Un uomo viene ucciso in un vicolo di Manhattan e l’unico testimone è il figlio di otto anni. La vittima è un corriere con solide amicizie nelle gang di New York. Che cosa stava trasportando? Per chi lavorava? E soprattutto: possibile che al ritrovamento del cadavere il furgone fosse vuoto? Sono questi i primi interrogativi ai quali Amelia Sachs e Lincoln Rhyme devono rispondere. Ma quando si ritrovano davanti una scena del crimine con centinaia di reperti da analizzare, Rhyme capisce di dover attingere a tutta la sua sagacia per scovare, in mezzo a quel caos, gli indizi che lo condurranno all’assassino. Per Sachs, intanto, diventa essenziale proteggere il bambino da chi vuole farlo tacere per sempre. Come se la caveranno i due tra genitori affidatari, false testimonianze e piste ingannevoli? La posta in gioco è alta e il Re dei Morti aspetta solo di essere incoronato.
Il re dei morti: un estratto dal libro
«Che mi dici, Sachs? Com’era la scena? Complicata? Difficile? Impossibile?»
Lincoln Rhyme allontanò la sedia a rotelle dal computer, dove stava leggendo un’e-mail, e andò verso la soglia del salotto.
Amelia Sachs entrava in quel momento nel salotto-laboratorio di Central Park West. Depositò sul tavolo per le prove la cassetta grigia che portava e poi si tolse il giubbotto tattico nero. Era in jeans e maglietta – bianco sporco quel giorno – il tipico abbigliamento che indossava sotto la tuta di Tyvek quando percorreva la griglia sulla scena di un crimine. Il suo bel viso, il viso di ex modella, si sciolse in un sorriso. «La scena? Impegnativa, diciamo. Sei di buon umore.»
«Già. È parecchio disorientante» rispose l’assistente di Rhyme, seguendo Sachs nella stanza. Thom Reston, un giovane magro, era impeccabile in pantaloni italiani grigio scuro e camicia color talpa. Rhyme era tetraplegico, la colonna vertebrale danneggiata a livello C4, e quasi del tutto paralizzato dal collo in giù. Di conseguenza, e prevedibilmente, era soggetto a sbalzi d’umore che potevano essere alquanto drastici. (Certo, anche prima dell’incidente che lo aveva reso disabile, quando era capo della Scientifica del NYPD, oscillava spesso tra il burbero e l’insopportabile, per sua stessa ammissione.) Thom si trovava nella posizione giusta per esprimere un’opinione in merito: dopo anni di cure, conosceva piuttosto bene il carico emotivo del suo assistito, proprio come la metà di una vecchia coppia conosce d’istinto l’altra.
«I miei stati d’animo non sono rilevanti. Perché dovrebbero?» Aveva lo sguardo sulla cassa, che conteneva le prove della complicata, difficile e, se non impossibile, quantomeno impegnativa scena del delitto che Sachs aveva appena analizzato a Manhattan.
Sachs parve divertita dalla fiacca negazione. «Il caso Baxter?» chiese.
«Se fossi di buon umore, e ribadisco che è irrilevante, quello potrebbe essere un motivo.»
Il procedimento Baxter era stato particolarmente difficile, unico per Rhyme; non ricordava di aver gestito un altro crimine da colletto bianco durante i suoi anni come detective del NYPD o, più di recente, come consulente della Scientifica. Baxter, abitante dell’Upper East Side/Long Island, era stato accusato di una truffa milionaria ai danni di gente del suo ambiente (in realtà le vittime provenivano da tutta l’area metropolitana di New York, ma avevano tutte quante lo stesso pedigree). Molti di essi probabilmente potevano permettersi di perdere denaro, ma uno non può appropriarsi di ciò che appartiene agli altri, quali che siano le sue tendenze socialiste o ciò che pensa della disparità di reddito. L’ex agente di Borsa aveva escogitato geniali truffe finanziarie, continuando indisturbato per anni. Ma un’assistente procuratore distrettuale aveva scoperto la cosa e chiesto a Rhyme di aiutarla con l’aspetto probatorio del caso. Lui aveva dovuto impiegare tutte le sue doti forensi per identificare le tracce del denaro, i siti di deposito, remote località da cui venivano fatte chiamate da telefoni pubblici o linee fisse, incontri in ristoranti, bar e parchi, presenza fisica su jet privati, documenti rilevanti e oggetti d’arte acquistati con denaro rubato.
Rhyme era riuscito a mettere insieme abbastanza prove per una condanna per frode telematica, furto e altri crimini finanziari ma, non soddisfatto, aveva continuato a scavare… scoprendo che Baxter era più pericoloso di quanto sembrasse. Aveva trovato le prove della sua partecipazione ad almeno una sparatoria e scoperto una pistola nascosta in un magazzino in affitto. I detective e il procuratore distrettuale non erano riusciti a trovare vittime fisiche; si era ipotizzato che si fosse limitato a intimidire un povero bersaglio con un paio di colpi ben piazzati di una 45. La mancanza di una vittima crivellata di colpi, tuttavia, era irrilevante: il possesso di una pistola senza porto d’armi era un reato grave. Il procuratore distrettuale aveva aggiunto l’accusa e, proprio quel giorno, la giuria aveva emesso un verdetto di colpevolezza su tutti i fronti.
Lincoln Rhyme viveva per la sfida del lavoro forense e una volta che il suo contributo a un caso era finito, perdeva interesse. Quel giorno, però, il procuratore distrettuale gli aveva mandato un’e-mail relativa al verdetto con una nota in calce: una delle vittime a cui Baxter aveva sottratto i risparmi aveva ringraziato in lacrime il procuratore e «tutti quelli che avevano contribuito al processo». Il verdetto di colpevolezza significava che le sarebbe stato molto più facile fare causa a Baxter per recuperare una parte dei fondi rubati. Avrebbe potuto mandare al college i nipoti, dopotutto.
Rhyme considerava il sentimentalismo come forse la meno utile delle emozioni, eppure era contento del suo contributo a Il Popolo contro Baxter. Ecco spiegato il buon umore.
Ma Baxter stava per entrare nel sistema, il ruolo di Rhyme era concluso e, perciò, tempo di rimettersi all’opera. Chiese ancora della scena del delitto che Sachs aveva analizzato a Manhattan.
«La vittima era il trentottenne Eduardo “Echi” Rinaldo…
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