Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La convocazione di John Grisham. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 10,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è disponibile in eBook al prezzo di euro 6,99.
La convocazione: trama del libro
Ray Atlee, professore di legge all’Università della Virginia, ha quarantatré anni e da poco è stato abbandonato dalla moglie. La sua vita scorre in una monotonia appena scalfita dalle lezioni di volo e dal sogno irrealizzato di possedere un aereo. Suo fratello Forrest, invece, è la classica pecora nera della famiglia, da sempre alle prese con problemi di alcol e droga. Grande è il disappunto di Ray quando riceve una fredda convocazione dal padre, il vecchio giudice Reuben V. Atlee, uomo rigido e integerrimo che, malato terminale di cancro, vive recluso nella malandata dimora di Maple Run, nel Mississippi. Nella lettera il Giudice richiede la presenza dei figli per discutere l’amministrazione dei beni di famiglia. Al suo arrivo Ray trova il padre cadavere con una confezione di morfina accanto e, in un nascondiglio, alcune scatole piene di soldi. Da dove vengono? Perché non se ne fa cenno nel testamento? E chi altri conosce l’esistenza di quel denaro? Il mistero legato all’origine del patrimonio e la decisione di non perdere l’inaspettata ricchezza coinvolgeranno il protagonista in un incubo dai contorni indefinibili.
Giunse insieme a un’altra lettera, una rivista e due fatture, e fu messa come di consueto nella cassetta riservata al professor Ray Atlee, presso la scuola di legge. Lui la riconobbe immediatamente, perché quelle buste scandivano la sua vita da sempre. Era di suo padre, l’uomo che anche lui chiamava “il Giudice”.
Il professor Atlee osservò la lettera, incerto se aprirla subito o aspettare. Buone o cattive nuove, con suo padre non si poteva mai dire, sebbene il vecchio stesse morendo e le buone notizie fossero rare. La busta era sottile e sembrava contenere un solo foglio; niente di insolito in questo. Il Giudice era stringato nello scrivere, nonostante la passata fama di verbosità nelle sue esternazioni dal banco della corte.
Di sicuro era una lettera formale. Il Giudice non era tipo da convenevoli, aborriva i pettegolezzi e le chiacchiere a tempo perso. Un tè freddo in veranda con lui avrebbe significato una rivisitazione delle battaglie combattute nella Guerra Civile, probabilmente quella di Shiloh, per la quale avrebbe puntualmente addossato tutta la colpa della sconfitta dei Confederati agli immacolati stivali del generale Pierre G.T. Beauregard, un uomo che avrebbe disprezzato persino in cielo, se avessero avuto la ventura di incontrarsi.
Presto sarebbe morto. Aveva settantanove anni e un cancro allo stomaco. Era sovrappeso, diabetico, forte fumatore di pipa, aveva un cuore in disordine già sopravvissuto a tre infarti e una manciata di malanni minori che, dopo averlo tormentato per vent’anni, ora si stavano facendo sotto per il colpo di grazia. Il dolore era costante. Durante la loro ultima telefonata tre settimane prima, quando Ray lo aveva chiamato perché il Giudice considerava una rapina il costo delle interurbane, lo aveva sentito debole e affaticato. Avevano parlato per meno di due minuti.
L’indirizzo del mittente era a lettere d’oro in rilievo: Giudice Reuben V. Atlee, Venticinquesimo distretto, Tribunale della contea di Ford, Clanton, Mississippi. Ray infilò la busta nella rivista e si incamminò. Il Giudice Atlee non era più in carica. Gli elettori lo avevano mandato in pensione nove anni prima, un’amara sconfitta dalla quale non si era mai ripreso. Dopo trentadue anni di onorato servizio, il suo popolo lo aveva dimesso in favore di un magistrato più giovane, armato di pubblicità radiofonica e televisiva. Il Giudice aveva rifiutato la tenzone elettorale. Aveva dichiarato di essere troppo occupato e, soprattutto, aveva aggiunto che la gente lo conosceva bene e, se voleva rieleggerlo, lo avrebbe rieletto. A molti la sua strategia era sembrata presuntuosa. Aveva vinto nella contea di Ford, ma era uscito sonoramente battuto nelle altre cinque.
C’erano voluti tre anni per farlo sloggiare dal palazzo di giustizia. Il suo ufficio al primo piano era sopravvissuto a un incendio e aveva rifiutato due ristrutturazioni. Il Giudice non aveva permesso a nessuno di profanarlo con pennelli e martelli. Quando gli ispettori della contea lo avevano finalmente convinto a lasciare i locali se non voleva essere sfrattato dalla forza pubblica, aveva inscatolato tre decenni di inutili pratiche, appunti, vecchi libri polverosi e li aveva portati a casa, accatastandoli nel suo studio. Una volta riempito lo studio, aveva allineato gli scatoloni lungo i corridoi, in sala da pranzo e persino nell’ingresso.
