Un delfino al collo di Marco D’Aniello e forse non è un caso. Delphinus delphis nell’immaginario collettivo rappresenta libertà, intelligenza, vitalità ma anche respiro, rinascita. Sono molteplici, infatti, i significati simbolici associati a questo meraviglioso animale marino che ritroviamo nei miti antichi. E chissà se Marco ha scelto il delfino perché come lui si è tuffato nel mare della vita con gioia rinascendo ad ogni immersione come a un nuovo giorno tutto da vivere.
Da bambino speciale a campione di nuoto: nel 2019 ha conquistato il record italiano assoluto nella categoria Juniores 50 metri stile libero ai Campionati Nazionali della FISDIR. Marco D’Aniello si fa spazio nel mondo tra fragilità e forza, difficoltà e soddisfazioni. Grazie all’amore della sua famiglia ha incanalato nello sport quell’energia ridondante che è uno dei sintomi dell’autismo. È salito sul gradino più alto del podio ed è diventato un portatore sano di felicità che dispensa abbracci e sorrisi in linea con il suo hashtag rivoluzionario, #tristezzazero. Non solo, Marco sogna e scopre che a volte i desideri si realizzano.
Ma il vissuto suo e dei suoi genitori racchiude un bagaglio ricco di esperienze: ogni giorno è stato una conquista e una battaglia.
La giornalista Rossella Montemurro, grazie all’intuizione dello scrittore Lorenzo Laporta, ideatore di questo progetto per Altrimedia Edizioni, ha saputo cogliere spunti e suggestioni che possono essere d’aiuto a molti – ha ripercorso con l’aiuto della mamma di Marco, Cinzia, le tappe fondamentali dei suoi primi 22 anni nel volume Il mio tuffo nei sogni. Marco D’Aniello, una storia di sport e amicizia. Una storia che commuove, indigna, fa sorridere, spinge a interrogarsi e, nelle ultime pagine, si apre alla speranza.
Il valore etico, sociale, terapeutico dello sport è ormai indiscusso: la comunità medico-scientifica lo riconosce all’unanimità come uno strumento riabilitativo e terapeutico efficace per tutti i disabili intellettivi e relazionali. Praticare un’attività sportiva richiede impegno, dedizione disciplina. Significa organizzare una giornata con appuntamenti certi che danno senso e forma al tempo. Allenarsi e allenarsi con gli altri è la spinta che consente di trovare la propria identità di atleta e di persona proprio attraverso il relazionarsi alla pari con sportivi professionisti e non. La partecipazione alle competizioni è estremamente motivante e gratificante: permette di acquisire maggiore consapevolezza sui propri limiti psicofisici e offre l’opportunità di superarli.
Rossella Montemurro non è la prima volta che strizza l’occhio al mondo dello sport e alla inevitabile domanda sul ruolo che lo sport ha avuto nella sua vita mi ha detto «Tanta. È una sana valvola di sfogo. Da piccola andavo in piscina, da ragazzina ho praticato equitazione, la domenica mattina il maneggio era un appuntamento fisso, la mia oasi di pace. Una ventina d’anni fa ho scoperto, per caso, la kickboxing ed è una disciplina che, nonostante periodi – anche lunghi – di pausa forzata, non ho più abbandonato. Nel 2019 sono tornata, con costanza, nella palestra del Maestro Tralli: il tatami, i sacchi, il “rito” di indossare le fasce e i guantoni, insomma l’atmosfera della kick mi ha di nuovo travolta e fa parte ancora adesso della mia vita. L’ultimo allenamento nella Dynamic Center è stato a metà febbraio dello scorso anno. Durante il lockdown il Maestro ha organizzato lezioni online, che continuano ancora adesso. Ovviamente non è la stessa cosa ma è almeno una parvenza di normalità in un contesto pieno di incognite e senza più le certezze e i punti fermi di qualche mese fa.»
