Corredata da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Il campo del vasaio di Andrea Camilleri, romanzo edito in Italia da Sellerio con un prezzo di copertina di 12,00 euro (ma acquistabile online con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 8,45 ed è il tredicesimo tra i volumi dedicati al commissario Montalbano.
Il campo del vasaio: trama del libro
Su un terreno nei dintorni di Vigàta, buono solo per ricavarne creta per i vasai, viene trovato il cadavere di un uomo. Sfigurato, squartato, chiuso in un sacco affiorato dopo una forte pioggia. Non si sa chi sia lo sconosciuto, ma nel frattempo una donna del paese denunzia la scomparsa del marito, un colombiano di origini siciliane, imbarcato su navi di lungo corso che fanno la spola tra il Sud America e l’Italia. È a quel punto che il commissario Montalbano si ricorda del racconto del Vangelo – il tradimento di Giuda, il pentimento, i trenta denari scagliati a terra e poi utilizzati per comprare il “campo del vasaio” per dare sepoltura agli stranieri. Semplici coincidenze? Il corpo della vittima è stato smembrato in trenta pezzi, il terreno in cui è stato ritrovato è buono per i vasai, il colpo di pistola alla nuca nel codice d’onore sta a significare tradimento, senza contare che il morto era uno straniero. Ma le convergenze sembrano costruite con troppa arte e anche se il delitto ha tutte le caratteristiche di un omicidio di mafia, Montalbano sente odore di bruciato. I tradimenti nel romanzo non si contano: quello di Mimì, nei confronti di Beba ma anche dell’amico e “superiore” Salvo con cui sgomita per avere un ruolo da protagonista nelle indagini, quello di Dolores, la bellissima moglie del morto ammazzato, quello dello stesso commissario che è costretto a barcamenarsi tra segreti e bugie per giungere alla verità.
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Continuavano a tuppiare. In quel tirribilio, gli parse di sintiri macari una voci che lo chiamava, straziata.
«Vengo! Vengo!» gridò.
Siccome che dormiva nudo, circò qualichi cosa per cummigliarsi, ma sottomano non trovò nenti. Era sicuro d’aviri lassato i cazùna supra la seggia ai pedi del letto. Forse erano sciddricati ’n terra. Ma non potiva perdiri tempo a circarli. Annò all’ingresso.
«Chi è?» spiò senza raprire la porta.
«Bonetti-Alderighi. Apra, presto!».
Strammò. Completamenti. Intordunì. Il questore?! E che minchia stava capitanno? Opuro era uno sgherzo cretino?
«Un attimo».
Currì a pigliare la pila che tiniva nel cascione del tavolino della càmmara di mangiari, l’addrumò e raprì. Ristò ’ngiarmato a taliare il questore completamente assammarato dall’acqua di cielo. Portava un cappiddrazzo nìvuro e un impermeabile con la manica mancina strazzata.
«Mi lasci passare».
Montalbano si scostò e quello trasì. Il commissario lo seguì automatico, tipo sonnambulo, scordannosi di richiudere la porta che si mise a sbattiri per il vento. Arrivato a tiro della prima seggia che trovò, Bonetti-Alderighi più che assittarisi ci crollò supra. Sutta all’occhi esterrefatti di Montalbano, si pigliò la facci tra le mano e si misi a chiangiri.
Le dimanne dintra alla testa del commissario acquistarono una accelerazione da decollo d’aeroplano, comparivano e scomparivano, nascivano e morivano a una velocità tali che gli impediva di agguantarne almeno una pricisa e chiara. Non arrinisciva manco a raprire la vucca.
«Mi può nascondere a casa sua?» spiò ansioso il questore.
Nascondere? E pirchì il questore aviva necessità d’ammucciarisi? Si voliva dari latitante? Che aviva fatto? Chi lo circava?
«Non… non capisco che…».
Bonetti-Alderighi lo taliò ’mparpagliato.
«Ma come, Montalbano, non sa niente?».
«No».
«La mafia stanotte ha preso il potere!».
«Ma che dice?!».
«E come voleva che andasse a finire nel nostro sventurato paese? Una leggina oggi, una leggina domani, e siamo arrivati a questo punto. Mi dà per favore un bicchiere d’acqua?».
«Su… subito».
Si fici immediato concetto che il questore non ci stava con la testa. Capace che aviva avuto un incidente di machina e ora lo scanto lo faciva parlari ammuzzu. La meglio era fari una telefonata in questura. O forse chiamare subito un medico. Ma abbisognava intanto non mettire in sospetto quel povirazzo. Perciò, per il momento, Bonetti-Alderighi annava assecondato.
Si spostò in cucina, premette istintivamente l’interruttore e la luci s’addrumò. Inchì un bicchiere, tornò narrè e sulla porta si bloccò, apparalizzato. Una statua, di quelle che usano ora, che si potiva chiamare «Uomo nudo con bicchiere in mano».
La càmmara era illuminata, ma Bonetti-Alderighi non c’era cchiù, al posto sò c’era assittato un omo curto e tracagno, con una coppola in testa, che riconobbe subito. Totò Riina! Era stato liberato dal càrzaro! Allora il questore non era nisciuto pazzo, quello che gli aviva ditto era la pura e semprici virità!
