Inauguriamo Da Tradurre, una nuova rubrica di proposte che riguardano libri vecchi, dimenticati, chicche di altri tempi e anche novità letterarie contemporanee, scritti in altre lingue e non ancora reperibili in italiano, che sarebbe bello poter un giorno offrire in traduzione al mondo dei lettori della nostra penisola.
Le quattro regioni di origine celta del Regno Unito riservano spesso sorprese letterarie e culturali da scoprire all’improvviso, e da gustare chiudendo gli occhi e pensando di essere in Cornovaglia, sulle scogliere di lava a picco sul mare della Tintagel arturiana, oppure tra i verdi prati dell’Irlanda del Nord, o sulle alte colline, sui picchi lussureggianti e per le valli orgogliose del Galles più rurale, o ancora sugli altopiani scozzesi, torbiere ricoperte di erica bianca e lilla. Il Cymru (pronuncia: /kámri/) o Galles letterario è universalmente conosciuto grazie a Dylan Thomas, poeta, scrittore, cantastorie e grande bevitore, tanto che quasi ogni pub gallese proclama fiero di essere stato il suo ‘watering hole’ (letteralmente ‘buco dove ci si annaffia’) preferito. Ne Il mio Natale nel Galles (A Child’s Christmas in Wales, un brano di prosa originariamente registrato per la BBC nel 1952, un anno prima della sua morte, e riproposto in italiano come Un Natale nel 2000), Thomas dice: “Anche l’anno scorso aveva nevicato: feci un pupazzo di neve e mio fratello lo buttò giù e io buttai giù mio fratello e poi ci prendemmo una tazza di tè” [mia traduzione]. Questa ironia sottile, a volte anche con tinte vagamente oscure, e questi finali rapidi ed inaspettati caratterizzano, come si vedrà nel racconto che presentiamo di seguito, anche lo stile di Kate North, scrittrice e poetessa gallese che insegna Scrittura Creativa all’università di Cardiff Met.
Kate North ha pubblicato un romanzo, Eva Shell (2008, Cinnamon Press) e due collezioni di poesie (Bistro, 2012, Cinnamon Press, e The Way Out, appena uscito per Parthian). Incentrata sia sul Galles che su viaggi in Europa continentale, ed in uscita il prossimo 4 marzo per Cinnamon Press, Punch è la sua prima raccolta di racconti, di cui presentiamo in anteprima l’unico racconto breve, Tutti i musei (trad.© Francesca Zunino Harper).
Foto: Copyright Kate T. North e Cinnamon Press
Punch
Una minacciosa maschera in una casa di campagna francese, un uomo con un’escrescenza sul palmo della mano, una coppia che cerca di avere un figlio, una vacanza romana e ai Musei Vaticani tra statue con l’invidia del pene, una fotografa tornata dalla Siria, un ragazzo gay che ritrova per caso chi lo aveva tormentato a scuola, il più grande toro della Spagna, una donna che cerca di finire un libro sdraiata sul bordo di una piscina… Solitamente dialoghi tra due personaggi, di cui uno è spesso un ‘tu’ che commenta e dà carattere allo svolgimento dell’azione, le situazioni create dalla North sono quasi fotografiche, e di grande sviluppo psicologico. I personaggi dei racconti sono delicati, ironici, insicuri, inquietanti, e non possono fare altro che cercare forza in se stessi e negli ambienti che si trovano ad avere intorno. Kate North illumina con spessore, umorismo e a volte un qualche turbamento momenti di vita contemporanei e comuni a molti. Con una tecnica letteraria in una certa maniera simile a quella dei racconti di Katherine Mansfield, e grazie ad un linguaggio molto visivo e poetico, la North dipinge degli sketch intensi con persone e i loro pensieri fortemente immersi in situazioni da cui è necessario e spesso possibile uscire attraverso un momento di epifania, un barlume di luce.
