Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Caino di José Saramago. Il romanzo è pubblicato in Italia da Feltrinelli con un prezzo di copertina di 8,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Caino: trama del libro
A vent’anni dal “Vangelo secondo Gesù Cristo”, Saramago torna a occuparsi di religione. Se in passato il premio Nobel ci aveva dato la sua versione del Nuovo Testamento, ora si cimenta con l’Antico. E sceglie il personaggio più negativo, la personificazione biblica del male, colui che uccide suo fratello: Caino. Capovolgendo la prospettiva tradizionale, Saramago ne fa un essere umano né migliore né peggiore degli altri. Il dio che viene fuori dalla narrazione è un dio malvagio, ingiusto e invidioso, che non sa veramente quello che vuole e soprattutto non ama gli uomini. È un dio che rifiuta, apparentemente solo per capriccio e indifferenza l’offerta di Caino, provocando così l’assassinio di Abele. Il destino di Caino è quello di un picaro che viaggia a cavallo di una mula attraverso lo spazio e il tempo, in una landa desolata agli albori dell’umanità. Ora da protagonista, ora da semplice spettatore, questo avventuriero un po’ mascalzone attraversa tutti gli episodi più significativi della narrazione biblica: la cacciata dall’Eden, le avventure con l’insaziabile Lilith, il sacrificio di Isacco, la costruzione della Torre di Babele, la distruzione di Sodoma, l’episodio del vitello d’oro, le prove inflitte a Giobbe, e infine la vicenda dell’arca di Noè. Riscrittura ironica e personale della Bibbia, invenzione letteraria di uno scrittore nel pieno della maturità, compone un’allegoria che mette in scena l’assurdo di un dio che appare più crudele del peggiore degli uomini.
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Set, il terzogenito della famiglia, verrà al mondo solo centotrent’anni dopo, non perché la gravidanza materna richiedesse tanto tempo per ultimare la fabbricazione di un nuovo discendente, ma perché le gonadi del padre e della madre, i testicoli e l’utero rispettivamente, avevano tardato più di un secolo a maturare e a sviluppare sufficiente potenza generativa. C’è da dire ai precipitosi che il fiat ci fu una volta e mai più, che un uomo e una donna non sono mica delle macchine automatiche, gli ormoni sono una cosa piuttosto complicata, non si producono così da un giorno all’altro, non si trovano in farmacia né al supermercato, bisogna dare tempo al tempo. Prima di set erano venuti al mondo, a breve intervallo di tempo fra l’uno e l’altro, dapprima caino e poi abele. Quello cui non si può non fare immediatamente cenno è la profonda noia che erano stati tanti anni senza vicini, senza distrazioni, senza un bambino lì a gattonare tra la cucina e il salotto, senz’altre visite al di fuori di quelle del signore, e anche queste rarissime e brevi, intervallate da lunghi periodi di assenza, dieci, quindici, venti, cinquant’anni, immaginiamo che poco ci sarà mancato che i solitari occupanti del paradiso terrestre si vedessero come dei poveri orfanelli abbandonati nella foresta dell’universo, ancorché non sarebbero stati in grado di spiegare cosa fosse questa storia di orfani e abbandoni. È pur vero che, un giorno sì, un giorno no, e anche quel giorno no con altissima frequenza sì, adamo diceva a eva, Andiamo a letto, ma la routine coniugale, aggravata, nel loro caso, da nessuna varietà nelle posizioni per mancanza di esperienza, già allora si dimostrò altrettanto distruttiva di un’invasione di tarli lì a rodere le travature della casa. All’esterno, salvo un po’ di polverina che fuoriesce qua e là da minuscoli orifizi, l’attentato si coglie a stento, ma all’interno la processione è ben altra, non ci vorrà molto che venga giù tutto ciò che era parso tanto solido. In situazioni del genere, c’è chi sostiene che la nascita di un figlio può avere effetti rivitalizzanti, se non della libido, che è opera di chimiche assai più complesse che imparare a cambiare un pannolino, almeno dei sentimenti, il che, bisogna riconoscerlo, già non è poco. Quanto al signore e alle sue visite sporadiche, la prima fu per vedere se adamo ed eva avevano avuto problemi nell’installazione domestica, la seconda per sapere se avevano tratto qualche beneficio dall’esperienza della vita campestre e la terza per avvisare che tanto presto non si aspettava di tornare, giacché aveva da far la ronda negli altri paradisi esistenti nello spazio celeste. In effetti, sarebbe riapparso solo molto più tardi, in una data di cui non è rimasta traccia, per scacciare la sventurata coppia dal giardino dell’eden per il nefando crimine di aver mangiato del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Questo episodio, che diede origine alla prima definizione di un peccato originale fino ad allora ignorato, non è mai stato ben spiegato. In primo luogo, persino l’intelligenza più rudimentale non avrebbe alcuna difficoltà a comprendere che essere informato sarà sempre preferibile a ignorare, soprattutto in materie tanto delicate come lo sono queste del bene e del male, nelle quali chiunque si mette a rischio, senza saperlo, di una condanna eterna a un inferno che allora era ancora da inventare. In secondo luogo, grida vendetta l’imprevidenza del signore che, se realmente non voleva che mangiassero di quel suo frutto, avrebbe avuto un rimedio facile, sarebbe bastato non piantare l’albero, o andare a metterlo altrove, o circondarlo da un recinto di fildiferro spinato. E, in terzo luogo, non fu per aver disobbedito all’ordine di dio che adamo ed eva scoprirono di essere nudi. Nudi e crudi, con tutto quanto all’aria, c’erano già quando andavano a letto, e se il signore non aveva mai notato una mancanza di pudore così evidente, la colpa era della sua cecità di progenitore, proprio quella che, a quanto pare inguaribile, ci impedisce di vedere che i nostri figli sono, in fin dei conti, tanto buoni o tanto cattivi quanto gli altri.