«Bonasira» disse Riina. «Mi perdonasse l’ora e il modo, ma ho picca tempo e fora c’è un elicottero che m’aspetta per portarmi a Roma a formare il governo. Qualichi nome ce l’ho già: Bernardo Provenzano vicepresidente, uno dei fratelli Caruana agli Esteri, Leoluca Bagarella alla Difesa… Ma io vengo a lei per una domanda e lei, commissario Montalbano, deve dirmi subito o di sì o di no. Vuole essiri ’u mè ministro dell’Interno?».
Ma prima che Montalbano potissi arrispunniri, dintra alla càmmara comparse Catarella. Doviva essiri trasuto dalla porta ristata aperta. Tiniva il revorbaro in mano, lo puntò verso il commissario. Grosse lagrime gli vagnavano la facci.
«Si vossia dottori ci dici di sì a quisto sdilinquenti io l’ammazzo di pirsona pirsonalmenti!».
Però, parlanno, si era distratto. Accussì Riina, cchiù lesto di una serpi, scocciò il revorbaro sò e sparò. La luci della càmmara s’astutò e…
Montalbano s’arrisbigliò. L’unica cosa vera del sogno che aviva appena fatto era il temporale che faciva sbattere le persiane lassate aperte. Si susì, andò a chiuderle e si corcò nuovamente doppo aviri taliato il ralogio. Le quattro del matino. Voliva riagguantare il sonno, ma si trovò a raggiunare con l’altro Montalbano darrè alle palpebre ostinatamente ’nserrate.
Che viniva a significare quel sogno?
E pirchì ci vuoi trovare un significato, Montalbà? Spisso e vulanteri non ti capita di fari sogni a cazzo di cane, pardon, senza capo né coda?
Lo dici tu, che sei ’gnurante come una vestia, che sono sogni senza capo né coda. A tia parino accussì, ma valli a contare al signor Freud e vedrai quello che lui è capace di tirarci fora!
Ma pirchì devo andare a contare i sogni miei al signor Freud?
Pirchì se non arrinesci a spiegarti, o a farti spiegare il sogno, non ce la farai cchiù a ripigliare sonno.
E va beni. Domanda.
Cos’è che t’ha fatto cchiù ’mpressione tra tutto quello che hai sognato?
Il fatto del cangiamento.
Quale?
Che quanno sono tornato dalla cucina, al posto di Bonetti-Alderighi c’era Totò Riina.
Chiarisci.
Che al posto del questore, rappresentante della liggi, c’era il nummaro uno della mafia, il capo di quelli che sono contro la liggi.
Cioè mi stai dicenno che nella tò càmmara, nella tò casa, in mezzo alle cose tò, ti sei trovato a ospitare tanto la liggi tanto chi è fora della liggi.
Embè?
Non può essiri che dintra di tia la linea di demarcazione tra liggi e non liggi si sta facenno ogni jorno meno visibile?
Ma non dire minchiate!
Allura pigliamola da un altro lato. Cosa ti hanno spiato?
Bonetti-Alderighi mi ha spiato d’ammucciarlo, mi ha domandato aiuto.
E questo ti ha fatto maraviglia?
Certo!
E cosa ti ha spiato Riina?
D’addivintari sò ministro dell’Interno.
E questo ti ha maravigliato?
Beh, sì.
Ti ha maravigliato quanto la domanda d’aiuto del questore? Di cchiù? Di meno? Rispondi sinceramente.
Beh, no. Di meno.
Pirchì ti ha maravigliato di meno? Pi tia è normale che un capomafia t’addomanda di travagliare con lui?
No, la cosa non va messa accussì. Riina in quel momento non era cchiù un capomafia, ma uno che stava per addivintari primo ministro! E in qualità di primo ministro che m’addomandava di collaborare!
Fermo. Qui i casi sono dù. O tu pensi che il fatto che è addivintato primo ministro cancella automaticamente tutti i sò reati precedenti, ammazzatine e stragi comprese, opuro appartieni a quella categoria di sbirri che servono sempre e comunque chi sta al potere senza taliare chi è, se omo perbene o se sdilinquente, se fascista o comunista. A quali di queste dù categorie pensi d’appartenere?
Eh, no! Tu la stai facendo troppo facile!
Pirchì?
Pirchì è comparso Catarella!
E che viene a significare?
Che io, alla proposta di Riina, in realtà ho detto di no.
Ma se non hai rapruto vucca!
Il no l’ho detto attraverso Catarella. Lui spunta, mi punta il revorbaro e mi dice che m’ammazza se acconsento. Catarella è come se fosse la mia cuscenzia.
Che è ’sta novità che ti è scappata? Catarella sarebbe la tò cuscenzia?
E pirchì no? Te l’arricordi che arrisposi a quel giornalista che un jorno mi spiò se io cridiva all’angilo custode? Io ci arrispunnii di sì. E allura lui mi spiò se l’aviva mai visto. E io ci dissi di sì, che lo vidiva tutti i jorni. Ha un nome? fici il giornalista. E io, di subito: si chiama Catarella. Stavo sgherzando, naturalmente. Ma doppo, a pinsarci bono, capii che c’era picca sgherzo e tanta virità.
Conclusione?
La facenna va liggiuta arriversa. La scena di Catarella sta a significare che chiuttosto che accettare la proposta di Riina ero pronto a spararmi.
Montalbà, sei sicuro che Freud l’avrebbe interpretato accussì?
Sai che ti dico? Che me ne stracatafotto di Freud. E ora lassami dormiri che mi tornò il sonno.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore siciliano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Andrea Camilleri.
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