Hanno detto di Punch:
“Punch è un libro originale e ingegnoso. La North trova momenti bizzarri nel quotidiano e ferocia nel banale, e riesce a rendere queste storie, così meticolosamente cesellate, allo stesso tempo appassionanti e inquietanti, sincere e coraggiose.” Rachel Tresize, autrice gallese
“La collezione di racconti di Kate North è meravigliosamente sbalorditiva ed enigmatica. La North riesce a far sì che ciò che è ordinario sembri strano, e ciò che è strano sembri ordinario. Create con grande attenzione e ricche di dettagli poetici, questi racconti sorprendono e turbano ad ogni riga.” Tyler Keevil, scrittore e sceneggiatore canadese
Tutti i musei
Il più strano museo in cui siamo mai state è il Museo della Scarpa a Toronto. Mi ricordo che avevano la scarpa più antica del mondo, e sembrava un fascio di ramoscelli avvolto dentro ad un pezzo di juta. Avevano anche un paio di scarpe turchesi della principessa Diana del Galles. Erano dei sandali con un cinturino, un tacco modesto, ed erano conservate in una teca di vetro con dietro una foto grande e opprimente della sua faccia. Era questa vetrina che moltissime persone si fermavano a fotografare. Deve aver avuto dei piedi enormi, perchè le scarpe sembravano delle barche. Erano almeno un 41 o 42, una misura considerevole per una donna.
Le mie scarpe preferite erano delle decolleté italiane del XVI secolo. Avevano una zeppa che sembrava il cappello del Cappellaio Matto, e sopra una fascia da pantofola, con dei lacci, che lasciava le dita scoperte. Erano rivestite di velluto rosso con una decorazione d’oro. Poco pratiche per andare in giro per Venezia. Pensai a come fare per salire e scendere per tutti quei ponti e montare su una gondola con quelle scarpe ai piedi.
Il museo più piccolo che abbiamo visto è stato probabilmente quello a Sitges. Era vicino alla spiaggia, nella casa di uno scrittore ormai morto. Era una stanza aperta, senza muri interni, su due piani, un’unica grande camera con vista sul mare attraverso un’ampia finestra. Le pareti erano decorate con piatti e oggetti di ferro. Una era completamente ricoperta di pomelli e batacchi da porte. Che cose originali da collezionare. Mentre stavamo ridendo alla vista di tutti quei pomelli, battocchi e batacchi, una guida venne verso di noi e tu diventasti tutta rossa. La guida ci parlò in spagnolo e io cercai di rispondere. Ci cacciò in mano un volantino in catalano.
Tutti quelli che vanno a York vanno a vedere il Museo dei Vichinghi. Quando lasciammo York, calcolammo che in tutto il tempo in cui ci avevamo abitato avevamo accompagnato al museo un sacco di amici che ci erano venuti a trovare, sempre seduti nei piccoli vagoni del trenino che va per le piccole stradine in stile finto vichingo con i finti odori vichinghi del museo vichingo. Una volta che ci andammo era pieno di famiglie. Dev’essere stato d’estate oppure durante le vacanze di carnevale, e la nostra guida vichinga ci disse che l’uscita era attraverso il negozio di souvenir, strapieno. La nostra guida vichinga si chiamava Friga.
‘Ma perchè ha scelto proprio quel nome?’ avevi detto, trattenendo a stento una risata.
Una donna alta in un vestito a fiori di Laura Ashley, davanti a noi, si era girata e aveva strillato, ‘Petronella, no! Posalo.’
Seguimmo lo sguardo della donna, rivolto ad una bambina vicino allo scaffale delle biro e segnalibri. La ragazzina sbuffò e gettò via una penna multicolore che aveva preso in mano. Non so se sarebbe stato peggio chiamarsi Friga o Petronella.
Poi c’è il Museo del Comunismo, a Praga. Era al primo piano sopra un McDonalds. Pare proprio che ora abbiano voltato pagina.
Abbiamo parlato delle possibili destinazioni per le nostre vacanze di quest’anno. C’è un Museo dei Capelli in Turchia, e un Museo della Carota in Belgio. Dovremo davvero tirare a sorte stavolta.
Francesca Zunino Harper è linguista, anglista e ispanista, traduttrice e appassionata di Gran Bretagna e America Latina, Messico in particolare, dove ha vissuto per anni. Ama soprattutto la letteratura e la saggistica contemporanee e storiche di donne, natura, viaggi, cibo, e i libri da riscattare. Fa la spola tra Londra e il Piemonte.
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