Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Il calice della vita di Glenn Cooper. Il romanzo è pubblicato in Italia da Nord con un prezzo di copertina di 13,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Il calice della vita: trama del libro
Inghilterra, XV secolo. Non è la prigione a gettare Thomas Malory nel più nero sconforto. È la consapevolezza di avere fallito, proprio come tutti coloro che lo hanno preceduto. Ormai ha una sola ragione di vita: proteggere la chiave che dà accesso a un segreto antichissimo. E ha un solo modo per farlo: scrivere un’opera sulle gesta di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda… Inghilterra, oggi. Arthur Malory è sconvolto. Prima ha visto il suo migliore amico, Andrew, morire per mano di un assassino, poi è sfuggito per miracolo all’incendio che ha distrutto la sua casa. E tutto ha avuto inizio con una telefonata, quella in cui Andrew gli annunciava di avere novità sensazionali riguardo alla loro grande passione comune: il Graal. Da quel momento, Arthur è diventato il bersaglio di uomini senza scrupoli, determinati a completare una missione iniziata in Palestina, la notte in cui Gesù ha bevuto dal sacro calice, durante l’Ultima Cena. La sua unica possibilità di salvezza è trovare il Graal prima di loro. E, per riuscirci, dovrà rintracciare e seguire una catena d’indizi lasciata dal suo illustre antenato, Thomas Malory. Ma la sfida più grande che attende Arthur è la natura stessa del potere del Graal. Un potere che risale all’origine dell’universo, un potere che va oltre la Chiesa, oltre la morte di Cristo, oltre la vita…
Approfondimenti sul libro
Il calice della vita è in vendita anche in formato eBook al prezzo di euro 8,99.
Gerusalemme, 33 d.C.
Una tempesta di sabbia si era abbattuta sulla regione, sollevando la terra asciutta in una nuvola rossa. Un’ora dopo il suo passaggio, l’aria era ancora irrespirabile.
Giuda, figlio di Simone Iscariota, si tolse la sciarpa dal volto e diede qualche colpo di tosse. Gli occhi e la gola gli bruciavano per via della polvere. Ci sarebbe voluto un sorso d’acqua fresca, ma aveva lasciato l’otre nella sua stanza e là, nel vicolo dietro le stalle, non c’era nessuno che potesse dargli da bere.
Il sole era a picco. Giuda strinse le palpebre e notò che la tempesta l’aveva tinto di sangue. Prese a camminare avanti e indietro, quindi si sedette a terra e si sfilò i sandali per pulirsi la sabbia dai piedi. Era così assorto che la voce dell’uomo lo fece trasalire.
«Perdona il mio ritardo.» Quel tale parlava aramaico con un accento egiziano gutturale.
Giuda si alzò. «Hai dell’acqua?»
Nehor era più alto di lui e più vecchio di almeno dieci anni, con la lunga barba e i capelli, che gli arrivavano alle spalle, striati di grigio. Aveva due cinghie che s’incrociavano sul petto, una attaccata a una sacca di tela e l’altra a un otre. Lo sganciò e lo porse a Giuda, che rimosse il tappo e ingollò un sorso.
«Nessuno sa che sei qui.» Nehor avrebbe voluto usare un tono interrogativo, ma gli uscì un’affermazione.
«Non l’ho detto ad anima viva.»
«Bene.»
«Non voglio che scoprano i miei contatti con te.»
«Allora perché sei venuto?»
Conoscevano entrambi la risposta. Nehor era forte, Giuda era debole. Spesso, in passato, quando il primo aveva comandato, il secondo aveva obbedito.
«Il tuo uomo ha detto che era urgente», disse Giuda. «Questione di vita o di morte.»
«Esatto. Di vita o di morte.»
«La vita di chi? E la morte di chi?»
«Due domande, una risposta: Gesù.»
Giuda assunse un’espressione sdegnosa. «Sei stato cacciato. Si rifiuta di coinvolgerti ancora nei suoi affari.»
«Ciò non significa che io abbia smesso di amarlo.»
Giuda scosse la testa. «Le tue azioni sono state detestabili. Hai dimostrato non solo di disprezzare i suoi insegnamenti, ma anche di essere malvagio.»
Nehor scrollò le spalle. «Solo io so cosa c’è nel mio cuore.»
«Ebbene, desideri parlarmi della sua vita e della sua morte. Dimmi, vuoi ucciderlo o salvarlo?»
