Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Doni preziosi di Danielle Steel, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 19,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 9,99.
Doni preziosi: trama del libro
Véronique Parker ha dedicato tutta se stessa alle tre figlie, prima e dopo il divorzio dal marito Paul, che alla famiglia ha invece sempre preferito la bella vita. Véronique le ha cresciute con tutta la cura e l’affetto possibili per colmare l’assenza del padre, e ora sono tre donne brillanti e indipendenti: Timmie, la maggiore, lavora come assistente sociale a New York; la dolce e minuta Juliette è proprietaria di una graziosa pasticceria a Brooklyn; e Joy, la più giovane, vive a Los Angeles, dove spera, un giorno, di diventare attrice. Quando, dopo una lunga malattia, l’uomo viene a mancare, le donne di casa Parker si riuniscono per leggerne le volontà, non senza qualche sorpresa. Con un ultimo e inatteso gesto d’amore, Paul ha infatti lasciato a ognuna di loro qualcosa di speciale: un dipinto di misteriosa provenienza, un castello nel Sud della Francia, i mezzi per realizzare i propri sogni e un’inaspettata rivelazione dal passato. Tutti doni preziosi che le condurranno in un viaggio che cambierà le loro vite in modi sorprendenti, rimarginando vecchie ferite e svelando segreti sepolti nel tempo.
Era un’afosa giornata di luglio e, come al solito, il condizionatore non funzionava. Dalle premesse, sembrava uno di quei giorni in cui niente va per il verso giusto, e in cui avrebbe dovuto dare cattive notizie ad alcuni dei suoi assistiti più disperati. Spezzare il cuore a qualcuno era quasi all’ordine del giorno, per lei. Viveva in uno stato di perenne indignazione nei confronti dell’ingiustizia e dell’inefficienza del sistema. Occuparsi dei senzatetto era una passione che si portava dietro sin da adolescente. Era una persona altruista, che però aveva il difetto di arrabbiarsi spesso; in gioventù le sue focose discussioni sulle problematiche sociali – preferibilmente a tavola – erano state innumerevoli. Da anni ormai tentava di rendersi utile. Ma Timmie Parker era soprattutto una che non mollava, e che lavorava instancabilmente per chiunque si rivolgesse a lei. Non si limitava a trovare alloggi ai bisognosi, ma li seguiva dopo aver risolto il problema della casa per evitare che, una volta sistemati nei piccoli appartamenti di proprietà dello Stato, quelle stesse persone, senza un supporto adeguato, si lasciassero sprofondare in un baratro di solitudine e disperazione o addirittura tentassero il suicidio.
Timmie aveva decine di idee brillanti su come far funzionare tutto al meglio, ma, purtroppo, non si trovavano mai i fondi o le persone necessari a portare avanti i progetti. La crisi economica aveva comportato tagli nei programmi contro la povertà, gli aiuti delle fondazioni private scarseggiavano e il governo non era di grande aiuto. A volte aveva l’impressione di svuotare l’oceano con un cucchiaino, mentre guardava i suoi assistiti sparire tra le crepe del sistema, attendere un anno o anche più di entrare a far parte di un programma di disintossicazione gratuito o aggiudicarsi un posto in cui abitare. Erano le donne le vittime più numerose, quelle che vivevano per strada e che, spesso, erano bersaglio di crimini violenti. Ogni giorno Timmie affrontava i meandri della burocrazia, per aiutare coloro che si rivolgevano alla fondazione a compilare i moduli per ottenere il riconoscimento di un’invalidità o i documenti. Il suo punto debole erano gli adolescenti, ma per loro era più facile trovare programmi d’inserimento adeguati, senza contare che si destreggiavano meglio a vivere in strada. A mezzogiorno aveva già ricevuto sei persone e doveva vederne ancora una decina nel pomeriggio. Di rado lasciava l’ufficio prima delle otto o delle nove di sera e a volte si tratteneva fino a mezzanotte, per poi tornare alla scrivania alle prime luci dell’alba. Il lavoro era tutta la sua vita e, per il momento, non desiderava altro.
Ai tempi del dottorato, aveva convissuto con un uomo che l’aveva tradita con la sua migliore amica. Dopo, si era impegnata in un’altra storia finita con un tradimento, anche se – almeno – non con qualcuno di sua conoscenza. Dopo quella rottura, si era dedicata anima e corpo al lavoro, e ormai era single da due anni.
Le donne della sua famiglia, ripeteva sempre, erano sfortunate in amore. La sorella minore, Juliette, aveva un debole per i perdenti, che approfittavano della sua gentilezza e cortesia – e della sua disponibilità a mettere mano al portafogli – per poi lasciarla. L’unica a sorprendersi sempre era proprio lei che, dopo essersi sciolta in lacrime per un paio di mesi e aver preso una pausa, ci ricadeva sempre.
