Corredata da un’ampia anteprima, ecco la trama di Cose che nessuno sa di Alessandro D’Avenia, romanzo edito per la prima volta nel 2011 da Mondadori, e oggi in vendita con un prezzo di copertina di 14 euro (ma è acquistabile online con il 15% di sconto).
Cose che nessuno sa: trama del libro
Margherita ha quattordici anni e sta per varcare una soglia magica e misteriosa: l’inizio del liceo. Un mondo nuovo da esplorare e conquistare, sapendo però di poter contare sulle persone che la amano. Ma un giorno, tornata a casa, ascolta un messaggio nella segreteria telefonica: è di suo padre, che non tornerà più a casa. Margherita ancora non sa che affrontando questo dolore si trasformerà a poco a poco in una donna, proprio come una splendida perla fiorisce nell’ostrica per l’attacco di un predatore marino. Accanto a lei ci sono la madre, il fratellino vivace e sensibile e l’irriverente nonna Teresa.
E poi Marta, la compagna di banco sempre sorridente, e Giulio, il ragazzo più cupo e affascinante della scuola. Ma sarà un professore, un giovane uomo alla ricerca di sé eppure capace di ascoltare le pulsazioni della vita nelle pagine dei libri, a indicare a Margherita il coraggio di Telemaco nell'”Odissea”: così che il viaggio sulle tracce del padre possa cambiare il suo destino.
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«Sembri una polena!» le urla il padre cercando di vincere il rumore del vento che sospinge la barca al largo della Baia del Silenzio. Gabbiani accarezzano l’acqua in cerca di prede e stanchi si posano sul mare. L’odore secco della costa è già lontano.
Margherita, le gambe abbandonate al vento e al vuoto, si volta e stende sul legno dello scafo i suoi quattordici anni nuovi di zecca. Lo fissa. Un sorriso scolpisce il volto del padre, giunto all’età in cui ogni riga o ruga è lì dove deve stare e il volto rivela con grazia impudica chi sei, chi sei stato e chi sarai. Ha folti capelli neri, come Margherita, e occhi se possibile più neri ancora dei capelli – i suoi, verdi e trasparenti, Margherita li ha rubati alla madre –, la pelle appena rasata, profumata dal dopobarba che la moglie gli regala da quando si sono fidanzati.
Eleonora è rimasta a casa con Andrea, il figlio più piccolo, a preparare il pranzo della festa. Poggiando il mento sulle mani unite a forma di davanzale, Margherita, fingendosi offesa, dice:
«Una falena?»
«Non una falena… una polena!»
«Che cos’è una polena?»
Il padre, lasciando per un attimo il timone e lanciando un’occhiata ai filetti mostravento, ben aderenti alla vela, le risponde gesticolando, quasi dipingesse in aria le parole:
«Gli antichi marinai scolpivano sulla prua delle navi una figura umana, che aveva il compito di proteggerle. All’inizio erano solo degli occhi enormi, che consentivano alla nave di vedere la rotta. Poi li trasformarono in divinità femminili: donne bellissime, dallo sguardo ipnotico, capace di incantare i flutti e intimorire i nemici.»
Margherita sorride strizzando gli occhi. Si contorce e torna nella posizione di prima. I capelli la inseguono, una cascata nera scomposta dal vento e bagnata dalla luce. Bella e immobile come una polena, con i suoi occhi di mare: iridi verdi umide di lacrime, che l’aria asciuga troppo rapidamente per lasciarne anche solo un vago indizio. A quattordici anni si piange spesso, di gioia o di dolore, non importa. Le lacrime non si distinguono, e la vita è talmente tenera da sciogliersi come cera al fuoco che sbuccia una bambina e scopre la donna.
Margherita fa ondeggiare le gambe nel vuoto e il mare schizza coriandoli di luce e acqua contro le sue piante nude, che scalciano la linea dell’orizzonte nel tentativo d’infrangerla. Ma la linea rimane intatta. La fissa: filo della vita, sospeso tra cielo e terra, sul quale immagina se stessa in equilibrio. A vita è nu filu, dice sempre nonna Teresa, nella lingua carnale della sua terra.
E a quattordici anni sei un funambolo a piedi nudi sul tuo filo e l’equilibrio è un miracolo.
È l’estate della sua vita. È l’alba di una età nuova. Suo padre e lei, soli su una barca a vela, a pochi giorni dall’inizio delle superiori, nel giorno del suo compleanno. Per un attimo Margherita chiude gli occhi e distende la schiena sullo scafo, allarga le braccia. Poi li riapre e una forza invisibile inonda la vela. È il vento. Non lo vedi né lo senti sinché non trova un ostacolo, come tutte le cose che ci sono sempre state. Persino il mare sembra senza limiti, eppure canta solo quando li trova: infrangendosi sulla chiglia diventa schiuma; spezzandosi sugli scogli, vapore; sfinendosi sulle spiagge, risacca. La bellezza nasce dai limiti, sempre.