Da qui è nata una bella intervista che mette ben in luce il ruolo dello sport e del buon giornalismo, quello in cui con delicatezza si raccontano storie di vita vissuta.
Cosa ti ha convinto a raccontare la storia di Marco?
«Quando un mio amico, Lorenzo Laporta (scrittore e agente letterario, ndr), mi ha parlato di Marco ho sentito subito che la sua storia era nelle mie corde, per tutta una serie di motivi. Intanto, è una storia che parla di fragilità – quella di Marco – ma al tempo stesso denota una forza incredibile, quella dei genitori. Mamma Cinzia e papà Roberto hanno lottato con le unghie e con i denti prima per arrivare a una diagnosi certa poi per assicurare a Marco una quotidianità nella quale avesse le stesse opportunità dei coetanei. Lo hanno sempre incoraggiato verso l’autonomia, si sono battuti per fargli seguire durante le scuole superiori una programmazione curriculare non differenziata, gli hanno permesso di crescere senza mettergli paletti, senza vincoli. Oggi Marco lavora, è molto ben inserito socialmente. I risultati raggiunti parlano da soli.
Se Lorenzo è stato il gancio con la famiglia D’Aniello, a permettere la realizzazione del progetto ci ha pensato una piccola grande casa editrice di Matera, Altrimedia Edizioni. Gabriella Lanzillotta e Vito Epifania sono persone eccezionali che hanno accolto immediatamente nel catalogo di Altrimedia Il mio tuffo nei sogni.»
Qual è il filo rosso che lega la storia di Biagio Tralli, oggetto di un tuo precedente volume, e quella di Marco D’Aniello?
«Sono entrambe storie di persone che, a mio avviso, possono e devono essere prese da esempio. La storia del Maestro Tralli è emblematica per la determinazione, la tenacia e la forza di un ragazzo che, andando contro il parere dei genitori e degli amici, ha voluto inseguire e coronare il sogno di diventare un campione di kickboxing. Nel suo traguardo, raggiunto con enormi sacrifici e rinunce, c’è un monito per tutti noi: non importa quali e quanto alti siano gli ostacoli da superare, dobbiamo comunque tentare di far avverare i nostri sogni.
Anche nella storia di Marco c’è un bel messaggio di speranza. Lui e i suoi genitori hanno un vissuto difficile, ne hanno passate tante – complice una società nella quale spesso la scala di valori è scombussolata. Marco ha la fortuna di avere due genitori che lo amano incondizionatamente, che hanno rivoluzionato la propria vita sulle sue esigenze. E non è affatto scontato che in situazioni simili si abbia sempre questo atteggiamento. Sarebbe bastato poco per ripiegarsi su sé stessi, piangersi addosso, dar retta alle diagnosi sommarie dei primi medici consultati… Insomma, anche in questo caso la determinazione e la tenacia hanno permesso che, pur partendo da una situazione a prima vista di enorme svantaggio, si sia giunti a conquiste preziose. E oggi la storia di Marco può essere d’aiuto a tante famiglie nelle stesse condizioni in cui la famiglia D’Aniello si è trovata alcuni anni fa.»
Lo sport nella vita di Marco e della sua famiglia ha avuto un ruolo determinante non solo per vincere delle sfide ma credo anche per il suo valore inclusivo. Oggi Marco è un campione come vive questa sua condizione?
«Ti rispondo con le parole di mamma Cinzia: “Finalmente Marco riesce a condividere la sua gioia interiore, il suo immenso amore per la vita e per tutte le persone, soprattutto per i bambini di cui è innamorato. Quando è insieme a loro ritorna il suo sguardo di bambino e il suo sorriso più bello, ma questa volta felice di giocare con loro e non rifiutato, addirittura ammirato e amato. In fondo è quello che tutti i ragazzi speciali come lui vorrebbero, sentirsi amati e avere degli amici, non essere semplicemente accettati – come se gli altri ti stessero facendo un favore.
