Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di I contendenti di John Grisham. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 12,50 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è disponibile in eBook al prezzo di euro 7,99.
I contendenti: trama del libro
Oscar Finley e Wally Figg sono due avvocati di Chicago soci da vent’anni in un piccolo studio legale sempre sull’orlo del fallimento. Litigiosi come una vecchia coppia, cercano di rimediare clienti come possono, perlopiù offrendo la loro consulenza “su misura” in divorzi lampo o alle vittime dei frequenti incidenti d’auto all’incrocio vicino al loro ufficio. I due tirano avanti più o meno dignitosamente nella speranza di fare prima o poi il colpo grosso e di imbattersi in una causa che li renda finalmente ricchi. Il tran tran viene bruscamente stravolto il giorno in cui da loro irrompe David Zinc, giovane e rampante avvocato che fino a poche ore prima lavorava in uno dei più rinomati studi legali della città. Stanco dei ritmi massacranti e deciso a cambiare vita una volta per tutte, David non si è presentato in ufficio, si è preso una sbronza colossale e, per una serie di circostanze fortuite, è arrivato lì, chiedendo di essere assunto. Sembra decisamente un segno del destino perché proprio in quei giorni ai tre si presenta l’opportunità della vita: un caso scottante che riguarda un’importante industria farmaceutica e che può farli diventare finalmente ricchi. A quanto pare fama e soldi sono dietro l’angolo, ma è tutto troppo bello per essere vero e, quasi senza rendersene conto, Oscar, Wally e David si troveranno alle prese con un processo che rischia di stritolarli, dove sono in gioco miliardi di dollari e in cui i più agguerriti avvocati dei migliori studi legali si sfidano in una guerra all’ultimo sangue.
Finley & Figg si autoproclamava “studio legale boutique”. La poco appropriata definizione veniva inserita con la massima frequenza possibile nelle normali conversazioni e compariva addirittura stampata nelle varie forme di pubblicità studiate dai due soci per attirare clienti. In tal modo si lasciava intendere che Finley & Figg fosse qualcosa di più del tipico studio da due soldi. Boutique, per suggerire uno studio dalle misure ridotte ma pieno di risorse e specializzato in un settore particolare. Boutique, qualcosa di raffinato e chic, come evocato dalla stessa parola francese. Boutique, per indicare uno studio legale felice di essere piccolo, selettivo e prospero.
Dimensioni a parte, Finley & Figg non era nessuna di queste cose. La sua attività consisteva nel dare la caccia a casi di lesioni personali, un duro lavoro quotidiano che richiedeva poche capacità professionali e scarsa creatività, e nessuno lo avrebbe mai considerato elegante o ricercato. I profitti erano sfuggenti e vaghi quanto il suo status. Lo studio era piccolo perché non poteva permettersi di crescere. Era selettivo solo perché nessuno voleva lavorarci, compresi i due avvocati titolari. Perfino l’ubicazione suggeriva una monotona sopravvivenza nelle categorie inferiori. Con un centro massaggi vietnamita a sinistra e un riparatore di tosaerba a destra, bastava una semplice occhiata per capire che Finley & Figg non stava prosperando. Sulla stessa strada, esattamente di fronte, c’era un altro studio boutique, odiato rivale, e subito dietro l’angolo c’erano altri avvocati. In effetti il quartiere brulicava di legali; alcuni lavoravano da soli, altri in modesti studi, altri ancora secondo la propria versione personale di boutique.
