Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Aquila solitaria di Danielle Steel, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 5,99 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Aquila solitaria: trama del libro
Il telefono squilla, in un freddo pomeriggio di dicembre. Kate è certa si tratti di Joe, l’uomo carismatico e affascinante che è stato la sua forza, il suo mentore, il suo centro di gravità fin da quando si sono incontrati, trentaquattro anni prima. E invece… Mentre ascolta ammutolita una chiamata che non avrebbe mai pensato di ricevere, la sua mente torna a quel giorno. A quando lei, a diciassette anni, indossando un abito arrivato direttamente da Parigi, fece l’ingresso al ballo delle debuttanti al braccio di suo padre. E lo vide: Joe era bellissimo nella sua divisa da pilota, giovane, alto, fiero come nessun altro.
Joe le era entrato nel sangue e poi, con il passare del tempo nell’anima.
Negli anni c’erano stati contrasti e momenti di assoluta pace, vette e abissi, albe e tramonti. Per lei Joe era stato l’Everest: il massimo, il luogo che aveva sempre desiderato raggiungere. Era stato il suo sogno, il Paradiso e l’Inferno, e di tanto in tanto il Purgatorio. Lui era un genio, un uomo dalle scelte estreme.
Avevano dato significato, colore e profondità l’uno all’altra, ma a volte tutto ciò era stato difficile da raggiungere. La tranquillità, la disponibilità, la capacità di accettarsi e l’amore erano giunti con l’età e con il tempo.
La loro relazione era stata una grossa sfida per entrambi, aveva incarnato le rispettive peggiori paure, e alla fine erano riusciti ad adattarsi come due tessere di un mosaico.
Nei tanti anni che avevano passato insieme avevano scoperto qualcosa che soltanto pochissime persone riescono a fare. Era stato tumultuoso ed esaltante e, a tratti, assordante, ma entrambi avevano capito che era infinitamente raro. Era stata una danza piena di magia della quale nessuno dei due aveva trovato facile imparare i passi.
Joe era differente dalle altre persone, vedeva quello che altri non riuscivano a vedere e non aveva quasi bisogno di vivere fra gli uomini: anzi, era più felice quando stava per conto proprio. E intorno a sé aveva creato un universo straordinario. Era un sognatore, eppure aveva creato un’industria, un impero. Aveva aiutato il mondo a espandersi, e così facendo aveva allargato gli orizzonti al di là dell’immaginabile. Era sempre stato mosso dall’impulso di costruire, di far crollare le barriere per procedere costantemente oltre.
Joe era in California quando la telefonata arrivò. Si trovava là da settimane e sarebbe dovuto rientrare nel giro di due giorni. Kate non era preoccupata, ormai non succedeva più. Lui andava e veniva, come le stagioni o il sole. Ovunque si trovasse, sapeva che non era mai lontano da lei. Ciò che Joe più amava, all’infuori di Kate, erano i suoi aerei: erano, ed erano sempre stati, una parte integrante del suo essere. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di ciò che significavano per lui, sotto certi aspetti addirittura più di quanto avesse bisogno di lei. Kate lo sapeva, e lo accettava. Era giunta ad amare i suoi aeroplani come amava la sua anima e i suoi occhi; anche questo faceva parte di quel favoloso mosaico che era Joe.
Kate stava scrivendo nel diario, godendosi il silenzio della casa mentre sul mondo, fuori, si stendeva una coltre bianca. Era già buio quando il telefono squillò, alle sei, e lei trasalì, meravigliata che fosse così tardi. Quando guardò l’orologio sorrise, sapendo che a chiamarla era Joe. Lei sembrava sempre quella di un tempo, mentre si scostava dalla fronte una ciocca di capelli rosso scuro e allungava una mano verso il ricevitore. Sapeva che sarebbe stata accolta dal tono caldo e profondo di quella voce familiare, la voce di lui, ansioso di raccontare come aveva trascorso la giornata.
«Pronto?» disse, notando che la neve continuava a cadere sempre più fitta. Era un giorno invernale perfetto, da regno delle fate, e preparava un Natale incantevole ai suoi figli, che presto sarebbero tornati a casa. Entrambi avevano un lavoro, una vita propria e persone alle quali volevano bene. Adesso il suo mondo girava quasi interamente intorno a Joe.
