“Conversazione in Sicilia” di Vittorini esce a puntate sulla rivista “Letteratura” tra il 1938 e il 1939. La trama è molto semplice: Silvestro è un uomo che parte da Milano, città in cui lavora da alcuni anni, per tornare alla sua terra natia, in Sicilia, dove resta alcuni giorni accanto a sua madre, per poi fare rientro al nord.
Nei primi due capitoli seguiamo il protagonista che attraversa l’Italia per approdare nell’isola natale. Silvestro ci porta in paesini piccoli, sperduti e antichi della Sicilia, luoghi in cui Vittorini fa vivere non solo figure reali, ma anche speranze ed angosce del protagonista. Dopo aver incontrato la madre, Silvestro la accompagna per fare un giro nel paese e per lui è un’occasione sia per parlare con sua madre, del presente e del passato, sia per incontrare varie persone del luogo, tutte povere e disperate. Silvestro fa degli incontri importanti: l’arrotino Calogero, il sellaio Ezechiele “che invoca pietà per il mondo offeso”, il panniere cattolico Porfirio e l’oste impudico Colombo.
Quattro figure che servono all’autore per raffigurare stereotipi della società di fine anni Trenta: il tipico rivoluzionario che aizza il popolo ma che non è seguito da nessuno, il classico filosofo consolatorio, il cliché del religioso che non dà strumenti adeguati per reagire e infine l’intellettuale di regime. Silvestro è, come il lettore, molto confuso da queste figure e dopo essersene separato si reca al cimitero: ormai è notte e qui incontra un soldato che gli ricorda suo fratello, andato al fronte per combattere.
Alla fine del libro Silvestro si trova circondato da tutte le persone che ha incontrato nel viaggio e chiarisce delle questioni del rapporto con sua madre, prima di lasciarla. Vittorini riesce a lasciare un alone di impalpabilità e di vaghezza generale per cui si ha la sensazione di un sogno. In questo volume dal forte valore storico, data la critica neanche tanto velata seppur comunque enigmatica al fascismo, la Sicilia è sì un luogo fisico e preciso, ma descritto con vaghezza, in modo surreale e inverosimile. Ciò che di reale viene messo in luce e denunciato è il livello altissimo di miseria e di povertà che permea questi luoghi arcaici.
Vittorini, con abilità straordinarie, non descrive la Sicilia con una connotazione naturalistica o documentaristica, ma crea un clima mitico e simbolico, dando l’immagine, sempre più forte, di un’allucinazione. Un libro breve, ma intenso. Un romanzo da leggere e rileggere. Un documento di storia e di denuncia su cui riflettere.
Recensione inviata da Caterina Di Cesare
Edito da Bompiani nel 2021 • Pagine: 360 • Compra su Amazon
Silvestro si sente impotente di fronte alle sofferenze del genere umano. Il padre per lettera gli comunica che ha lasciato la madre per vivere con un'altra donna. Silvestro intraprende un lungo viaggio in treno da Bologna per fare visita alla madre e ritrovare il paese natale in Sicilia, abbandonato quindici anni prima. Lì accompagna la donna ad assistere i malati di malaria e di tisi e ha una rivelazione: queste persone sono il "mondo offeso", la parte di umanità quotidianamente oppressa e rassegnata al proprio destino. Con un linguaggio estremamente letterario, ispirato ai silenzi e alle ombre di una Sicilia insolita, invernale e montuosa, Elio Vittorini, siciliano emigrato al nord, racconta in questo romanzo la propria terra e la trasforma in metafora del mondo intero e dell'esistenza. Il romanzo-manifesto dell'impegno etico e civile dell'autore torna in un'edizione speciale a ottant'anni dalla prima pubblicazione con Bompiani. Un libro che non teme di guardare in faccia la realtà e le sorti dell'umanità, oggi più attuale che mai.
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