“Allungai la mano nello spazio tra il materasso e il muro e cercai il mio vecchio compagno fedele, con i margini arrotondati e smussati da anni di uso. Jane Eyre. Potevo aprire il romanzo a qualsiasi pagina e sapere subito dov’ero nella storia e quasi visualizzare la frase seguente ancora prima di arrivarci. … Jane Eyre. Una ragazza strana, difficile da amare. Una bambina sola e solitaria. È costretta ad affrontare tanto dolore in così giovane età: i postumi della morte, l’assenza dell’amore. Alla fine è il signor Rochester a scottarsi. So qual è la sensazione. Lo so perfettamente.” [Read more…]
Le sette morti di Evelyn Hardcastle: recensione del libro di Stuart Turton
Francesca Zunino Harper recensisce l'atteso romanzo di Stuart Turton in uscita il 21 marzo per Neri Pozza
In inglese britannico si potrebbe dire che Le sette morti di Evelyn Hardcastle è un po’ come la Marmite ─ una crema da spalmare creata nel 1902 estremamente salata, di colore marrone, consistenza appiccicosa, odore molto particolare, fatta con estratti di lievito di birra. La Marmite è diventata un elemento tipico della cultura popolare anglofona anche per la sua facoltà di polarizzare opinioni davvero estreme grazie al o a causa del suo gusto. Tanto che lo slogan pubblicitario in uso dal 1996, “Love it or hate it” (“o la ami, o la odi”) è ormai entrato a far parte dei modi di dire del linguaggio comune, associato a qualsiasi persona, cosa o avvenimento che provochi opinioni assai opposte.
Il romanzo di debutto di Stuart Turton, che ha vinto il premio Costa per il Miglior Debutto del 2018 e sarà pubblicato in italiano il prossimo 21 marzo da Neri Pozza, tradotto da Federica Oddera, sembra essere un po’ come la Marmite. È stato comprato nel 2016 all’agenzia letteraria britannica DHH come uno dei titoli di punta per il lancio di Raven Books, nuovo marchio editoriale specializzato in romanzi noir, thriller gotici e gialli della casa editrice inglese Bloomsbury (quella che intenderci che ha pubblicato i libri di Harry Potter, e che anche grazie al loro smisurato successo si è espansa grandemente).
Descritto come “un misto di Gosford Park e Ricomincio da capo [Groundhog Day] passando per Agatha Christie”, Evelyn Hardcastle è un thriller psicologico con un sapore d’antan, grazie all’ambientazione in una villa aristocratica decadente in una campagna molto isolata, in un momento storico-fantastico probabilmente anteriore alla prima guerra mondiale. Anche la sua scrittura è retrò, ispirata ad un uso della lingua inglese dei romanzi dell’inizio del ‘900. Evelyn Hardcastle è anche un romanzo giallo, una ‘storia di detective’, un ‘mistero con omicidi’ (un murder mystery, molto British) con qualche tocco di horror, che vuole inserirsi nella grande tradizione britannica offrendole però una svolta contemporanea.
Il romanzo inizia in medias res con il narratore, completamente spaesato come il lettore, che non sa e non ricorda quale sia la sua identità, e che si ritrova all’improvviso dalla prima pagina del primo capitolo in un bosco con un corpo ed un nome che non riconosce come suo. Il protagonista, che verso la prima metà del romanzo scoprirà di chiamarsi Aiden Bishop ─ e finalmente lo scoprirà anche il lettore ─, è misteriosamente costretto a rivivere lo stesso giorno ogni giorno per otto giorni di seguito, entrando però nel corpo di un diverso personaggio, per cercare di identificare l’assassino che causa la morte a cui si riferisce il titolo del romanzo. Solo se riuscirà a trovare l’omicida si spezzerà questo circolo vizioso, liberandosi da questa sorta di maledizione, e lasciando finalmente il luogo del delitto. Non solo il protagonista continua a rivivere lo stesso giorno, ma ovviamente anche l’enigmatica Evelyn Hardcastle, giovane ereditiera e figlia del nobile di cui il protagonista ed un numero consistente di altri personaggi sono ospiti nel vecchio maniero. Evelyn, come preannuncia il titolo, viene uccisa sette volte, sempre alle 11 di sera, durante la festa in suo onore. C’è da notare che nel’edizione statunitense del libro, il titolo del romanzo e quindi le morti della povera Evelyn Hardcastle sono state aumentate a sette e mezzo, a causa di un conflitto del tutto casuale con romanzo dal titolo simile, The seven husbands of Evelyn Hugo (I sette mariti di Evelyn Hugo) della scrittrice Taylor Jenkins Reid, non ancora tradotto in italiano.
