Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di L’appello di John Grisham. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 11,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è disponibile in eBook al prezzo di euro 7,99.
L’appello: trama del libro
1967: a Greenville, una cittadina come tante nel profondo sud americano, una bomba fa esplodere gli uffici di un avvocato impegnato nella difesa dei diritti civili, uccidendo i suoi due figli. Nessuno sembra dubitare della colpevolezza di Sam Cayhall, noto membro del locale Ku-klux-klan. 1988: sono passati vent’anni e l’azione si sposta a Chicago. Cayhall è ancora chiuso nel raggio della morte e ha esaurito tutte le possibilità di appello. Ma un giovane avvocato di un grande studio chiede esplicitamente di essere assegnato al suo caso. Vuole tirar fuori di cella l’uomo del Klan. Perché?
La vittima si chiamava Marvin Kramer, ed era un ebreo del Mississippi di quarta generazione; la sua famiglia aveva fatto fortuna con l’attività mercantile nel Delta. Viveva in una casa di prima della guerra civile a Greenville, una città sul fiume con una comunità ebraica piccola ma forte, una località amena che aveva ben pochi precedenti di dissidi razziali. Esercitava la professione legale perché il commercio lo annoiava. Come moltissimi altri ebrei di origine tedesca, i suoi si erano integrati benissimo nella cultura del Profondo Sud, e si consideravano tipici Southerners che per caso professavano una fede diversa. In quella zona l’antisemitismo si manifestava molto di rado. Nella maggior parte dei casi, gli ebrei si amalgamavano al resto della comunità e si occupavano dei loro affari.
Marvin era diverso. Il padre l’aveva mandato al Nord, a Brandeis, verso la fine degli anni Cinquanta. Vi aveva passato quattro anni, e poi per tre anni aveva frequentato la facoltà di legge alla Columbia University; e quando era tornato a Greenville nel 1964, il movimento per i diritti civili aveva puntato i riflettori proprio sul Mississippi. Marvin si gettò subito nella mischia. Meno di un mese dopo aver aperto un piccolo studio legale, fu arrestato con due dei suoi compagni di Brandeis perché aveva tentato di far iscrivere alcuni negri nelle liste elettorali. Suo padre era furioso. La famiglia era molto imbarazzata, ma a Marvin non importava nulla. Aveva venticinque anni quando ricevette la prima minaccia di morte e cominciò ad andare in giro armato. Comprò una pistola per la moglie, una ragazza di Memphis, e consigliò alla cameriera negra di tenerne una nella borsa. I Kramer avevano due gemelli di due anni.
La prima causa per i diritti civili intentata nel 1965 dallo studio legale Marvin B. Kramer & Soci (a quel tempo però i soci non c’erano ancora) metteva sotto accusa una quantità di discriminazioni elettorali da parte delle autorità locali. Il processo finì sulle prime pagine dei giornali dello stato, assieme alla foto di Marvin. E il suo nome fu aggiunto dal Ku Klux Klan all’elenco degli ebrei da perseguitare. Eccolo lì il campione, un avvocato ebreo radicale con la barba e il cuore tenero, che aveva studiato al Nord con insegnanti ebrei, e adesso marciava con i negri e li difendeva nel Delta del Mississippi. Intollerabile.
Più tardi corse voce che l’avvocato Kramer pagava di tasca propria le cauzioni per i Freedom Riders e per gli attivisti dei diritti civili. Intentava cause contro i servizi pubblici e privati riservati ai bianchi. Contribuì alla ricostruzione di una chiesa di negri che era stata distrutta da una bomba del Klan. Era stato visto perfino accogliere i negri in casa sua. Teneva conferenze a organizzazioni ebraiche, su al Nord, e le esortava a partecipare alla lotta. Scriveva lettere di fuoco ai giornali, anche se ne venivano pubblicate pochissime. L’avvocato Kramer stava marciando audacemente incontro alla propria fine.
La presenza di una guardia notturna che faceva la ronda intorno ai giardinetti scongiurò un attacco contro la casa di Kramer. Marvin pagava la guardia da due anni: era un ex poliziotto ben armato, e i Kramer avevano fatto sapere a tutta Greenville che erano protetti da un tiratore scelto. Naturalmente, il Klan sapeva della guardia, e sapeva che era meglio lasciar perdere. Per questo fu deciso di far saltare lo studio di Kramer, non la casa.
Bastò pochissimo tempo per programmare l’operazione, soprattutto perché erano coinvolte così poche persone. L’uomo che aveva i soldi, uno scalmanato profeta locale che si chiamava Jeremiah Dogan, a quel tempo svolgeva le funzioni di Imperial Wizard del Klan nel Mississippi. Il suo predecessore era finito in carcere, e Jerry Dogan si divertiva molto a organizzare gli attentati. Non era uno stupido. Anzi, più tardi l’Fbi dovette ammettere che Dogan era un terrorista davvero efficiente perché delegava il lavoro sporco a piccoli gruppi autonomi di killer che operavano indipendentemente l’uno dall’altro. L’Fbi era diventato esperto nell’infiltrare informatori nel Klan; e Dogan non si fidava di nessuno, eccettuati i familiari e pochissimi complici. Era proprietario della più grande rivendita di auto usate di Meridian, Mississippi, e aveva guadagnato un sacco di soldi con ogni genere di affari discutibili. Qualche volta andava a predicare nelle chiese battiste di campagna.