Il padre blocca il timone e si avvicina a Margherita da dietro, la sorprende con un abbraccio e la solleva. La luce entra in ogni cosa, attraversa la pelle, arriva dentro la carne. Le braccia forti di suo padre, coperte da una camicia bianca arrotolata sino ai gomiti, la stringono. Si mescola al profumo del mare quello caldo e secco del dopobarba. Appoggia il naso sulla nuca della figlia e le dà un bacio. Fissa l’orizzonte insieme a lei, che prova l’imbarazzo del suo corpo inquieto e nuovo, che sente quasi come una colpa. Però, con suo padre vicino, la linea che spacca in due cielo e mare non fa paura e le si va incontro, a percorrerla, esplorarla, bucarla con la prua, quasi fosse una scenografia di carta.
«Sei la ragazza più bella del mondo. La mia perla. Auguri!» le dice baciandola di nuovo. La chiama così perché il suo nome, Margherita, in latino significa “perla”. Glielo ha ripetuto tante volte. «Ero bravo in latino» aggiunge sempre.
«Un giorno potremmo arrivare in Sicilia. Voglio vedere la casa gialla di cui parla sempre la nonna e il giardino con il rampicante di gelsomini sulla facciata e i fichidindia» dice Margherita imitando la voce della nonna e immaginando che frutti come quelli dei suoi racconti, così vermigli, gialli e bianchi, non possano esistere nella realtà.«Lo faremo.»
«Me lo prometti?»
«Te lo prometto.»
Le onde lavano i fianchi della Perla, così si chiama anche la barca.
«Perché tutti i nomi delle barche sono di donna?»
Il padre non risponde, riflette in silenzio e tira su le parole come se le trovasse in fondo a un pozzo. Sa sempre tutto, suo padre.
«Sulla barca di Ulisse, disegnata nel libro che amavo di più da bambino, c’era scritto Penelope. Ogni marinaio ha un porto, una casa a cui tornare, perché ha una donna che lì lo aspetta, e il nome della sua barca gli ricorda il motivo per cui va per mare…»
Ci sa fare con le parole, suo padre. È un poeta, quando vuole.
«Come la mamma per te?»
Il padre fa cenno di sì.
«Papà, ho paura… di cominciare il liceo. Non so se sono all’altezza, se ce la faccio, se i compagni mi staranno simpatici… Se sarò mai qualcuno… Se troverò un ragazzo… Ho paura del latino, io non sono come te…»
«Anche a me il latino fa paura, sai… Sogno ancora di essere interrogato sui paradigmi dei verbi e di non ricordarmi niente…»
«Paradigmi? Che roba è?»
«Allora. Per esempio…» Sta per iniziare una delle sue spiegazioni interminabili e lei lo interrompe subito:
«Papà, ho paura…» Le lacrime assediano gli occhi.
«Qualsiasi cosa succeda ci sono io.»
«Lo so, ma questo non mi toglie la paura.»
«Allora stai vivendo.»
«Che vuol dire?»
«Quando hai paura, è segno che la vita sta cominciando a darti del tu. Stai diventando una donna, Margherita.»
Lei tace, soffermandosi a rigirare quella parola, donna. Le fa paura. Fa troppa luce.
Suo padre la stringe più forte.
Il golfo di Genova alle loro spalle amplifica l’abbraccio di suo padre sotto forma di scogli, coste, montagne, continenti, moltiplicandolo all’infinito, come se l’universo intero la stesse abbracciando attraverso suo padre.
Margherita inspira l’odore fresco di lui, capace di calmarla e di convincerla che è al mondo per esplorarlo, come durante il corso per sub che ha fatto quell’estate.
La Perla silenziosa taglia il mare, che si cicatrizza in schiuma leggera. Lacrime di gioia e paura non si distinguono. Sul volto di Margherita le prime lavano le seconde e il mondo intero è il dono di un padre alla figlia nel giorno del suo compleanno.Il padre le asciuga le lacrime con l’indice ripiegato, simile a uno stelo su cui si è adagiata la rugiada. Ne mostra una a Margherita, brilla come perla.
Lui spiega: «Una volta ho sognato una donna bellissima, vestita di un cappotto bianco. Mi guardava e sorrideva. Le ho chiesto: “Da dove viene la tua bellezza?”. E la donna mi ha risposto: “Un giorno piangevi e io mi sono strofinata il viso con le tue lacrime”». Fa una pausa. Poi aggiunge:
«Andrà tutto bene, Margherita, andrà tutto bene…»
Margherita si fida di quelle parole, si affida a quelle braccia. Non può sapere che niente andrà bene, forse per questo continua a piangere gioia e dolore insieme, e non sa quale dei due prevalga nella composizione chimica delle perle generate dagli occhi. Vorrebbe chiederlo a suo padre, ma si trattiene.
Sono cose che nessuno sa.
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