La trama viene ulteriormente complicata da un gran numero di personaggi, alcuni dei quali vengono assunti come punto di vista della narrazione dal personaggio principale, diverso in ogni capitolo appunto perché cambia corpo ad ogni risveglio. Inoltre vi è un maggiordomo occulto che cerca di uccidere lui ed altri personaggi che, come il principale, vengono misteriosamente fatti reincarnare ogni giorno in una persona diversa, perché il nostro non è da solo ma in competizione con altri arcane presenze per sciogliere il mistero dell’uccisione di Evelyn, e quindi potersi liberare. Giunge presto in scena e si ritrova fino al finale clamoroso anche una figura ancora più enigmatica, un demiurgo onnisciente e crudele, un possibile emissario di un burattinaio del caos vestito da medico della peste, interamente di nero e con una delle caratteristiche maschera da uccello, con il becco lungo dove venivano inserite delle erbe aromatiche che in teoria dovevano proteggere il dottore dalle possibile infezione.
Come in un romanzo di Hercule Poirot, all’inizio del libro vengono offerti ai lettori sia una mappa dettagliata della villa e delle stanze con i rispettivi ospiti che un elenco o dei vari personaggi, scritto sotto forma di invito alla festa, per cercare di dare aiuto al lettore, che sicuramente si potrà smarrire in questa selva di personaggi e cambiamenti di identità. L’editore Neri Pozza ha creato un delizioso trailer per la versione italiana, ispirato ai gialli di inizio del secolo scorso, con bellissima grafica e una simpatica musica jazz di accompagnamento, che riprende la ben riuscita copertina italiana e illustra trama e personaggi in maniera intrigante.
Molti scrittori e critici hanno subito adorato questo romanzo: “È un libro incredibilmente originale e unico, non sono riuscita a togliermelo dalla testa per giorni dopo averlo letto” ─ ha affermato una delle regine internazionali dei thrillers psicologici, Sophie Hannah; il Guardian scrive che è “un thriller intellettuale… una trama derivativa, ma questo non si deve intendere come una critica. Stuart Turton ha preso da una mezza dozzina di tropi familiari della cultura popolare e li ha rilavorati in qualcosa di fresco e memorabile.” Il Times lo definisce “un romanzo complesso, affascinante e sconcertante, impossibile da riassumere, la cui storia è governata e sospinta da una serie di regole ingegnose, assurde ed elaboratamente diaboliche”.
È sicuramente un romanzo complesso, che alle volte pare diventare anche complicato a causa di molti personaggi ed alcuni fili narrativi che vengono lasciati scoperti, oltre ad una mancanza di empatia nei confronti del protagonista ─ il prezzo da pagare, come scrive il Guardian, per aver dovuto inserire varie morti, non solo quella di Evelyn, e soprattutto un personaggio che cambia ma ripete anche le proprie giornate, in un romanzo psicologico ma anche giallo, di mistero e dell’orrore, ovvero per aver creato un pastiche di generi, temi e motivi ricorrenti ispirati a vari generi di narrativa.
Il più ovvio riferimento è sicuramente quello ad Agatha Christie, sebbene qui non si ritrovino i perfetti incastri della regina del giallo. Nella postfazione al libro, Stuart Turton scrive, in un brano forse un po’ lungo ma illuminante e molto godibile [traduzione mia]: “È tutta colpa di Doris, in realtà. Ho questa frase scritta su un post-it attaccato al muro. Doris era la mia vicina di casa quando avevo otto anni. Ogni fine settimana braccava tutti i mercatini delle pulci dell’Inghilterra del nord est e portava a casa grandi pile di romanzi di Agatha Christie per farmeli leggere. Non seppi mai come era iniziata questa tradizione, o perché. Forse Doris pensava che ogni ragazzino figlio di una famiglia di lavoratori della classe operaia dovesse leggere storie di persone delle classi ricche e aristocratiche che venivano uccise. Andò avanti per anni. Doris mi consegnava cerimoniosamente i libri al sabato; io li leggevo durante la settimana, e poi si ricominciava. Quando compii dieci anni, avevo una conoscenza enciclopedica della Christie, e sapevo che anch’io avrei scritto un romanzo. … Ci provai per la prima volta quando avevo ventunanni, quando il mio ego si era gonfiato a sufficienza e mi aveva convinto che sarebbe stato facile. Fissai lo schermo vuoto per un mese, fino a quando non mi resi conto che Agatha Christie aveva già scritto tutti i colpi di scena più eccezionali per ogni trama, tutti i più brillanti inganni e trabocchetti narrativi, e tutti i personaggi più brillantemente ambigui.”
Dobbiamo quindi dare la colpa a Doris?
Se è lo stesso Turton ad ammettere che la signora del giallo ha già scritto tutto il possibile per quanto riguarda questi tipi di romanzi, implicitamente ammettendo quindi che raggiungere il suo livello stratosferico è qualcosa di quasi impossibile, molte recensioni dei lettori seguono questo tipo di analisi. “Agatha Christie proprio non è”, scrivono in molti commenti su Amazon e su numerosi blog i lettori specializzati e non. È proprio il lettore a subire maggiormente l’effetto Marmite per questo romanzo, in quanto Evelyn Hardcastle ha diviso i pareri come quasi non mai. Molti si lamentano dell’eccessiva lunghezza, della complicatezza della trama, difficile da seguire, e della mancanza di profondità dei personaggi, tutti punti che vengono invece al contrario esaltati come innovativi dalla critica. Come per la Marmite, “Love it or hate it”, Le sette (e mezza, per alcuni) morti di Evelyn Hardcastle è sicuramente un libro estremamente peculiare, da leggere per poi decidere da che parte della critica stare.
