In inglese britannico si potrebbe dire che Le sette morti di Evelyn Hardcastle è un po’ come la Marmite ─ una crema da spalmare creata nel 1902 estremamente salata, di colore marrone, consistenza appiccicosa, odore molto particolare, fatta con estratti di lievito di birra. La Marmite è diventata un elemento tipico della cultura popolare anglofona anche per la sua facoltà di polarizzare opinioni davvero estreme grazie al o a causa del suo gusto. Tanto che lo slogan pubblicitario in uso dal 1996, “Love it or hate it” (“o la ami, o la odi”) è ormai entrato a far parte dei modi di dire del linguaggio comune, associato a qualsiasi persona, cosa o avvenimento che provochi opinioni assai opposte.
Il romanzo di debutto di Stuart Turton, che ha vinto il premio Costa per il Miglior Debutto del 2018 e sarà pubblicato in italiano il prossimo 21 marzo da Neri Pozza, tradotto da Federica Oddera, sembra essere un po’ come la Marmite. È stato comprato nel 2016 all’agenzia letteraria britannica DHH come uno dei titoli di punta per il lancio di Raven Books, nuovo marchio editoriale specializzato in romanzi noir, thriller gotici e gialli della casa editrice inglese Bloomsbury (quella che intenderci che ha pubblicato i libri di Harry Potter, e che anche grazie al loro smisurato successo si è espansa grandemente).
Descritto come “un misto di Gosford Park e Ricomincio da capo [Groundhog Day] passando per Agatha Christie”, Evelyn Hardcastle è un thriller psicologico con un sapore d’antan, grazie all’ambientazione in una villa aristocratica decadente in una campagna molto isolata, in un momento storico-fantastico probabilmente anteriore alla prima guerra mondiale. Anche la sua scrittura è retrò, ispirata ad un uso della lingua inglese dei romanzi dell’inizio del ‘900. Evelyn Hardcastle è anche un romanzo giallo, una ‘storia di detective’, un ‘mistero con omicidi’ (un murder mystery, molto British) con qualche tocco di horror, che vuole inserirsi nella grande tradizione britannica offrendole però una svolta contemporanea.
Il romanzo inizia in medias res con il narratore, completamente spaesato come il lettore, che non sa e non ricorda quale sia la sua identità, e che si ritrova all’improvviso dalla prima pagina del primo capitolo in un bosco con un corpo ed un nome che non riconosce come suo. Il protagonista, che verso la prima metà del romanzo scoprirà di chiamarsi Aiden Bishop ─ e finalmente lo scoprirà anche il lettore ─, è misteriosamente costretto a rivivere lo stesso giorno ogni giorno per otto giorni di seguito, entrando però nel corpo di un diverso personaggio, per cercare di identificare l’assassino che causa la morte a cui si riferisce il titolo del romanzo. Solo se riuscirà a trovare l’omicida si spezzerà questo circolo vizioso, liberandosi da questa sorta di maledizione, e lasciando finalmente il luogo del delitto. Non solo il protagonista continua a rivivere lo stesso giorno, ma ovviamente anche l’enigmatica Evelyn Hardcastle, giovane ereditiera e figlia del nobile di cui il protagonista ed un numero consistente di altri personaggi sono ospiti nel vecchio maniero. Evelyn, come preannuncia il titolo, viene uccisa sette volte, sempre alle 11 di sera, durante la festa in suo onore. C’è da notare che nel’edizione statunitense del libro, il titolo del romanzo e quindi le morti della povera Evelyn Hardcastle sono state aumentate a sette e mezzo, a causa di un conflitto del tutto casuale con romanzo dal titolo simile, The seven husbands of Evelyn Hugo (I sette mariti di Evelyn Hugo) della scrittrice Taylor Jenkins Reid, non ancora tradotto in italiano.
La trama viene ulteriormente complicata da un gran numero di personaggi, alcuni dei quali vengono assunti come punto di vista della narrazione dal personaggio principale, diverso in ogni capitolo appunto perché cambia corpo ad ogni risveglio. Inoltre vi è un maggiordomo occulto che cerca di uccidere lui ed altri personaggi che, come il principale, vengono misteriosamente fatti reincarnare ogni giorno in una persona diversa, perché il nostro non è da solo ma in competizione con altri arcane presenze per sciogliere il mistero dell’uccisione di Evelyn, e quindi potersi liberare. Giunge presto in scena e si ritrova fino al finale clamoroso anche una figura ancora più enigmatica, un demiurgo onnisciente e crudele, un possibile emissario di un burattinaio del caos vestito da medico della peste, interamente di nero e con una delle caratteristiche maschera da uccello, con il becco lungo dove venivano inserite delle erbe aromatiche che in teoria dovevano proteggere il dottore dalle possibile infezione.
Come in un romanzo di Hercule Poirot, all’inizio del libro vengono offerti ai lettori sia una mappa dettagliata della villa e delle stanze con i rispettivi ospiti che un elenco o dei vari personaggi, scritto sotto forma di invito alla festa, per cercare di dare aiuto al lettore, che sicuramente si potrà smarrire in questa selva di personaggi e cambiamenti di identità. L’editore Neri Pozza ha creato un delizioso trailer per la versione italiana, ispirato ai gialli di inizio del secolo scorso, con bellissima grafica e una simpatica musica jazz di accompagnamento, che riprende la ben riuscita copertina italiana e illustra trama e personaggi in maniera intrigante.