Lo studio F&F si trovava in Preston Avenue, una strada trafficata lungo la quale si allineavano vecchi villini ristrutturati e utilizzati per ogni sorta di attività. C’erano esercizi di vario tipo: negozi di liquori, lavanderie, centri massaggi, riparatori di tosaerba; studi professionali: avvocati, dentisti; e venditori di specialità gastronomiche: enchiladas, baklava, pizza da asporto. Oscar Finley aveva vinto l’edificio in una causa vent’anni prima. Tutto sommato, ciò che mancava allo studio sotto l’aspetto del prestigio era in parte compensato dalla posizione. Poco più avanti c’era l’incrocio tra la Preston, la Beech e la Trentottesima, una caotica convergenza di asfalto e traffico che garantiva almeno un bell’incidente stradale alla settimana, e spesso anche di più. Le spese generali di F&F erano coperte dalle collisioni che si verificavano a meno di cento metri di distanza. Avvocati di altri studi, boutique o meno, spesso si aggiravano famelici in zona nella speranza di trovare un villino a buon mercato dal quale poter sentire lo stridio dei pneumatici e il clangore delle lamiere.
Poiché gli avvocati/soci erano soltanto due, era stato inevitabile che uno venisse nominato socio anziano e l’altro socio giovane. Il socio anziano, il sessantaduenne Oscar Finley, sopravviveva da trent’anni nella giungla delle dispute legali, frequenti nelle dure strade del Southwest Side di Chicago. Un tempo Oscar era stato un poliziotto, ma si era fatto cacciare perché spaccava troppe teste. Per poco non era finito in galera, ma poi aveva sentito la vocazione, era andato al college e si era laureato in legge. Una volta constatato che nessuno studio era disposto ad assumerlo, aveva appeso la sua piccola insegna personale e aveva cominciato a fare causa a chiunque gli passasse vicino. Trent’anni dopo trovava difficile credere di avere sprecato tutta la sua carriera occupandosi di crediti scaduti, tamponamenti, responsabilità civile verso terzi e divorzi veloci. Era ancora sposato con sua moglie, una donna terrificante che ogni giorno avrebbe voluto trascinare in tribunale per il divorzio. Ma non poteva permetterselo. Dopo trent’anni di professione legale, Oscar Finley non poteva permettersi praticamente niente.
Il suo socio giovane – Oscar tendeva a usare espressioni del tipo “Dirò al mio socio giovane di occuparsene” quando voleva fare colpo su giudici, altri avvocati e specialmente su potenziali clienti – era Wally Figg, di anni quarantasei. Wally si considerava un duro avvocato da tribunale, ed erano opera sua i roboanti annunci pubblicitari che promettevano la massima aggressività: “Noi lottiamo per i tuoi diritti!”, “Le assicurazioni ci temono!”, “Noi facciamo sul serio!”. Era possibile vedere questi annunci sulle panchine dei parchi, sugli autobus urbani, sui taxi, nei calendari delle partite di football del liceo e perfino sui pali del telefono, nonostante questo fosse proibito da numerose ordinanze municipali. La pubblicità dello studio non compariva in due settori cruciali: televisione e grandi cartelloni stradali. Su questo punto Wally e Oscar continuavano a litigare. Oscar si rifiutava di spendere il denaro necessario – entrambe le soluzioni erano spaventosamente costose – e Wally insisteva. Il suo sogno era vedere in tivù la propria faccia sorridente che diceva cose tremende sulle compagnie di assicurazioni e prometteva enormi risarcimenti a chiunque avesse subito lesioni e fosse abbastanza saggio da chiamare subito il numero verde in sovrimpressione.
Ma Oscar sui cartelloni non sentiva ragioni. Wally ne aveva individuato uno in particolare. A sei isolati dall’ufficio, all’angolo tra la Beech e la Trentaduesima, sopra il traffico intenso in cima a un palazzo di appartamenti di quattro piani, c’era lo spazio pubblicitario migliore di tutta Chicago. Al momento il cartellone proponeva biancheria intima a buon mercato (una pubblicità piuttosto attraente, doveva ammettere Wally), ma lui ci vedeva la propria faccia e il proprio nome. Oscar continuava a dire di no.
