Con Prova a fermarmi Lee Child porta la saga di Jack Reacher al ventesimo volume. Il nuovo capitolo della serie sarà pubblicato da Longanesi il 15 giugno 2017 con un prezzo di copertina di 18,60 euro (ordinabile online con il 15% di sconto). Per chi desidera acquistare l’ebook, il costo per la versione mobi, epub o pdf di Prova a fermarmi è di 9,99 euro.
Prova a fermarmi: riassunto della trama
Location fondamentale del nuovo capitolo di Child è il piccolo paese denominato Mother’s Rest, un insieme di case in mezzo a un gigantesco campo di grano abitato da individui alquanto scontrosi. Per strada Jack incontra Michelle Chang, una giovane che sembra aver scambiato Jack per un’altra persona. Michelle parla a Jack della sparizione dell’uomo con cui stava seguendo un’investigazione privata, e Reacher decide di darle una mano, convinto di poter risolvere il mistero in breve tempo. La vicenda tuttavia conosce degli sviluppi inattesi e trascina il protagonista in una corsa tra Los Angeles, Chicago, San Francisco… Qualcun altro avrebbe rimpianto di non aver ignorato il problema della donna, ma Jack non è tipo che si perde nei rimpianti: una volta in ballo, vuole sempre andare fino in fondo.
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Un’anteprima dal nuovo libro di Lee Child
Spostare un uomo grosso come Keever non era facile. Era come cercare di sollevare un materasso matrimoniale. Perciò lo seppellirono vicino alla casa, il che comunque era logico: mancava ancora un mese al raccolto e un’anomalia in un campo sarebbe stata visibile dall’alto. E, per uno come Keever, avrebbero controllato dall’alto. Avrebbero usato aerei da ricognizione ed elicotteri, forse anche droni.
Iniziarono a mezzanotte, per stare sul sicuro. Erano in mezzo a quattromila ettari di nulla e l’unica opera realizzata dall’uomo nelle immediate vicinanze era la ferrovia che andava a est, ma l’ultimo treno passava alle sette di sera, il primo alle sette del mattino. Dunque niente sguardi indiscreti. Su una barra sopra la cabina dell’escavatore erano montati quattro fari, come quelli che i ragazzi montano sui pick-up; insieme creavano un intenso fascio di luce alogena. Perciò neanche la visibilità era un problema.
Cominciarono a scavare la buca nel recinto dei maiali, che era di per sé un’anomalia permanente nel terreno. Ogni maiale pesava novanta chili e aveva quattro zampe. La terra era sempre smossa. Dall’alto non si sarebbe visto niente di strano, neanche con una termocamera: l’immagine sarebbe diventata indistinguibile all’istante per via del calore emanato dagli animali e dai mucchi di escrementi.
Il rischio era molto contenuto.
I maiali grufolavano, quindi la buca doveva essere profonda. Nemmeno quello era un problema. Il braccio dell’escavatore era lungo e affondava nel terreno con un movimento ritmico, fluido e articolato; la benna era lunga due metri, i pistoni idraulici scintillavano alla luce elettrica, il motore ruggiva sotto sforzo e ronzava in folle, la cabina si abbassava e si sollevava a mano a mano che la terra veniva spostata. Al termine dello scavo fecero retromarcia e ci spinsero dentro Keever con la benna, facendolo strisciare e rotolare finché, completamente sporco di terra, non cadde oltre il bordo atterrando nel buio con un tonfo.
Solo una cosa andò storta, proprio in quel momento.
Il treno serale passò con cinque ore di ritardo. Il mattino dopo sentirono alla radio locale che una locomotiva si era rotta centocinquanta chilometri a sud, bloccando il traffico sui binari. In quel momento però non lo sapevano. Udirono un fischio lamentoso in lontananza, al passaggio a livello, e non poterono fare altro che voltarsi a guardare le lunghe carrozze illuminate che passavano sferragliando, una dopo l’altra, come in una visione onirica che sembrava infinita. Alla fine però il treno scomparve, le rotaie vibrarono ancora per un minuto e la luce di coda fu inghiottita dal buio della mezzanotte. A quel punto si rimisero al lavoro.
Trenta chilometri dopo, il treno rallentò piano, fino a fermarsi sibilando. Le porte si aprirono con un risucchio e Jack Reacher scese su una rampa in calcestruzzo, davanti a un silo per cereali grande quanto un condominio. Alla sua sinistra ce n’erano altri quattro, tutti più grandi, mentre a destra c’era un capannone di metallo grande quanto un hangar. Alcuni lampioni disegnavano coni di luce gialla nel buio a intervalli regolari. L’aria notturna era pervasa da una nebbiolina che faceva presagire la fine dell’estate. Era quasi autunno, dopotutto.
Reacher rimase immobile e il treno alle sue spalle ripartì senza di lui, prima a fatica, stridendo, poi assumendo un ritmo lento e infine accelerando con decisione. Lo spostamento d’aria, sempre più intenso, gli sferzò i vestiti. Era l’unico passeggero a essere sceso, e la cosa non era certo sorprendente. Quel posto non era affatto una metropoli, non era nient’altro che una località agricola. Le uniche strutture di accoglienza erano incuneate tra i silos e l’immenso capannone, e si riducevano in sostanza a un edificio compatto che pareva avere uno sportello e alcune panche per l’attesa. Aveva un aspetto ferroviario e sembrava un giocattolo piazzato temporaneamente tra due fusti lucidi di carburante.
La ragione per cui Reacher si trovava là era scritta su una targa che correva lungo tutta la facciata: MOTHER’S REST. Lo aveva letto su una cartina e gli era sembrato un nome fantastico, per la fermata di una linea ferroviaria. Si era immaginato che lì i binari attraversassero un’antica pista carovaniera e che tanto tempo prima fosse successo qualcosa. Forse una giovane donna incinta aveva avuto le doglie. I sobbalzi non potevano certo averle giovato. Forse la carovana si era fermata per un paio di settimane o un mese. Forse, anni dopo, qualcuno si era ricordato di quel posto. Un discendente, magari. Una leggenda familiare. Forse c’era un museo di una sola stanza.
Ma poteva esserci un’interpretazione più triste. Forse vi avevano seppellito un’anziana che non era sopravvissuta al viaggio. In quel caso ci sarebbe stata una lapide commemorativa.
Qualsiasi cosa fosse successa, Reacher aveva deciso che l’avrebbe scoperta. Era senza meta e aveva tutto il tempo del mondo, perciò poteva permettersi una deviazione. Per quello era sceso dal treno.
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