Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Era di maggio di Antonio Manzini. Il romanzo è pubblicato in Italia da Sellerio con un prezzo di copertina di 14,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Era di maggio: trama del libro
“Mettilo agli atti, Italo. In una notte di maggio, alle ore una e dieci, al vicequestore Rocco Schiavone piomba addosso una rottura di decimo grado!”. Gli agenti del commissariato di Aosta, che stanno imparando a convivere con la scorza spinosa che ricopre il suo cuore ferito, scherzano con la classifica delle rotture del loro capo, in cima alla quale c’è sempre il caso su cui sta indagando. Ma Rocco è prostrato per davvero. Una donna è morta al posto suo, la fidanzata di un amico di Roma, “seccata” da qualcuno che voleva colpire lui. E quando esce dalla depressione si butta sulle tracce di quell’assassino tra Roma ed Aosta, scavando dolorosamente nel proprio passato, alla ricerca del motivo della vendetta, un viaggio nel tempo che è come una ferita che si apre su una piaga che non ha ancora smesso di sanguinare. Però le rotture sono solo cominciate: un altro cadavere archiviato all’inizio come infarto. Un altro viaggio che si inoltra stavolta nel presente dorato della città degli insospettabili. In questo quarto romanzo, prosegue la serie dei polizieschi scabri, realistici e immersi nell’amara ironia di Rocco Schiavone. Ma in realtà, attraverso le diverse avventure di un poliziotto politicamente scorretto, si svolge un unico racconto. Il racconto della vita di un uomo che si scontra con la impunita e pervasiva corruzione del privilegio sociale, nel disincanto assoluto dell’Italia d’oggi.
In ebook Era di maggio (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 9,99 euro.
DIETRO GLI STROZZINI
Prestavano soldi a imprenditori e privati a tassi da capogiro per poi impossessarsi di beni e conti bancari. Questa era l’attività di Domenico Cuntrera, originario di Soverato con precedenti penali, arrestato dalla polizia grazie alle indagini sull’omicidio di Cristiano Cerruti, braccio destro del costruttore Pietro Berguet, titolare della Edil.ber.
Il questore Andrea Costa durante la conferenza stampa ha affermato: «Siamo andati direttamente al cuore dell’organizzazione grazie alle indagini a tappeto fatte dai miei uomini, ma altro non posso aggiungere perché siamo sicuri si tratti della punta dell’iceberg».
«È una realtà che le organizzazioni mafiose da anni si sono radicate sul territorio della Valle e credo che quest’ultimo episodio portato alla luce dalla questura di Aosta ne sia una prova ulteriore» così ha commentato il comandante dei carabinieri Gabriele Tosti, della Direzione Investigativa Antimafia di Torino.
«Siamo di fronte a un attacco alla parte sana del paese. Dobbiamo pensare a non abbandonare l’imprenditoria alla mercé di queste organizzazioni mafiose» tuona il giudice Baldi dalla procura.
Domenico Cuntrera, arrestato per l’omicidio di Cristiano Cerruti, è stato fermato alla frontiera svizzera dopo aver abbandonato precipitosamente la pizzeria Posillipo di sua proprietà qui ad Aosta. Nelle mani dell’omicida, legato probabilmente a una ’ndrina mafiosa, numerosi documenti ora al vaglio degli inquirenti. L’arresto dell’uomo potrebbe essere il primo vero successo dello Stato nella lotta alla malavita organizzata sul nostro territorio.
GIAMPAOLO GAGLIARDI
Rocco provò una vaga soddisfazione nel constatare che su quell’articolo non apparisse il suo nome. Ma la cosa non era certo sufficiente ad alleviare il suo stato di prostrazione. Non usciva dal residence da tre giorni. Da tre giorni non accendeva il cellulare, non vedeva l’ufficio e i colleghi, non andava a fare colazione a piazza Chanoux, non si fumava uno spino, non vedeva Anna. A parte le passeggiate con Lupa per la pipì, restava segregato nella stanza del residence Vieux Aosta a guardare la televisione e il soffitto, trovando spesso quest’ultimo assai più interessante. Lupa sembrava amare quella nuova vita fatta di lunghe dormite sul letto accanto al suo padrone, grandi mangiate e sgroppatine nel centro storico per smaltire un po’. Era comprensibile. Era stata abbandonata nella neve, aveva vagato per giorni in mezzo a boschi e prati rischiando la vita chissà quante volte. Starsene ora al caldo in un posto sicuro, sopra un piumone morbido e accogliente, senza ansie né paura di patire o di essere travolta da un camion, le sembrava un sogno. E quel tepore se lo godeva tutto, quella sicurezza l’assaporava secondo dopo secondo.
