Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di 4 3 2 1 di Paul Auster. Il romanzo è pubblicato in Italia da Einiaudi con un prezzo di copertina di 25,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
4 3 2 1: trama del libro
Cosa sarebbe stato della nostra vita se invece di quella scelta ne avessimo fatta un’altra? Che persone saremmo oggi se quel giorno non avessimo perso il treno, se avessimo risposto al saluto di quella ragazza, se ci fossimo iscritti a quell’altra scuola, se… Ogni vita nasconde, e protegge, dentro di sé tutte le altre che non si sono realizzate, che sono rimaste solo potenziali. E cosi ogni individuo conserva al suo interno, come clandestini su una nave di notte, le ombre di tutte le altre persone che sarebbe potuto diventare. La letteratura, e il romanzo in particolare, ha da sempre esplorato la «vita virtuale»: non la vita dei computer, ma i destini alternativi a quelli che il caso o la storia hanno deciso, quasi che attraverso la lettura si riesca a fare esperienza di esistenze alternative. Paul Auster ha deciso di prendere alla lettera questo compito che la letteratura si è data: e ha scritto “4321”, il romanzo di tutte le vite di Archie Ferguson, quella che ha avuto e quelle che avrebbe potuto avere. Fin dalla nascita Archie imbocca quattro sentieri diversi che porteranno a vite diverse e singolarmente simili, con elementi che ritornano ogni volta in una veste diversa: tutti gli Archie, ad esempio, subiranno l’incantesimo della splendida Amy. Auster racconta le quattro vite possibili di Archie in parallelo, come fossero quattro libri in uno, costruendo un’opera monumentale, dal fascino vertiginoso e dal passo dickensiano, per il brulicare di vita e di personaggi. Ma c’è molto altro in “4321”. C’è la scoperta del sesso e della poesia, ci sono le proteste per i diritti civili e l’assassinio di Kennedy, c’è lo sport e il Sessantotto, c’è Parigi e c’è New York, c’è tutta l’opera di Auster, come un grande bilancio della maturità, e ci sono tutti i maestri che l’hanno ispirato, c’è il fato e la fatalità, c’è la morte e il desiderio.
Approfondimenti sul libro
In ebook 4 3 2 1 (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 9,99 euro.
Questo gli creò parecchie difficoltà, soprattutto all’inizio, ma anche quando non fu piú l’inizio, nulla andò come aveva immaginato nel suo paese d’adozione. È vero che riuscí a trovare moglie poco dopo aver compiuto ventisei anni, ed è anche vero che sua moglie Fanny, nata Grossman, gli partorí tre maschi sani e robusti, ma la vita in America continuò a essere una lotta per il nonno di Ferguson, dal giorno in cui scese dalla nave fino alla notte del 7 marzo 1923, quando andò incontro a una morte precoce e inattesa all’età di quarantadue anni, ucciso a colpi d’arma da fuoco a Chicago, durante una rapina nel magazzino di pelletteria dove lo avevano assunto come metronotte.
Di lui non sopravvive nessuna foto, ma a detta di tutti era un omone con la schiena forte e le mani enormi, senza istruzione, senza una qualifica, la quintessenza del rozzo immigrato. Nel suo primo pomeriggio a New York s’imbatté in un ambulante che vendeva le mele piú rosse, piú tonde e perfette che avesse mai visto. Incapace di resistere, ne comprò una e l’addentò con ingordigia. Al posto della dolcezza che già pregustava, sentí uno strano sapore amaro. Peggio, la mela era di una morbidezza rivoltante, e appena affondò i denti nella buccia, l’interno del frutto gli colò sul cappotto, una cascata di liquido rossastro punteggiato da una miriade di semi, simili a pallini di piombo. Fu questo il suo primo assaggio del Nuovo Mondo, il suo primo, indimenticabile incontro con un pomodoro del New Jersey.
Non un Rockefeller, dunque, ma un gagliardo lavoratore, un gigante ebreo con un nome assurdo e i piedi sempre in movimento che cercò fortuna a Manhattan e Brooklyn, a Baltimora e Charleston, a Duluth e Chicago, impiegato in varie mansioni, scaricatore di porto, marinaio semplice su una nave cisterna nei Grandi Laghi, addetto agli animali in un circo itinerante, operaio alla catena di montaggio in una fabbrica di lattine, camionista, scavatore, metronotte. Malgrado tutti i suoi sforzi, non guadagnò mai piú di qualche spicciolo, perciò l’unica cosa che il povero Ike Ferguson lasciò in eredità alla moglie e i tre figli furono le storie che raccontava sulle sue avventure vagabonde di gioventú. Alla lunga le storie forse valgono quanto i soldi, ma nell’immediato hanno le loro ovvie limitazioni.
