Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Un cuore in silenzio di Nicholas Sparks, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 9,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Un cuore in silenzio: trama del libro
Denise Holden, ragazza madre di un bambino di quattro anni, si trasferisce nella cittadina di Edenton, in North Carolina. La sua vita scorre tra gli impegni e le piccole gioie quotidiane fino a una notte di tempesta, quando Denise viene coinvolta in un tremendo incidente d’auto. Al risveglio, ha accanto a sé Taylor McAden, un coraggioso vigile del fuoco che l’aiuta a ritrovare il figlio Kyle, scomparso nella palude. Tra Denise e Taylor nasce l’amore. Ma prima che l’uomo possa abbandonarsi al sentimento, dovrà guardare dentro di sé e trovare la forza di affrontare i fantasmi del passato. Per scoprire che non è mai troppo tardi per la felicità.
- Per altri dettagli rimandiamo alla scheda completa di Un cuore in silenzio su Amazon.
- Qui potete leggere le recensioni dei lettori su Amazon.
Risalita in macchina, Denise si immise di nuovo sull’autostrada e guidò in direzione di Edenton, nella Carolina del Nord. Stava tornando a casa, la pioggia cadeva fitta ma non più torrenziale. Bevve avidamente fino all’ultimo sorso la Diet Coke e, pur sapendo che non le faceva bene, rimpianse subito di non averne comperata un’altra. Sperava che la dose extra di caffeina l’aiutasse a concentrarsi sulla guida, invece che su Kyle. Ma lui era sempre lì.
Kyle. Che dire? Una volta era stato parte di lei, aveva udito il suo cuoricino battere dopo dodici settimane, lo aveva sentito muoversi nel suo ventre negli ultimi cinque mesi di gravidanza. Dopo la nascita, mentre era ancora in sala parto, lo aveva guardato pensando che non potesse esistere nulla di più bello al mondo. Quella sensazione non era cambiata, anche se lei era tutt’altro che una madre perfetta. In quei giorni, poi, si limitava a fare il possibile, ad accettare quello che veniva, buono o cattivo che fosse, a cercare la felicità nelle piccole cose. Con Kyle a volte era difficile trovarla.
Aveva fatto del suo meglio per essere paziente con lui negli ultimi quattro anni, ma non era stato sempre facile. Una volta, quando era ancora neonato, gli aveva premuto per un attimo la mano sulla bocca per zittirlo, ma stava piangendo da più di cinque ore, e qualsiasi genitore esausto avrebbe potuto fare un gesto simile. In seguito, però, aveva sempre cercato di tenere a freno le emozioni. Quando sentiva crescere l’esasperazione dentro di sé, contava lentamente fino a dieci prima di agire; se non funzionava, usciva dalla stanza per riprendersi. In genere questo atteggiamento di distacco l’aiutava, ma era allo stesso tempo una fortuna e una maledizione. Una fortuna perché sapeva che la pazienza era necessaria per aiutarlo; una maledizione perché la faceva dubitare delle proprie qualità materne.
Aveva avuto il bambino tre anni dopo la morte di sua madre, avvenuta in seguito a un aneurisma cerebrale. Pur non avendo la tendenza a credere nei segni, era sicura che suo figlio fosse un dono inviatole dal cielo per compensarla della grave perdita. All’infuori di lui, era sola al mondo. Suo padre era morto quando lei aveva quattro anni; non aveva fratelli e anche i nonni non c’erano più. Così aveva riversato su Kyle tutto l’amore che aveva da offrire. Ma il destino è strano, imprevedibile. Tutte le sue attenzioni per qualche motivo non erano state sufficienti. Adesso conduceva una vita che non aveva previsto, una strana esistenza in cui i progressi quotidiani del suo bambino erano annotati su un diario. Una vita completamente dedicata al figlio. Kyle, ovviamente, non si lamentava delle cose che dovevano fare tutti i giorni. A differenza degli altri bambini, lui non si lamentava mai di nulla.
Guardò nello specchietto retrovisore.
«A che cosa pensi, tesoro?»
Kyle osservava la pioggia che sferzava i finestrini, con la testa girata di lato. Teneva la sua copertina in grembo. Non aveva detto niente da quando era salito in macchina ma si girò al suono della voce materna.
Aspettò che le rispondesse. Lui non parlò.
Denise viveva nella casa che un tempo era appartenuta ai nonni. Dopo la loro morte, l’aveva ereditata sua madre e infine era passata a lei. Non era granché, un piccolo edificio sgangherato costruito negli anni Venti e circondato da tre acri di terreno. Le due camere da letto e la sala da pranzo non erano troppo malandate, ma la cucina aveva bisogno di una ristrutturazione radicale e nel bagno mancava la doccia. I porticati sul davanti e sul retro erano pericolanti e, senza condizionatore, in quella casa a volte le sembrava di arrostire, ma dato che poteva viverci senza pagare l’affitto, era proprio quello che le serviva. Ci si era trasferita da tre mesi.
Restare ad Atlanta, la città dov’era cresciuta, sarebbe stato impossibile. Dopo la nascita di Kyle aveva utilizzato il denaro lasciatole dalla madre per rimanere a casa a badare a lui. All’epoca la considerava una pausa temporanea. Non appena suo figlio fosse stato più grandicello, contava di tornare a insegnare. I soldi prima o poi sarebbero finiti e lei doveva lavorare per mantenersi. E poi le piaceva insegnare. Fin dalla prima settimana aveva sentito la mancanza degli studenti e dei suoi colleghi. Invece adesso, dopo diversi anni, era ancora a casa con Kyle e il mondo della scuola era ormai un ricordo vago e remoto, qualcosa più simile a un sogno che alla realtà. Non si rammentava più delle sue lezioni e aveva scordato tutti i nomi dei suoi allievi. Se non fosse stata sicura del contrario, avrebbe giurato di non aver mai insegnato in vita sua.