Molti scrittori e critici hanno subito adorato questo romanzo: “È un libro incredibilmente originale e unico, non sono riuscita a togliermelo dalla testa per giorni dopo averlo letto” ─ ha affermato una delle regine internazionali dei thrillers psicologici, Sophie Hannah; il Guardian scrive che è “un thriller intellettuale… una trama derivativa, ma questo non si deve intendere come una critica. Stuart Turton ha preso da una mezza dozzina di tropi familiari della cultura popolare e li ha rilavorati in qualcosa di fresco e memorabile.” Il Times lo definisce “un romanzo complesso, affascinante e sconcertante, impossibile da riassumere, la cui storia è governata e sospinta da una serie di regole ingegnose, assurde ed elaboratamente diaboliche”.
È sicuramente un romanzo complesso, che alle volte pare diventare anche complicato a causa di molti personaggi ed alcuni fili narrativi che vengono lasciati scoperti, oltre ad una mancanza di empatia nei confronti del protagonista ─ il prezzo da pagare, come scrive il Guardian, per aver dovuto inserire varie morti, non solo quella di Evelyn, e soprattutto un personaggio che cambia ma ripete anche le proprie giornate, in un romanzo psicologico ma anche giallo, di mistero e dell’orrore, ovvero per aver creato un pastiche di generi, temi e motivi ricorrenti ispirati a vari generi di narrativa.
Il più ovvio riferimento è sicuramente quello ad Agatha Christie, sebbene qui non si ritrovino i perfetti incastri della regina del giallo. Nella postfazione al libro, Stuart Turton scrive, in un brano forse un po’ lungo ma illuminante e molto godibile [traduzione mia]: “È tutta colpa di Doris, in realtà. Ho questa frase scritta su un post-it attaccato al muro. Doris era la mia vicina di casa quando avevo otto anni. Ogni fine settimana braccava tutti i mercatini delle pulci dell’Inghilterra del nord est e portava a casa grandi pile di romanzi di Agatha Christie per farmeli leggere. Non seppi mai come era iniziata questa tradizione, o perché. Forse Doris pensava che ogni ragazzino figlio di una famiglia di lavoratori della classe operaia dovesse leggere storie di persone delle classi ricche e aristocratiche che venivano uccise. Andò avanti per anni. Doris mi consegnava cerimoniosamente i libri al sabato; io li leggevo durante la settimana, e poi si ricominciava. Quando compii dieci anni, avevo una conoscenza enciclopedica della Christie, e sapevo che anch’io avrei scritto un romanzo. … Ci provai per la prima volta quando avevo ventunanni, quando il mio ego si era gonfiato a sufficienza e mi aveva convinto che sarebbe stato facile. Fissai lo schermo vuoto per un mese, fino a quando non mi resi conto che Agatha Christie aveva già scritto tutti i colpi di scena più eccezionali per ogni trama, tutti i più brillanti inganni e trabocchetti narrativi, e tutti i personaggi più brillantemente ambigui.”
Dobbiamo quindi dare la colpa a Doris?
Se è lo stesso Turton ad ammettere che la signora del giallo ha già scritto tutto il possibile per quanto riguarda questi tipi di romanzi, implicitamente ammettendo quindi che raggiungere il suo livello stratosferico è qualcosa di quasi impossibile, molte recensioni dei lettori seguono questo tipo di analisi. “Agatha Christie proprio non è”, scrivono in molti commenti su Amazon e su numerosi blog i lettori specializzati e non. È proprio il lettore a subire maggiormente l’effetto Marmite per questo romanzo, in quanto Evelyn Hardcastle ha diviso i pareri come quasi non mai. Molti si lamentano dell’eccessiva lunghezza, della complicatezza della trama, difficile da seguire, e della mancanza di profondità dei personaggi, tutti punti che vengono invece al contrario esaltati come innovativi dalla critica. Come per la Marmite, “Love it or hate it”, Le sette (e mezza, per alcuni) morti di Evelyn Hardcastle è sicuramente un libro estremamente peculiare, da leggere per poi decidere da che parte della critica stare.
Francesca Zunino Harper è linguista, anglista e ispanista, traduttrice e appassionata di Gran Bretagna e America Latina, Messico in particolare, dove ha vissuto per anni. Ama soprattutto la letteratura e la saggistica contemporanee e storiche di donne, natura, viaggi, cibo, e i libri da riscattare. Fa la spola tra Londra e il Piemonte.
L’ho iniziato con tutte le buone intenzioni ma, arrivata a poco meno della metà, l’ho accantonato sul comodino… non sono riuscita ad andare avanti.
L’idea mi è piaciuta ma la scrittura è un po’ lenta ed anche ripetitiva. Tanti i personaggi ed i collegamenti che si devono ricordare.
Mi sono ripromessa però di riprenderlo in mano in un momento di maggior tranquillità perché sono curiosa di scoprire il finale.
Mi è piaciuto molto questo riassunto, grazie. Lo ho iniziato in inglese da alcuni giorni, lo trovò veramente fastidioso, artefatto e infine noioso. Lo mollo qui.
Male, invece nonostante la macchinosità è molto bello ed avvincente