È più sicuro di sé e non si risparmia se qualcuno gli chiede una dedica sul suo libro o una foto, è instancabile, adora che gli facciano i complimenti, apre il suo cuore, che ha sempre spazio per tutti quelli che vogliono entrarci”.»
Ogni atleta ha la sua ricetta speciale per prepararsi prima di una competizione. Tu sei riuscita a scoprire i segreti della preparazione atletica di Marco e se per caso ha un suo rituale scaramantico?
«Dietro ogni gara di Marco c’è una preparazione curata nei dettagli dai suoi allenatori che, quando hanno intuito la stoffa del campione, hanno suggerito ai genitori di far seguire a Marco allenamenti mirati. I tre allenamenti settimanali sono diventati cinque con l’aggiunta di specifiche sessioni in palestra. Marco è stato anche affiancato da un nutrizionista. Tanti piccoli tasselli che hanno contribuito a forgiare il campione che conosciamo oggi.
Marco non ha rituali scaramantici ma una fede incrollabile. Non dimentica mai di pregare. Ha anche una catenina con un piccolo delfino sorridente da cui non si separa mai, è il suo portafortuna. Del resto il delfino torna spesso nella sua storia: si è avvicinato al nuoto dopo aver visto la fiction interpretata da Raoul Bova “Come un delfino” e ha iniziato proprio con la Società ASD onlus Delfino Taranto.»
Nel tuo libro racconti/denunci episodi di bullismo. Fenomeno che colpisce ormai in modo indiscriminato. Quanto è importante secondo te la disciplina sportiva nell’educazione dei ragazzi?
«Secondo me è fondamentale. Sport e rispetto è un binomio indissolubile. Qualsiasi disciplina sportiva ha alla base proprio il rispetto e la lealtà nei confronti degli altri.
Nella palestra del Maestro Tralli c’è un rigore estremo: qualsiasi prevaricazione, sgarro o comportamento sgradevole viene bandito. Ci sono stati casi di allievi espulsi dai corsi per atteggiamenti scorretti tenuti al di fuori della palestra.
Il bullismo è una piaga sociale dura da debellare, ciò che è accaduto a Marco denota come anche ragazzi insospettabili, che davanti ai professori dimostrano di essere altruisti ed empatici, possano assumere in altri contesti (quelli in cui il gruppo può far venir fuori i lati peggiori di noi) comportamenti deplorevoli. Nell’immaginario collettivo si tende ad associare il bullo al ragazzo disagiato o problematico, nella realtà il bullo può anche essere il primo della classe che ha alle spalle una famiglia benestante.
Detto questo, lo sport è un ottimo alleato per contrastare in maniera sensibile questo fenomeno spiacevole.»
#tristezzazero è in qualche modo il grido di vita di Marco. Che valore ha oggi, nell’attualità che stiamo vivendo in cui il quotidiano delle nostre vite è così profondamente cambiato rendendoci tutti più fragili, l’esempio di questo giovane “delfino”?
«Ha un valore immenso perché ci invita a prendere coscienza di ciò che conta davvero e a riappropriarci del senso della vita. Il Covid ha stravolto la nostra quotidianità costringendo a misurarci con ogni cosa in modo diverso rispetto a qualche mese fa. Così come è accaduto a Marco, sono convinta che ognuno di noi debba trasformare in forza le proprie fragilità, senza imbarazzo o vergogna ma con la consapevolezza che non siamo noi a essere “sbagliati” o “diversi” ma sono i modelli distorti che ci vengono imposti – e che ci obbligano a dare costantemente una nostra immagine di assoluta perfezione, sempre efficienti, al massimo delle nostre prestazioni, senza problemi, senza paure – a non essere autentici.»
Chi è Marco d’Aniello per Rossella Montemurro?
