Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Chesil Beach di Ian McEwan. Il romanzo è pubblicato in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 11,50 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è in vendita in eBook al prezzo di euro 6,99.
Chesil Beach: trama del libro
In Inghilterra, secondo Philip Larkin, “i rapporti sessuali incominciarono nel millenovecentosessantatre”, “tra la fine del bando a “Lady Chatterley” e il primo ellepi dei Beatles”. La giovane coppia protagonista del nuovo romanzo di lan McEwan patisce invece gli ultimi fuochi di un clima diffuso di repressione sessuale. La prima notte di nozze, e prima esperienza sessuale per entrambi, scocca infatti alla vigilia di quell'”annus mirabilis”. Tutto avviene in appena due ore, in un antiquato hotel vicino alla celebre spiaggia di ciottoli di Chesil Beach. I due sposi stanno cenando in camera, ma già pensano a quello che accadrà più tardi. Edward è un ragazzo di provincia laureato in storia, indeciso se continuare la carriera accademica o lavorare nell’azienda del padre della sposa. Finalmente farà l’amore con Florence: è piuttosto nervoso e sa, per sentito dire, che deve cercare di controllarsi per non concludere troppo in fretta. Florence prova una profonda repulsione per il sesso, un misto di opprimente solitudine e vergogna; ma è ben attenta a mantenere le apparenze di un matrimonio felice e perfetto, ansiosa di non deludere Edward. Ma quello che succederà di lì a poco segnerà per sempre il destino di entrambi.
Perciò ora cenavano in camera davanti alla portafinestra che, dal terrazzo, affacciava su un tratto di Manica e sulla sconfinata distesa di ciottoli di Chesil Beach. Li servivano, da un carrello parcheggiato nel corridoio, due ragazzi in smoking il cui andirivieni da quella che veniva solitamente definita la suite nuziale produceva nel silenzio circostante comici scricchiolii delle assi di quercia incerate. Fiero e protettivo, il giovane sposo stava attentissimo a cogliere eventuali gesti ed espressioni dal sapore vagamente ironico. Non avrebbe tollerato il minimo sorriso beffardo. Ma i ragazzi, che venivano dal paese vicino, svolgevano il proprio lavoro a testa bassa e occhi seri, e avevano modi incerti, le mani tremanti, mentre appoggiavano i vari piatti sulla tovaglia inamidata. Nervosi, anche loro.
Non un buon momento, nella storia della cucina inglese, ma nessuno ci faceva molto caso, a parte i visitatori stranieri. Il pasto di gala iniziò, come accadeva quasi sempre al tempo, con una fetta di melone guarnita da un singolo esemplare di ciliegia candita. Fuori, nel corridoio, in vassoi d’argento intiepiditi da scaldavivande a candela, attendevano fette di un arrosto cotto da tempo adagiate in un sugo denso, verdure arcilesse e patate dal colorito bluastro. Il vino arrivava dalla Francia anche se l’etichetta, impreziosita dal volo di un’unica rondine, non specificava nessuna regione di origine in particolare. A Edward non sarebbe mai passato per la mente di ordinare un rosso.
Non vedendo l’ora che i camerieri se ne andassero, lui e Florence si volsero sulla sedia verso il panorama: un vasto tappeto d’erba e, piú in là, un groviglio di arbusti in fiore e di alberi aggrappati alla sponda scoscesa di un viottolo che declinava verso la spiaggia. Si intravedeva l’imboccatura del sentiero da percorrere a piedi, un precipizio di gradini fangosi, un vicolo costeggiato da erba di proporzioni fiabesche: rabarbaro gigante e piante simili a cavoli i cui steli robusti alti piú di un metro e mezzo parevano flettersi sotto il peso delle grandi foglie, venate di scuro. La vegetazione del giardino cresceva in un rigoglio di qualità tropicale, effetto esaltato dalla delicata luce grigia e dal velo di foschia in arrivo dal mare, il cui moto eterno di onda e risacca produceva a livello sonoro piccoli rombi di tuono e improvvisi risucchi sui ciottoli. Dopo cena si ripromettevano di infilare un paio di scarpe adatte e di scendere a passeggiare sulla lingua di spiaggia tra il mare e la laguna, nota con l’appellativo di Fleet, e qualora ne fosse rimasto, di portarsi l’avanzo di vino da bere a collo, come escursionisti.
