette il dito sul suo cellulare, il macchinario si accese iniziando a produrre un fischio simile a quello di un motore in accelerazione, ma più acuto. La circonferenza metallica del macchinario si divise in tre anelli più piccoli: quello in cui era racchiuso, uno che gli circondava la vita e l’ultimo che seguiva il suo corpo verticalmente. Lungo di essi si trovavano numerose luci che si accesero gradualmente fino ad arrivare così potenti da costringere Christian a chiudere gli occhi.
«Sei pronto?» Chiese Alice.
«Non proprio, ma più in fretta si risolve questa questione e meglio sarà.»
«Ben detto.»
Christian iniziò a vorticare su sé stesso. In breve iniziò a provare tutto ciò che Alice gli aveva descritto, contempo-raneamente.
«Ferma la macchina! Per favore, ferma la macchina!» Nessuna risposta. Nel giro di pochi istanti ogni singolo muscolo del suo corpo iniziò a gridare in preda ad un do-lore lancinante, le orecchie gli fischiarono gradualmente sempre più forte finché non riuscì più a distinguere nessun altro suono, e il suo pensiero, incapace di rimanere lucido, lo catapultò a Bussi e gli fece rivivere la sua infanzia, vide un bambino come tutti gli altri che correva dietro un pallone insieme ai suoi amici e poi lo stesso bimbo che maneggiava una chitarra per la prima volta.
«Ti prego, basta!» gridò. Continuò a gridare, mentre la coscienza sfuggiva lentamente dal suo corpo, in preda all’angoscia. Adesso si vedeva disteso sul verde prato di fronte alla sponda del Tirino mentre suonava la chitarra. Improvvisamente una bestia dal manto bianco fece capo-lino dai cespugli e si diresse verso la fonte d’acqua, im-mergendo la mandibola nella corrente. Era un lupo che, sanguinante, cercava un po’ di quiete, affiatato dal peso di una fuga dal pericolo. Una volta reidratato, il lupo si voltò verso Christian, incrociando così il suo sguardo. I due continuarono a guardarsi, come se potessero comunicare solo con gli occhi.
Mentre le grida mutavano in ringhi animaleschi, Christian iniziò a dimenarsi come in preda a forti spasmi, dolorante e oramai fuori controllo. Si accorse che la macchina si stava finalmente arrestando, ma lui non riusciva più a tenersi in piedi. Stremato, il ragazzo cadde a terra, svenuto.

Come è nata l’idea di questo libro?
Ho avuto l’idea di Zoon diversi anni fa, dopo che nella mia città fu scoperta “la discarica dei veleni più grande d’Europa”. È da anni infatti che l’uomo continua senza freni ad inquinare e a sottomettere l’ambiente per i suoi co-modi. A causa delle guerre o di industrie costruite e gestiste sull’orlo della negligenza, migliaia di esseri umani e animali sono stati stravolti e costretti a fuggire dalle loro case. Nel corso di un secolo si sono verificati moltissimi disastri industriali per mano dell’uomo. Catastrofi come l’esplosione del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, o come quella avvenuta in India, a Bhopal, dove la fuoriuscita di 40 tonnellate di sostanze tossiche contaminò e uccise migliaia di persone. Questi fenomeni si caratterizzano di un’estesa ricaduta sull’ambiente, con conseguenze tragiche per i numerosi esseri viventi coinvolti, la gravità degli effetti su questi organismi e la grandezza del luogo devastato. I processi industriali quindi, svolgono ad oggi un ruolo primario nel degrado dell’ambiente e nel diffondersi di disastri causati dall’uomo. La base vitale del romanzo nasce dalla fusione di due grandi passioni: la mia, per il mondo dei supereroi e quella dei miei figli per gli animali. Un connubio importante che porta alla nascita di personaggi straordinari in cui il lettore troverà diversi spunti per immedesimarsi. Il protagonista, infatti, è un ragazzo come tanti, che cercava solo la tranquillità, ma verrà catapultato fuori dal suo piccolo mondo e posto al centro di una lotta tra fazioni, entrambe contenenti i suoi amici.
Quanto è stato difficile portarlo a termine?
È stato un lavoro di quasi 2 anni. Creazione dell’idea, dei personaggi, ricerche e studio per tutti i famosi disastri industriali e ambientali. Ho cercato di fondere realtà e fantasia cercando di non snaturare il mondo di oggi e le abitudini della terra.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Il mio autore preferito è Jules Verne. C’è una breve frase, pronunciata dallo stesso Jules Verne, che ne racchiude tutta la filosofia: Qualunque cosa un uomo può immaginare, altri uomini possono rendere reale. A rileggere le avventure strabilianti uscite dalla sua penna, non sembrano assolutamente superate (se non dalla tecnologia). Questo perché lo scrittore come nessun altro è riuscito a costruire mondi fantastici del tutto credibili, o per lo meno mai del tutto smentiti.
Dove vivi e dove hai vissuto in passato?
Vivo a Pescara con la mia famiglia, mia moglie e tre figli maschi, il primo di 12 e 2 gemelli di 6. Ho vissuto molto a Roma per studio e per lavoro.
Dal punto di vista letterario, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sicuramente scrivere ZOON 2… Ho già iniziato!