La madre, Véronique, aveva trascorso i vent’anni dopo il divorzio coltivando un rapporto di amorevole sostegno con il loro affascinante e avvenente padre, un traditore seriale che aveva ingannato l’ignara moglie per tutto il periodo del matrimonio, conclusosi per colpa di una top model ventitreenne, evento che aveva scoperchiato il vaso di Pandora delle avventure extraconiugali. In seguito, Paul aveva avuto una serie di storie con donne bellissime ed era stato costantemente scusato dalla ex moglie con frasi tipo: Sapete com’è fatto vostro padre… Timmie lo sapeva, eccome, e con il tempo era arrivata alla conclusione che tutti gli uomini fossero uguali: affascinanti, spesso belli, di rado onesti, sempre pronti a tradire e sfruttare le donne. Proprio questa convinzione le aveva impedito di sentirsi vicina al padre, in particolare quando aveva scoperto con orrore che i suoi compagni erano fatti della stessa pasta, sebbene non così affascinanti e belli come il genitore, un maestro nell’arte della seduzione. Poche donne resistevano al suo fascino, una caratteristica che con il tempo Timmie aveva cominciato a detestare. Rifuggiva gli uomini affascinanti, al punto che sia la madre sia le sorelle la accusavano di non sopportare il genere maschile nel suo complesso. Lei insisteva che non fosse così; ce l’aveva solo con i bugiardi traditori e con quelli che la consideravano una conquista. Bastava l’intenzione di corteggiarla per metterla in guardia.
Solo la sorella minore, Joy, aveva evitato lo stesso destino. Era sempre stata la prediletta del padre per la sua bellezza e l’indiscutibile somiglianza con Véronique, un’avvenente cinquantaduenne. Sia Véronique sia Joy avevano folti capelli neri, pelle candida come la porcellana e occhi dalle sfumature viola. La figlia era leggermente più alta e, già al college, aveva iniziato a posare come modella. Sin da piccolissima era riuscita a circuire il padre per ottenere ciò che desiderava, però aveva sempre tenuto a una certa distanza il resto della famiglia. Aveva un carattere indipendente e stava alla larga dagli uomini che potevano ferirla. Di solito i suoi partner vivevano sulla costa opposta alla sua o erano focalizzati come lei sulla carriera, e ciò impediva loro di guadagnare troppo terreno. Tutti la adoravano, ma sempre a distanza.
Capitava spesso che Timmie attribuisse il fatto che nessuna di loro aveva una relazione decente alla «maledizione di famiglia», come la chiamava lei. Il padre, sosteneva, le aveva condannate a provare una sorta di attrazione fatale verso uomini sbagliati. Lei non era mai riuscita a cambiare quel suo modo di essere, e nemmeno ci provava più. Aveva ben altri problemi. La sistemazione dei senzatetto era più importante della sua vita sentimentale.
La giornata stava trascorrendo frenetica come di consueto, quando, tra un colloquio e l’altro con i numerosi assistiti in attesa, squillò il telefono. Per un attimo, Timmie pensò di lasciar scattare la segreteria, ma poi, immaginando che potesse trattarsi di una persona in difficoltà o di una delle agenzie per la ricerca di alloggi che aveva contattato quella mattina, rispose.
«Timmie Parker», scandì in tono formale. Non era una persona particolarmente cordiale, benché fosse molto generosa.
«Ciao, Timmie. Sono Arnold.» Un brivido gelido le serpeggiò lungo la schiena nel sentire quella voce familiare. Arnold Sands era l’avvocato nonché il migliore amico del padre. Lo conosceva fin da piccola. Da circa un anno il padre era ricoverato in una casa di cura: era in gravi condizioni a causa delle complicazioni di un ictus. Era andata a trovarlo un paio di settimane prima, ma ormai era peggiorato al punto che lei non aveva potuto far altro che rimanere seduta in silenzio accanto a lui, a guardarlo e a tenergli la mano. Il lato sinistro del corpo era paralizzato, ed era deprimente vederlo così, proprio lui che era stato sempre attivo, pieno di voglia di vivere e giovanile. A ottant’anni, dopo quel brutto colpo, si stava allontanando pian piano dalla vita. Sebbene Timmie avesse sempre disapprovato il suo stile di vita, la confortava sapere che c’era ancora; nutriva la segreta convinzione che un giorno, come per magia, le cose potessero cambiare, che tra loro vi potesse essere un rapporto, che lo avrebbe miracolosamente trasformato in un genitore da ammirare e al quale appoggiarsi. Era consapevole che non sarebbe mai successo, ma finché fosse stato vivo, si aggrappava a quella speranza. In realtà, Paul non era mai stato presente nella vita di nessuno, né nella sua, né in quella della moglie o delle altre figlie. Véronique aveva perdonato, ma Timmie no.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice newyorchese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Danielle Steel.
Lascia un commento