Carlo Basso recensisce per LibriNews 21 lezioni per il XXI secolo, il nuovo attesissimo saggio di Yuval Noah Harari, già autore di Sapiens – Da animali a dei e Homo Deus, due volumi che hanno meritatamente registrato un enorme successo di pubblico in tutto il mondo.
21 lezioni per il XXI secolo: la recensione di Carlo Basso
Yuval Noah Harari, docente di Storia all’Hebrew University di Gerusalemme e pluripremiato autore di bestsellers internazionali, ritorna alla ribalta internazionale con un libro che completa l’ideale trilogia iniziata con Homo Sapiens e Homo Deus. Con il primo libro, l’autore ha indagato il passato dell’uomo e ha ricercato nella sua storia evolutiva gli aspetti peculiari, sociologici ed etici, che hanno consentito il progredire dell’umanità fino al mondo attuale; con il secondo libro, l’attenzione di Harari si è rivolta al futuro della nostra specie e, attraverso la ricerca delle abilità dell’uomo acquisite nella sua storia, l’autore ravvedere nel desiderio di ricercare la felicità, l’immortalità e l’onnipotenza – dunque di diventare Deus – il filo conduttore delle conquiste umane, e immagina che tale desiderio sarà alla base delle conquiste future, volte ancor di più a trasformare l’uomo in divinità.
Con 21 lezioni per il XXI secolo, Harari si concentra invece sul presente e sulle sfide a breve e medio termine che attendono l’umanità. Si tratta probabilmente del libro più difficile della trilogia: nei libri precedenti, la grande distanza temporale consente allo storico di guardare il passato dell’uomo da una prospettiva privilegiata e permette di enucleare aspetti e linee di tendenza che si sono affermati nei secoli e che, con ottime probabilità, continueranno ad essere cruciali nell’evoluzione futura dell’umanità. Lo sguardo al presente e al breve e medio periodo non può essere altrettanto preciso, qui le linee di tendenza dell’umanità non possono essere analizzate con la prospettiva storica adatta ed è quindi necessario concentrarsi sui singoli aspetti e affrontarli nello specifico. Per questa ragione 21 lezioni non è un saggio monografico, non c’è un unico filo conduttore e un andamento lineare, ma è diviso in cinque saggi, che abbracciano gli aspetti principali della contemporaneità, ulteriormente frantumati nelle loro sfaccettature più peculiari, per un totale di ventuno microsaggi o, appunto, lezioni. I saggi riguardano: La sfida tecnologica, La sfida politica, Disperazione e speranza, Verità e resilienza.
Harari, con la consueta e disarmante capacità di lettura della società umana, dimostra che le sue lezioni non sono volte ad informare il lettore delle svolte future, ma ad avvertirlo dei lati negativi inscritti nel cambiamento. Stiamo entrando nel campo della Disillusione, che è il titolo del primo microsaggio. Ma qual è questa illusione che stiamo smantellando? Essenzialmente la lettura liberale e capitalistica della società. Questa narrazione, che pareva vincente dopo il crollo del blocco comunista, sta condannando l’uomo ad una sorta di nichilismo e si rivelerà probabilmente inadeguata alle sfide future. Sfide che hanno un preciso denominatore comune: lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.
Attraverso una prosa, come sempre, affascinante e pungente, Harari ci mette di fronte alle conseguenze che l’IA avrà sulla vita degli uomini, innescando una rivoluzione di portata ben più vasta della rivoluzione industriale. Affidare la nostra vita all’Intelligenza Artificiale ci renderà probabilmente la vita migliore, ma sarà davvero vita a quel punto? Ci sarà ancora spazio per il libero arbitrio dal momento in cui un’Intelligenza Artificiale saprà capire i nostri gusti e orientare le nostre scelte meglio di quanto riusciamo a fare noi stessi? Il saggio sulla sfida tecnologica si chiude con la lezione sull’Uguaglianza: titolo provocatorio. Mai nessuna società umana aveva raggiunto un simile livello di equità nell’accesso a cure mediche, informazioni, tecnologie. Eppure è un’uguaglianza che appiattisce: con l’Intelligenza Artificiale saremo tutti uguali, ma al ribasso, e di contro l’élite che la controlla sarà sempre più potente.