Francesca Zunino Harper è linguista, anglista e ispanista, traduttrice e appassionata di Gran Bretagna e America Latina, Messico in particolare, dove ha vissuto per anni. Ama soprattutto la letteratura e la saggistica contemporanee e storiche di donne, natura, viaggi, cibo, e i libri da riscattare. Fa la spola tra Londra e il Piemonte.
Resta con me: recensione del libro di Elizabeth Strout
Veronica Bonino recensisce Resta con me, di recente ripubblicato da Fazi
Edito da Fazi nel 2019 • Pagine: 381 • Compra su Amazon
Tyler Caskey è una presenza insolita per la comunità di West Annett: è giovane e i suoi sermoni sono brillanti, frutto di una preparazione e di una sensibilità fuori dal comune. Ed è diverso dalle precedenti guide spirituali che i fedeli hanno conosciuto perché ha carisma e una moglie di grande bellezza e sensualità accanto. Quasi uno schiaffo di vitalità per tutta la cittadina. Eppure un giorno tutto può cambiare, l’attrazione trasformarsi in sospetto e maldicenza. La giovane signora Caskey muore. Una morte che travolge il marito e le loro bambine in modo irreversibile. La figlia maggiore, Katherine, di appena cinque anni, smette di parlare chiudendosi in un silenzio impenetrabile; Tyler non trova più le parole adatte in chiesa, né alcuna misericordia per chi si rivela ottuso, arido, distante. Cosa resta, quindi, del conforto religioso? Poco o niente, se di fronte alla fragilità di un lutto che si apre come una voragine nessuno riesce a compenetrarsi nel dolore altrui, se le meschinità di un quotidiano prosciugato di ogni calore si moltiplicano tra le mille illazioni che corrono lungo i fili del telefono propagando sciocche storie di adulterio o di malattia mentale...
La recensione di Veronica Bonino
A distanza di quasi dieci anni dalla prima comparsa nel mondo editoriale italiano la casa editrice Fazi sceglie di dare alle stampe una nuova edizione del secondo romanzo della scrittrice statunitense: Resta con me. [Read more…]
Il giorno della nutria: un libro che dà gusto al pensiero
Recensione del romanzo di Andrea Zandomeneghi edito da Tunué
Edito da Tunuè nel 2019 • Pagine: 154 • Compra su Amazon
L’esordio di Andrea Zandomeneghi si fa notare per la grande capacità affabulatoria e per l’originalità della voce e del pensiero. [Read more…]Davide Aloisi è un cefalgico cronico che abita a Capalbio assieme al nipote Giulio e alla madre Eufemia, gravemente malata, in una villa frequentata da bizzarri personaggi locali. Una mattina, dopo una nottata a base di alcol e benzodiazepine trascorsa in canonica con il parroco, sul pianerottolo di casa trova una nutria scorticata. Il rinvenimento gli provoca un'angoscia che si fa pensiero ossessivo quando realizza che ha l'aria di un'intimidazione o di uno sfregio, e che il possibile responsabile potrebbe nascondersi tra chi gli sta intorno - oltre al nipote e alla madre, la badante di lei Dorota, suo figlio Esteban, dedito alla santeria, l'amico ufologo Emanuele, fino allo stesso parroco e a un losco possidente locale: tutti hanno un possibile movente. Sulla base di coincidenze, suggestioni e congetture, Davide opera ricostruzioni che lo portano a dubitare di tutti, nel corso di una giornata sempre più vorticosa, in cui il clima casalingo precipita fino al parossismo.
Intervista ad Andrea Zandomeneghi, autore di ‘Il giorno della nutria’
Scopriamo l'autore di uno dei libri d'esordio dell'anno
Abbiamo avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata con Andrea Zandomeneghi, in libreria dal 7 febbraio con il suo romanzo d’esordio, Il giorno della nutria; volume edito da Tunué nella collana “Romanzi” che ha già proposto nuovi autori di grande spessore in passato. [Read more…]
Musicista in pochi decenni di Francesco Libetta: recensione
La vita d'artista e il panorama mondiale della musica raccontati da Francesco Libetta
Edito da Zecchini nel 2018 • Pagine: 196 • Compra su Amazon
Gli appassionati di musica classica che conoscono le straordinarie capacità del Francesco Libetta musicista, compositore e direttore d’orchestra, con il volume Musicista in pochi decenni – Idoli, opinioni, esperienze sulla strada del successo sicuro, avranno la possibilità di scoprire il talento letterario dell’artista salentino."A volte capita di chiedere o di sentirsi chiedere: 'Che cosa pensi quando suoni?' oppure: 'Come si fa a suonare bene?'.La musica non è un catalogo di sentimenti semplici, o verbalizzabili. Attraverso l'arte, con la scelta di studiare uno strumento e attraverso l'esecuzione di un capolavoro musicale, noi riusciamo ad alludere a esperienze personali, culturali o emotive, dimostriamo la natura dei nostri atteggiamenti verso il mondo e verso gli altri. Osceno è ciò che resta, e deve restare, fuori dalla scena; ciò che un musicista pensa mentre suona fa parte di tale categoria. Se un musicista lo svela, e lo consegna non più a se stesso durante lo studio, ma al pubblico attraverso un concerto o attraverso interviste, intraprende un percorso di vita potenzialmente infinito, che il presente libro ripercorre a piccole tappe."
