Incredibilmente misterioso, un puzzle filosofico letterario: L’infanzia di Gesù di Coetzee è davvero un riddle irrisolvibile? Finora in Italia la critica non si è di certo lanciata in interpretazioni illuminanti, e le analisi e le recensioni de L’infanzia di Gesù in lingua inglese, almeno a quanto è dato scoprire online, seppur più soddisfacenti hanno a loro volta evitato di proporre chiavi di lettura determinanti per l’ultimo, grande libro del premio Nobel sudafricano.
La nostra recensione de L’infanzia di Gesù di Coetzee si focalizzerà su alcuni punti a nostro giudizio ingiustamente snobbati dalla critica. L’ultimo romanzo di J.M. Coetzee è senz’altro un libro di grande caratura ma è indubbio che si presenti al lettore, specialmente al lettore che si avvicina per la prima volta all’autore, come un libro enigmatico e di difficile lettura. Per quanto sia vero, come le analisi italiane ripetono con grande insistenza, che sia un libro che lascia il lettore colmo di domande e spaesato, se non stralunato, è anche vero che alcuni punti si ricollegano ad alcune tematiche profonde trattate da Coetzee in testi precedenti, risultando pertanto non del tutto ininterpretabili.
Recensione L’infanzia di Gesù di Coetzee, perché David è un Messia?
La grande domanda sul libro è anche, platealmente, quella più inevasa: perché il piccolo David è un Messia? Perché la sua infanzia è quella di Gesù? Ovviamente non è letteralmente quella di Gesù ma quella di un possibile nuovo Gesù. David è inequivocabilmente un messia, oltre a essere un bambino, da cui il miscuglio di azioni e comportamenti che genera parte della confusione. Ma abbiamo alcuni indizi fondamentali per comprendere perché lui sia stato scelto per rappresentare il Nuovo con la N maiuscola. La questione, ridotta ai minimi termini, è straordinariamente semplice: David non pensa come gli altri. Il che non significa che sia in contrasto con gli schemi della società, quella è una semplice conseguenza: David pensa in modo letteralmente diverso. Come esemplificare al meglio una questione talmente difficile da rappresentare? Ricorrendo alla matematica.
Per David 2 più 2 potrebbe non fare 4. Sembra impossibile eppure è possibile, in un certo senso. Per David una mela e una mela non fanno due mele, ma una mela e un’altra differente; per David Simon, Alvaro e Eugenio in una stanza, non fanno tre uomini in una stanza, ma Simon, Alvaro e Eugenio in una stanza. Questo si ricollega a un tema profondo della scrittura coetziana ben colto dalla critica inglese e da Lucia Fiorella in Figure del Male (ETS, 2006), ovvero nell’inevitabile riduzione e falsificazione della realtà che si opera tramite generalizzazione (tema proprio anche di Derrida ne L’Animale che dunque sono). “Qual è il singolare di cui mele è il plurale?” chiede Simon all’amico quando tenta di spiegare a Eugenio il modo di pensare (che in realtà è un modo di essere al mondo) di David, dopo averlo finalmente cominciato a comprendere. Tre uomini in macchina, l’autista, Simon e Eugenio sono tre o sono uno, uno e uno (nella loro irriducibile singolarità e individualità)?
Il modo di pensare di David riconosce la differenza, pertanto aborre le astrazioni su cui si fonda il nostro pensiero razionalista, che inesorabilmente la cancellano. Per David, che riconosce davvero quella famosa differenza su cui filosofi, scrittori e pensatori moderni e contemporanei si sono affannati e ancora si affannano, non ci sono rapporti di sudditanza, né semplici gerarchie, nonostante possa assumere anche toni furenti o dispotici: all’inizio come alla fine David rifiuta l’idea di un padre e della madre e in conclusione accetta gli altri solo ed esclusivamente come fratelli, e l’idea della fratellanza così testardamente ripetuta si rapporta a una dimensione orizzontale anziché verticale, una dimensione di parità. Seppur – occorre dirlo – David sembra rivestire il ruolo della guida.
Il cane Bolìvar e Don Chisciotte
Certo, L’infanzia di Gesù di Coetzee è un libro estremamente complesso e l’analisi potrebbe espandersi a infiniti punti, ma è da notare senz’altro il fatto che a comprendere David sarà Simon, colui che non si rassegna facilmente alla mancanza di amore e di emozioni forti nel nuovo mondo (che sa di vecchio e di purgatorio) in cui i personaggi si trovano proiettati, in ottemperanza all’idea di Coetzee che i sentimenti e le emozioni dovrebbero a pieno diritto essere riconosciuti nel portato conoscitivo delle facoltà umane, quelle facoltà ormai da troppo tempo ridotte erroneamente al solo razionalismo. Questioni che in Coetzee, in passato, abbiamo visto accostate a tematiche animaliste/antispeciste, ed è difficile credere che sia un caso, inoltre, che il guardiano di David ne L’infanzia di Gesù sia il cane Bolìvar, considerando il nome che porta e che rappresenta l’idea stessa di rivoluzione.
