Nel segno del giudizio – L’arte nelle copertine di Salvatore Satta (Condaghes, 2017) è un saggio di di Manola Bacchis, pedagogista e sociologa all’università di Pisa, che tratta di tutte le edizioni, straniere ed italiane, delle opere del grande giurista e scrittore sardo Salvatore Satta, autore di pregevoli romanzi come Il giorno del giudizio (1977), e La veranda (1981), oltre che acuti trattati di diritto come Il mistero del processo (postumo, 1994). Il merito del saggio, sta nel mostrare come l’immagine crei memoria più delle parole, influenzando l’immaginario del lettore attraverso una semplice copertina che custodisce un grande potere comunicativo.
Manola Bacchis, con il supporto di Filippo Satta, figlio di Salvatore, accompagna l’osservatore-lettore che si sente parte integrante dell’immagine che ha tra le mani, in un viaggio visivo e suggestivo durante il quale sembra rimarcare le parole di Cesare Pavese, il quale affermò che «sovente un accostamento tra uno scrittore e un gusto figurativo preesistente vale un intero saggio critico».
Così, come recita la nota introduttiva al libro (suddiviso in sette capitoli)
davanti a Nel segno del giudizio: l’arte nelle copertine di Salvatore Satta, si ha la percezione di affrontare un viaggio dentro un mondo magico, e, a volte, sconosciuto. Si parte da Padova, quarant’anni dopo la prima uscita del libro, maggio 1977, edizione Cedam, per arrivare all’ultima edizione inglese The day of judgment!, Apollo, Londra, aprile 2016, dopo aver attraversato i due emisferi”.
Si va in lungo e in largo per il mondo, alla ricerca di occhi attenti, di animi predisposti all’ascolto delle vicende della famiglia Sanna Carboni di Nuoro, e della loro città che diventa cuore e microcosmo dell’Universo.
Le copertine esaminate da Manola Bacchis, costituite da opere d’arte pittoriche e fotografie, sono quarantuno, di cui undici prodotte dalle case editrici nazionali per essere poi sottoposte alle considerazioni di un pubblico eterogeneo.
L’opera, concepita come un saggio che faccia conoscere ai più il dimenticato scrittore nuorese, si concretizza come un racconto che mira a celebrare l’universalità dell’opera di Salvatore Satta attraverso la rassegna delle copertine dei libri dell’insigne giurista, le quali rappresentano la soglia dell’ingresso al testo, e principali tasselli della comunicazione di una casa editrice.
A proposito dell’aspetto visuale di uno scritto, è utile riportare il pensiero di Elio Vittorini, in relazione alla disamina di Manola Bacchis: «Riguardo ai possibili modi di illustrare il libro, ve ne sono due: o corrispondere al suo linguaggio, al suo stile, o interpretarne il fondo» (p.3). Nel caso delle copertine di Satta, secondo l’autrice, esse contribuiscono a interpretare il contenuto, le tematiche della sua opera. Come anticipa la prefazione a Nel segno del giudizio, le copertine diventano istantanee di un mondo vissuto: quello sardo, con i suoi silenzi e scorci.
In questo senso è utile prendere in esame la prima tela di Foiso Fois, menzionata dalla Bacchis per la prima stampa del romanzo di Satta, Il giorno del giudizio, del 1977. In questo coloratissimo dipinto i protagonisti appartengono al mondo dei morti che divengono presenze grazie al loro incrociarsi con il mondo dei vivi. Risiede qui la forza del ricordo attraverso un simbolo. Manola Bacchis nella sua analisi vuole andare oltre la semplice descrizione delle copertine, chiamando lo spettatore-lettore stesso a scrutare al di là dell’immagine, a svelare il mistero che custodisce ogni copertina nella civiltà dell’immagine in cui viviamo e presentare le copertine de Il giorno del giudizio come esempio di raggiungimento dell’obiettivo visuale, ovvero quello di catturare l’occhio del lettore, che è oggetto e ragione dell’evocazione/provocazione polisemica.
L’autrice si concentra sulla lingua delle opere di Satta, sulla sua universalità e sulla rapida diffusione sia in Italia che all’estero, soprattutto in Spagna, per poi concentrarsi sul concetto di copertina quale opera visuale visibile e opera visuale invisibile.