Nel volume pubblicato da Zecchini a ottobre 2018, Libetta guida il lettore nel mondo della musica classica con scrittura accattivante e attenta, condividendo riflessioni sulla formazione dell’artista e sulle sue scelte di repertorio, svelando i meccanismi dietro i grandi concorsi musicali, raccontando in maniera vividissima le personalità che popolano il mondo artistico della musica e del teatro ed elargendo consigli ai giovani musicisti che in questo mondo vorrebbero e potrebbero entrare.
Le riflessioni di Libetta sulla musica e la via dell’artista spaziano dalle strategie di gestione della figura pubblica all’analisi di problematiche esistenziali con uno stile che rivela spessore culturale, grandi capacità letterarie e una straordinaria naturalezza nell’eloquio. La prosa elegante e sinuosa di Libetta si snoda sulle pagine con un fare sornione che ben si sposa all’ironia sotterranea che percorre il volume, e che a tratti emerge conducendo il lettore a dei momenti sorprendentemente comici.
Nei vari capitoli – che trattano argomenti come il rapporto tra allievi e maestri, i concorsi musicali e le loro giurie, la scelta dei pezzi da suonare, la gestione della propria immagine di artista, l’autodisciplina e la gestione di influenze e ingerenze – Libetta condivide con i lettori le proprie esperienze ricorrendo a una grande quantità di aneddoti. La bellezza e l’originalità di questi aneddoti, riguardanti oltre a Libetta una folla di grandi artisti e intellettuali italiani e stranieri, unite alla profonda conoscenza del mondo raccontato e alla prosa fine e gradevolissima del maestro, rendono Musicista in pochi decenni un testo imperdibile per i musicisti classici e tutti coloro che vivono nel mondo della musica e del teatro, e un volume caldamente consigliato ai lettori che vogliono godersi un bellissimo racconto della realtà musicale classica contemporanea.
I titoli dei capitoli (“L’autodisciplina, i flagellanti, gli invidiabili”, “Perché suonare qualcosa anziché qualcos’altro”, “Dovendo fare per tre, meglio fare da sé”) preparano il lettore alla miscela di ironia e saggezza che troverà nelle riflessioni e nelle storie di Libetta; nei titoli si scorge anche quel buon senso popolare “rivisitato” che caratterizza i proverbi posti alla fine di ogni capitolo – proverbi in cui l’autore enuclea dei pensieri chiave su ciascun tema riportando il discorso a una dimensione pragmatica che Libetta non sembra voler mai perdere di vista.
Un dettaglio dell’opera di Michele Bulgherini in copertina
Musicista in pochi decenni è un manuale per aspiranti musicisti e un divertente ritratto di una comunità artistica, animato in ogni pagina dalla grande capacità affabulatoria del Libetta-scrittore. La grande personalità del Libetta-scrittore è evidente anche nell’originalissimo Vocabolario del palcoscenico a fine testo, che combina lo stile pedissequo di un’enciclopedia a riflessioni esistenziali spesso cariche di un umorismo elegante, che si disvela in armonia con il ritmo della sintassi.
Eccone un esempio:
Improperi: Rimprovero. Nel latino ecclesiastico, al plurale (gli Improperia) indica i versetti che si cantano durante l’adorazione alla Croce al Venerdì santo, il giorno del notissimo incantesimo del Parsifal di Wagner. Il Venerdì santo del 1573 furono eseguiti per la prima volta gli Improperia di Palestrina. Anche Tomàs Luis de Victoria scrisse Improperia, nel 1585. Improperio è anche parola gravemente ingiuriosa, villania. Agli albore della storia del disco, abbiamo esempi di improperi in registrazioni di Saint .Saens (alla fine di una improvvisazione su temi della propria Fantasia sinfonica “Africa”, il maestro francese si lasciò andare ad alcune considerazioni senza aspettare che il macchinario avesse smesso di registrare), Francis Planté (alla fine di un delizioso Studio di Chopin in Do Maggiore, l’Op. 10 n. 7 Planté suona a velocità molto moderata, tanto da trasformare quella iridescenza scintillante nelle doppie note della mano destra in una sorta di borbottio motoristico, e dunque suggerisce un titolo irriverente e innovativo: “Una gita in automobile”. Dopo aver suonato con precisione tutto il brano, l’allora più che novantenne Planté sbaglia clamorosamente alcune note dell’ultimo rigo, e gli ultimi accordi. E conclude con un sonoro: “Merde”). In epoche più recenti, sono notissimi i mugolamenti di Gould e Pollini. Gli improperi di Toscanini (anche in video) sono nella leggenda. Di rara diffusione è invece una registrazione di Guiomar Novaes, che a microfoni accesi, ripassando la Berceuse di Chopin a tempo moderato e con precisione, si indigna e litiga in tre lingue diverse con i tecnici della Vox perché non si sente rispettata abbastanza nelle sue esigenze artistiche durante la produzione di alcuni dischi chopiniani.