Allo stesso modo porta avanti un altro tema forte coetziano la grandissima immaginazione di David: l’immaginazione e l’arte sono spesso accostate al cuore e distanziate dal razionalismo e dal cervello, due cose che tuttavia non sono in realtà contrastanti in Coetzee: la seconda viene criticata come storicamente giustificatrice di violenze, come capacità che ha fagocitato le altre capacità conoscitive, relazionali ed esplorative dell’uomo, ma la sua importanza nonviene comunque negata. Cuore e intelletto fanno parte dell’uomo, ma l’uomo non può essere ridotto al razionalismo di matrice cartesiana (si confronti il già citato Figure del male).
In più di una analisi critica de L’infanzia di Gesù ci si interroga sulle sfumature politiche del racconto, ma una cosa è certa: la nuova vita dopo Belstar non è il nuovo, il socialismo di Novilla e il portato liberalista e modernista di Simon non sono il nuovo, David è il Nuovo. Il nuovo messia porta il Nuovo con sé e questo non rappresenta, come alcuni timidamente sostengono, la capacità di non accettare mai nessuna verità imposta, ma la possibilità stessa, effettiva, di un pensiero nuovo, in cui tre uomini in una stanza non sono tre ma uno, uno e uno, in cui il riconoscimento della differenza è reale, in cui l’accettazione della molteplicità è la base, in cui, alla fine, non si accettano genitori né servitori, ma solo fratelli.
Non è un caso che appena lasciata la città David si accechi col magnesio come Icaro: incidenti che capitano, per il portatore di un nuovo modo di pensare. Per David è inevitabile attaccarsi al Don Chisciotte, lui (lui solo) vede la realtà in un modo diverso, come il cavaliere della Mancia, anche per lui i mulini sono giganti. O quantomeno, possono esserlo. Il Don Chisciotte diventa per David un prontuario da portare in viaggio, conscio che il suo cammino, nella realtà di oggi o in quella di Novilla, sarà simile a quella del cavaliere spagnolo.
In più punti si sottolinea come David abbia paura del vuoto tra i numeri (che non sono a suo modo di vedere un’infinità che tappezza l’universo come mattoni, come pensa Eugenio: tra di essi esiste spazio). In una scena potente e ben studiata vediamo Simon e David all’altalena e, oltre all’invertirsi dei ruoli (David risulta significativamente il padre e Simon il figlio – Simon che ha appena cominciato a comprendere il suo modo di pensare e di stare al mondo) abbiamo una discussione che si chiude con un “sorriso enigmatico” da parte di David. Quando si è sospesi in aria, sul vuoto, si cade sempre? Non si può, almeno per un attimo, star volando? Il discorso sembra rassicurante per David che davanti ha un percorso sul vuoto, tra il vuoto dei numeri, in un pensiero non semplicemente razionalista che è il modo di stare al mondo del messia, che mette le vertigini e risulta, anche per altri versi, assai pericoloso (questa, ad ogni modo, è un’ipotesi).
Non dimentichiamo inoltre che i nomi sono come i numeri: arbitrari (assegnati all’ufficio di Belstar) e poco importanti. E ancor di più, l’arbitrarietà della verità. David, lo abbiamo detto, è un campione nell’accettazione della diversità e della molteplicità ed è anche ben cosciente di quanto possano essere effettivamente vere affermazioni contraddittorie: il pensiero nuovo, difatti, implica una logica nuova. Lui sa leggere, anche se gli altri non lo credono. Per lui c’è il filo spinato al campo rieducazionale, anche se probabilmente effettivamente il filo non c’è. Non c’è eppure c’è, perché per David quel posto reclusivo, impositivo e costrittivo ha il filo spinato attorno, al di là che quel filo, poi, possa essere visto o toccato dagli altri.
Cerchiamo di capirci: il filo spinato non c’è per la dipendente del campo (per lei il campo è carico di valenze positive). Il filo per David c’è (il campo è carico di valenze negative). Esiste la realtà fisica, in cui il filo può anche non esistere e pertanto non essere visto, ma per David quel filo esiste, è reale. Pertanto esiste e non esiste allo stesso tempo. Simon sa che probabilmente se si recasse sul posto non lo vedrebbe, ma sa anche che per David il filo c’è, pertanto crede al ragazzo, poiché se il campo è effettivamente un “campo *da* filo spinato”, il filo spinato può anche non essere visto o toccato, ma esiste.
La presente recensione de L’infanzia di Gesù di Coetzee è naturalmente lontanissima dall’essere esauriente: come già detto si tratta di un libro dalla straordinaria complessità, ma almeno in parte interpretabile, a nostro giudizio, tenendo bene a mente i precedenti lavori dell’autore.
Autore: Matteo Carriero
Libro straordinario, fonte di innumerevoli domande. Da rileggere presto,