Qual è dunque la sfida politica? Dopo essere stati messi duramente di fronte alla realtà dei fatti, essere stati disillusi, Harari cerca di condurci alla scoperta delle azioni che la politica dovrebbe mettere a punto per stare pari passo con la sfida tecnologica. La tecnologia, per ora, sta dimenticando una cosa: l’uomo è fatto di corpo. Unire ‘online’ e ‘offline’ è una sfida cruciale per il progresso dell’uomo e la politica, se vuole sopravvivere, non può esimersi dall’affrontarla. Facebook in particolare sta creando una comunità digitale mondiale, dove un grandissimo numero di uomini sono interconnessi; ora tocca alla politica – prima che riesca a farlo qualche multinazionale – creare una comunità globale, e per farlo deve combattere differenze di culture e antichi mostri, come il nazionalismo. Ci sono questioni critiche che non fanno altro che limitare le integrazioni e queste vanno risolte, e spetta sempre alla politica farlo: l’immigrazione e il terrorismo. Entrambe le questioni sono diventate, in Europa in particolare, dei veri e propri spauracchi, ma se ci facciamo condizionare da due milioni di migranti (di contro ai cinquecento milioni di residenti nel Vecchio Continente) e da un segmento debole e marginale dell’umanità come quello rappresentato dai terroristi, come potremo risolvere i problemi ben più seri che affliggono la civiltà globale?
Le migrazioni e il terrorismo introducono la terza parte: Disperazione e speranza, sostantivi che sono, per Harari l’una la condizione della nostra società e l’altra la possibile soluzione. La disperazione è dettata dalla condizione – erronea – di spavento nei confronti del terrorismo e dei migranti ma c’è una speranza: l’accettazione umile, una vera e propria parola chiave per l’autore, dell’insignificanza dei concetti di razza e soprattutto di religione. È necessario rendersi conto che nessuna religione è mai stata davvero influente per la razza umana nel suo complesso, nemmeno il Cristianesimo. Per questa ragione, con umiltà, è auspicabile un laicismo, ma un laicismo consapevole: col franare della religione franano anche le verità infallibili, è giunto il momento di mettere nuovamente al centro il riconoscimento della nostra ignoranza, il “so di non sapere”.
L’ignoranza apre il vastissimo campo della Verità, che domina la quarta parte. Essere ignoranti non è un problema, anzi; ma lo è l’essere ignorante pensando di avere la verità in tasca. Volendo intraprendere un consapevole cammino per avvicinarsi alla comprensione della verità è innanzitutto necessario partire dalle basi: che cosa è giusto e che cosa no. Qui la ricerca di Harari scende nel particolare: il problema della giustizia è un problema etico, ma nel nostro mondo interconnesso non è sempre possibile cogliere la rete di relazioni tra migliaia di gruppi. Nascono molto spesso le idee di complotti: invece di comprendere il funzionamento dell’economia del pianeta, è più facile immaginare che multimiliardari stiano cospirando per arricchirsi. È più facile credere a questa verità, però, che sforzarsi di sanare l’ignoranza. E sta accadendo sempre più diffusamente.
Siamo dunque arrivati – ed è qui il nodo della questione – nell’era della post-verità? Fortunatamente la post-verità non è esclude la verità: essa rimane sempre, seppur nascosta. L’auspicio è dunque spingere per responsabilizzare ciascun essere umano a selezionare i propri canali informativi – proprio ora che l’informazione raggiunge una diffusione come mai prima nella storia –, e a educarli nella comprensione di ciò che leggono. Come si può uscire da questa intricata rete? Harari perviene, con splendide citazioni di The Truman Show, Matrix, Il mondo nuovo e 1984, a un punto cruciale dell’intero libro: ciò a cui gli uomini devono essere educati è ad allontanarsi da loro stessi, a provare a uscire dalla parte della società in cui sono stati calati. Riuscire, in definitiva, a fuggire da una definizione ristretta di sé. Solo in questo modo si potrà sopravvivere ai cambiamenti.