Ed ecco invece una citazione dal capitolo “Le misteriose vie delle giurie dei concorsi” che vi invitiamo a leggere poiché rende bene l’idea dello stile schietto e disinvolto con cui il maestro affronta i vari argomenti trattati nel volume:
Il momento delle votazioni, con certe commissioni, può essere traumatico non solo per la responsabilità e l’impegno con cui il giovane si sente spinto, ma anche perché ci sono maestri che confondono la simpatia verso il giovane studente per affetto, l’affetto per stima, e dunque per partito preso rifiutano da una giuria qualsiasi giudizio che non sia il Primo Premio anzi, a volte viene da pensare che se potessero rifiuterebbero di accettare anche quello, preferendo direttamente l’intitolazione del concorso o almeno la definitiva cessazione di futuri riconoscimenti, premi e targhe a successivi concorrenti e ulteriori rivali.
Inserisco qui un’amara considerazione: i giurati sono uomini, con tutte le loro passioni, e sono artisti abituati a proiettare in un regno di verità i propri odi e furori. La disonestà è dietro l’angolo. Alcuni nomi di celebri maestri sono circondati da leggende: si dice che nei concorsi dove uno di loro è in commissione vincano solo candidati che sono stati suoi studenti. A volte è vero che si percepisce qualcosa di sospetto nei risultati; ma a volte tale calunnia che circola sul comportamento del maestro è del tutto infondata. Prendiamo il caso di un altro famoso docente di Rombebai, con cui sono stato in commissione. Quando mi è capitato di essere in una commissione di concorso del quale costui era presidente, il suo comportamento era stato ineccepibile, assolutamente perfetto. Eppure i risultati finali erano pericolosamente tendenti al sospetto; a pensarci bene, il problema infatti non era lui, ma noi. Come può una commissione mettere un voto negativo a un candidato le cui idee interpretative sono state magari concordate con il maestro che in quel momento è il collega con cui si siede per giorni insieme in commissione, che si astiene dal votare dalla sedia accanto alla nostra? Mi ricordo bene con quanta signorilità un celebre direttore di un conservatorio della Nuova Guinea gestì i capricci di un giurato dell’Isola di Pasqua che si era astenuto dal voto per il suo studente, ma era rimasto offeso dal voto che il resto della commissione aveva calcolato per quel ragazzo (un voto in sé buono, ma solo appena sufficiente per garantire al candidato l’accesso alla finale). L’anziano maestro dell’Isola di Pasqua, al momento di dare i voti alle prove della seconda prova del concorso, mise 5 a tutti gli altri concorrenti, per poter abbassare la media generale e favorire il proprio studente per il quale non poteva votare. Essendo l’unico giurato a comportarsi così, il problema non ebbe conseguenze (l’unico risultato pratico fu che da allora non mi capitò più di rivedere quel professore in alcuna commissione di concorso dove mi capitò di essere inviato).
Conclusione
Con Musicista in pochi decenni il maestro salentino accompagna i lettori in una passeggiata colta, simpatica e simpatetica tra la scena e l’osceno – inteso come tutto ciò resta fuori dalla scena, inclusi i pensieri, i ricordi e le convinzioni maturate da un musicista di successo nell’arco di una vita di studi ed esibizioni in tutto il mondo.
Libetta stupisce con un libro unico e prezioso, utilissimo per gli aspiranti musicisti e in grado di divertire qualunque lettore.
Qui potete trovare la la scheda e le recensioni del libro su Amazon.
21 lezioni per il XXI secolo: recensione
La recensione di 21 lezioni per il XXI secolo di Yuval Noah Harari firmata da Carlo Basso
Carlo Basso recensisce per LibriNews 21 lezioni per il XXI secolo, il nuovo attesissimo saggio di Yuval Noah Harari, già autore di Sapiens – Da animali a dei e Homo Deus, due volumi che hanno meritatamente registrato un enorme successo di pubblico in tutto il mondo. [Read more…]
Pensieri dallo sport per allenare se stessi: recensione
La recensione del volume di Giuliano Bergamaschi e Donato Sarcinella che raccoglie 87 pensieri sull'allenamento
Il nuovo libro di Giuliano Bergamaschi e Donato Sarcinella, già autori di La didattica dell’allenare nelle scienze motorie, si intitola Pensieri dallo sport per allenare se stessi – Lo spogliatoio e il maneggio dell’anima (edizioni QuiEdit). Il volume si presenta come una raccolta di pensieri divisa in due parti, che racconta, nella prima parte, le esperienze di Giuliano Bergamaschi (motivatore nello spogliatoio) e nella seconda quelle di Donato Sarcinella (mental coach nel maneggio). L’approccio alla tematica dell’allenamento in ambito sportivo tramite pensieri sciolti è molto originale, e l’accostamento tra le esperienze di allenamento sportivo tradizionale e di allenamento in ambito equestre funziona grazie, in particolar modo, alla comunanza di visione dei due autori.
