Corredata da un’ampia anteprima, ecco la trama di E allora baciami di Roberto Emanuelli, romanzo edito il 27 aprile 2017 da Rizzoli con un prezzo di copertina di 17,50 euro (acquistabile online con il 15% di sconto).
E allora baciami: trama del libro
L’amore, quello vero, quando arriva te ne accorgi. Ti prende dritto al cuore e alla testa, e a quel punto è già troppo tardi: il tempo, la distanza, le tempeste piccole e grandi, non c’è più niente che possa fermarlo. Ed è impossibile da dimenticare. Lo sa bene Leonardo, che l’ha sentito bruciare sulla pelle e ancora non riesce a liberarsi dai ricordi. Da quando Angela se n’è andata ha avuto tante donne, ma nessuna può sperare di prendere il suo posto. L’amore, adesso, Leonardo lo cerca nelle cose semplici: nei sorrisi soddisfatti dei clienti quando ripara le loro auto; nella musica che ascolta sulla sua Duetto d’epoca o nelle serate con gli amici di una vita.
E poi c’è Laura, la figlia di diciassette anni, sempre più bella, ma anche terribilmente distante. Lei l’amore lo impara su internet, nelle parole di blogger che sanno sfiorarle il cuore come quel padre così silenzioso non potrebbe mai fare. Se sua mamma è fuggita, si dice, un motivo ci sarà pure. Già, ma quale? E come scoprirlo? La risposta gliela porterà il destino, al termine di un viaggio sorprendente, che per lei significherà trovare il coraggio di amare, per Leonardo la forza di ricominciare a farlo. Perché anche il più piccolo gesto d’amore è un miracolo, ma quel miracolo bisogna desiderarlo insieme.
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Estratto dall’incipit del libro
15 luglio 2016
Il cuore delle persone non è qualcosa che puoi comprendere solo perché dici di volerlo fare. Troppo facile… Ci vuole molto altro. Ci vuole coraggio. Ci vuole paura. Ci vuole follia. Se non hai paura significa che non sei davvero consapevole di quello in cui ti stai cacciando, e se non sei abbastanza folle, il coraggio per superarla, la paura, non lo troverai mai. Poi serve poesia, tanta poesia. Ché la vita di quelli che amiamo ha bisogno di musica e carezze. E quando va in mille pezzi, la loro vita, serve pazienza per recuperarli tutti, per cercarli negli angoli nascosti, in quelli più bui, sporchi e dimenticati, con cura, dolcezza, attenzione, per rimetterli al loro posto, uno per uno. E poi ci vogliono abbracci, di quelli che ti scaldano il cuore quando fa freddo dentro, che spengono la paura del futuro, che ti fanno sentire meno solo, quegli abbracci in cui ti perdi e ti ritrovi, in cui ti nascondi dal mondo e forse un po’ anche da te stesso, che ti permettono di piangere senza vergognartene o dare spiegazioni, che ti spingono a pensare che ce la farai, che andrà tutto bene. Andrà tutto bene…
E forse pure la nostra, pure la nostra vita ha bisogno di musica e carezze, e di abbracci, sì, anche quando pensiamo di non meritarlo, anche quando ci attribuiamo la colpa di ogni errore, anche quando ci diciamo che avremmo potuto fare di meglio, che avremmo potuto dare di più, ecco, anche noi abbiamo bisogno di musica e carezze. E un abbraccio sincero.
Mentre lo penso, in lontananza posso sentire le note e le parole di Marco Mengoni – perché ti voglio bene veramente… – e intanto mi lascio cullare dal suono dell’acqua del rubinetto che scorre forte nel lavandino e schizza. Sono chiuso in bagno da dieci minuti o poco meno, ho lavato il viso, più volte, con acqua gelata. Mi guardo nello specchio e vedo un uomo terrorizzato, senza coraggio. Senza follia. Senza musica e carezze. Senza poesia. E senza nessuno che abbia voglia di abbracciarlo e mettersi a cercare i pezzi della sua vita.
