Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Le correzioni di Jonathan Franzen, il romanzo più celebre dello scrittore edito in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 15,00 euro (ma online lo si acquista con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Le correzioni: trama del libro
«Lo si sentiva nell’aria: qualcosa di terribile stava per succedere». Enid e Alfred Lambert trascinano le giornate accumulando oggetti, ricordi, delusioni e frustrazioni del loro matrimonio: l’uno in preda ai sintomi di un Parkinson che preferisce ignorare, l’altra con il desiderio, ormai diventato scopo di vita, di radunare per un «ultimo» Natale i tre figli allevati secondo le regole e i valori dell’America del dopoguerra, attenti a «correggere» ogni deviazione dal «giusto». Gary, dirigente di banca, vittima di una depressione strisciante e di una moglie infantile; Chip che ha perso il posto all’università per «comportamento sessuale scorretto»; Denise, chef di successo con una vita privata, secondo i canoni dei Lambert, molto discutibile. Il temporale annunciato spazzerà via molte cose di valore ma ne restituirà altre piú limpide. Un grande romanzo che si legge d’un fiato, ricco di umorismo e umanità e al tempo stesso duramente critico verso la società contemporanea e i suoi pochi, incerti valori. Impossibile non riconoscere che i Lambert siamo noi: in un momento della nostra vita, in qualsiasi luogo del primo mondo.
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Le tre del pomeriggio erano un’ora pericolosa nei sobborghi gerontocratici di St. Jude. Alfred si era svegliato nella grande poltrona blu in cui si era addormentato dopo pranzo. Aveva finito il suo pisolino e il prossimo notiziario locale iniziava soltanto alle cinque. Due ore vuote erano una fistola che generava infezioni. Si alzò a fatica, raggiunse il tavolo da ping-pong e si mise in ascolto di Enid, ma non la sentí.
In tutta la casa risuonava un campanello d’allarme che nessuno poteva udire eccetto Alfred e Enid. Era il campanello d’allarme dell’ansia. Era come uno di quei grandi dischi di ghisa muniti di battaglio elettrico che spedivano in strada gli scolari durante le esercitazioni antincendio. Suonava da cosí tante ore che ormai i Lambert non udivano piú il messaggio «campanello che squilla» ma, come quando un rumore prosegue ininterrotto finché non si riescono a distinguere i diversi suoni che lo compongono (o come quando si fissa una parola finché non si trasforma in una sequenza di lettere morte), udivano invece i rapidi rintocchi del battaglio sulla cassa di risonanza metallica, non una nota pura ma una sequenza granulosa di percussioni con uno strato superficiale di toni acuti e lamentosi; suonava da cosí tanti giorni che ormai rimaneva sullo sfondo, tranne certe volte, la mattina presto, quando uno dei due si svegliava in un bagno di sudore e si accorgeva che un campanello squillava nella sua testa da tempo immemorabile; suonava da cosí tanti mesi che il suono aveva ceduto il passo a una specie di metasuono, il cui volume non dipendeva dal battito ritmico delle onde di compressione ma dal molto, molto piú lento variare della loro consapevolezza del suono stesso. E questa consapevolezza era particolarmente acuta quando anche il clima era di umore ansioso. Allora Enid e Alfred – lei inginocchiata ad aprire cassetti in sala da pranzo, lui in contemplazione del disastroso tavolo da pingpong nel seminterrato – si sentivano entrambi sul punto di esplodere dall’ansia.
L’ansia dei buoni sconto, in un cassetto pieno di candele dai raffinati colori autunnali. I buoni erano tenuti insieme da un elastico, e Enid si stava rendendo conto che le loro date di scadenza (spesso allegramente cerchiate in rosso dal produttore) erano passate da mesi, perfino anni: che quei cento e passa buoni, il cui valore totale superava i sessanta dollari (potenzialmente centoventi al supermarket di Chiltsville dove valevano il doppio), erano tutti scaduti. Tilex, sconto di sessanta centesimi. Excedrin PM, sconto di un dollaro. Le date non erano nemmeno vicine. Le date erano storiche. Il campanello d’allarme stava suonando da anni.