«Entrambe le cose.»
Giuda agitò la mano, spazientito, e fece per andarsene.
«Non essere sciocco», commentò Nehor. «Tutti sanno che gli anziani del tempio reclamano a gran voce il suo sangue. Hanno chiesto a Ponzio Pilato di farlo arrestare. In questo preciso istante, i pretoriani lo stanno cercando. Sai cosa faranno quando lo troveranno. I romani non sono famosi per la loro clemenza.»
Giuda si voltò. «Gli dirò di fuggire. Potrebbe tornare in Galilea.»
«Non fuggirà.»
«Hai ragione», riconobbe mestamente Giuda.
«Vuole essere ucciso.»
Giuda si asciugò una lacrima. «Non voglio che ci lasci. Non lo vuole nessuno.»
«È proprio per questo che devi ascoltarmi! Conosco un modo per consentire a lui di compiere il destino che si è scelto e ai suoi seguaci di tenerlo con sé per sempre.»
Giuda non aveva mai guardato volentieri gli occhi scuri e magnetici di Nehor, per paura che gli risucchiassero l’anima dal corpo. In quel momento, tuttavia, non poté resistere. «Sarebbe a dire?»
«Quando lo rivedrai?»
«Questa sera. Consumeremo con lui la cena di Pasqua.»
«Dove?»
Giuda, intimorito dallo sguardo di Nehor, indicò il monte Sion, dove vivevano gli uomini facoltosi di Gerusalemme. «Nella grande casa di un seguace. Sulla collina.»
L’altro estrasse dalla sacca di tela un oggetto perfettamente liscio e lucido: aveva le dimensioni di due mani femminili accostate e il colore della notte. Lo tenne sul palmo.
Giuda si avvicinò, senza riuscire a staccare gli occhi. Ad affascinarlo era l’alone di luce che lo incorniciava, una foschia opalescente capace di oscurare tutto ciò che lo circondava.
«Che cos’è?»
«Una coppa. Un calice.»
«Non una coppa qualsiasi.»
Nehor annuì. «Se ami Gesù, devi fare in modo che alla cena di questa sera beva da qui. Lui soltanto. Poi, ovunque vada, dovrai seguirlo. I soldati verranno ad arrestarlo. Assicurati che sappiano dove trovarlo.»
«Un tradimento?» esclamò Giuda, con gli occhi ancora puntati sulla coppa.
«No, un dono. Il più grande che tu possa fargli. Non dubitare, Giuda: se non sarai tu a consegnarlo al suo destino, lo farà un altro. È meglio che accada per mano di qualcuno che gli vuole bene.»
«Gli altri lo scopriranno. Cosa dirò in mia difesa?»
Nehor fisso alla cintura di Giuda un sacchetto di cuoio. «Di’ loro che l’hai fatto in cambio di questo argento. Ora prendi la coppa.» Gliela infilò fra le mani tremanti.
Era calda, come una fronte bruciante di febbre.
«Cosa gli succederà?» chiese Giuda.
«Qualcosa di magnifico. Qualcosa che cambierà il mondo.»
2
Inghilterra, oggi
L’aria era insolitamente mite per essere metà marzo. Lungo il breve tragitto dal parcheggio all’ufficio, Arthur Malory inalò il fresco odore che saliva dal terreno umido e rivolse il viso al sole quanto bastò per sentire un formicolio sulla pelle. Per la prima volta quell’anno, aveva lasciato a casa la giacca pesante e aveva indossato solo un leggero giubbotto sportivo. Senza guanti, piumino e berretto di lana si sentì liberato come i crochi che spuntavano dalla terra. Quello sì che era un bel modo per cominciare la settimana.
La Harp Industries aveva accentrato le funzioni amministrive e marketing a Basingstoke. Il suo unico stabilimento britannico era più a nord, a Durham. Per il resto, la società aveva sparpagliato la produzione in ogni angolo del mondo, inseguendo manodopera a basso costo, perlopiù in Asia. Arthur amava visitare gli impianti, incontrare gli ingegneri e gli operai, mangiare il loro cibo, assorbire la loro cultura, fare escursioni in luoghi storici. Diceva ai suoi superiori che non poteva promuovere adeguatamente i prodotti della Harp se non s’immergeva in tutti gli aspetti del ciclo produttivo. Tuttavia era iniziata l’era di Skype e delle videoconferenze e, suo malgrado, si era visto progressivamente tarpare le ali.
