Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Desperation di Stephen King, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 11,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 7,99.
Desperation: trama del libro
Desperation è il nome approriato per la tetra cittadina nel deserto del Nevada in cui approdano alcuni ignari viaggiatori. A vegliare sull’ordine pubblico c’è Collie Entragian, un poliziotto con un senso dell’ordine e della legge del tutto particolare. Ma l’uomo è solo la modesta propaggine della diabolica presenza che ha contagiato Desperation e ne ha invaso il sottosuolo: un’entità terrificante che scatenerà un apocalittico scontro fra bene e male, fra follia e rivelazione.
«Cosa, Mary, cosa?»
«Non l’hai visto?»
«Visto che cosa?»
Mary si girò e nella luce cruda del deserto lui vide che il colorito le si era spento sul viso lasciandole solo le bruciature sulle guance e sulla fronte, dove non riuscivano a difenderla nemmeno le creme a più alto fattore protettivo. Era di carnagione molto chiara e si scottava con facilità.
«Su quel cartello. Quello del limite di velocità.»
«E allora?»
«C’era un gatto morto, Peter! Inchiodato o incollato o che so io!» Lui schiacciò il pedale del freno. Lei gli afferrò subito la spalla. «Che non ti salti in mente di tornare indietro.»
«Ma…»
«Ma che cosa? Vuoi fotografarlo, forse? No categorico. Se lo vedo di nuovo, giuro che vomito.»
«Era un gatto bianco?» Vedeva il dorso di un cartello segnaletico nello specchietto retrovisore, quello del limite di velocità a cui si riferiva lei, probabilmente, ma non vedeva altro. E quando l’avevano oltrepassato, era girato dall’altra parte, a seguire un volo di uccelli verso il più vicino spicchio di montagna. Mantenere rigorosamente l’attenzione sulla strada non era indispensabile da quelle parti. Il Nevada definiva il suo tratto di U.S. 50 «la strada più desolata d’America» e secondo Peter Jackson era all’altezza della sua fama. Naturalmente, poiché era di New York, era possibile che soffrisse di un attacco di disagio profondo. Agorafobia desertica, sindrome della sala da ballo, qualcosa del genere.
«No, era tigrato», rispose lei. «Che differenza fa?»
«Ho pensato che magari fosse opera di satanisti», spiegò lui. «Pare che da queste parti non manchino i balordi. Non è così che ha detto Marielle?»
«La parola che ha usato lei è ‘intensi’», precisò Mary. «‘La regione centrale del Nevada è piena di gente intensa.’ Aperte virgolette, chiuse virgolette. E Gary si è espresso più o meno negli stessi termini. Ma dato che non ho visto nessuno da quando abbiamo attraversato il confine con la California…»
«Per la verità a Fallon…»
«Le fermate ai box non contano», lo precedette lei. «Anche se persino lì la gente…» Gli rivolse un buffo sguardo rassegnato che non le vedeva spesso sul viso da qualche tempo, sebbene le fosse stato abituale nei mesi seguiti alla perdita del bambino. «Perché sono qui, Pete? Voglio dire, capisco Vegas e Reno… anche Winnemucca e Wendover…»
«Quelli che vanno lì a giocare dall’Utah la chiamano Spremover», scherzò Peter. «Me l’ha detto Gary.»
Lei lo ignorò. «Ma tutti gli altri posti… la gente che ci vive, perché va a stare lì? Capisco che siccome io sono nata e cresciuta a New York forse sono un po’ troppo lontana mentalmente, ma…»
«Sei sicura che non fosse un gatto bianco? O nero?» Controllò di nuovo nello specchietto, ma a un’andatura di circa settanta miglia orarie, il cartello era già scomparso in un retroscena di sabbia, mesquite e brune, indistinguibili ondulazioni nel terreno. C’era però finalmente un veicolo dietro di loro; vedeva il riflesso stellato del sole sprigionato dal suo parabrezza. A un miglio da loro. Forse due.
«No, te l’ho detto, era tigrato. Rispondi alla mia domanda. Chi sono i contribuenti del Nevada centrale e che cosa li attira qui?»
Peter si strinse nelle spalle. «Non sono molti. Fallon è la città più grande sulla Highway 50 e si tratta in gran parte di agricoltori. Sulla guida c’è scritto che hanno costruito una diga per irrigare i campi con l’acqua del lago. Producono soprattutto meloni. E credo che ci sia nelle vicinanze anche una base militare. Fallon era una fermata del Pony Express, lo sapevi?»
«Io me ne andrei», dichiarò lei. «Tirerei su i miei meloni e andrei via.»
Lui le sfiorò il seno sinistro. «Qua abbiamo un bel paio di meloni, signora mia.»
«Grazie. E non parlo solo di Fallon. Da qualunque posto dove non si vede una casa né un albero in nessuna direzione e inchiodano gatti ai cartelli stradali, me ne andrei di corsa.»
«È una questione di percezione ambientale», commentò lui parlando con circospezione. Certe volte non riusciva a capire se Mary era seria o andava semplicemente a ruota libera. «Tanto per dire, per uno cresciuto in un ambiente urbano, un posto come il Gran Bacino sfugge alle sue capacità percettive. Anche alle mie, a essere sincero. Basta il cielo a farmi star male. Da quando siamo partiti stamattina me lo sento pesare addosso.»
«Anch’io. Ce n’è troppo.»