Quanti progetti, quanti vertiginosi progetti si accalcavano dinanzi a loro in quel futuro brumoso, impenetrabile e fitto come la flora estiva della costa del Dorset, e non meno incantevole. Dove e come avrebbero vissuto, quali amici avrebbero frequentato, il lavoro di lui nell’azienda del padre di lei, la carriera musicale di Florence, come gestire il denaro donatole dal padre, la certezza che non sarebbero mai stati come gli altri, perlomeno non a livello interiore. Erano ancora tempi, destinati a concludersi alla fine di quel famoso decennio, in cui essere giovani costituiva un ingombro sociale, un marchio di irrilevanza, una condizione di leggero imbarazzo per la quale il matrimonio rappresentava l’inizio di una terapia. Grossomodo estranei, eccoli là, stranamente insieme su una nuova vetta dell’esistenza, lieti al pensiero che il loro status recente promettesse di sospingerli sul radioso cammino di una interminabile giovinezza: Edward e Florence, finalmente liberi! Uno degli argomenti preferiti di conversazione tra loro era quello delle rispettive infanzie, non tanto le gioie puerili quanto la comica nebbia di equivoci dalla quale erano emersi, gli innumerevoli errori dei loro genitori e tutte le usanze all’antica di cui ora erano disposti a perdonarli.
Dalle attuali altitudini scorgevano con chiarezza, ma non sapevano spiegare all’altro, certi sentimenti contraddittori: ciascuno viveva con apprensione la prospettiva, una volta conclusa la cena, di vedere messa alla prova la propria maturità appena acquisita, quel momento in cui si sarebbero coricati sul letto a baldacchino per mostrarsi all’altro senza veli di sorta. Da piú di un anno Edward era mesmerizzato dall’idea che la sera di un certo giorno di luglio la parte piú sensibile della sua persona fisica avrebbe trovato posto, seppure per breve tempo, all’interno di una cavità naturale che era parte di quella donna graziosa, vivace e straordinariamente brillante. Come arrivarci senza attraversare l’assurdo e il senso di delusione, lo preoccupava molto. Nello specifico l’ansia, fondata su un’unica sfortunata circostanza precedente, scaturiva dal rischio di un’eccitazione smodata, e di conseguenza di quello che aveva da alcuni sentito definire come «concludere troppo in fretta». La questione lasciava di rado i suoi pensieri ma, per quanto grande fosse la paura di fallire, anche piú grande era la voglia – dell’estasi, del punto di svolta.
Le apprensioni di Florence erano piú gravi, e nel corso del viaggio da Oxford c’erano stati momenti in cui aveva pensato di fare appello a tutto il suo coraggio e parlare. Quello che l’angustiava però era inesprimibile, dato che quasi non era in grado di spiegarlo a se stessa. Se Edward infatti era semplicemente in preda alla tensione da prima notte, lei provava un autentico terrore viscerale, un disgusto impotente e inequivocabile come il mal di mare. Durante i mesi dei febbrili preparativi matrimoniali era in larga misura riuscita a ignorare quella macchia sulla superficie della sua felicità, ma ogni volta che il pensiero le andava a un abbraccio intimo – non tollerava altri modi per dirlo – le si chiudeva la bocca dello stomaco e un groppo di nausea le ostruiva la gola. Su un manuale moderno e progressista, in teoria studiato per offrire aiuto alle giovani spose, grazie allo stile spigliato tutto punti esclamativi e a una serie di illustrazioni numerate, si era imbattuta in certe frasi o vocaboli che per poco non la facevano vomitare: membrana mucosa, ad esempio, o glande, termine dallo scintillio sinistro. Altre espressioni offendevano invece la sua intelligenza, soprattutto quelle relative al verbo entrare: Poco prima che lui entri dentro di lei… oppure, Ora finalmente lui entra dentro di lei… o ancora, Per fortuna, poco dopo essere entrato… Era dunque costretta la notte a trasformarsi per Edward in una specie di cancello o di sala da pranzo in cui lui avrebbe fatto il suo ingresso? Quasi altrettanto frequente era una parola che suscitava soltanto immagini di dolore fisico, di carni straziate da una lama di coltello: penetrazione.
In momenti di maggior ottimismo si sforzava di convincersi che il suo problema fosse solo un eccesso di schizzinosità, destinato a passare. Certo, il pensiero dei testicoli di Edward penduli sotto il suo pene turgido – altro vocabolo orrendo – aveva il potere di piegarle in una smorfia il labbro, come l’idea di farsi toccare «là sotto» da un altro, anche se amato, le era ripugnante quanto, che so, un intervento chirurgico all’occhio. La schizzinosità però non si estendeva ai bebè. Li adorava; si era occupata ogni tanto dei bambini di sua cugina e le era piaciuto. Era convinta che rimanere incinta di Edward l’avrebbe fatta felice e, almeno in astratto, non aveva paura del parto. Se solo avesse potuto, come la madre di Cristo, pervenire a quello stato interessante per magia…
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore inglese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Ian McEwan.
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