Penso a quello che ho lasciato, a quello che è sfuggito. Penso a quello che ho perso, così, all’improvviso, senza capire, senza sentire. E a tutto quello che non ho saputo tenere nonostante gli sforzi. Penso, soprattutto, a Laura e a quello che ho appena visto. Rientrare in casa e sorprendere tua figlia a masturbarsi è qualcosa che ti spinge a rifugiarti in un posto sicuro, come da piccolo, col mondo chiuso fuori a chiave e i tuoi pensieri dentro; come da piccolo, quando ti nascondevi sotto le coperte per renderti invisibile, certo che così nessun mostro buono o cattivo potesse più trovarti, nessuna debolezza potesse essere più messa a nudo, e nulla potesse più scalfire l’idea che ti eri fatto del mondo, con tutti quegli orrori e quelle meraviglie ancora da scoprire, comprendere e dominare. La differenza è che, col passare degli anni, lo stupore per i mostri e per le meraviglie diminuisce, sfuma, lo senti spegnersi nelle tue mani, nel tuo cuore, nelle curve del sorriso, sempre di più, sotto il peso del disincanto, della disillusione…
“È grande, ha quasi diciotto anni” mi ripeto, “è normale. Normalissimo.” Eppure non basta a contenere il disappunto, più emotivo che morale, che mi incendia il petto. Non colma quel vuoto che mi rende fragile e smarrito e che rievoca i demoni che mi massacrano la testa e il cuore. Dovrebbe esserci sua madre, ora. Servirebbe la presenza di una donna. “Dove sei, Angela? Perché non ci sei?”
Nel frattempo il rumore dell’acqua deve aver coperto il suono di alcune notifiche sul mio telefono. Sono messaggi WhatsApp di Giada e Beatrice:
Giada: Leonardo… sei uno spasso a letto, sei un gran figo, dico davvero, ma sei anche un grandissimo stronzo, caro il mio meccanico e filosofo e non so cos’altro… Già, cosa sei? Cosa racconti alle altre che ti fai due o tre volte, riempiendole di belle parole e profonde riflessioni, prima di disfartene per passare a quella successiva?
Leonardo: Ciao, Giada, mi spiace leggerti così ostile, io ero stato chiaro sul fatto di non voler coinvolgimenti oltre al… insomma, mi è piaciuto fare l’amore con te ma, lo sai, ho una figlia, e tutto il resto…
Giada: Non parlare di fare l’amore, Leonardo! Per favore, risparmiami almeno questo. Io e te abbiamo scopato. Abbiamo fatto delle grandi, meravigliose scopate. E basta. E poi sei sparito. Come tutti. Sei come tutti!
Leonardo: Non so cosa dire… Mi dispiace… Ti auguro di stare bene…
Giada: Io lo so cosa dire: vaffanculo!
Non replico, sono già nel pallone per Laura, meglio lasciar perdere…
Leggo i messaggi di Beatrice:
Bea: Vado a vedere i Thegiornalisti, suonano in una ex fabbrica sulla Tiburtina, vieni?
Leonardo: Quando?
Bea: Giovedì
Leonardo: Non posso, vedo Matteo…
Bea: E allora? Venite insieme…
Leonardo: Ti sembra il tipo da concerto dei Thegiornalisti?
Bea: Mh. In effetti no… xD
Bea: Ieri ho sentito Filippo per organizzare una cena tutti insieme, io, te, Laura, lui, Matteo ed Emanuela… Ricordi che avevamo detto di vederci a casa di uno di noi e preparare sushi?
Bea: Dice di essere follemente innamorato di una, anche questa volta è la donna della sua vita… La solita storia, ogni settimana s’innamora di una diversa… Non crescerà mai, basta che non ce la porta alla cena…
Leonardo: Eppure ci sei stata insieme…
Bea: Certo, solo che poi io, appunto, sono cresciuta…
Leonardo: Giusto
Leonardo: Ma lui è così…
Bea: Comunque per il concerto, magari lo propongo a Laura, che dici?
Leonardo: Sì, ok
Bea: Ohi, ma cos’hai? Sei telegrafico…
Leonardo: No, niente, si tratta proprio di Laura, poi ti racconto a voce…
Bea: Cos’ha?
Leonardo: Nulla, Bea, lei non ha nulla che non va… Sono io che non vado, dovrei essere migliore…
Bea: Ma che è successo?
Leonardo: Dài, ti chiamo dopo o domani e ti spiego, ma niente di grave! Oppure vediamoci in questi giorni, io e te, mi farebbe piacere. Comunque diglielo del concerto, sai che ti adora, adora tutti voi, ma in particolare te, e sarà felice di venirci!
Bea: Certo, dopo le scrivo! Allora aspetto una tua telefonata, eh, ci conto! E sì, vediamoci presto! Ciao bellissimo amico!
