Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Baol di Stefano Benni. Il romanzo è pubblicato in Italia da Feltrinelli con un prezzo di copertina di 9,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Baol: trama del libro
Una tranquilla notte di regime, che assomiglia a un febbricitante sabato notte delle nostre città popolato da allegre brigate di gerarchetti clarkopodi e clarette che ridono in posa, “come un set di spot di brut”. Uno strano personaggio, un po’ Marlowe un po’ mago, titolare di una delle più antiche magie del mondo, passa le notti tra nostalgie e sbronze colossali al bar Apocalypso. Poi l’avventura: il mago Baol torna a combattere contro i grandi gerarchi per una missione che è insieme un atto di riconoscenza per un vecchio grande comico in disgrazia e un viaggio misterioso nel segreto della magia baol. Magia, amore, avventura e umorismo si fondono in questo romanzo, in cui la feroce satira del linguaggio e dei costumi del nostro “regime” si accompagna al gusto della narrazione a perdifiato, con mille variazioni comiche malinconiche surreali metafisiche.
In ebook Baol (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 4,99 euro.
Il tema di oggi è:
“Ho sognato la casa dove sono nato
e mi sono svegliato
nella casa dove sono nato.”
Oppure:
“Edgar Allan Poe era un grande scrittore, ma eccelleva
anche nella corsa ad ostacoli. Quale importanza
ha la cura del fisico per un buon mago baol?”
Oppure:
“Trasformate il foglio protocollo in un taglio di
stoffa Oxford per camicia (due metri per due) e
fatene dono al vostro insegnante.”
Finita la dettatura, il maestro si rilassò sulla sedia. Gli allievi e le allieve del corso di magia baol sospirarono, e si concessero una pausa di riflessione prima di iniziare lo svolgimento. Alcuni rosicchiavano la penna, altri le unghie. Altri dilapidarono all’istante tutto il patrimonio di merenda che avrebbe consentito loro un sereno intervallo. Solo il pennino del primo della classe cigolava implacabilmente.
Era primavera, e il giardino del tempio era fiorito. Fiocchi di polline entravano dalla finestra, facendo intonar starnuti ai più delicati. Gli uccellini cantavano “Siboney”. Il sole scaldava il mondo. In un giorno come quello non era facile stare inchiodati a un banco di scuola, sia pure una scuola prestigiosa come il tempio baol. Perciò l’allievo Bed, mentre tutti iniziavano a scrivere, guardava fuori dalla finestra un ciliegio fiorito. “Sarebbe bello essere su uno di quei rami”, pensò, e dato che era già al terzo anno del corso, si ritrovò sul ramo insieme al maestro.
– Non mi risulta che lei abbia chiesto il permesso di uscire, allievo Bed – disse il maestro.
– Chiedo scusa – arrossì Bed tra i bianchi fiori – ma è una così bella giornata…
– Poco male – disse il maestro eseguendo alcuni volteggi a pinocchietto intorno al ramo. – C’è tempo per il tema. Ma da qualche giorno ti vedo distratto, allievo Bed. Cosa c’è? Sei preoccupato per il futuro delle foche? Sei innamorato dell’allieva O’Connor? Ti capisco. Anch’io ne vado pazzo. Vuoi cambiare studi? Pensi che il mondo stia per finire congelato oppure fritto?
– Niente di tutto questo – rispose Bed. – Per la verità, non riesco a togliermi dalla testa le sue parole di qualche giorno fa: “Ricordate che nella vita di ogni baol c’è un segreto, e lo conoscerete solo quando sarete vecchi”.
– Sì, ho detto proprio così.
– Questo segreto mi turba, maestro. Non può essermi rivelato prima che io sia vecchio?
– No. Se vuoi, però, posso farti diventare vecchio subito.
– Oh no, maestro!
– Allora corri a fare il tuo tema – disse il maestro, e salì verso i rami più alti a rimpinzarsi di ciliegie (le ciliegie in aprile erano un tipico trucco baol).
Qualche anno dopo il ragazzo Bed ottenne il diploma baol con trentasei trentesimi, e lasciò la scuola portando con sé molti ricordi e una foto della sua classe (Bed è il terzo da destra, il maestro il primo in basso da sinistra).
Uscendo dal tempio dove aveva tanto studiato ed erano passati tanti giovani anni della sua vita, si sentì vecchio.
– Maestro – gridò nel vento – è ora che io conosca il segreto?
– No! Fila a divertirti! – rispose una voce lontana.
Il ragazzo aspettò un momento con gli occhi chiusi. Poi salì sull’autobus che in pochi minuti lo portò in città, verso una nuova vita.
1.
16 giugno 1991, città di T.
È una tranquilla notte di Regime. Le guerre sono tutte lontane. Oggi ci sono stati soltanto sette omicidi, tre per sbaglio di persona. L’inquinamento atmosferico è nei limiti della norma. C’è biossido per tutti. Invece non c’è felicità per tutti. Ognuno la porta via all’altro. Così dice un predicatore all’angolo della strada, uno dall’aria mite, di quelli che poi si ammazzano insieme a duecento discepoli. Ce n’è parecchi in città. Dai difensori dei diritti dei piccioni alla Liga Artica. Siamo una democrazia.
