Nel 2019 esce la traduzione italiana di “Vivre une vie philosophique. Thoreau le sauvage” di Michel Onfray, pubblicato in Francia due anni prima da Le Passeur.
L’edizione italiana, edita da Ponte Alle Grazie (marchio di Salani Editore) e tradotta da Michele Zaffarano, porta il titolo “Thoreau. Vivere una vita filosofica” e priva il lettore dell’aggettivo che nell’originale connota questo intellettuale americano dell’Ottocento, ovvero appunto “selvaggio”.
E proprio sulla direttrice della selvatichezza Onfray sviluppa il discorso intorno alla biografia e al pensiero di Thoreau, filosofo naturalista vissuto nel Massachusetts tra il 1817 e il 1862.
L’intero saggio è suddiviso in 5 capitoli e l’obiettivo di Onfray è rimarcare l’attualità di un intellettuale poco conosciuto, ma con idee forti e potenti. Perché sì: Thoreau non è uno scrittore noto ai più e questo è un peccato, specialmente nella nostra società fatta da superpotenze inquinanti da una parte e piccole Greta Thunberg dall’altra.
Questo libro servirebbe molto a chi sta dalla parte della seconda; dalla parte della natura, della semplicità, della frugalità. La parte di Thoreau, appunto, che già dalla metà dell’Ottocento gridava contro il progresso, contro il consumismo, contro il proto-capitalismo, in favore della disobbedienza civile per il recupero di una “vita più vera e più pura”: “credo fermamente nella semplicità […]. Semplificate il problema della vita, distinguete il necessario e il reale”, così parla Thoreau nello scambio epistolare con Harrison G. O. Blake.
Il libro di Onfray permette uno sguardo ampio ma chiaro anche per il neofita: grazie alla sua scrittura agile e chiara, il filosofo francese fa scorrere il discorso sulle pagine con leggerezza e al contempo con serietà, proponendo interessanti spunti di riflessione e approfondimento per chi fosse interessato. Onfray propone l’esempio di Thoreau che ha vissuto una “vita filosofica”, sperando che i lettori stessi comincino a vivere sul modello dell’americano.
Nel primo capitolo, intitolato “Che cos’è un grand’uomo”, si cerca di rispondere a questa domanda con riferimenti a filosofi del XIX secolo, Hegel e Carlyle in primis, e l’autore si sposta poi su un amico di Thoreau, Ralph Waldo Emerson, e sostiene che “il grand’uomo di Emerson coincide con il filosofo capace di sperimentare l’esultanza della comunione mistica con le forze più intime del mondo” (p. 21), ovvero Thoreau stesso: “il grand’uomo serve a incarnare il modello che noi tutti dobbiamo seguire; serve a contagiare con la sua esperienza; serve a generare altri grandi uomini. In altre parole, serve ad assicurare il progresso dell’umanità.” (p. 22). Thoreau è un grand’uomo e per questo va elogiato, ricordato e preso a modello.
Nel capitolo successivo, “Un autoritratto del suo futuro”, Onfray inizia il percorso biografico di Thoreau partendo dalla sua infanzia, sottolineando il fatto che sin da giovane esprime quei tratti che saranno tipici degli anni a venire; sin da bambino infatti dimostra di preferire passeggiare tra i boschi piuttosto che stare tra i banchi di scuola, ma al contempo è fortemente appassionato della lingua latina e di quella greca, che gli permettono di leggere libri che parlano di mondi lontani e selvaggi. Onfray cita alcuni testi scolastici che lo studente Thoreau aveva compilato su tracce dettate dagli insegnanti e conclude: “Qui si scopre l’autoritratto della persona che sarà perchè già è così. Thoreau propone un doppio movimento: rifiutare i falsi valori della civiltà […] e volere i veri valori della natura.” (pp. 35-6).
Nel terzo capitolo, intitolato “Un indiano tra i cowboy” Onfray sottolinea il lato da emarginato di Thoreau sia nei confronti della società in quanto massa sia nei confronti del gruppo di intellettuali cui si rivolgeva per discutere delle sue idee. In queste pagine sentiamo la forza di Thoreau nello spiegare come sia poco utile, per esempio, un trattato di Hegel rispetto a un manuale di apicultura, e come i primitivi e i selvaggi siano superiori alla civiltà contemporanea, e di come si sentisse profondamente romantico: amante della natura incontaminata, lettore di libri che non rientrano nel canone della tradizione letteraria e ricercatore dell’ascesi interiore.
Nel capitolo successivo, dal titolo “Una capanna trascendentale”, Onfray si chiede se Thoreau sia o meno trascendentalista, partendo dalle riflessioni teoriche di Emerson ed espone l’esperimento che Thoreau stesso descrive in “Walden. Vita nel bosco”.
Solo nel capitolo finale, intitolato “Il contro-attrito che ferma la macchina” viene affrontato il lato più verde di Thoreau; Onfray qui lo definisce “un ecologista che si oppone a quella che ancora non si chiamava la società dei consumi, che si oppone alla modernizzazione, all’onnipotenza della tecnica, all’offesa recata alla natura, ai gadget della modernità, all’onnipotenza dei soldi.” (p. 77)
In questa parte finale Onfray espone alcune tematiche che Thoreau ha affrontato nelle sue numerose conferenze e sottolinea il concetto secondo il quale bisogna “disobbedire per realizzare quello che ci sembra giusto” e “vivere contro tutto quello che impedisce di vivere per sé stessi”.
Thoreau è un selvaggio, un pacifista e un individualista, che ha lottato contro il sistema con la disobbedienza civile, con il peso della cultura e con le mani sporche di terra.
Un esempio per noi oggi e ringraziamo Onfray per aver dato voce a Thoreau, con la sua particolarissima sensibilità. “Thoreau. Vivere una vita filosofica” è un libro da leggere e rileggere, da studiare e da mettere in pratica.
Recensione inviata da Caterina Di Cesare
Edito da Ponte alle Grazie nel 2019 • Pagine: 107 • Compra su Amazon
È ancora possibile distinguersi dai più e plasmare la propria vita secondo le proprie convinzioni? Si possono ignorare vie precostituite, norme sociali e religiose, giudizio degli altri, per costruire la propria esistenza in accordo con le proprie e più intime esigenze? Con i propri ideali? La risposta di Michel Onfray è in questo breve e felice libro, in cui ci presenta - e ci indica come modello - la vita e le opere di Henry David Thoreau, ecologista ante litteram, apostolo della disobbedienza civile che avrà per continuatori Tolstoj, Gandhi, Martin Luther King, e soprattutto autore del celeberrimo "Walden", ovvero "Vita nei boschi". L'esistenza dello scrittore americano, percorsa istintivamente e intimamente dal desiderio di ritrovare una «relazione originale con l'universo», di eliminare tutto il superfluo dall'esistenza - all'insegna di un individualismo del tutto opposto all'egoismo cui viene comunemente equiparato - diviene così ispirazione esistenziale ma anche politica; in Thoreau il pensiero diventò azione e creò le condizioni di una vita autenticamente filosofica. Se i grandi uomini e le personalità eccezionali sembrano essere davvero passati di moda in un'epoca di solitarie folle livorose, Onfray ci ricorda che è proprio la loro perenne inattualità a costituirne la forza, e soprattutto il valore di esempio duraturo.
affascinante, mi ricorda il film “cogli l’attimo” che ha fatto conoscere l’autore alla mia generazione