Il secondo componente del gruppo era un membro del Klan che si chiamava Sam Cayhall ed era di Clanton, Mississippi, nella contea Ford, tre ore a nord di Meridian e un’ora a sud di Memphis. L’Fbi conosceva Cayhall, ma ignorava i suoi legami con Dogan. Lo considerava innocuo perché abitava in un’area dello stato dove l’attività del Klan era quasi inesistente. Negli ultimi tempi qualche croce era stata bruciata nella contea di Ford, ma non c’erano state bombe né omicidi. L’Fbi sapeva che il padre di Cayhall aveva fatto parte del Klan, ma nel complesso la famiglia sembrava piuttosto tranquilla. Il reclutamento di Sam Cayhall da parte di Dogan era stato una mossa geniale.
L’attentato allo studio di Kramer incominciò con una telefonata la notte del 17 aprile 1967. Jeremiah Dogan, il quale aveva buoni motivi per sospettare che i suoi telefoni fossero sotto controllo, aveva atteso fino a mezzanotte e poi era andato in auto alla cabina telefonica di una stazione di servizio a sud di Meridian. Inoltre, sospettava di essere seguito dall’Fbi, e aveva ragione anche in questo. I federali lo sorvegliavano, ma non potevano sapere a chi telefonasse.
Sam Cayhall ascoltò in silenzio, fece un paio di domande, poi riattaccò. Tornò a letto e non disse niente alla moglie. Lei sapeva che non era il caso di fare domande. L’indomani mattina Sam uscì presto e andò in macchina a Clanton. Fece colazione al Coffee Shop, poi telefonò da un apparecchio pubblico del tribunale della contea di Ford.
Tre giorni più tardi, il 20 aprile, Cayhall lasciò Clanton verso l’imbrunire e dopo due ore arrivò a Cleveland, Mississippi, una città universitaria del Delta a un’ora da Greenville. Attese per quaranta minuti nel parcheggio di un affollatissimo centro commerciale, ma non vide neppure l’ombra di una Pontiac verde. Mangiò pollo fritto in un modesto ristorantino, poi proseguì per Greenville per compiere una ricognizione intorno allo studio legale di Marvin B. Kramer & Soci. Cayhall aveva trascorso un giorno intero a Greenville due settimane prima e conosceva piuttosto bene la città. Trovò lo studio di Kramer, quindi passò davanti alla sua bella e ricca casa, e infine andò alla sinagoga. Dogan gli aveva detto che forse la prossima volta sarebbe toccato alla sinagoga, ma prima dovevano sistemare l’avvocato ebreo. Alle undici Cayhall tornò a Cleveland, e vide la Pontiac verde non nel parcheggio del centro commerciale bensì davanti a un locale per camionisti sull’Highway 61, il luogo che gli era stato indicato come secondo. Trovò la chiave sotto il tappetino, mise in moto e andò a fare un giro fra le prospere campagne del Delta. Svoltò in una stradetta poderale e aprì il portabagagli. In una scatola di cartone coperta da giornali trovò quindici candelotti di dinamite, tre detonatori e una miccia. Andò in città e attese in un caffè aperto tutta la notte.
Alle due in punto del mattino il terzo componente del gruppo entrò nel locale affollato di camionisti e sedette di fronte a Sam Cayhall. Si chiamava Rollie Wedge; era giovane, non aveva più di ventidue anni, ma era un affidabile veterano della guerra per i diritti civili. Diceva di essere della Louisiana, e viveva fra le montagne dove nessuno sarebbe riuscito a scovarlo. Sebbene non avesse l’abitudine di vantarsi, aveva ripetuto più volte a Sam Cayhall che si aspettava di finire ucciso nella lotta per la supremazia dei bianchi. Il padre aveva un’impresa di demolizioni, ed era da lui che aveva imparato a usare gli esplosivi. Anche il padre faceva parte del Klan, diceva, e da lui aveva assimilato l’odio.
Sam sapeva ben poco di Rollie e non credeva a tutto ciò che diceva. Non aveva mai chiesto a Dogan dove l’aveva scovato.
Presero il caffè e per mezz’ora parlarono del più e del meno. Ogni tanto la tazza di Cayhall tremava un po’ perché era piuttosto nervoso, ma Rollie era calmo e determinato. Non batteva mai le palpebre. Avevano compiuto insieme imprese analoghe già diverse volte, e Cayhall si meravigliava di vedere tanta freddezza in uno così giovane. Aveva riferito a Jeremiah Dogan che il ragazzo non perdeva mai la calma, neppure quando si avvicinavano ai loro obiettivi e doveva maneggiare la dinamite.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a John Grisham. Vi invitiamo inoltre a leggere il nostro articolo dedicati ai migliori libri di John Grisham diventati film o serie TV.
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