Ogni tanto, sul marciapiede, si inciampa in qualcuno con le mani legate dietro la schiena. Forse la polizia lo ha dimenticato la notte prima. Ho guardato in alto, oltre le insegne illuminate e, obliqua su un grattacielo, c’era la luna. Le ho detto:
Cosa ci fa una ragazza come te in un posto come questo?
Poi mi sono fermato all’angolo tra Dulcea e Taganrog, nel quartiere gastronomico. Passava di tutto. Un tombarolo mi ha offerto due giacche firmate appena prese ai cadaveri, garantite disinfettate. Non gli ho dato retta, preso com’ero da un’interessante visione.
Davanti a un ristorante di Dulcea c’è una grande piastra ammazzainsetti a seimila volt. Ogni moscerino o farfallone che ci sbatte contro crepa, con un brivido elettrico. Mi è venuto da pensare che nessuna morte, ormai, fa più rumore di questa. Milioni di moscerini, una fiammata, e amen. Se hai la fortuna di nascere farfallone, forse si accorgono dei tre secondi in cui stai morendo.
Riflessioni così profonde mi fanno venire appetito. Perciò ho deciso di entrare in quel ristorante. Un ristorante di lusso, di quelli dove si succhiano gamberoni con sottofondo d’archi, non so se mi spiego, tutto marmo, velluto rosa, specchi e candeline, sembrava la garçonnière di uno yacht arabo.
Il maître mi ha esaminato con maîtresco disprezzo. Ho fatto finta di niente.
– Che pesce avete? – ho chiesto.
– Tutto quello che vuole – ha risposto freddamente.
– Allora mi porti un piatto misto di mullidi, sgomberomoridi, astici, aragne, aspitriglie, valencenielli, caranghi, cozze, castagnole, caviglioni, maranzane, mazzancolle, moscardini, bocchedibue, scrappioni, lote, suri, zerri, zurli, boghe, salpe, costardelle, donzelle, nigricepi, merlani, occhialoni, sparlotti, gattiruggine, pappasassi, succiascogli, spigole ermafrodite, cernie alessandrine, lofe budegate, palinuri elefanti e ostracodermi estinti.
Mi hanno cacciato fuori. Di questi tempi è duro far gli spiritosi se non si è miliardari. Non importa. Nella mia filosofia l’importante è divertirsi. Sapete, io sono un mago baol.
2.
Quando sono proprio giù di morale, vado in un bar che si chiama Apocalypso. È un bar polisemico transdiversale interclassista: fino a mezzanotte ci vanno quelli che dopo vanno in un altro posto. Dopo mezzanotte ci vanno quelli che non hanno un altro posto dove andare. Dopo le quattro ci vanno quelli che non sanno nemmeno più in che posto sono.
Il barista si chiama Galles, perché ha preso tante bottigliate in faccia che è tutto ridotto a quadri e losanghe. Lo potrebbero usare come bersaglio per le freccette (anzi, qualche volta lo fanno). La sua specialità sono i cocktail: mette insieme dei ceffi di liquori e ne fa un ottimo equipaggio. I suoi cocktail leggendari sono: Anagrafe, Rappresaglia e Menedaunàl.
Anagrafe è così detto perché se ne bevi più di due, dopo devi andare all’anagrafe per sapere chi sei. Rappresaglia sono venti parti di grappa italiana per una di grappa tedesca. Poi c’è il Menedaunàl. Favoloso. Dopo averlo bevuto, ti vien sempre voglia di fare il bis. Allora chiedi, appunto: “Me ne dà un al…” Ma nessuno ha mai finito la frase, si schianta a terra prima.
Quando arrivo io c’è un’allegra brigata di gerarchetti e clarette che stanno per andare a una qualche première. I gerarchetti sono clarkopodi, fumano cigarilli snelli e hanno giacche con spallone anabolizzate. Le clarette hanno pantaloni di giaguardami e tigraffierei, aderenti ma aderenti che quando si siedono uno si aspetta che suoni l’allarme. Stanno lì ridendo in posa, come un set di spot di brut. I gerarchetti parlano dell’argomento del giorno, che sta per scadere a mezzanotte. Le clarette pispillano della nuova divisa della polizia disegnata da Jean Paul Charrier, col basco stile rapper e un mitra mignon molto sexy color muschio.
Dalla strada, arrivano duelli di clacson e sirene della polizia, l’orchestra di mezzanotte che accorda gli strumenti. La voce di un Prete Pazzo urla minacce cosmicograme. Perché sono qui stanotte, solo e triste a dieci anni dal Duemila? Perché sono un soldato. E dietro ogni soldato c’è una donna.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore bolognese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Stefano Benni.
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