Pensieri dallo sport per allenare se stessi vuole “offrire uno stimolo a tutti coloro che vogliano provare a migliorarsi ‘pensando in modo diverso’, scrive il professor Bergamaschi nella prefazione, sottolineando che tanto lui quanto Sarcinella
condividono il principio che il valore della persona umana consista nella sua capacità di sentire e di pensare in modo assiologico al fine di potersi migliorare.
Sono parole che dicono molto sul testo nel suo complesso: nonostante la struttura duale “leggera”, con un pensiero libero per ciascuna pagina (eccezion fatta per le riflessioni più lunghe), la dimensione saggistico-didattica è fortemente presente. L’organizzazione del materiale in riflessioni brevi ha come risultato non quello di tralasciare parte della conoscenza degli autori per focalizzarsi su episodi precisi, quanto quello di “concentrare” l’esperienza professionale degli autori in sintetiche ma dense riflessioni.
Diamo un’occhiata al libro
Il libro edito da QuiEdit a settembre 2018 conta 124 pagine. Si presenta con un orientamento orizzontale, due lunghe alette e delle belle illustrazioni di Michele Pioli.
Una delle illustrazioni del libro
Come potete vedere dalla foto in basso l’impaginazione è ariosa e accoglie dei pensieri in delle cornici.
Passiamo ora ai contenuti.
La parte di Bergamaschi: pensare meglio per migliorarci (non solo come atleti)
Dai pensieri del professor Bergamaschi traspare tanto l’esperienza come motivatore negli spogliatoi sportivi quanto la formazione filosofico-pedagogica dell’autore. Le riflessioni partono dall’esperienza diretta per poi muoversi in profondità attraverso un’analisi accurata dell’esperienza stessa, oppure si concentrano sulle tante qualità e possibili difficoltà dello sport. Le riflessioni sono spesso animate da metafore esemplificative; inoltre risultano interessanti le varie definizioni che Bergamaschi dà di concetti di grande importanza per lo sport (“La disciplina è l’arte con cui usare le regole per migliorarsi”, per fare un esempio).
Una delle idee che informano i pensieri di Bergamaschi è la volontà di stimolare a “pensar meglio”, di invitare atleti e non solo ad allenare la propria voce interiore al fine di migliorare le risposte di quell’inconsapevole sistema di automatismi che agisce in noi e ci fa agire. Questo miglioramento delle risposte vuole poi portare a un sostanziale depotenziamento dello stesso sistema inconsapevole in favore di una consapevolezza sempre vigile e attiva.
Come spiega l’autore, i pensieri inclusi nel libro nascono dall’esperienza di “osservazione introspettiva dall’esterno” nello spogliatoio, e si articolano lungo tre binari tematici: la consapevolezza, l’attenzione e la trasformazione attiva.
Bergamaschi riflette su molti argomenti fondamentali per ogni atleta e allenatore, come la sconfitta, la motivazione, la crisi, la fatica e la leadership, con l’idea che capire meglio questi fenomeni e capire meglio noi stessi aiuterà a raggiungere il risultato (la vittoria), ma non solo: con l’autoriflessione si può giungere a qualcosa di più, si può giungere a comprendere che il nostro vero potere è il potere di poter essere. E arrivare ad amare il nostro vero potere (il potere di poter essere) ci rende davvero migliori, poiché significa “scegliere di amare l’essere del nostro ego e non il suo possedere”.
Ecco il primo dei pensieri inclusi nel libro:
L’ANIMA SPORTIVA
(Il sentire profondo)L’anima è il sentire profondo” di una persona. L’autentico anelito dell’anima non ha nulla a che fare con la percezione della banalità o della superficialità, e trova invece espressione nel suo potere teso a farci prendere coscienza del nostro poter essere.
Lo sport si sostanzia del poter essere della persona: coinvolgimento, concentrazione ed energia concretizzano in risultato il poter essere.
Sentire in profondità significa percepire l’intensità e il valore del proprio coinvolgimento in ciò che si fa. Sentire in profondità significa percepire il proprio grado di assenso o di dissenso nei confronti di ciò che si pone in atto. Sentire in profondità significa percepire ciò che conta o non conta per noi stessi. Sentire in profondità è la ricerca del senso della propria vita.
Io riesco a sentire in profondità se presto attenzione a quello che mi piace e mi dispiace e mi interrogo su quale sia il perché che fonda questo giudizio. Più ricerco la mia profondità più ho la possibilità di motivare meglio il mio volere.
Le riflessioni di Bergamaschi rappresentano, in sintesi, una rara occasione per atleti e allenatori per comprendere meglio da un punto di vista analitico-filosofico lo sport e il proprio essere nello sport.
La parte di Sarcinella: sport e allenamento oltre la nostra specie
Nella seconda metà del libro seguiamo i pensieri di Donato Sarcinella e il racconto delle sue esperienze nel maneggio. L’autore ci racconta l’incontro con i cavalli Mega e Paint e il loro allenamento (inteso come allenamento di Mega, Paint e dello stesso Sarcinella). Il racconto che ne deriva descrive il viaggio dell’autore “nell’allenare chi è veramente differente da me”.