«Marco è un dono. È slancio vitale, entusiasmo, è la capacità di ridimensionare ciò che di spiacevole può capitarci sembrandoci insormontabile ma che, visto da un’angolazione differente, risulta non così grave. Marco è un modello, come lo sono Cinzia, Roberto e la sorellina Barbara: la loro è una famiglia con la F maiuscola nella quale contano ancora tutti quei valori che oggi tendiamo a perdere di vista o semplicemente a sottovalutare.»
E per il futuro quali sono le nuove sfide che Marco vuole vivere?
«Anche per questa domanda, è mamma Cinzia a risponderti: “L’amore per i bambini, soprattutto quelli speciali, ha portato Marco a decidere di iniziare, a breve, gli studi in Scienze motorie per insegnare loro educazione fisica. E poi c’è sempre il sogno delle Paralimpiadi, a cui presto si inizierà a lavorare con un nuovo team e una nuova società sportiva (Mediterraneo) che gli permetterà di crescere, perfezionare il suo allenamento e prepararsi per raggiungere questo arduo obbiettivo. Sarà una sfida difficile sia emotivamente sia fisicamente, dopo quasi un anno di fermo in piscina per via della pandemia. Noi cercheremo di sostenerlo come sempre e ci auguriamo di poter vedere sempre quella sua tipica espressione felice e incredula come chi tocca il cielo con un dito. Il suo amato cielo, con il suo amato Gesù e le stelle del firmamento che gli ispirano preghiere bellissime per tutti”.»
Rossella Montemurro, giornalista professionista materana è tornata in libreria per Altrimedia Edizioni con la storia di Marco D’Aniello, che da bambino inquieto e irrequieto, è oggi un esempio, un fuoriclasse nel nuoto. Laureata in Scienze dell’educazione, ha lavorato per “Il Quotidiano della Basilicata” – occupandosi dei settori “Cronaca” e “Cultura” -, “Il Mattino di Foggia”, “Il Mattino di Puglia e Basilicata”, il “Roma” e con la testata giornalistica online IlmioTg.it. Ha collaborato con l’emittente televisiva “Antenna Sud”. Attualmente dirige la testata giornalistica online TuttoH24.info. Collabora con l’agenzia di comunicazione Diotima. Ha pubblicato per Ediesse Edizioni nel 2004 I giorni di Scanzano (segnalazione della Giuria del Premio letterario Basilicata, 2005); per BMG Editrice nel 2010 Carabinieri a Matera. Tradizione e modernità al servizio dei cittadini, pubblicazione autorizzata dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri; per Altrimedia Edizioni nel 2019 Calci e pugni sul tetto del mondo. Biagio Tralli, identikit di un campione
Leggendo Il mio tuffo nei sogni entriamo in punta di piedi nella vita di Marco, un ragazzo che è stato vittima di bullismo e di una società non sempre disposta a integrare i più fragili. Con l’amore dei suoi genitori, una fede incrollabile e una cerchia di persone eccezionali – in primis gli insegnanti e il team di professionisti che lo segue nello sport – ha raggiunto traguardi importanti e ne raggiungerà presto altri.
Con la complicità della conduttrice più amata dagli italiani, Mara Venier – che ha anche firmato la prefazione – è riuscito a esaudire il desiderio di incontrare il suo mito, la persona che inconsapevolmente lo ha spinto a praticare il nuoto: l’attore Raoul Bova.
“La storia di Marco è un insegnamento per tutti a non arrendersi. Mai, neanche di fronte a una diagnosi che sembra terribile. – si legge nella prefazione della Venier – La storia di Marco ci invita a non darci mai per vinti, a tenere convintamente la rotta anche nella navigazione più difficile e pericolosa senza perdere mai la speranza”.
Ancora una volta una storia semplice, quotidiana ma allo stesso tempo straordinaria. E ancora una volta lo sport è protagonista nella narrazione della Montemurro. Sport come scuola di vita, come occasione per andare oltre se stessi, oltre i propri limiti… oltre la malattia, a sottolinearne ancora il potere curativo ed etico.
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