Sperling & Kupfer pubblicherà l’11 luglio La sorella di Louise Jensen, il romanzo più famoso della scrittrice statunitense (che ha venduto oltre mezzo milione di copie nel mondo).
La sorella sarà presentato con un prezzo di copertina di 18,90 euro per la versione cartacea (ma lo si può acquistare online con il 15% di sconto); per gli ebook nei formati pdf, epub o mobi per Kindle il prezzo sarà invece di 9,99 euro.
Vediamo la sinossi del libro e un estratto dal testo.
La sorella: riassunto della trama
La trama di La sorella si basa sull’amicizia tra Grace e la defunta Charlie. Grace è una giovane insegnante che vive insieme a Dan. La loro è una vita tranquilla, ma Grace è quotidianamente segnata dai sensi di colpa, convinta di essere responsabile della scomparsa delle persone che ha amato, inclusa Charlie, la sua ex migliore amica. Da ragazzine Grace e Charlie avevano nascosto la memory box di quest’ultima, una scatola dei segreti che la giovane maestra ha conservato come ricordo. Nel ripercorrere la lista dei desideri di Charlie Grace inizia a indagare per ritrovare il padre che l’amica non aveva mai conosciuto, e finisce con l’incontrare Anna, che si presenta come la vera sorella di Charlie. Presto Grace inizierà ad accorgersi della scomparsa di alcuni oggetti e di uno strano comportamento da parte di Dan, riceverà telefonate e messaggi minacciosi che la porteranno a chiedersi se la piega presa dagli eventi è la realtà o un frutto della sua immaginazione. Decisa a trovare una risposta, Grace si lancerà in un viaggio nel suo passato (e in quello di Charlie) che si rivelerà ricco di misteri.
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Un estratto dal romanzo La sorella di Louise Jensen
«MITTENS?» chiamo il gatto entrando in casa. «Sono tornata.» Il corridoio per arrivare nel soggiorno è stretto e lo percorro facendo attenzione a non urtare con la scatola le stampe raffiguranti scene di mare appese alle pareti azzurrine. «Ah, eccoti qua.» Una palla di pelo grigio è accoccolata sullo sgabello del pianoforte che mio padre mi ha insegnato a suonare non appena sono stata grande abbastanza da riuscire a stare seduta. Vicini vicini su quello sgabello, lui passava da un accordo all’altro con le dita grassocce ma sorprendentemente agili e io strimpellavo la melodia. Non suonerò mai più. Mi fa ancora troppo male ripensare a quando avevo una vita normale, una famiglia normale.
Il soggiorno è buio, nonostante la luce che entra dalla portafinestra. Nuvole minacciose corrono nel cielo cupo. Accendo la luce. L’inverno è stato duro quest’anno, e le serate estive in cui mi sedevo in giardino con un bicchiere di Pimm’s ghiacciato ad aspettare che si accendessero i lampioni fotovoltaici e i pipistrelli solcassero il cielo color indaco sono un ricordo ormai lontano.
Il piatto di porcellana che tengo per le occasioni speciali è in bilico su una pila di riviste maschili, con macchie di uovo e ketchup rinsecchito che nascondono il motivo floreale. Sulla moquette c’è una saliera rovesciata e granelli sparsi ovunque. Dan ha mangiato.
Scavalco un asciugamano per arrivare al tavolino davanti al divano e sposto da una parte la vecchia copia di Piccole donne che leggo alla signora Jones, la vicina di casa che non riesce più a decifrare i caratteri piccoli nemmeno con gli occhiali. Siamo quasi arrivate al capitolo in cui muore Beth e, per quanto l’abbia letto un sacco di volte, so già che piangerò. Dalla scatola dei ricordi si staccano pezzetti di fango secco, quando la poso sul tavolino beige. Passo la mano sul piano e li butto per terra. Le foto che avevamo incollato con tanta cura sul rivestimento di plastica adesso pendono sbiadite. Di molte delle celebrità e top model non ricordo nemmeno più il nome. Provo a sollevare con l’unghia lo scotch con cui avevamo sigillato il coperchio. Si stacca facilmente, ma lo rimetto al suo posto premendo con i pollici. Aprire la scatola senza Charlie mi sembra un delitto, ma non c’è altro da fare se voglio scoprire che cosa contiene la busta rosa, e lo voglio veramente. Esito, però, perché mi sembra di violare la sua privacy.
In casa c’è troppo silenzio. Metto un disco. Nina Simone, Feeling Good. Io sto tutt’altro che bene, invece. Dan scarica la musica da Internet, ma a me piacciono i vecchi dischi in vinile con cui sono cresciuta. Persino mio nonno è più avanti di me, con il suo diffusore SoundDock e il lettore Blu-ray. Mi siedo sul divano di pelle e sprofondo fra i cuscini, uno diverso dall’altro. Il disco gira e sembra richiamare la mia attenzione con fruscii e cigolii, proprio come i miei ricordi.
Sembra impossibile, ma sono già sette anni che abitiamo in questo cottage. Quando ci siamo trasferiti, la mia unica fonte di preoccupazione era la scelta dei tessuti d’arredamento. Dan alzava gli occhi al cielo ogni volta che portavo a casa un cuscino nuovo. Il giorno in cui ha visto quello con la scritta DANCE LIKE NO ONE IS WATCHING, balla come se nessuno ti stesse guardando, me l’ha strappato di mano e ha accennato qualche passo di danza nel soggiorno facendolo dondolare davanti a sé con il braccio teso.
«Quando balli tu, si voltano tutti dall’altra parte», gli ho detto. Lui mi è saltato addosso e mi ha fatto il solletico fino a quando siamo finiti per terra strappandoci i vestiti, con la schiena che sfregava sulla ruvida moquette rossa che abbiamo poi sostituito con una color cioccolato. Dopo siamo rimasti a farci le coccole sotto il plaid multicolore del divano mangiando una pizza hawaiana. Gli avevo proposto pizza con il salame piccante, visto che a lui la frutta con il salato non piace, ma sapeva che a me invece fa impazzire quella con ananas e prosciutto cotto e l’aveva ordinata.
È un sacco di tempo che non ridiamo così, che non ci amiamo così: il lutto ci ha allontanati come due calamite che si respingono. Per quanto ci sforziamo di riavvicinarci, c’è un abisso incolmabile tra di noi.
Mittens si alza e inarca la schiena puntellandosi sulle zampe tese, e mi ricorda che ho saltato l’ennesima lezione di yoga. Non c’è nulla che logori di più del senso di colpa: ti rode e ti corrode. Io sono una specialista in materia. Mittens salta giù dallo sgabello con quella grazia che solo i gatti riescono ad avere e miagolando si struscia contro i miei polpacci: vuole che le dia da mangiare.