Ricacciò i buoni in mezzo alle candele e chiuse il cassetto. Cercava una raccomandata che era arrivata qualche giorno prima. Alfred aveva udito il postino bussare alla porta e aveva gridato, – Enid! Enid! – cosí forte che non l’aveva sentita strillare a sua volta, – Al, vado io! – Alfred aveva continuato a chiamarla a gran voce, avvicinandosi sempre piú, e poiché il mittente era la Axon Corporation, 24 East Industrial Serpentine, Schwenksville, Pennsylvania, e poiché c’erano alcuni aspetti della situazione della Axon che Enid conosceva e che sperava Alfred ignorasse, si era affrettata a ficcare la lettera da qualche parte a pochi metri di distanza dalla porta d’ingresso. Alfred era emerso dal seminterrato strepitando come un mezzo cingolato, – C’è qualcuno alla porta! – e lei, sempre a un volume piuttosto alto, aveva replicato, – Il postino! Il postino! – e lui aveva scosso la testa davanti alla complessità della situazione.
Enid era sicura che le si sarebbero chiarite le idee se solo non avesse dovuto chiedersi, ogni cinque minuti, che cosa stesse combinando Alfred. Ma, per quanto ci provasse, non riusciva a interessarlo alla vita. Quando lo incoraggiava a tornare in laboratorio, lui la guardava come se fosse impazzita. Quando gli chiedeva se non poteva fare qualche lavoretto in giardino, le rispondeva che gli facevano male le gambe. Quando gli ricordava che i mariti delle sue amiche avevano tutti un hobby (Dave Schumpert la decorazione su vetro, Kirby Root gli intricati chalet per il nido dei ciuffolotti purpurei, Chuck Meisner il perpetuo monitoraggio del suo portafoglio d’investimenti), Alfred reagiva come se lei volesse distrarlo da una grande impresa. E qual era quell’impresa? Riverniciare il mobilio della veranda? Stava riverniciando il divanetto di vimini dal Labor Day. Le sembrava di ricordare che l’ultima volta che aveva verniciato il mobilio aveva finito il divanetto in due ore. Ora Alfred scendeva nel laboratorio tutte le mattine, e dopo un mese Enid si azzardò a entrare e scoprí che l’unica cosa che aveva dipinto del divanetto erano le gambe.
Alfred sembrava desiderare che lei se ne andasse. Disse che il pennello si era seccato, ecco perché ci voleva tanto tempo. Disse che scrostare il vimini era come sbucciare un mirtillo. Disse che c’erano i grilli. Enid allora si accorse che le mancava il respiro, ma forse era soltanto l’odore di benzina, e la puzza di urina nell’aria umida del laboratorio (ma non poteva in nessun modo trattarsi di urina). Fuggí al piano di sopra a cercare la lettera della Axon.