«Signora Allbright?» Non era lui. Per un attimo rimase delusa, ma certo da un momento all’altro avrebbe telefonato. Ci fu una strana, lunga pausa, quasi come se la voce vagamente familiare all’altra estremità del filo si aspettasse che lei sapesse il motivo di quella chiamata. Era un nuovo assistente, e Kate gli aveva già parlato altre volte. «Sto telefonando dall’ufficio del signor Allbright», continuò, poi tacque di nuovo e, senza sapere il perché, lei provò la strana sensazione che fosse stato Joe a fargli fare la telefonata: le parve quasi di avvertirne la presenza lì, in piedi vicino a lei, eppure non riusciva a immaginare il motivo per cui fosse stato quell’uomo a chiamare. «Io… Mi dispiace. C’è stato un incidente.» Kate si sentì gelare, come se all’improvviso si fosse ritrovata completamente nuda nella neve.
Lo capì ancora prima che lui pronunciasse quelle parole. Un incidente… C’era stato un incidente… Un incidente… Era una litania che per tanto tempo si era aspettata di sentire e poi aveva dimenticato, perché Joe aveva avuto così tante vite incantate! Era stato indistruttibile, infallibile, invincibile, immortale. Quando si erano conosciuti le aveva raccontato di avere cento vite e di averne usate solo novantanove. Sembrava che ce ne fosse sempre un’altra.
«Oggi pomeriggio è andato ad Albuquerque», riprese la voce, e d’un tratto Kate ebbe l’impressione di sentire, nella stanza dove si trovava, una cosa soltanto: il tic-tac dell’orologio. Con il fiato mozzo, si rese conto che era lo stesso suono che aveva sentito più di quarant’anni prima quando la mamma era andata a dirle di suo padre. Era il suono di un tempo scaduto, la sensazione di precipitare attraverso lo spazio in un abisso senza fondo, e sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta a rivivere quell’esperienza. No, Joe non avrebbe permesso che le accadesse. «Stava provando un nuovo modello», continuò la voce, che di colpo le parve quella di un ragazzo. Perché non c’era Joe in linea? Per la prima volta da anni si sentì stringere dagli artigli del terrore. «C’è stata un’esplosione», mormorò lui così piano che quasi non riuscì a udirlo. Quella parola la colpì come una bomba.
«No… io… non è possibile che ci sia stata… non può essere…» Aveva la voce strozzata; le parole le morirono in gola e rimase impietrita. Aveva già capito il resto, non c’era più bisogno di spiegarglielo. Sapeva che cos’era successo, e sentiva che le mura di quel suo mondo sicuro, protetto, le stavano crollando addosso. «Non mi dica altro.» Per un lungo momento rimasero entrambi in silenzio, ammutoliti dall’orrore, mentre gli occhi di Kate si colmavano di lacrime. Lui si era offerto volontariamente di chiamarla. Nessun altro aveva trovato il coraggio di farlo.
«Si sono schiantati nel deserto», aggiunse soltanto, mentre lei chiudeva gli occhi e lo ascoltava seduta, immobile. No, era impossibile! Joe non le avrebbe mai fatto una cosa simile. Eppure lei aveva sempre saputo che sarebbe potuto accadere. Ma nessuno dei due lo aveva realmente creduto possibile. Lui era troppo giovane perché gli capitasse, e lei lo era troppo per diventare la sua vedova. Eppure, nella vita di Joe c’erano state molte altre donne come Kate, mogli di piloti che avevano perduto il proprio uomo durante il collaudo dei suoi aerei. Lui era sempre andato a trovarle. E adesso le stava telefonando questo ragazzo, questo bambino, ma com’era possibile che capisse che cos’era stato Joe per lei, e lei per Joe? Come poteva sapere chi era stato lui veramente? Lui conosceva solo il fondatore di un impero, la leggenda che era stato. Quanto, quanto di più c’era che lui non avrebbe mai scoperto. Kate aveva passato metà dell’esistenza a imparare chi era l’uomo che aveva accanto.
«Qualcuno è andato a controllare i rottami dell’aereo?» domandò con la voce scossa da un tremito incontrollabile. Se lo avessero fatto, lo avrebbero sicuramente ritrovato, e lui si sarebbe divertito a prenderli in giro, togliendosi la polvere di dosso, poi le avrebbe telefonato per raccontarle che cos’era successo. Niente poteva toccare Joe.
Il ragazzo all’altro capo della linea non aveva alcuna voglia di spiegarle che c’era stata un’esplosione in aria, talmente violenta da illuminare il cielo come l’eruzione di un vulcano. Un altro pilota che volava molto più in alto di lui aveva detto che sembrava come a Hiroshima. Non rimaneva niente di Joe, salvo il suo nome.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice newyorchese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Danielle Steel.
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