In questo articolo trovate la descrizione del libro La bambina ovunque di Stefano Sgambati, i dati sul volume pubblicato da Mondadori e un’anteprima dalle prime pagine.
La bambina ovunque di Stefano Sgambati
Edito da Mondadori • Pagine: 144 • Compra su Amazon
Anche un padre "aspetta" un figlio, ma, all'opposto di una madre, "non percepisce i movimenti fetali, non perde per un istante il respiro mentre capisce che un altro essere vivente lo abita, poiché nessuno lo abita: in un padre non c'è posto. Né sente la vita che arriva: se la ritrova".
Stefano ha trentacinque anni e tra qualche mese la sua vita cambierà per sempre. La gravidanza della moglie è il risultato di un percorso a ostacoli innescato da un fortissimo desiderio di maternità e passato per un'estenuante trafila medica: dopo la grande salita, tutto sembra procedere bene, ma allora perché Stefano non è felice? Il suo stato, nient'affatto interessante, appena degno di nota, non lo soddisfa: si sente invisibile, inutile - e per giunta braccato dal panico, un animale goffo e ingombrante che non lo lascia mai in pace -, un personaggio secondario che "rimpicciolisce sempre di più mentre la madre si diffonde nello spazio, aumenta di volume e sostanza"... → CONTINUA SU AMAZON
Cinquantacinque pollici più in là c’è il mondo reale, fatto di momenti noiosi, spaventi, malumore, dolori intercostali e un matrimonio. Milano, una casa, un sesto piano, i problemi, un padre che spalle allo schermo un po’ ascolta, un po’ no; di sicuro non guarda, preso com’è dalla preparazione di una perfetta zuppa di ceci. Da solo, attende sua moglie, la madre, che se fosse presente lo criticherebbe: “La tv o la guardi o la spegni. Non mi piace che stia lì come sottofondo…”. Glielo ripete spesso, con altre piccole puntualizzazioni: “Stai calmo”, “Ti amo”, “Non ti preoccupare”, “Cosa mangiamo stasera?”, “Hai chiuso la porta d’ingresso?”, “Quando comincerà a vedersi la pancia?”.
Non è un caso la zuppa di ceci: i legumi sono un alimento importantissimo durante la gravidanza. Carboidrati complessi e fibre che insieme contribuiscono a mantenere stabili i livelli di glicemia. Acidi grassi fondamentali per lo sviluppo del sistema nervoso centrale e retinico dell’embrione. Alti contenuti di vitamina B1 e B2, sali minerali per ossa e muscoli. Ferro, zinco, calcio, potassio, magnesio: nuove abitudini. Un nuovo lessico. Tuba ovarica, follicoli, ovuli, ipotalamo, progesterone, cromosomi, fimbrie. Riflesso nel vetro della finestra – fuori, l’oscurità già piena delle sette e mezzo di sera: l’inverno – il padre analizza questa miniera d’oro di informazioni affastellate nel suo cervello e osserva il poco che di sé riesce a distinguere, notando appena, ma notandola, oltre i suoi confini corporei la figura labile di un altro se stesso in cui mi sembra di riconoscere la mia persona.
La partita di Elisabetta è un disastro. Presto non ne rimarrà niente. Subito bruciati i due pacchi migliori, quelli da 250 e da 500.000 euro, con inesorabile tracollo della drammaturgia. Il padre, afflitto come al solito per eccessiva empatia, dà una rimestata forse un po’ troppo nervosa alla zuppa, che schizza sotto forma di svariati punti esclamativi sul piano cottura; non riesce a resistere e vuole sapere, prende il telefono: la prima lezione di yoga è andata bene, sua moglie sta tornando ed è soddisfatta. Un’idea della ginecologa: quel dolore insistente dietro la coscia era sciatica, normale nelle fasi iniziali di una gravidanza, e lo yoga poteva aiutare. La madre aveva annuito e lui aveva pensato ecco, ci siamo: stiamo cominciando ad assomigliare alla forma che avremo da vecchi. «Arrivo» dice invece adesso la moglie al telefono, pochissime settimane più tardi. «Entro in garage e salgo.» Non lo sa ancora che c’è una zuppa che ribolle per lei. Forse preferirebbe dei fiori. Certamente una pizza.