Leonardo: Ciao…
Beatrice è la mia più cara amica, una meravigliosa creatura di trent’anni con cui riesco a parlare e aprirmi come non faccio con nessun altro. La stessa cosa vale per Laura, e già questo è un piccolo miracolo. Bea è una delle persone più acute e brillanti che io abbia mai incontrato. Fa la psichiatra in un ospedale in zona Prati, si è specializzata lo scorso anno.
L’ho conosciuta molto tempo fa, quando stava con Filippo, aveva vent’anni, era curiosa e folle, intellettualmente libera ed eclettica. Ben presto è diventata parte integrante del gruppo, al di là della storia con Filippo, finita piuttosto in fretta e in un modo che nessuno di noi ha mai capito. Del resto, devo ammettere, non ho mai compreso come quei due potessero stare insieme, cosa li rendesse compatibili. Ma esiste forse qualcuno che sappia spiegare fino in fondo le dinamiche delle relazioni, delle emozioni, dei sentimenti? Certe cose succedono e basta, vanno prese per quello che sono.
Esco dal bagno e vado verso la porta della stanza di Laura, quella che qualche minuto fa ho aperto e richiuso quasi immediatamente. Solo per un istante ho guardato, un istante che è sembrato un’eternità, il tempo di fare la domanda più sciocca e ridicola: «Laura, ma che fai?». Lei ha chiuso le gambe e si è coperta con un cuscino. È diventata ancora più rossa di quanto già non fosse, e dall’eccitazione è passata di colpo alla vergogna, e poi alla rabbia e all’umiliazione. Dopo un attimo di esitazione ha urlato: «Chiudi quella cazzo di porta!», quasi piangendo.
Ora che mi trovo di nuovo vicino alla sua stanza, la voce di Mengoni è forte e chiara – succede anche a noi di far la guerra e ambire poi alla pace… Busso forte e urlo: «Scusami, Laura. Vado a preparare la cena, pensavo di rientrare tardi stasera, come ti avevo detto, ma il calcetto è saltato. Stiamo invecchiando, c’è sempre qualcuno che si fa male, e chi ha i figli, chi i suoceri… Ehm…». Silenzio. Proseguo: «Scusami…».
Mentre spero in una risposta, noto ai piedi della porta un foglietto sporco e calpestato. È la sua grafia. Lo leggo.
Qualche volta, in modo un po’ comico, e un po’ commovente, decidiamo di essere qualcuno o qualcosa che non siamo, che non siamo mai stati, e che forse non saremo mai. Perché ci vendono una vita che non siamo in grado di pagare, perché ci chiedono di dire cose in cui non crediamo, o di identificarci in princìpi che non sentiamo nostri, in idee lontane dal nostro cuore, perché ci dicono che con tutte queste imperfezioni non siamo belli, e che con tutte queste ombre non siamo colorati…
No, non può scusarmi. A diciassette anni non lo scusi tuo padre per averti sorpreso a gambe larghe mentre cerchi di essere quello che sei.
Dopo altri secondi di silenzio, durante i quali il volume dello stereo è sceso bruscamente: «Non potevi bussare? Che cazzo apri senza chiedere il permesso?».
«Hai ragione, ero distratto, sovrappensiero… Non succederà più» replico. E riposo il foglietto per terra, dove lo avevo trovato. Poi chiedo: «Ti vanno le uova?».
La sento sbuffare. «Sai che novità…» bisbiglia, credendo che io non la senta. Poi aumenta di nuovo il volume dello stereo.
Sono costretto ad alzare il tono della voce: «Non ho capito, La’, hai detto qualcosa?».
«Fa’ le uova!»
«Se non ti vanno, guarda, ci organizziamo…»
«Fa’ le uova!»
La seconda volta ha urlato stizzita.
quilla il telefono di casa, rispondo, è Camilla, la migliore amica di Laura. Così mia figlia mi viene incontro in corridoio. Nel frattempo si è rivestita. Alza la mano per prendere il cordless.
«È Camilla…» le dico, porgendoglielo.
«Lo so…» risponde senza nemmeno guardarmi, continuando a fissare la sua mano come in attesa che il telefono si materializzi sul suo palmo.
Rimandiamo i lettori che volessero saperne di più sull’autore al sito ufficiale di Roberto Emanuelli.
Abbandonato alla 60esima pagina. Troppo lento, non scorre, troppe riflessioni evasive di ogni personaggio.