L’azienda di pelletteria concordò una piccola cifra con Fanny per risarcirla della perdita, poi lei lasciò Chicago con i ragazzi e si trasferí a Newark, nel New Jersey, su invito dei parenti del marito, che le affittarono l’appartamento all’ultimo piano della loro casa al Central Ward, a un canone mensile simbolico. I figli avevano quattordici, dodici e nove anni. Louis, il maggiore, era da tempo diventato Lew. Aaron, il secondo, dopo averne buscate troppe nel cortile di scuola a Chicago, aveva cominciato a farsi chiamare Arnold, e Stanley, quello di nove anni, era noto come Sonny. Per sbarcare il lunario, la madre lavava e rammendava panni, ma di lí a poco anche i figli iniziarono a contribuire al bilancio domestico, ciascuno con un lavoro dopo scuola, ciascuno consegnandole ogni centesimo guadagnato. Erano tempi duri, e la minaccia della povertà riempiva le stanze dell’appartamento come una nebbia densa, accecante. Non c’era via d’uscita dalla paura, e a poco a poco tutti e tre i ragazzi assorbirono la cupa visione ontologica materna sul senso della vita. Lavorare o patire la fame. Lavorare o finire in mezzo a una strada. Lavorare o morire. Per i Ferguson, l’imbelle concetto di Tutti-per-uno-e-uno-per-tutti non esisteva. Nel loro piccolo mondo era Tutti-per-tutti, o niente.
Ferguson non aveva ancora due anni quando morí sua nonna, dunque non ne serbava nessun ricordo cosciente ma, secondo la leggenda di famiglia, Fanny era una donna difficile e umorale, soggetta a violente crisi di urla e convulse esplosioni di singhiozzi incontrollabili, che picchiava i figli con la scopa ogni volta che si comportavano male e non poteva piú mettere piede dentro alcuni negozi del circondario perché tirava sul prezzo con troppa veemenza. Nessuno sapeva dov’era nata, ma si diceva che fosse sbarcata a New York orfana quattordicenne e che avesse trascorso diversi anni a confezionare cappelli in un sottotetto del Lower East Side. Stanley, il padre di Ferguson, non parlava quasi mai dei genitori con suo figlio, concedendo alle domande del ragazzo solo brevi quanto vaghissime risposte. Le eventuali informazioni che il giovane Ferguson riuscí ad apprendere sui nonni paterni provenivano quasi esclusivamente da sua madre, Rose, per molti anni la piú giovane delle tre cognate Ferguson di seconda generazione, che a loro volta le avevano ricevute in gran parte da Millie, la moglie di Lew, una donna che aveva il gusto del pettegolezzo e che era sposata con un uomo assai meno introverso e assai piú loquace di Stanley o Arnold. Quando Ferguson aveva diciott’anni, sua madre gli riferí una delle storie di Millie, presentandogliela come una semplice diceria, un’ipotesi non accertata che poteva essere attendibile – ma anche infondata. Stando a quanto Lew aveva raccontato a Millie, o a quanto Millie diceva che lui le avesse raccontato, c’era stato un quarto figlio, una bambina nata tre o quattro anni dopo Stanley, nel periodo in cui la famiglia si era stabilita a Duluth e Ike cercava lavoro come marinaio semplice sui Grandi Laghi, una serie di mesi in cui la famiglia aveva vissuto in estrema povertà, e siccome Ike non c’era quando Fanny diede alla luce la bambina, siccome il posto era il Minnesota ed era inverno, un inverno particolarmente gelido in un posto particolarmente freddo, e siccome la casa in cui abitavano era riscaldata solo da una stufa a legna, e siccome giravano cosí pochi soldi che Fanny e i ragazzi erano ridotti a vivere con un pasto al giorno, il pensiero di dover accudire un altro figlio l’aveva talmente riempita di terrore che aveva affogato la neonata nella vasca da bagno.