Il lavoro svolto dal trainer ha dovuto fare i conti con il passato di Mega e Paint, cavalli abituati ad addestramenti duri e stressanti, un fattore che ha spinto l’autore a riesaminare tutto ciò che aveva fatto proprio in anni di counseling e di formazione per far riscoprire, in particolare a Mega, la propria natura. Da qui la scelta di operare una rieducazione nella forma della regressione mentale, riportando i cavalli alla loro infanzia e al rapporto con la madre, e a fare leva sulla curiosità e la tendenza all’imitazione propria dei più giovani.
A partire da queste intuizioni Sarcinella inizia il suo lavoro, e presto comprende la necessità di “imparare a insegnare” con attività pratiche sul campo, giorno dopo giorno, in una ricerca innovativa e paziente i cui risultati dimostrano che “esiste sempre una strategia di allenamento possibile”.
Sarcinella riflette sulla sua esperienza con una dovizia di particolari e uno sguardo ravvicinato che trasporta il lettore “nel campo”, accanto ai cavalli. Le sue riflessioni (che spaziano dalla natura della comunicazione interspecifica a cosa significa essere una squadra, dall’importanza dell’imparare a imparare all’importanza del gioco nell’allenamento) sono senz’altro interessantissime per tutti gli appassionati di training equestre, e probabilmente impagabili per chi, più nello specifico, è un appassionato della disciplina freestyle.
Paint e Mega from Donato Sarcinella on Vimeo.
È importante notare come l’innovativo metodo di Sarcinella affondi le sue radici nell’essenza stessa dell’allenare (inteso in termini assoluti), ed è proprio questo uno dei fattori di collegamento nel libro tra il maneggio (la parte di Sarcinella) e lo spogliatoio (la parte di Bergamaschi). Per quanto peculiare sia l’esperienza del training equestre, che andando oltre la specie richiede un grande sforzo di riflessione da parte dell’allenatore (che non può basarsi sulla comunicazione verbale), il cavallo conduce infatti a un ritorno dell’allenatore alla vera essenza del proprio lavoro:
Un cavallo in apprendimento ci obbliga […] a tornare allenatori novelli per scoprire cosa accade nel nostro atleta, ci rende orfani dell’ascia del potere, ci fa guadagnare un passo ed amare le piccole conquiste nei gesti motori.
Spesso e volentieri, nei pensieri è facile trovare enunciati dei principi che, pur essendo applicati nell’incontro con i cavalli, hanno in realtà una valenza generale. Eccone un esempio:
Nel trasferimento verso il campo di allenamento riuscire a farmi seguire da Mega e far rallentare il passo di Paint senza esercitare alcuna pressione ha richiesto mesi di allenamento.
È l’equilibrio che cerco, la conservazione del movimento intorno a me. Ero però rallentato dall’uno e trascinato dall’altro, ma ho creduto nel fatto che potevo controllare queste energie assegnando compiti specifici ad ogni cavallo. Il più veloce poteva essere ala nella rotazione dello schieramento a tre, mentre il più lento era il perno intorno al quale ruotare. Un leader conosce i singoli, li collega opportunamente, osserva da lontano, poi entra in squadra e conduce il gruppo.
“Be concentric” è la manovra che in campo valorizza tutto questo in un esercizio più complesso. Mega e Paint convergono in velocità verso di me. Rimango al centro e descrivo cerchi sempre più stretti, mentre loro continuano a girare parallelamente e sempre più concentrati verso la mia figura, fino a guardarci negli occhi.
Controllo dell’energia, self leadership, leadership distribuita, è la gerarchia che cerco.
Ci fa poi piacere sottolineare come il lavoro di Sarcinella risulti interessante per qualunque lettore: l’avvicinamento di un mental coach a dei cavalli, la conoscenza reciproca, la nascita della fiducia, la creazione di una squadra e il raggiungimento di risultati è materia di grande fascino, che curiosamente costituisce, allo stesso tempo, non solo un’esperienza meritevole di studio da parte dei professionisti del settore, ma anche una storia appassionante.
Conclusione
Pensieri dallo sport per allenare se stessi è un libro per coach, trainer e curiosi d’ogni genere che approccia le tematiche con un piglio assolutamente originale. I pensieri liberi ma significativi che compongono il testo sono animati da una volontà di raccontare lo spogliatoio e il maneggio scavando in profondità nel rapporto tra allenatore e atleta e addentrandosi nelle esperienze regalate dallo sport, con l’idea (per usare le parole di Bergamaschi) che sia possibile migliorare imparando a comprendere, valorizzare e finanche amare il nostro poter essere, e che (per usare le parole di Sarcinella) tutti possiamo riuscire a facilitare lo sviluppo di ogni anima.
Edito da QuiEdit nel 2018 • Pagine: 124 • Compra su Amazon
Gli autori di questo libro hanno inteso trasferire la loro esperienza professionale nell’ambito sportivo in “pensieri con mani, piedi e zoccoli”, per offrire uno stimolo a tutti coloro che vogliano provare a migliorarsi “pensando in modo diverso”. Entrambi gli autori condividono infatti il principio che il valore della persona umana consista nella sua capacità di sentire e di pensare in modo assiologico al fine di potersi migliorare. Prezzo di copertina: 14,50 euro. → VEDI SCHEDA SU AMAZON
Il sognatore: recensione del libro di Laini Taylor
Veronica Bonino recensisce 'Il sognatore', l'ultimo libro di Laini Taylor
Veronica Bonino recensisce per LibriNews il nuovo romanzo di Laini Taylor, autrice statunitense famosa per le sue opere young adult e fantasy.