Ray rivolse un cenno a uno studente seduto nell’atrio. Davanti alla porta del suo ufficio, scambiò qualche parola con una collega. Dopo essere entrato, chiuse a chiave e posò la corrispondenza al centro della scrivania. Si tolse la giacca, l’appese dietro la porta, scavalcò la pila di voluminosi tomi legali che continuava a scavalcare da più di sei mesi ed espresse sottovoce il quotidiano proponimento di riorganizzare il suo ambiente di lavoro.
Il locale era di quattro metri per cinque, con una piccola scrivania e un divanetto, entrambi sepolti da un quantitativo di materiale sufficiente a farlo apparire un docente molto occupato. Non lo era. Per il semestre di primavera teneva un solo corso sull’antitrust. E aveva in programma di scrivere un libro, un’ennesima, noiosa dissertazione sui monopoli, che nessuno avrebbe letto ma che sarebbe andato ad arricchire il suo curriculum. Era titolare di una cattedra, ma come tutti i professori seri era dominato dalla legge accademica del “pubblicare o perire”.
Si sedette alla scrivania e spostò alcune scartoffie per farsi spazio.
La busta era indirizzata al professor N. Ray Atlee, scuola di legge dell’Università della Virginia, Charlottesville, Virginia. Le “e” e le “o” erano sbavate. Erano dieci anni che il nastro andava sostituito. E i codici postali erano un’altra innovazione che il Giudice preferiva ignorare.
La N stava per Nathan, in omaggio al generale, ma erano in pochi a saperlo. Uno dei litigi più aspri era stato per la decisione del figlio di lasciar perdere Nathan e vivere semplicemente come Ray.
Le lettere del Giudice venivano sempre inviate all’università, mai all’abitazione di suo figlio nel centro di Charlottesville. Al Giudice piacevano i titoli e gli indirizzi di prestigio e voleva che la gente di Clanton, compresi gli impiegati postali, sapesse che suo figlio era professore di legge. Non era necessario. Ray insegnava (e scriveva) da tredici anni e tutta la gente importante nella contea di Ford ne era a conoscenza.
Aprì la busta e dispiegò l’unico foglio. Anche su quello campeggiava il nome del Giudice con la sua vecchia carica e l’indirizzo, sempre senza codice postale. Doveva avere scorte inesauribili di carta intestata.
La missiva era indirizzata a Ray e a Forrest, il fratello minore, i due unici figli di uno sfortunato matrimonio che aveva avuto fine nel 1969 con la morte della madre. Come sempre, il messaggio era conciso:
Prego disporre in modo da presentarsi al mio studio domenica 7 maggio, ore 17, per discutere l’amministrazione del mio patrimonio.
In fede,
Reuben V. Atlee
La firma caratteristica si era avvizzita e appariva incerta. Per anni aveva posto il suo sigillo su sentenze e ordinanze che avevano cambiato la vita a innumerevoli persone. Sentenze di divorzio, custodia di minori, alienamento dei diritti di un genitore, adozioni. Ordinanze che concludevano impugnazioni di testamenti e di risultati elettorali, dispute immobiliari, litigi per confini di proprietà. L’autografo del Giudice era stato autorevole e ben riconoscibile; adesso era lo scarabocchio vagamente familiare di un uomo anziano e molto malato.
Malato o no, Ray sapeva che comunque sarebbe stato puntuale all’incontro nello studio di suo padre. Era appena stato convocato e, per quanto irritante, non aveva dubbio che lui e suo fratello si sarebbero sottomessi a un’ultima predica al cospetto di “vostro onore”.
Era tipico del Giudice scegliere un giorno che fosse conveniente per sé senza consultare gli altri. Era nella sua natura, e forse in quella della categoria dei giudici in generale, stabilire date e scadenze con scarso riguardo per il prossimo. Era una mano pesante che si imparava a esercitare quando si aveva a che fare con il ritmo frenetico delle sessioni, parti recalcitranti, avvocati troppo impegnati, avvocati indolenti. Ma il Giudice aveva governato la sua famiglia praticamente nello stesso modo in cui aveva presieduto la sua aula di tribunale, e quella era la ragione principale per cui Ray Atlee insegnava legge in Virginia e non la esercitava nel Mississippi.
Rilesse la convocazione, poi la posò in cima ai promemoria e ai documenti ancora in sospeso. Andò alla finestra a contemplare il cortile dove tutto era in fiore. Non si sentiva in collera né rattristato, piuttosto amareggiato di dover ancora una volta sottostare a un ordine di suo padre. Ma il vecchio stava morendo, si disse. Sii indulgente. Non ci sarebbero state molte altre gite a casa.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore statunitense rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a John Grisham.