Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Bambini nel tempo di Ian McEwan. Il romanzo è pubblicato in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 12,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è in vendita in eBook al prezzo di euro 6,99.
Bambini nel tempo: trama del libro
Stephen Lewis, autore di fortunati libri per bambini, padre e marito felice, un giorno si reca al supermercato con sua figlia Kate, e mentre è intento a svuotare il carrello alla cassa si accorge di aver perso la bambina. Rapita? Uccisa? Fuggita? Ogni cosa intorno a lui da quel momento sembra precipitare. Il vuoto doloroso che lascia la sparizione di Kate dà il via a una serie di azioni e reazioni che porteranno Stephen a rivedere tutta la sua vita. Le sue tante certezze incrollabili si mostreranno deboli; abitudini e atteggiamenti mai messi in discussione riveleranno il loro lato più fastidioso. Senza mai perdere di vista il suo protagonista, McEwan racconta il viaggio di un uomo messo di fronte all’inaccettabile, facendoci percepire la precarietà e la fragilità in cui viviamo, e nello stesso tempo restituendoci la nostra umana e indistruttibile speranza.
Nel suo procedere a saltelli e zig-zag, Stephen era come sempre attento, anche se in modo quasi inconsapevole, a registrare la presenza di bambine, o meglio di una bambina sui cinque anni. Era qualcosa di piú di un’abitudine, perché le abitudini si possono anche interrompere. Questa era una disposizione radicata, l’impronta indelebile che l’esperienza aveva lasciato su un’indole. Non si trattava neppure piú di una vera e propria ricerca, sebbene un tempo avesse assunto le caratteristiche di una caccia ossessiva; ormai era come una voglia, una fame molesta. Esisteva un cronometro biologico, impassibile nella sua inesorabilità, che consentiva a sua figlia di crescere, ne arricchiva e complicava il vocabolario, la rendeva piú forte, la faceva muovere con maggiore scioltezza. Il congegno, potente come un cuore, si manteneva fedele a un’incessante ipoteticità; magari adesso stava disegnando, magari imparava a leggere, forse cambiava un dente da latte. Probabilmente ormai era presenza nota, un dato di fatto. Gli pareva che a furia di ipotesi avrebbe finito con l’esaurire quell’incertezza, col lacerare la sottile membrana semiopaca i cui fili fatti di tempo e di casualità lo separavano da lei. E allora avrebbe potuto dire: adesso è a casa da scuola ed è stanca, il suo dente sta sotto il cuscino, lei sta cercando il suo papà.
Ogni bambina di cinque anni – ma funzionava persino coi maschi – alimentava il pensiero del suo continuare ad esistere. Nei negozi, nei pressi di un parco giochi, in casa di amici, Stephen non poteva fare a meno di cercare Kate negli altri bambini, non riusciva a ignorarne il lento cambiare, il maturare di abilità. E percepiva il potenziale inutilizzato delle settimane e dei mesi, del tempo che avrebbe dovuto essere suo. Il crescere di Kate era diventato per lui l’essenza stessa del tempo. Quella crescita fantasmatica, prodotto di una sofferenza ossessiva, non era soltanto ineluttabile – poiché nulla poteva arrestare il portentoso cronometro –, era necessaria. Se avesse cessato di fantasticare sul suo esistere ancora, sarebbe stato perduto, il tempo si sarebbe fermato. Era il padre di una bambina invisibile.
Qui a Millbank, però, si vedevano solo ex bambini che si trascinavano a lavorare. Piú in là, poco prima di Parliament Square, c’era un gruppo di accattoni autorizzati. Non potevano sostare nella zona del parlamento, di Whitehall e nelle vicinanze della piazza. Ma alcuni di essi cercavano di sfruttare la confluenza di percorsi dei pendolari. Stephen ne intravide i distintivi sgargianti un centinaio di metri prima. Il clima li favoriva ed essi esibivano con impertinenza la loro scelta di libertà. Toccava agli stipendiati di riuscire a evitarli. Una dozzina di mendicanti si lavoravano il marciapiede su entrambi i lati, avanzando verso di lui e superando le ondate di folla. Ora Stephen stava osservando una ragazzina. Non di cinque anni; questa volta era un’adolescente tutta pelle e ossa. Si era accorta di lui a una certa distanza. Avanzava piano, sonnambulicamente e tenendo protesa la ciotola nera regolamentare. La folla degli impiegati si separava e richiudeva al suo passaggio. Procedeva, puntando lo sguardo su Stephen. Lui provò il solito dissidio interiore. Dare dei soldi significava favorire il successo del programma governativo. Non darne, voleva dire ignorare piú o meno risolutamente l’indigenza di un individuo. Non c’era via di scampo. L’arte di un cattivo governo consiste nel rendere netta la linea che separa la condotta pubblica dal sentimento privato, dalla percezione istintiva di ciò che è giusto. Ultimamente lasciava decidere al caso. Se si ritrovava qualche spicciolo in tasca, lo dava. Se no, niente. Non arrivava mai alle banconote.
