Il famoso incipit dell’Odissea di Omero, libro 1: riportiamo l’inizio del testo edito da Garzanti, con la traduzione di Giuseppe Tonna.
L’incipit dell’Odissea – libro primo – qui riportata, è tratta dall’edizione Marsilio dell’opera omerica. L’ampia citazione fa riferimento a una traduzione in prosa dell’Odissea.
Parlami, o Musa, dell’uomo versatile e scaltro che andò vagando tanto a lungo, dopo che ebbe distrutto la sacra roccaforte di Troia. Egli vide le città di molti uomini e ne conobbe i costumi: soffrì molte traversie in mare cercando di salvar la sua vita e il ritorno dei compagni. Ma neppure così i compagni li salvò, sebbene lo desiderasse e volesse. Morirono per le loro colpe e follie, quegli insensati: ché mangiavano i buoi del Sole Iperione. E il dio gli tolse il ritorno.
Tali vicende dille anche a noi, o dea figlia di Zeus, partendo da un punto qualunque della narrazione.
Allora tutti gli altri eroi che erano scampati a una morte violenta, se ne stavano a casa: erano sfuggiti alla guerra e al mare. Lui solo sospirava il ritorno e la sua donna. Lo tratteneva una ninfa sovrana, Calipso, la divina tra le dee, dentro grotte profonde, desiderando che le fosse marito per sempre.
Ma quando venne il tempo, col girare degli anni, in cui gli dei destinarono per lui che ritornasse a casa, in Itaca, nemmeno là doveva evitare travagli e prove pur trovandosi fra i suoi cari. E gli dei ne avevano pietà, tutti, all’infuori di Posidone. Era adirato, questi, contro Odisseo, non gli dava tregua, fino al giorno che avesse messo piede sulla sua terra.
Ora Posidone se n’andò tra gli Etiopi che abitano lontano, ai confini del mondo – essi sono divisi in due popoli: ci son quelli che dimorano dove tramonta il sole, e quelli che hanno le loro sedi dove sorge. Partecipava, il dio, a una ecatombe di tori e di montoni. E là sedeva a banchetto, in allegria.
Gli altri invece erano riuniti insieme nella sala di Zeus Olimpio.
E tra loro prendeva a parlare il padre degli uomini e degli dei: gli venne in mente Egisto. L’aveva ucciso il figlio di Agamennone, il famoso Oreste.
Al ricordo di lui, diceva in mezzo agli immortali: «Ohimè, guardate come gli uomini danno la colpa agli dei! Dicono che le sventure vengono da noi; ma sono essi con le loro follie ad aver dolori oltre la parte assegnata dal destino. Come anche ora Egisto: contro quanto stabilito dal destino, sposò la moglie legittima dell’Atride e uccise l’eroe al ritorno da Troia, pur sapendo di andar incontro a una morte violenta. Giacché noi glielo dicemmo prima, inviando Ermes, di non ucciderlo e di non volere sua moglie. “Da Oreste verrà la vendetta dell’Atride, non appena si fa un giovanetto e ha voglia di tornar nella sua terra.” Così diceva Ermes, ma non persuase Egisto nel profondo del cuore, pur pensando al suo bene. E ora quel principe scontò tutto in una volta sola.»
E a lui rispondeva allora la dea dagli occhi lucenti, Atena: «O padre nostro Cronide, sommo tra i sovrani, sì, certo, quel tale è morto, ha fatto la fine che meritava. E perisca anche chiunque altro compie tali infamie! Ma a me si spezza il cuore per il saggio Odisseo. Già da lungo tempo, quell’infelice, soffre lontano dai suoi in un’isola circondata da vaste acque, là in mezzo al mare. Selvosa è l’isola, una dea vi ha la sua dimora. È la figlia di Atlante che un giorno ha covato propositi di distruzione: egli conosce gli abissi di tutto il mare e custodisce da solo le lunghe colonne che tengono separati la terra e il cielo. Ecco, la figlia sua trattiene quell’infelice che piange, e sempre con dolci e lusinghieri discorsi cerca di ammaliarlo perché scordi Itaca. Ma Odisseo sospira di vedere anche solo il fumo sollevarsi dalla sua terra, e vuole poi morire. E non si commuove il tuo cuore, o Olimpio! Non si rendeva caro Odisseo, facendo sacrifici accanto alle navi degli Argivi nella vasta pianura di Troia? Perché concepisti per lui tanto odio, o Zeus?»
E a lei rispondeva Zeus adunatore di nembi: «Figlia mia, quale parola ti sei lasciata fuggir di bocca! E come potrei dimenticarmi, io, del grande Odisseo che è superiore agli altri uomini per ingegno e intelligenza, e più di tutti offrì sacrifici agli dei immortali che abitano l’ampio cielo? Ma è Posidone, lo sposo della Terra, a covar odio e ira implacabile contro di lui: gli accecò, l’eroe, il Ciclope, suo figlio Polifemo pari a un dio, il cui potere è grandissimo tra tutti i Ciclopi. Lo generava, come sapete, la ninfa Toosa, la figlia di Forco signore del mare, unendosi con Posidone dentro grotte profonde. E da allora Posidone l’Enosigeo, non l’uccide no, Odisseo, lo fa errare lontano dalla terra dei suoi padri. Ma via, noi qui pensiamo tutti al suo ritorno! Voglio che vada in patria. E Posidone deporrà la sua ira. Non potrà lottare da solo contro tutti, opponendosi al volere degli dei immortali.»
Gli rispose la dea dagli occhi lucenti, Atena: «O padre nostro Cronide, sommo tra i sovrani, se davvero sta a cuore agli dei beati che Odisseo torni a casa, mandiamo allora Ermes messaggero nell’isola Ogigia.5 E annunzi al più presto alla ninfa la nostra precisa volontà, il ritorno di Odisseo: intendiamo che vada in patria. Io intanto mi recherò a Itaca. Voglio spronare di più suo figlio, dargli coraggio. Deve convocare in adunanza gli Achei e parlar chiaro a tutti i Proci6 che continuamente gli sgozzano pecore in gran numero e buoi. E lo manderò a Sparta e a Pilo7 sabbiosa a cercar notizie sul ritorno di suo padre, se sente qualcosa, e perché abbia tra gli uomini una buona fama.»
Oltre all’inizio dell’Odissea, con l’incipit tratto dal libro 1 del testo, linkiamo qui la pagina di Wikipedia con alcune informazioni generali sull’opera di Omero.