Il sognatore: la recensione di Veronica Bonino
L’ultimo libro di Laini Taylor, edito da Fazi all’interno della collana LainYA, ha per protagonista l’orfano Lazlo Strange, detto Il Sognatore. Il bambino viene cresciuto in un monastero, dove subisce il fascino dei racconti riguardanti una città ormai perduta, Pianto, tramite i racconti di un anziano monaco. Ormai adulto Lazlo lavora nella biblioteca della comunità, ed è proprio grazie al suo impiego che può approfondire le sue due ossessioni: l’alchimia e la storia di una meravigliosa e ricchissima città, che però da secoli ormai è stata dimenticata e da cui non provengono più viaggiatori.
In seguito ad un evento fortuito, Lazlo ha l’opportunità di unirsi ad una spedizione diretta proprio a Pianto, dove il lettore incontra l’altra protagonista: Sarai, una giovane donna dalla pelle blu, che nel corso delle pagine racconterà gli anni trascorsi insieme ai fratelli, senza possibilità di uscire dalla cittadella. I due saranno destinati ad incontrarsi e a risolvere il mistero di Pianto.
Con questo young adult, parte di una duologia, Laini Taylor si conferma essere una scrittrice capace di creare mondi meravigliosi ed estremamente credibili. Infatti, le descrizioni approfondite del monastero, della biblioteca e poi della città perduta, permettono al lettore di immergersi in un universo fantastico, da cui si fatica ad uscire. Per raggiungere questo scopo, l’autrice fa riferimento a numerose citazioni di opere, non solo letterarie, come Le mille e una notte, Avatar e il suo precedente romanzo, La chimera di Praga.
Accanto ai protagonisti, Lazlo e Sarai, si delineano una serie di personaggi secondari, molti dei quali vengono presentati al lettore in maniera approfondita e peculiare, fino a renderli interessanti tanto quanto i personaggi principali. Un ulteriore elemento che i lettori voraci non potranno non amare è il fatto che Il Sognatore, in particolar modo nei capitoli iniziali, sia senza dubbio un romanzo metaletterario, infatti Lazlo si circonda di libri, vive per le storie ed è egli stesso un autore di un’opera, che avrà un ruolo fondamentale per lo svolgimento delle vicende.
Il merito maggiore del libro però è da riconoscere nella capacità dell’autrice di trattare, in maniera approfondita, un tema tutt’altro che banale, quello dell’odio fra i popoli, a cui segue un’interessante riflessione sul male. Questa particolarità è tanto più importante se si considera che i lettori a cui, intenzionalmente, il genere si rivolge sono i ragazzi. Così facendo l’autrice coglie al volo l’opportunità di fornire loro un momento educativo fondamentale.
Nonostante la conclusione sia forse un po’ frettolosa, Il Sognatore è un ottimo romanzo, che svela in maniera graduale i suoi segreti e infonde in chi legge una grande curiosità per il seguito.
Edito da Fazi nel 2018 • Pagine: 524 • Compra su Amazon
È il sogno a scegliere il sognatore, e non il contrario: Lazlo Strange ne è sicuro, ma è anche assolutamente.certo che il suo sogno sia destinato a non avverarsi mai. Orfano, allevato da monaci austeri che hanno cercato in tutti i modi di estirpare dalla sua mente il germe della fantasia, il piccolo Lazlo sembra destinato a un'esistenza anonima. Eppure il bambino rimane affascinato dai racconti confusi di un monaco anziano, racconti che parlano della città perduta di Pianto, caduta nell'oblio da duecento anni: ma quale evento inimmaginabile e terribile ha cancellato questo luogo mitico dalla memoria del mondo? I segreti della città leggendaria si trasformano per Lazlo in un'ossessione. Una volta diventato bibliotecario, il ragazzo alimenterà la sua sete di conoscenza con le storie contenute nei libri dimenticati della Grande Biblioteca, pur sapendo che il suo sogno più grande, ossia vedere la misteriosa Pianto con i propri occhi, rimarrà irrealizzato. Ma quando un eroe straniero, chiamato il Massacratore degli Dèi, e la sua delegazione di guerrieri si presentano alla biblioteca, per Strange il Sognatore si delinea l'opportunità di vivere un'avventura dalle premesse straordinarie. ACQUISTA SU AMAZON
La didattica dell’allenare nelle scienze motorie: recensione
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La casa editrice QuiEdit di Verona ha pubblicato, nel corso del 2017, un interessante volume di Donato Sarcinella e Giuliano Bergamaschi intitolato La didattica dell’allenare nelle scienze motorie. Il volume è preceduto da una prefazione di Ferdinando De Giorgi, ex CT della nazionale polacca di pallavolo, ora allenatore del Klub Sportowy Jastrzębski Węgiel. [Read more…]