Delle quarantuno copertine, undici sono state adottate dalle case editrici nazionale comprese le sarde Il Maestrale, Ilisso e La nuova Sardegna che ha stampato il libro come supplemento al quotidiano, analizzate minuziosamente e poi proposte ad un pubblico eterogeneo lasciando che esso fantastichi e si emozioni visionando le figure. Manola Bacchis ci fa comprendere chiaramente, adoperando metafore, elencando esempi, quanto sia immenso il mondo editoriale il cui codice non si riduce alla conoscenza alfanumerica, ad un atto comunicativo, perché l’insieme visuale di una copertina «porta in superficie un quadro, che equivale al richiedere significato ed equilibrio descrittivo e traducibilità privata e sociale»;. (p.36). Secondo la Bacchis, bisogna dunque scoprire una copertina per scoprire il verbo, la parola, l’idea, la fantasia, la storia, la letteratura soffermandosi verso la metà del libro proprio sul rapporto tra linguaggio privato e linguaggio sociale nel Giorno del giudizio con particolare attenzione alla dimensione spazio-temporale. Cruciale nell’indagine della studiosa sarda l’aspetto della manipolazione del commercio che vaglia la sfera concreta dell’uomo che si trova a scegliere un libro.
Nel segno del giudizio si muove intelligentemente tra annotazioni e tecniche legate sia al mondo editoriale e sociale in generale che nello specifico al contenuto del Giorno del giudizio, partendo dall’assunto che la creatività è comunicazione e che l’immagine come la parola è la lettura dell’uomo, della sua storia, del suo essere stato e perfino di quello che sarà, quindi «tanto l’immagine quanto la parola sono la trasposizione dei due fattori, l’io e l’altro, resi sensibili da un terzo altro, con un potere tale da indurre in noi la domanda: ‘Ha un libro cambiato la vostra vita?»” (p. 52).
La letteratura del testo si fa accompagnare dall’arte, dalla sua forma, dal suo grafismo, ma la Bacchis giustamente precisa che «non tutte le immagini sono visuali e il visuale non necessariamente è un’immagine» (p. 63). Il discorso quindi non è lineare come può sembrare e l’autrice approfondisce questa tematica entrando nel terreno mobile delle copertine definendole «immagini di non immagini e non immagini di immagini» (p. 68).
Un mondo si simboli e metafore in divenire dunque, sebbene l’immagine non assumerà mai lo status di immagino sino a quando essa non si legherà ad un soggetto che le conferirà concettuale ed iconica. Solo allora sarà avvenuto il processo percettivo, la creazione, l’atto comunicativo, lascia intendere la Bacchis. Il focus della ricerca è proprio l’analisi delle copertine nel loro insieme da un punto di vista descrittivo ed oggettivo, senza rinunciare alla riflessione sull’aspetto evocativo inserito in un discorso prettamente indirizzato ai visual studies in relazione alle edizioni delle copertine (dal 1990 al 2016), racchiuso nei capitoli intitolati Vedute visuali e che occupa buona parte del saggio. A tal proposito è fondamentale per la Bacchis la presenza di un vero sociologo visivo che intenda la realtà come la possibilità di una costruzione perpetua del sistema culturale sociale.
La prima copertina analizzata dalla Bacchis è quella dell’opera De profundis (CEDAM, 1948) che presenta una copertina morbida, bianca, lineare, non illustrata, dove si mette in risalto il titolo dello scritto. Passando per le opere Soliloqui e colloqui di un giurista (CEDAM, 1968), un cartonato rilegato con sovraccoperta in cartoncino morbido beige chiaro, La veranda (Adelphi, 109, 1981, postumo che riporta l’immagine di un dipinto dal titolo Wind from the sea dell’artista americano Andrew Wyeth, Padrigali mattutini (Ilisso, Collana scrittori di Sardegna, n.38, 2015), cartonato editoriale illustrato a colori, che riporta come immagine il dettaglio dell’opera Maria Pietra dell’artista Maria Lai, si arriva alla prima edizione della copertina di quello che è considerato il capolavoro di Satta, Il giorno del giudizio foriera di espressioni figurative di grande significato, la quale autore e testo tramite un linguaggio letterale, simbolico e allegorico. Se nell’edizione della CEDAM del 1977 (brossura a filo di refe, illustrata a colori «l’immagine, il titolo e l’autore danzano nello spazio che gli è concesso» (p.77), nell’edizione Adelphi del 1979 (copertina di color giallo paglierino), figura Il carro fantasma di Salvador Dalí che unisce surrealismo e realismo, richiamando quel tratto della penna di Satta intriso di ossimori, in linea con la profondità intima dell’autore e con il suo insistere sul concetto di effimero ed eterno.