“Sali piano” vorrebbe dirle il padre, ma si trattiene. “Sali piano, stai attenta, prendi l’ascensore, non sollevare pesi, la borsa lasciala in macchina.” Negli ultimi tempi è così ansioso. Fin troppo zelante. Indaga sulle sue abitudini e spesso la infastidisce. Insiste troppo. Stai bene? Stai male? Come ti senti? Era il caso di farlo? Non mi nascondi niente? Hai mangiato? Hai bevuto abbastanza? Di continuo domande. Devi proprio guidare? A quanto pare così è fatto un padre: insicuro e allo sbando. Sono tentativi goffi e innocenti di farsi notare su un proscenio che altrimenti tenderebbe a escluderlo. Non percepisce i movimenti fetali, non perde per quell’istante il respiro mentre capisce che un altro essere vivente lo abita, poiché nessuno lo abita: così è fatto un padre, in un padre non c’è posto. Né sente la vita che arriva: se la ritrova; e in mancanza d’altro tende a relativizzare ogni cosa. I disegni degli uccelli nel cielo, la forma degli alberi, tutto è un messaggio cifrato, ovunque può esserci un’informazione preziosa, nel complicato disegno del cavo degli auricolari, nella data di uno scontrino e peggio si sente, il padre, se gli capita di sognare, cosa che succede più spesso di quanto vorrebbe: mareggiate, case che crollano, nudità imbarazzanti. E situazioni ospedaliere, ovviamente. Più spesso di quanto vorrebbe, il padre sente il bisogno di confrontarsi via sms con la madre, perché è possibile che si sogni insieme e ci si trovi nottetempo svegli all’unisono con le code dei rispettivi incubi che ancora spuntano da sotto i cuscini, e se a quell’ora profonda è troppo tardi o troppo presto per discuterne – tutta l’energia impegnata nel tentativo di riaddormentarsi il prima possibile dragando a caccia di pensieri positivi –, a giorno fatto è più facile, addirittura si trova spazio anche per un po’ di ironia, e il dettaglio più pulp riesce a scatenare perfino un sorriso (“Ho sognato che partorivo un uovo”, “Nel mio, invece, avevi un travaglio lungo non so quanti giorni e poi ci rimandavano a casa così, senza aggiungere nulla, fatto sta che non eri più incinta”), ma questo è quanto. Nessuno che gli dica qualcosa, in molti lo ignorano. La figura della madre è dominante e assoluta, ogni preoccupazione è per lei.
Ma così è fatto un padre.
Nemmeno il panico gli è concesso, perché lui non porta la vita, non ha un organismo di madre da preservare, non necessita di legumi. Al limite un panico sornione e bonario che giace come una cattedrale o per meglio dire che gli fa compagnia, un grosso San Bernardo su un tappeto, un San Bernardo che ogni tanto solleva la testa per guardare e che non fa paura a nessuno. È ingombrante, più che spaventoso: il padre non lo riesce a spiegare che pure così è impegnativo. Gli dicono “Ma tu non sei mica la madre che fa tutto il lavoro”. Se si avvicina all’anta dell’armadio che contiene i primi due o tre bodiniunisex che non si sa come hanno avuto l’ardire già di comprare, il cane si agita, abbaia. È un San Bernardo goffo e pesante che precede il padre nella passeggiata e si gira ogni tanto a guardarlo con la grossa testa inclinata per controllare a che punto è e la verità è che il padre è ancora indietro e lo sarà sempre, ma poco male: per fortuna il padre ha una guida e questa guida è la madre. Si fa condurre da lei, dalla sua disciplina, dal suo coraggio, dalla sua capacità di visione. Rimpicciolisce, il padre, ancora di più, mentre la madre si diffonde nello spazio, aumenta di volume e sostanza; già disormeggiata dal molo sicuro dell’Essere Figlia, alla volta dell’Essere Madre, a suo agio in un mare aperto scarsamente coperto da mappe. Non per caso lei quell’armadio già lo apre con sicurezza, come fosse niente: ogni tanto osa prendere uno dei microvestiti, lo annusa, si gira nella direzione del padre, il coniglio di questa stramba fattoria chiamata famiglia, e glielo mostra come se da qualche parte, all’oscuro da lui e da tutti, avesse già stretto un precisissimo patto d’amore con la creatura assurda che esonderà.
Così è fatto un padre: l’opposto di una madre.
Stefano Sgambati
Stefano Sgambati è nato a Napoli nel 1980, ma ha sempre vissuto a Roma. Attualmente abita a Milano e si occupa di giornalismo e letteratura. Ha pubblicato un libro di racconti e due saggi narrativi. Gli eroi imperfetti (minimum fax) è il suo primo romanzo.
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