Stanley parlava poco dei genitori con suo figlio, ma non parlava tanto nemmeno di se stesso. Ferguson faticò a formarsi un’immagine chiara di suo padre da bambino, o da ragazzo, o a qualunque età, se non a partire da quando suo padre sposò Rose due mesi dopo aver compiuto trent’anni. Da alcuni commenti estemporanei che a volte salivano alla bocca del padre, Ferguson riuscí a dedurre quanto segue: che Stanley era stato spesso preso in giro e maltrattato dai fratelli maggiori, che essendo il minore dei tre e quindi quello che aveva trascorso la parte piú piccola della sua infanzia con il padre ancora in vita era quello piú attaccato a Fanny, che era stato un alunno diligente, che alle superiori giocava come estremo nella squadra di football e correva i quattrocento per la squadra di atletica, che il suo talento per l’elettronica lo aveva portato ad aprire un negozietto di radioriparazioni l’estate dopo aver preso il diploma nel 1932 (giusto un bugigattolo in Academy Street, Newark centro, diceva lui, sí e no un banchetto da lustrascarpe), che a undici anni era rimasto ferito all’occhio destro durante un assalto materno a colpi di scopa (che lo aveva parzialmente reso cieco e quindi inabile al servizio militare durante la seconda guerra mondiale), che detestava il diminutivo Sonny e lo abbandonò non appena lasciata la scuola, che adorava ballare e giocare a tennis, che non aveva mai detto una parola contro i fratelli, per quanto lo trattassero stupidamente o con disprezzo, che da bambino dopo la scuola consegnava i giornali a domicilio, che aveva preso in seria considerazione l’idea di studiare legge ma ci aveva rinunciato per mancanza di fondi, che a vent’anni aveva fama di sciupafemmine e usciva con un gran numero di giovani ebree senza la minima intenzione di sposarne una, che aveva fatto diverse puntatine a Cuba negli anni Trenta, quando L’Avana era la capitale del vizio dell’emisfero occidentale, che la sua piú grande ambizione era quella di diventare un magnate, un uomo ricco come Rockefeller.
Sia Lew sia Arnold si sposarono poco piú che ventenni, decisi a evadere dalla follia domestica di Fanny piú in fretta che potevano, a fuggire dalla monarca urlatrice che aveva regnato in famiglia fin dalla morte del loro padre, nel 1923, ma Stanley, che era ancora un ragazzino quando i fratelli tolsero le tende, non ebbe altra scelta che restare. In fondo si era appena diplomato, se non che gli anni passarono, uno dopo l’altro, undici per l’esattezza, e lui continuò a rimanere, dividendo inspiegabilmente lo stesso appartamento all’ultimo piano con Fanny per tutta la Depressione e la prima parte della guerra, forse bloccato dall’inerzia o dalla pigrizia, forse motivato dal senso del dovere o di colpa nei confronti della madre, o forse spinto da tutto l’insieme, che gli rendeva impossibile immaginare di vivere in qualunque altro posto. Sia Lew sia Arnold diventarono padri, mentre Stanley sembrava contento di correre la cavallina e di investire il grosso delle energie per trasformare la sua piccola impresa in una grossa impresa, e siccome non sembrava affatto disposto a sposarsi, neanche mentre ballava dai venticinque anni fino alla soglia dei trenta, nessuno dubitava che sarebbe rimasto scapolo per tutta la vita. Poi, nell’ottobre 1943, quando la Quinta Armata statunitense aveva strappato Napoli ai tedeschi da neanche una settimana, nel pieno di quel periodo speranzoso in cui la guerra cominciava finalmente a volgere in favore degli Alleati, Stanley conobbe la ventunenne Rose Adler a un appuntamento al buio in quel di New York, e il fascino della vita da scapolo incallito andò incontro a morte rapida e definitiva.
Era cosí bella, la madre di Ferguson, cosí attraente con quegli occhi grigio-verdi e i lunghi capelli castani, cosí spontanea e vivace e pronta al sorriso, con quelle forme distribuite in maniera cosí appetitosa sul metro e sessantotto che aveva ricevuto in sorte, che Stanley, stringendole la mano per la prima volta, il freddo e normalmente distaccato Stanley, il ventinovenne che mai una volta era stato consumato dal fuoco dell’amore, si sentí disintegrare davanti a Rose, come se gli avessero risucchiato tutta l’aria dai polmoni e non fosse piú in grado di respirare.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Paul Auster.
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