La parola chiave è Resilienza, titolo della quinta ed ultima parte. È una parola bellissima, che definisce la capacità di un materiale di resistere alle sollecitazioni e alle torsioni. Come si vive – si domanda Harari – in un’epoca di disorientamento, quando le vecchie narrazioni sono andate in frantumi? Il primo passo è l’istruzione: in un’epoca futura in cui gli algoritmi faranno tutto e potranno controllare la maggior parte degli aspetti della nostra vita, diventa fondamentale che gli esseri umani conoscano il loro ‘sistema operativo’ e i luoghi in cui si muovono. Se lo scopo di secoli di filosofia è stato quello di spingere gli uomini a conoscere loro stessi, certamente questo imperativo non è venuto meno, al contrario diventerà ancora più importante. Se gli algoritmi capiranno meglio di noi ciò che ci accade, il controllo della nostra vita passerà davvero a loro.
L’altro aspetto da tenere a freno è la capacità umana di cercare e dare un ‘senso’ a ciò che accade, narrazione che però ha creato danni significativi. Si pensi, per esempio, ai fascismi che vivevano di grandi proclami che, nel concreto, non significavano nulla. “L’Italia ha bisogno di voi”, per esempio, è una frase senza significato: non era l’Italia ad aver bisogno, ma il Duce al massimo che aveva bisogno di persone sacrificabili per portare avanti i propri interessi. Il ‘senso’ ha portato a commettere molti crimini e continueranno. Harari auspica che al ‘senso’ gli umani sappiano dare una lettura più concreta: cosa vuol dire guerra? Se depuriamo questa domanda da una narrazione di ‘senso’, vuol dire uomini, donne e bambini uccisi brutalmente. Vale davvero la pena?
Indaghiamo, concludendo, chi siamo davvero, al di là di ogni narrazione di senso: la Meditazione, ventunesima e ultima lezione, è un auspicio all’umanità più che un microsaggio autoconclusivo. Meditiamo per scoprire davvero chi siamo. Soltanto così alla Disillusione – come titolava la prima lezione – potremo davvero sostituire un qualcosa, un qualcosa che non sia più una narrazione fondamentale, ma una reale e vera conoscenza di se stessi.
Edito da Bompiani nel 2018 • Pagine: 528 • Compra su Amazon
In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere. La censura non opera bloccando il flusso di informazioni, ma inondando le persone di disinformazione e distrazioni. "21 lezioni per il XXI secolo" si fa largo in queste acque torbide e affronta alcune delle questioni più urgenti dell'agenda globale contemporanea. Perché la democrazia liberale è in crisi? Dio è tornato? Sta per scoppiare una nuova guerra mondiale? Che cosa significa l'ascesa di Donald Trump? Che cosa si può fare per contrastare l'epidemia di notizie false? Quali civiltà domineranno il pianeta: l'Occidente, la Cina, l'islam? L'Europa deve tenere le porte aperte ai migranti? Il nazionalismo può risolvere i problemi causati dalla disuguaglianza e dai cambiamenti climatici? In che modo potremo difenderci dal terrorismo? Che cosa dobbiamo insegnare ai nostri figli? Miliardi di noi possono a stento permettersi il lusso di approfondire queste domande, perché siamo pressati da ben altre urgenze: lavorare, prenderci cura dei figli o dare assistenza ai genitori anziani. Purtroppo la storia non fa sconti. Se il futuro dell'umanità viene deciso in vostra assenza, poiché siete troppo occupati a dar da mangiare e a vestire i vostri figli, voi e loro ne subirete comunque le conseguenze. Certo è parecchio ingiusto; ma chi ha mai detto che la storia è giusta? Un libro non può dare alla gente né cibo né vestiti, ma può fare e offrire un po' di chiarezza, contribuendo ad appianare le differenze nel gioco globale. Se questo libro servirà ad aggiungere al dibattito sul futuro della nostra specie anche solo un ristretto gruppo di persone, allora avrà raggiunto il suo scopo. ORDINALO SU AMAZON.IT
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