La laurea in giurisprudenza di Wally era stata rilasciata dalla prestigiosa scuola di legge dell’università di Chicago. Oscar aveva ottenuto la sua in un istituto ormai defunto che un tempo aveva offerto corsi serali. Entrambi avevano sostenuto tre volte l’esame di ammissione all’ordine. Wally aveva quattro divorzi al proprio attivo; Oscar poteva solo sognarsi il primo. Wally voleva il grande caso, il grande colpo con parcelle da milioni di dollari. Oscar voleva solo due cose: divorzio e pensione.
Come quei due si fossero ritrovati titolari di uno studio in un edificio ristrutturato in Preston Avenue era un’altra storia. Come potessero sopravvivere senza strangolarsi a vicenda era un mistero quotidiano.
L’arbitro delle loro dispute era Rochelle Gibson, una robusta signora nera con il modo di pensare e il buonsenso che si era guadagnata sulle strade da cui proveniva. Ms Gibson gestiva l’ufficio: telefono, reception, i potenziali clienti che arrivavano speranzosi, i clienti scontenti che se ne andavano arrabbiati, l’occasionale battitura di testi (anche se i suoi capi avevano imparato che, se avevano bisogno di qualcosa di stampato, era più semplice provvedere da soli), il cane dello studio e, soprattutto, i costanti battibecchi tra Oscar e Wally.
Anni prima Ms Gibson era rimasta ferita in un incidente stradale nel quale non aveva avuto alcuna responsabilità. Poi aveva peggiorato la situazione affidandosi allo studio legale Finley & Figg, anche se non per sua scelta. Ventiquattr’ore dopo l’incidente, strafatta di Percocet e immobilizzata da stecche e ingessature, Ms Gibson si era svegliata trovandosi la faccia paffuta e sorridente dell’avvocato Wallis Figg china sul suo letto d’ospedale. Wally, in tenuta color acquamarina, con uno stetoscopio intorno al collo e piuttosto bravo nel ruolo di medico, l’aveva convinta a firmare un contratto di rappresentanza legale, le aveva promesso la luna, era sgusciato fuori dalla stanza silenziosamente come ci era entrato e aveva cominciato a occuparsi del caso. Ms Gibson aveva incassato quarantamila dollari, che suo marito si era bevuto e giocato nel giro di qualche settimana, cosa che aveva portato a una richiesta di divorzio redatta da Oscar Finley. Oscar Finley aveva gestito anche la successiva bancarotta della signora. Ms Gibson non era rimasta particolarmente colpita da nessuno dei due avvocati e aveva minacciato di fare causa a entrambi per negligenza professionale. Questo aveva richiamato l’attenzione dei soci – già in passato colpiti da azioni legali del genere – che si erano dati parecchio da fare per placarla. A mano a mano che i suoi guai si moltiplicavano, Ms Gibson era diventata un elemento fisso dello studio e, con il passare del tempo, tutti e tre avevano cominciato a sentirsi a proprio agio tra loro.
Finley & Figg era un posto duro per le segretarie. Lo stipendio era basso, i clienti in genere erano sgradevoli, al telefono gli altri avvocati erano sgarbati e l’orario era lungo, ma la cosa peggiore era avere a che fare con i due soci. Oscar e Wally in precedenza avevano tentato la strada della segretaria matura, ma le anziane non erano in grado di sopportare la pressione. Avevano provato con le ragazze, ma si erano ritrovati citati in giudizio per molestie sessuali, dato che Wally non era riuscito a tenere le zampe lontano da una giovane con il seno florido. (Avevano poi concordato in via stragiudiziale un risarcimento di cinquantamila dollari e i loro nomi erano finiti sui giornali.) Rochelle Gibson era capitata in studio la mattina in cui la segretaria del momento aveva dato le dimissioni e se n’era andata sbattendo la porta. Mentre i telefoni squillavano e i soci strillavano, si era sistemata alla reception e aveva preso in mano la situazione. Poi aveva preparato il caffè. Era tornata il mattino dopo, e quello dopo ancora. Otto anni più tardi continuava a gestire tutto lo studio.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a John Grisham.
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