Sei giorni su sette, chili di posta si insinuavano attraverso la fessura nella porta d’ingresso, e poiché non erano permessi accumuli casuali di oggetti al pianterreno – dato che abitare in quella casa comportava la finzione che nessuno ci abitasse – Enid doveva far fronte a una vera e propria sfida tattica. Era una guerrigliera, anche se non lo sapeva. Durante il giorno trasferiva l’equipaggiamento da un deposito all’altro, spesso anticipando di poco l’arrivo delle forze governative. La sera, sotto un’applique deliziosa ma troppo fioca, seduta a un tavolo troppo piccolo nell’angolo della colazione, eseguiva varie operazioni: pagava le bollette, faceva quadrare i libretti degli assegni, tentava di decifrare i documenti del Servizio Medico Statale e di comprendere il significato di un minaccioso Terzo Avviso inviato da un laboratorio medico, che esigeva il pagamento immediato di 0.22 dollari e contemporaneamente mostrava un saldo di 0.00 dollari, indicando cosí che lei non doveva nulla, e in ogni caso non presentando alcun indirizzo a cui inoltrare eventuali rimesse. Si dava il caso che il Primo e il Secondo Avviso fossero imboscati da qualche parte, e a causa delle restrizioni cui era soggetta nel corso della sua campagna Enid non era mai certa della loro ubicazione da una sera all’altra. Poteva sospettare che fossero nell’armadio della stanza dei giochi, ma la forza governativa, nella persona di Alfred, stava guardando un notiziario televisivo a un volume sufficientemente fragoroso da tenerlo sveglio con tutte le luci accese, e c’era una possibilità non trascurabile che se lei avesse aperto l’anta dell’armadio una cascata di cataloghi e numeri di «House Beautiful» e rendiconti assortiti della Merryll Lynch sarebbe ruzzolata fuori, attirando la collera di Alfred. C’era anche la possibilità che gli Avvisi non fossero lí, dato che le forze governative compivano occasionali incursioni nei suoi depositi minacciando di «far sparire» tutto quanto se lei non se ne fosse occupata, ma Enid era troppo impegnata a schivare quelle incursioni per potersene effettivamente occupare, e nel susseguirsi di migrazioni e deportazioni forzate ogni residua sembianza di ordine era andata perduta, e cosí l’occasionale sacchetto di Nordstrom, accampato sotto una guarnizione di polvere con una delle maniglie di plastica semistaccata, conteneva tutto il pathos sparpagliato di un’esistenza da profughi: numeri non consecutivi di «Good Housekeeping», istantanee in bianco e nero di Enid negli anni Quaranta, ricette ingiallite che sfruttavano perfino la lattuga avvizzita, le bollette di telefono e gas del mese corrente, il Primo Avviso dettagliato del laboratorio medico che avvertiva di ignorare successive richieste di pagamento per meno di cinquanta centesimi, la foto omaggio di una crociera con Enid e Alfred che indossavano ghirlande di fiori e bevevano da gusci di noci di cocco, e le uniche copie esistenti dei certificati di nascita di due dei loro figli, per esempio.
Anche se in apparenza il nemico di Enid era Alfred, ciò che la rendeva una guerrigliera era la casa che teneva occupati entrambi. Era arredata con il genere di mobilio che non tollera il disordine. C’erano sedie e tavoli di Ethan Allen. Porcellane Spode e cristalli Waterford nella credenza con vetrinetta. I doverosi ficus, gli inevitabili pini Norfolk. Copie di «Architectural Digest» sparse a ventaglio sul piano di vetro del tavolino in salotto. Bottino turistico: stoviglie smaltate cinesi, un carillon viennese che ogni tanto Enid, per un senso di dovere e pietà, caricava e apriva sollevandone il coperchio. La melodia era Strangers in the Night.
Purtroppo Enid non aveva il temperamento necessario per gestire una casa di quel genere, e ad Alfred mancava l’equipaggiamento neurologico. Le grida di rabbia di Alfred quando scopriva tracce delle azioni di guerriglia – un sacchetto di Nordstrom sorpreso in pieno giorno sulle scale del seminterrato, che lo aveva quasi fatto ruzzolare di sotto – erano le grida di un governo non piú in grado di governare. Negli ultimi tempi aveva sviluppato la capacità di ricavare colonne di otto cifre senza alcun significato dalla sua calcolatrice da tavolo. Quando trascorse un intero pomeriggio a calcolare i contributi per la donna delle pulizie, rifacendo il conto per cinque volte con quattro risultati diversi e finendo con l’accettare l’unico numero (635.78 dollari) che gli era uscito due volte (la somma esatta era di 70 dollari), Enid compí un’incursione notturna nel suo archivio e ne tolse tutti gli incartamenti delle tasse, cosa che avrebbe potuto migliorare l’efficienza della gestione casalinga se solo gli incartamenti non fossero finiti in un sacchetto di Nordstrom, nascosti sotto alcuni numeri di «Good Housekeeping» dall’aria ingannevolmente vetusta, e a causa di questa sconfitta la donna delle pulizie finí per compilarsi i moduli da sola, mentre Enid si limitava a riempire gli assegni e Alfred a scuotere la testa davanti alla complessità della situazione.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore americano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Jonathan Franzen.
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