Per quanto riguarda le copertine internazionali, è opportuno menzionare la Insel, la prima casa editrice a livello internazionale che pubblica Il giorno del giudizio, con la sua copertina nitida, dove il contrasto tra il bianco, l’immagine fotografica e i tratti identificativi del libro creano un effetto visivo immediato di combinazione tra opera, autore ed editore. Infatti la scelta ricade sul portale della chiesetta delle Grazie, davanti alla quale sono poste due donne che indossano l’abito tradizionale nuorese.
La celebre casa editrice Gallimard edita invece per la prima volta nel 1981 con il traduttore Nino Frank e opta per una copertina essenziale che dona al libro un tocco universale e classico. La casa editrice Meulenhoff di Amsterdam è la prima ad editare nel 1982 in lingua olandese Il giorno del giudizio, il quale presenta una copertina di non semplice interpretazione: il genere editoriale “Roman” è sul lato destro in basso, corpo normale e dimensioni ridotte rispetto al resto. Sul dorso: nome, titolo e simbolo della casa editrice in stampatello nero su sfondo bianco. L’immagine utilizzata, una foto in bianco e nero, crea un gioco visuale simmetrico: essa ritrae una finestra in pietra con cornice iconografica che certamente non ha una mera funziona decorativa, e grate in obliquo. Ai due lati si possono osservare due simboli arcani identici: il sole delle Alpi e il sole del pastore detto anche sesto giorno della Genesi.
Tralasciando le edizioni in polacco, finlandese, slovacche, anche queste analizzate minuziosamente dalla Bacchis, ci soffermiamo sull’edizione spagnola de Il giorno del giudizio, edito per la prima volta da Anagrama, con sede a Barcellona, nel 1983, la quale pone in copertina un dettaglio importante: premio Comisso 1979, sezione narrativa. Le specifiche del testo e l’immagine occupano posizioni centrate sul frontespizio con sfondo chiaro, adeguato con la rappresentazione iconica del dipinto a olio Vanitas stil life del pittore fiammingo Cornelis Norbertus Gysbrechts che riconduce all’essenza dell’opera sattiana: elementi concettuali che illudono la vista (un teschio, un boccale, un violino, una lanterna), fondendosi con il bianco che è luce per Il giorno del giudizio, creando un effetto visivo bidimensionale. Il mistero della vita e della morte.
Al netto delle riflessioni di Manola Bacchis, che però a volte si perdono in ovvietà, possiamo trarre le seguenti conclusioni: la copertina non è un semplice involucro, né solo immagine o grafica; la copertina è sostanza, è il sostrato. Le copertine delle prime edizioni delle opere di Satta anticipano «quello straordinario panorama di scelte intime ed editoriali che mostrano l’anima, i simbolismi, le complessità metaforiche e concettuali, rimandi culturali del linguaggio privato e del linguaggio sociale» (p.70).
Recensione a cura di Annalina Grasso
Annalina Grasso è una giornalista pubblicista nata a Benevento. Si è laureata in Lettere moderne all’Università Federico II di Napoli con una tesi su Giacomo Debenedetti interprete di Marcel Proust e si è specializzata in filologia moderna a indirizzo linguistico presso la medesima università, con particolare interesse verso la storia della lingua italiana. Ha frequentato un corso di laurea magistrale in Editoria e scrittura presso l’Università Tor Vergata di Roma, un breve corso di studi umanistici alla Sorbona e ad Harvard (incentrati soprattutto sulla Divina Commedia), un corso di media social communication alla Ninja Academy di Milano e un master in arte e organizzazione di eventi culturali (specialmente mostre d’arte). Da anni si occupa di cinema, arte e letteratura e nel 2014 ha fondato il magazine culturale online ‘900letterario, che dirige. Le sue ricerche e studi sono volti alla divulgazione di opere letterarie e cinematografiche meno conosciute.
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