La gioventù promette la felicità, la vita la realtà del dolore. Il padre, la madre, i nonni… se n’erano andati tutti prima che lei compisse ventun anni. All’epoca aveva già provveduto a cinque funerali, ma per la legge non poteva entrare in un bar a bere un alcolico per sciacquare via il dolore. Aveva sofferto molto, ma sembrava che per Dio non fosse abbastanza. Come le fatiche di Giobbe, anche le sue continuavano senza fine. «Stile di vita borghese?» Non più. «Amici con i quali sei cresciuta?» Devi lasciarteli alle spalle. «Un lavoro che ti soddisfi?» È chiedere troppo. E Kyle, il bambino meraviglioso per cui faceva tutto questo… per molti versi restava per lei un mistero.
Invece di insegnare, faceva il turno serale in un ristorante che si chiamava Eights, un locale affollato alla periferia di Edenton. Il proprietario, Ray Toler, era un nero che aveva superato la sessantina e gestiva quel posto da trent’anni. Con la moglie aveva allevato sei figli, che erano andati tutti all’università. Su una parete erano appese le copie dei loro diplomi e a tutti quelli che andavano lì a mangiare Ray raccontava le loro storie. Gli piaceva anche parlare di Denise. Era stata l’unica, ricordava con orgoglio, a presentargli un curriculum durante il colloquio di assunzione.
Ray era un uomo che conosceva la povertà, la gentilezza, e che capiva le difficoltà a cui andavano incontro le ragazze madri. «Sul retro dell’edificio c’è una stanzetta», le aveva detto il primo giorno. «Puoi portare tuo figlio con te, basta che non dia fastidio.» Le erano spuntate le lacrime agli occhi quando gliela aveva mostrata. C’erano due brandine, un abat-jour; era un posto dove Kyle sarebbe stato al sicuro. La sera dopo il bambino si era addormentato in quella stanzetta non appena lei aveva cominciato il turno; al termine dell’orario di lavoro lo aveva caricato in macchina ed erano tornati a casa. Da allora le loro giornate si erano ripetute sempre uguali.
Lavorava quattro sere la settimana, per cinque ore, guadagnando lo stretto necessario per tirare avanti. Due anni prima aveva scambiato la sua Honda con una Datsun vecchia ma affidabile, intascando la differenza. Quel denaro, come quello ereditato dalla madre, era stato speso da tempo. Era diventata esperta nel programmare le spese, nell’abbattere i costi. Era da due Natali che non si comprava qualcosa di nuovo e sebbene i mobili di casa fossero dignitosi, erano i resti di un’altra vita. Non era abbonata a nessuna rivista e nemmeno alla televisione via cavo, lo stereo era un cassone che rimbombava dai tempi del liceo. L’ultimo film che aveva visto era Schindler’s List. Raramente faceva telefonate interurbane per chiamare gli amici. Aveva 238 dollari in banca. La sua automobile in diciannove anni aveva percorso chilometri sufficienti a fare cinque volte il giro del mondo.
Ma non aveva importanza. Soltanto Kyle contava.
Lui però non le aveva mai detto neanche una volta che le voleva bene.
Denise trascorreva le sere in cui non lavorava seduta sul dondolo nella veranda posteriore, con un libro in grembo. Le piaceva leggere all’aperto, il frinire dei grilli aveva qualcosa di consolatorio nella sua monotonia. La casa era circondata da querce e cipressi, tutti fittamente ricoperti di tillandsia. A volte, quando i raggi della luna li colpivano con l’inclinazione giusta, le ombre dei rami sul viottolo di ghiaia assomigliavano ad animali esotici.
Ad Atlanta lei leggeva per piacere. I suoi gusti spaziavano da Steinbeck ed Hemingway a Grisham e King. Sebbene quel genere di libri fosse disponibile alla biblioteca locale, non sceglieva più romanzi. Preferiva utilizzare i computer posti accanto alla sala di lettura, che avevano l’accesso gratuito a Internet. Esaminava i risultati delle ricerche mediche finanziate dalle cliniche universitarie, stampando i documenti tutte le volte che trovava qualcosa di interessante. Ne aveva una cartelletta piena zeppa.
Sul pavimento accanto al dondolo sul portico, di solito c’era anche un assortimento di manuali di psicologia. Costosi com’erano, avevano intaccato seriamente il suo patrimonio. Ma la speranza era dura a morire e, dopo averli ordinati per posta, aspettava con ansia il loro arrivo. Le piaceva pensare che vi avrebbe finalmente trovato una risposta ai suoi problemi. Sotto la luce artificiale della lampada stava seduta a lungo a studiarli, vagliando le informazioni contenute. In genere trattavano argomenti che conosceva già, però non si metteva mai fretta. A volte prendeva appunti, in genere piegava un angolo della pagina e sottolineava il punto saliente. Dopo un’ora o due si alzava, sgranchendosi le membra anchilosate, poi riportava i libri sul piccolo scrittoio in soggiorno, andava a vedere come stava Kyle e tornava fuori.
Per la biografia completa dello scrittore americano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata ad Nicholas Sparks. Per la bibliografia rimandiamo invece alla nostra pagina riassuntiva su tutti i libri dell’autore.
Lascia un commento