«Ti dispiace che abbiamo preso questa strada?» Peter alzò gli occhi allo specchietto e vide che il veicolo che li seguiva era più vicino. Non un camion, come tutti quelli che avevano incontrato da quando avevano lasciato Fallon (e tutti nella direzione opposta, verso ovest), ma un’automobile. Che divorava la strada, per giunta.
Lei rifletté e scosse la testa. «No. È stato bello vedere Gary e Marielle e il lago Tahoe…»
«Splendido, vero?»
«Incredibile. Anche questo…» Mary guardò dal finestrino. «Non è privo di un suo fascino, non dico questo. E immagino che non lo scorderò mai più. Ma…»
«Ti mette l’ansia addosso», finì lui annuendo. «Alla gente di New York, almeno.»
«Ben detto», si associò lei. «Zona di percezione urbana. E anche se avessimo preso la I-80, avremmo trovato solo deserto.»
«Già. Gran rotolare di cespugli rotolanti.» Guardò di nuovo nello specchietto e le lenti degli occhiali che indossava per guidare scintillarono nel sole. Il veicolo che stava sopraggiungendo era un’automobile della polizia. Viaggiava a forte velocità. Peter accostò a destra finché le ruote da quella parte non cominciarono a rombare sulla terra compatta sollevando polvere.
«Pete… che cosa stai facendo?»
Un’altra occhiata allo specchietto. Vasta griglia cromata in rapido avvicinamento… sparava un fascio di sole così feroce da costringerlo a socchiudere gli occhi. Ma gli parve che fosse bianca, il che significava che non era della polizia statale.
«Mi faccio piccolo», spiegò. «Stretto stretto, basso basso, zitto zitto. C’è uno sbirro dietro di noi e ha una gran fretta. Forse è all’inseguimento…»
La macchina della polizia sfrecciò accanto a loro facendo dondolare nello spostamento d’aria l’Acura che apparteneva alla sorella di Peter. Era davvero bianca e tutta impolverata dalle maniglie in giù. C’era un nome scritto sulla portiera, ma il veicolo passò troppo veloce perché Peter riuscisse a leggerlo. DES-qualcosa. Destry, forse. Sarebbe stato un buon nome per una cittadina del Nevada nel mezzo del gran nulla.
«… del tizio che ha inchiodato il gatto al cartello», finì.
«Perché va così veloce senza accendere le luci lampeggianti?»
«A beneficio di chi?»
«Oh, be’», ribatté lei, di nuovo con quell’espressione buffa, «ci siamo noi.»
Lui aprì la bocca per rispondere e poi la richiuse. Aveva ragione. Il poliziotto doveva averli visti almeno da quando loro avevano visto lui, forse prima, dunque perché non aveva acceso le luci lampeggianti sul tetto della vettura per misura di sicurezza? Peter aveva avuto il buonsenso di accostare di sua spontanea volontà, concedendogli tutta la strada possibile, tuttavia…
Si accesero all’improvviso gli stop. Peter schiacciò il pedale del freno di riflesso, anche se aveva già rallentato e l’altro veicolo era troppo distante perché ci fosse il rischio di un tamponamento. Poi vide l’automobile della polizia passare sul lato opposto della strada.
«Che cosa sta facendo?» chiese Mary.
«Ancora non ho capito.»
Ma mentiva: il poliziotto stava rallentando. Dall’andatura sostenuta che gli era servita per raggiungerli e superarli, era passato bruscamente a una velocità relativamente bassa. Perplesso, incomprensibilmente restio a raggiungere l’altra vettura, Peter rallentò a sua volta. L’indice del tachimetro della macchina di Deirdre scese a quaranta miglia.
«Peter?» Mary sembrava allarmata. «Peter, non mi piace.»
«Non sta succedendo niente», rispose lui, ma era così? Teneva d’occhio l’automobile della polizia, che ora procedeva lenta sul lato opposto della strada, sulla sua sinistra. Inutile cercare di vedere chi guidava, perché il lunotto posteriore era incrostato di polvere.
La breve accensione degli stop, anch’essi impolverati, segnalò che l’auto di pattuglia aveva ulteriormente rallentato. Ora procedeva a non più di trenta miglia. Un cespuglio rotolò sulla sede stradale e i radiali del poliziotto lo schiacciarono. Sbucò davanti a Peter Jackson come un mucchietto di dita spezzate. Tutt’a un tratto ebbe paura. Si sentì per la verità vicino al terrore, incapace di spiegarsene il motivo.
Perché il Nevada è pieno di gente intensa, aveva detto Marielle e Gary aveva confermato, ed è così che si comportano le persone intense… In modo strano, per dirla in parole povere.
Naturalmente erano tutte fesserie, non c’era niente di strano, niente di molto strano, quanto meno, anche se…
I fanalini di coda dell’altra automobile si accesero di nuovo. Peter reagì schiacciando il freno, senza nemmeno riflettere per un secondo su che cosa stava facendo, poi controllò il tachimetro e vide che era sceso a venticinque miglia.
«Che cosa vuole, Pete?»
Ormai era abbastanza ovvio.
«Tornare in coda.»
«Perché?»
«Non lo so.»
«Ma se vuole stare dietro, perché non ha semplicemente accostato per lasciarci passare?»
«Non so neanche questo.»
«Che cosa hai intenzione di…»
«Passare, naturalmente.» Poi, per nessuna ragione, aggiunse: «Del resto non siamo stati noi a inchiodare quel gatto al cartello».
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore del Maine rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Stephen King.
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