Il libro Il nuovo Barnum di Baricco arriverà sugli scaffali delle librerie italiane il 29 settembre 2016. Il volume, che conterà 320 pagine e sarà pubblicato da Feltrinelli, racchiuderà un gran numero di interventi pubblicati da Alessandro Baricco su diversi giornali, tra cui naturalmente La Repubblica.
Il nuovo libro di Alessandro Baricco, Il nuovo Barnum, sarà presentato con un prezzo di copertina di 16 euro (13,60 per chi lo acquista in preordine online), mentre per le versioni mobi, ePub, pdf, il prezzo sarà di 9,99 euro.
Il nuovo Barnum di Baricco: descrizione del libro
Il libro racchiude una serie di interventi del noto scrittore italiano su quotidiani e riviste. Come da descrizione ufficiale, “Baricco insegue il mondo, e induce i suoi lettori a partecipare la curiosità con cui va a stanare notizie, episodi, […] personaggi, dibattiti” con una varietà espositiva che fa pensare al circo: il Barnum delle meraviglie.
Per la descrizione ufficiale e le recensioni dei lettori rimandiamo alla scheda del libro su Amazon.
Il nuovo Barnum: anteprima del libro
Freaks, pistoleri e illusionisti
Ogni tanto mi chiedono come mai non scrivo romanzi che parlano del nostro tempo (talvolta usano l’espressione “che parlano della realtà”, e allora la conversazione si interrompe bruscamente lì).
Una riposta possibile è che in effetti un lungo libro che parla del nostro tempo lo sto scrivendo eccome, da anni, ma sui giornali, a colpi di articoli. Se devo scrivere di quel che mi succede intorno, non so, non mi viene da usare la forma romanzo: mi viene da scrivere articoli, di andare dritto allo scopo, ecco. È una cosa che faccio ormai da un sacco di anni. Dato che ho cominciato scrivendo una rubrica che si intitolava Barnum (il mondo mi sembrava allora un festivo spettacolo di freaks, pistoleri e illusionisti), mi sono abituato a quel nome, e adesso qualsiasi cosa scriva sui giornali per me finisce, bene o male, sotto quell’ombrello. Barnum.
Qui avete tra le mani quello nuovo, di Barnum. Sono quasi vent’anni di articoli, a ben vedere.
Ah, ho tolto quelli brutti, o venuti male, o noiosi. Ce n’erano, ovviamente.
Adesso non ci sarebbe altro da aggiungere, se non fosse che rileggendo queste pagine ci ho trovato un paio di articoli su cui mi preme, non so bene perché, dire qualcosa. Sono articoli che per me hanno un significato tutto particolare, e mi spiaceva vederli lì in mezzo agli altri, senza che fosse possibile capire che per me erano stati speciali.
Ecco perché state leggendo questa prefazione.
Il primo è a pagina 57. L’ho scritto l’11 settembre 2001, un paio d’ore dopo quello che era successo alle Torri gemelle. Adesso è difficile ricordarselo, ma in quel momento si era davvero tutti nel panico, e allocchiti, e incapaci di reagire. Soprattutto, volevamo capire cosa era successo. In quei momenti, se non sei un giornalista, vuoi ascoltare, non parlare. Leggere, non scrivere. Vuoi che ti spieghino, non vuoi spiegare. E invece mi ricordo di aver pensato: adesso chi fa il pompiere deve salire là sopra e salvare gente, e chi sa scrivere deve scrivere, cazzo. Quindi accendi ’sto computer e fai la tua parte. E mi son messo a farla. Sarà scemo, ma è una delle cose di cui vado più fiero, nella mia vita di lavoro: non aver taciuto, quel giorno. C’erano un sacco di cose più comode da fare, e in nessuna rischiavi di dire, a caldo, cose che quindici anni dopo potevano risultare fesserie stratosferiche.
Poi l’articolo non mi venne benissimo, ma neanche male. Se posso dire la mia, con la modestia che abitualmente mi si riconosce, quello piuttosto profetico è quello che scrissi il giorno dopo (sempre per fare la mia parte, come il pompiere). Mi colpisce il fatto che lo potrei riscrivere oggi, l’avrei potuto riscrivere dopo il Bataclan. Da allora non ho cambiato idea. Questa storia che il concetto di guerra stava perdendo l’appoggio del concetto di confine descrive piuttosto bene cosa sta succedendo oggi, in modo ancora più chiaro che allora. E resto convinto che il terrorismo è molto più una necrosi del nostro corpo sociale, che un’aggressione proveniente da fuori. Sta marcendo qualcosa, in quei gesti orribili, e quel qualcosa è una parte di noi, delle nostre democrazie, della nostra idea occidentale di progresso e di felicità. Non è un attacco a quelle cose: è una malattia di quelle cose.
Lascia un commento