Per quanti volessero conoscere le regole del giainismo
e la condotta per il cibo e l’alimentazione presentiamo una breve introduzione all’argomento. Ricordiamo anzitutto che la retta condotta nel jainismo riguarda fondamentalmente le due grandi distinzioni tra i seguaci giainisti: quella degli asceti (yati) e quella dei laici (savaga). I primi sono i monaci sottoposti a una vita caratterizzata da una stretta osservanza dei cinque precetti giainici, mentre i secondi sono tutti gli osservanti, i quali, pur riconoscendosi nella dottrina, non sono in grado di sottomettersi alla dura disciplina di questa fede.
Prima di analizzare il cibo e l’alimentazione nel giaismo risulta fondamentale dedicare uno sguardo a quelle che sono le regole fondamentali della dottrina orientale. Per chi non sapesse di cosa si tratta e volesse prima leggere un’introduzione a cos’è il giainismo e alla sua storia, rimandiamo all’articolo linkato.
Gianismo, le cinque regole fondamentali della dottrina spirituale
Nonviolenza (Ahimsa): l’asceta rifiuta l’atto di uccidere qualsivoglia forma di vita e promette che per il resto della sua vita confesserà la violenza, si pentirà della violenza ed eviterà di compierla di persona, di spingere altri a compierla e di approvare quella altrui. Verità e sincerità (Satya): l’asceta deve astenersi dalla menzogna, deve essere ponderato nelle parole e non soggetto a ira, invidia, paura o ilarità. Il terzo voto (Asteya), è comunemente inteso come non rubare, ma letteralmente afferma che l’asceta non deve prendere ciò che non gli è stato dato. Castità (Brahmacarya): l’asceta deve rinunciare all’attività sessuale. Per i laici il voto viene inteso come fedeltà coniugale; Non Attaccamento (Aparigraha): secondo la tradizione antica, evitare ogni attaccamento affettivo in relazione agli oggetti dei sensi, secondo la tradizione tarda, non possedere nulla per i monaci, e dare il superfluo in beneficenza per i laici. È importante notare che, come ogni altra religione, anche il giainismo registrò nell’epoca seguente al Mahâvira, scismi, il più importante dei quali fu quello tra il 72 e l’89 d.C., che trova la sua origine in un avvenimento del sesto secolo a.C. Va quindi assolutamente precisato che vi sono diverse forme di giainismo; la complessità delle diramazioni non è riportabile in questa sede. Tuttavia fondamentale è chiarire come alcuni dei fondamenti qui riportati non siano propri di ogni giainista.
Giainismo, cibo e alimentazione, animalismo e ambientalismo
Cosa deriva da quanto detto sopra per la condotta del giainismo su cibo e alimentazione e come tutto ciò può essere accostato (con cautela) a scelte proprie di certe forme di animalismo e ambientalismo? Come scrive Claudia Pastorino nel suo interessante L’essenza del jainismo:
Il Jainismo è una Dottrina spirituale ateista, che non presuppone, cioè, l’esistenza di un Dio né di più Dei creatori dell’Universo. Il Jainismo identifica il Sacro con l’energia vivente: l’anima di ogni essere vivente (uomo, animale, vegetale, e anche degli elementi) è eterna e divina. L’anima ritorna a fondersi con l’Assoluto e si libera dalla sofferenza delle rinascite, soltanto dopo essersi completamente liberata dagli attaccamenti, attraverso il distacco, le meditazioni, le austerità, l’autopurificazione, l’ascetismo e la stretta osservanza del comandamento dell’Ahimsa, cioè Nonviolenza attiva verso tutte le Creature: questa è, nel Jainismo, la via verso la Liberazione.
Più avanti nel suo scritto Claudia Pastorino presenta alcune righe che sintetizzano la comunione di “pratiche” tra il giainismo e alcuni attivisti animalisti e ambientalisti occidentali:
I Jaina (monaci e laici di entrambi le Scuole), oltre a non cibarsi di alcun animale […] non si cibano neppure di tutte quelle creature vegetali prelevando le quali si uccide l’intera pianta non lasciandole la possibilità di continuare a crescere e a produrre i suoi frutti (come i bulbi e le radici: carote, patate, rape, eccetera); non si cibano inoltre dei frutti ricchissimi di semi, e quindi di animae, come il melograno, e neppure del miele, prodotto mettendo in pericolo la vita delle api. Dall’avvento, poi, dell’industrializzazione dello sfruttamento degli animali per la produzione di uova, latte e latticini (allevamenti intensivi e allevamenti in batteria), i Jaina bandiscono anche gli alimenti di origine animale, poiché la loro produzione comporta inevitabilmente grande violenza (Himsa) sugli animali. Le più recenti indicazioni dottrinali jainiste suggeriscono, infatti, uno stile di vita Vegan (o “Vegetaliano”) al fine di ridurre al minimo la violenza.