Nell’atrio, la receptionist, una donna insignificante, lo salutò con un grande sorriso: «Buongiorno, bellissimo».
«So di essere irresistibile ma, a meno che tu non abbia litigato con tuo marito durante il week-end, sei sposata, tesoro.»
«Non sono io a dirlo. È scritto qui.» Lei agitò una copia della rivista aziendale.
«Oh, Cristo, dammene una. Non avrei mai dovuto dare l’assenso.»
Mentre Arthur si dirigeva verso l’ufficio, dovette sopportare le punzecchiature bonarie dei colleghi – cui replicò con frasi come «Te la farò pagare» o «Arriverà il tuo momento, amico» – e, quando chiuse la porta, era rosso come un peperone. Si sedette e iniziò a leggere la prima pagina, su cui campeggiava una foto di lui, accomodato sull’angolo della scrivania e intento a fissare l’obiettivo con limpidi occhi azzurri.
ARTHUR MALORY: IL RESPONSABILE DEL MARKETING CHE VALE UN TESORO
di Susan Brent
Quando si chiede ai colleghi di descrivere il responsabile del marketing Arthur Malory, le parole più usate sono «diligente», «brillante», «bello», «gentile» e «rispettoso». Nella sede centrale a Basingstoke, tutti conoscono le sue qualità, ma quanti sanno che è anche un cacciatore di tesori?
Arthur ha iniziato a lavorare alla Harp Industries otto anni fa, appena uscito dall’università di Bristol, dove si è laureato in Chimica. Cosa ci fa un chimico in un’azienda specializzata in fisica applicata?
Un articolo scritto per il giornale studentesco sulle difficoltà di spiegare teorie scientifiche complesse a un pubblico profano aveva attirato l’attenzione di Martin Ash, direttore marketing della Harp. «Ho capito che quel giovanotto era tagliato per la comunicazione e che aveva la capacità di sintetizzare messaggi chiari da un insieme complesso d’informazioni. All’epoca non lo sapeva ancora, ma era già un venditore nato. Quando gli ho telefonato, ha pensato che un amico volesse fargli uno scherzo e invece, come si suol dire, il resto è storia.»
Arthur ha fatto carriera e ora dirige i progetti di marketing per gli usi industriali dei nostri magneti al neodimio. Ma quanti dipendenti sanno che nel tempo libero è un vero cacciatore di tesori? Armato del suo fidato metal detector, preferisce trascorrere i fine settimana setacciando la campagna in cerca di reperti sepolti anziché frequentare pub o locali notturni. E non lo fa solo per tenersi in forma ora che non gioca più a rugby. A dimostrazione della sua abilità, può esibire una collezione di monete antiche – tra cui alcune di epoca romana – e di gioielli vittoriani, e persino un prezioso orologio da tasca.
A cosa attribuisce questo interesse per il passato? «Non ne sono sicuro al cento per cento, ma una tradizione di famiglia e un po’ di genealogia lasciano supporre che noi Malory discendiamo da Sir Thomas Malory, l’autore della Morte di Artù vissuto nel XV secolo. Da qui il mio nome di battesimo, che è stato conferito a molti dei miei predecessori! Da ragazzo andavo matto per tutto ciò che riguardava re Artù, e suppongo sia da lì che deriva la mia passione per la Storia.»
Quando gli chiedo se abbia mai fatto ricerche sulla leggenda arturiana, la risposta è affermativa.
«Mi piacerebbe trovare Camelot. Vorrei tanto scovare Excalibur e, soprattutto, il Santo Graal.»
Sa forse dove cercare la preziosa reliquia?
«Ho qualche idea», risponde con un sorriso. «Ma, se te lo rivelassi, dovrei ucciderti. Scherzi a parte, se mai avessi un intero mese da dedicare a queste ricerche, credo che farei progressi notevoli.»
Qualcuno bussò.
«Avanti.»
Era Susan Brent, delle risorse umane. «Ti piace?» Si riferiva all’articolo.
«A essere sincero, è piuttosto imbarazzante.»
La donna sfoderò un sorriso malizioso. Lei era single. Lui era single. Tuttavia, poiché Susan era responsabile delle politiche aziendali contro le molestie sessuali, era stata così indulgente da lasciarlo in pace, fatta eccezione per qualche vaghissima allusione.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Glenn Cooper.
Lascia un commento