La ragazza era abbronzata per tutti i giorni passati al sole in mezzo a una strada. Aveva addosso un sudicio vestitino di cotone giallo e portava i capelli cortissimi. Forse l’avevano rasata per i pidocchi. Man mano che si avvicinava, Stephen si accorse che era carina, con un faccino malizioso tutto efelidi e il mento un po’ a punta. Non doveva trovarsi a piú di sei metri di distanza quando, con un balzo in avanti, afferrò da terra un chewinggum ancora umido e luccicante. Se lo cacciò in bocca e iniziò a masticare. La piccola testa si piegò indietro con aria di sfida e riprese a guardare nella direzione di Stephen.
Infine gli fu davanti, con la classica ciotola tesa. Aveva scelto lui già da qualche minuto, il solito trucco. In preda allo sgomento, Stephen aveva estratto un biglietto da cinque sterline dalla tasca posteriore. La ragazza mantenne un’espressione impassibile mentre lui appoggiava la banconota sul resto delle monete.
Appena la mano di Stephen fu vuota, lei afferrò il denaro, se lo accartocciò stretto stretto in un pugno e disse, passando oltre, «Fottiti, mister».
Stephen allungò una mano sulla piccola spalla ossuta e la strinse. «Che cosa hai detto?»
La ragazza, voltandosi, si liberò dalla stretta. Fece gli occhi sottili e la vocina flebile «Ho detto, grazie, signore». Era già fuori tiro quando aggiunse, «Sporco capitalista!»
Stephen le restituí un mite rimprovero mostrando le mani vuote. Sorrise a labbra chiuse per farle intendere la propria immunità a quel genere di insulti. Ma la ragazzina aveva già ripreso il suo uniforme procedere sonnambulico giú per la via. Stephen la osservò per un minuto buono prima di perderla tra la folla. Lei non si voltò indietro.
La Commissione governativa sull’educazione dell’infanzia, che come tutti sapevano, rappresentava un impegno privilegiato del primo ministro, aveva formato quattordici sottocomitati investiti del preciso compito di rivolgere appelli ai genitori. Loro reale funzione, sostenevano i cinici, era quella di trovare una mediazione soddisfacente per gli ideali di una miriade di categorie coinvolte (gli influenti gestori di catene di fast-food e pasticcerie, i produttori di abiti, giocattoli, alimenti dietetici e fuochi d’artificio, gli istituti di beneficenza, le associazioni femminili, le iniziative dei genitori del gruppo Pelican Crossing) che esercitavano pressioni incrociate. Ben pochi tra gli opinion-makers avevano rifiutato di offrire al progetto i propri servizi. Si era generalmente d’accordo sul fatto che il paese era sovrappopolato di individui indesiderabili. Esistevano tesi convinte su ciò che un buon cittadino dovrebbe essere e su come fosse possibile pianificarne lo sviluppo attraverso una corretta formazione dell’infanzia. Facevano tutti parte di un sottocomitato. Persino Stephen Lewis, autore di libri per ragazzi, che vi era approdato esclusivamente grazie all’appoggio dell’amico Charles Darke, il quale peraltro aveva rassegnato le proprie dimissioni poco dopo l’inizio dei lavori. Quello di Stephen era il sottocomitato che si occupava di lettura e scrittura, sotto la guida dell’insidioso Lord Parmenter. Ogni settimana, nei mesi riarsi di quella che si sarebbe rivelata come l’ultima estate decente del ventesimo secolo, Stephen partecipava alle riunioni in una tetra sala di Whitehall, la stessa nella quale, secondo le informazioni raccolte, erano stati organizzati i bombardamenti notturni sulla Germania nel ’44. Avrebbe avuto parecchio da dire su argomenti come lettura e scrittura in altri periodi della vita, ma nel corso di queste sessioni, Stephen tendeva a sistemare le braccia sul grande tavolo lucido, a reclinare il capo in atteggiamento di rispettoso ascolto e a non dire nulla. Di recente, passava gran parte del tempo da solo. Una stanza piena di gente non solo non riduceva in lui la tendenza all’introspezione, come si era augurato, ma la intensificava e le conferiva migliore articolazione.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore inglese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Ian McEwan.
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