Mozione d’ordine. Prima di proseguire con questa istruttiva e categorica storia di caino cui, con arditezza mai vista prima, abbiamo messo mano, è forse consigliabile, perché il lettore non si ritrovi confuso per la seconda volta con pesi e misure anacronistici, introdurre qualche criterio nella cronologia degli avvenimenti. Così faremo, dunque, iniziando col chiarire qualche malizioso dubbio sollevato se adamo sarebbe stato ancora idoneo a fare un figlio all’età di centotrent’anni. A prima vista, no, se ci atteniamo unicamente agli indici di fertilità dei tempi moderni, ma quei centotrent’anni, in quell’infanzia del mondo, dovevano rappresentare forse poco più che una semplice e vigorosa adolescenza che persino il più precoce dei casanova auspicherebbe per se stesso. Inoltre, conviene ricordare che adamo visse fino a novecentotrent’anni, per poco, dunque, non andando a morire annegato nel diluvio universale, giacché trapassò nei giorni della vita di lamec, il padre di noè, futuro costruttore dell’arca. Quindi, ebbe tempo e occasione per fare i figli che fece e molti di più se ne avesse avuto voglia. Come abbiamo già detto, il secondo, quello che sarebbe arrivato dopo caino, fu abele, un giovane biondastro, di bell’aspetto, che, dopo essere stato oggetto delle migliori dimostrazioni di stima da parte del signore, finì nella peggior maniera. Il terzo, come pure si è detto, lo chiamarono set, ma questo non entrerà nel racconto che stiamo componendo passo dopo passo con degli scrupoli da storico, ragion per cui lo lasciamo qui, soltanto un nome e nient’altro. C’è chi afferma che fu proprio nella sua testa che nacque l’idea di creare una religione, ma di questi argomenti delicati ci siamo già occupati altrove nel passato, con una leggerezza recriminabile nell’opinione di alcuni esperti, e in termini che molto probabilmente verranno solo a pregiudicarci nelle argomentazioni del giudizio finale quando, vuoi per eccesso vuoi per difetto, tutte le anime saranno condannate. Ora ci interessa solo la famiglia di cui babbo adamo è la testa, e che brutta testa è stata, del resto non vediamo come definirla altrimenti, giacché bastò che la donna gli avesse portato il frutto proibito della conoscenza del bene e del male perché lo sconsiderato primo dei patriarchi, dopo essersi fatto pregare, in verità più per compiacere se stesso che per vera e propria convinzione, se lo fosse ingurgitato, lasciando noialtri, gli uomini, segnati per sempre da quell’irritante pezzo di mela che non va né su né giù. Come pure non manca chi dice che, se adamo non arrivò a ingoiare del tutto il fatale frutto, fu perché il signore gli apparve all’improvviso volendo sapere cos’era successo. Sin d’ora, e prima che ci sfugga definitivamente o la prosecuzione del racconto finisca per rendere inadeguato, perché tardivo, il riferimento, riveleremo la visita confidenziale, semiclandestina, che il signore fece nel giardino dell’eden in una calda notte d’estate. Come al solito, adamo ed eva dormivano nudi, uno accanto all’altra, senza sfiorarsi, immagine edificante ma ingannevole della più perfetta delle innocenze. Loro non si svegliarono e il signore non li svegliò. Quello che lo aveva portato lì era il proposito di emendareun’imperfezione di fabbrica che, alla fine se n’era accorto, imbruttiva seriamente le sue creature e che era, s’immagini, la mancanza di un ombelico. La superficie biancastra della pelle dei suoi bebè, che il soave sole del paradiso non era riuscito ad abbronzare, si mostrava troppo nuda, troppo esposta, in un certo qual modo oscena, ammesso che già allora esistesse questa parola. Senza indugio, non sia mai che dovessero svegliarsi, dio tese il braccio e, lievemente, premette con la punta dell’indice il ventre di adamo, poi fece un rapido movimento di rotazione e l’ombelico apparve. La stessa operazione, praticata successivamente su eva, diede risultati simili, ancorché con l’importante differenza che l’ombelico di lei sarebbe riuscito alquanto migliorato per disegno, contorni e delicatezza di pliche. Fu questa l’ultima volta che il signore guardò un’opera sua e trovò che andava bene.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore portoghese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a José Saramago.