Rocco, giornale in mano, voltò pagina.
ANCORA SENZA NOME L’ASSASSINO DI RUE PIAVE
Non ha ancora un nome e un volto l’uomo che la notte di giovedì è penetrato nell’appartamento del vicequestore Rocco Schiavone in rue Piave freddando con otto colpi di pistola Adele Talamonti, 39 anni, di Roma, amica e confidente del vicequestore. Dalle ultime rivelazioni si trovava ad Aosta in visita di amicizia e ora il corpo della vittima è stato trasferito nella capitale e ha trovato sepoltura a Montecompatri, nei pressi di Roma, paese originario della famiglia. Ma sull’omicidio sono tante le domande inevase. Era davvero lei il bersaglio dell’omicida, oppure era il dottor Schiavone, che la notte dell’omicidio non era in casa? In questura le bocche sono cucite, in procura il silenzio è assordante. La sensazione è che negli uffici si stia facendo quadrato intorno al vicequestore, in forza ad Aosta dal settembre dello scorso anno. Un poliziotto efficace che ha già ottenuto ottimi risultati, non ultimo quello di aver scoperto un giro di usura della malavita organizzata. Ci chiediamo: siamo di fronte a un’indagine ad alto rischio di inquinamento oppure a un’azione omertosa delle forze dell’ordine adesso che uno di loro è al centro della bufera? Se così fosse verrebbe da pensare ad una mortificazione della democrazia. Ma confidiamo nelle nostre forze dell’ordine e attendiamo fiduciosi.
SANDRA BUCCELLATO
«Ma vaffanculo!». Rocco scagliò a terra il giornale. «Omertoso ’sto cazzo!» urlò alle pagine del quotidiano sparpagliate per terra. Chi era Sandra Buccellato? Cosa stava insinuando?
Era il secondo articolo di quel tono che la giornalista scriveva su quell’omicidio. «Adele Talamonti, 39 anni, di Roma» era la fidanzata di Sebastiano, il suo miglior amico di Roma. La «vittima» era una cara e vecchia amica che adesso riposava al cimitero di Montecompatri. Che cazzo era quel veleno che la giornalista spargeva in quell’articolo?
Sandra Buccellato sul giornale avrebbe dovuto scrivere: Dottor Schiavone! Le hanno ucciso un’amica in casa e lei da giorni invece di indagare se ne sta rinchiuso come un orso in letargo? Cosa aspetta? Si dia una mossa e cerchi di capirci qualcosa. Mentre lei si lecca le ferite, quel bastardo se ne va in giro libero e beato. Si muova, Schiavone!
La verità era che Adele era morta al posto di Rocco. Quegli otto colpi 6.35 che le avevano scaricato addosso mentre dormiva tranquilla nel letto di rue Piave, erano destinati a lui. A lui soltanto. Adele era una sua responsabilità. L’ennesima.
Come Marina.
Guardava il giorno afflosciarsi come un fiore reciso.
Qualcuno bussò alla porta. Lupa, stesa sul letto sfatto, alzò un orecchio. Rocco non si mosse. Aspettò. Bussarono ancora.
Ora se ne va, pensò.
Sentì i passi del visitatore allontanarsi nel corridoio. Tirò un bel sospiro.
Anche quel rompicoglioni se n’era andato.
Lento si rimise a letto sprofondando nel piumino. Lupa gli si accoccolò sotto l’ascella. I due si addormentarono abbracciati come due naufraghi.
«Un macchiato e un deca!» gridò Tatiana. Corrado Pizzuti non si mosse, lo sguardo perso sulla cesta con le tazzine da infilare nella lavastoviglie.
«Corrado, sveglia, sono le sette di sera! Un macchiato e un deca!». Corrado si riprese e guardò i due clienti al bancone. Erano Ciro e Luca, i vigili urbani di Francavilla al Mare.
«Che ti si’ addurmite?» fece Ciro.
«Fattelo pure tu un caffè!» aggiunse Luca.
Corrado cominciò ad armeggiare intorno alla macchina.
«È stata proprio una bella giornata di sole, eh, Tatiana? Perché più tardi non andiamo a mangiare il pesce?». Erano tre anni che Luca ci provava con Tatiana, la socia di Corrado. E non aveva ancora capito che la russa era sposata da due anni con il ragioner De Lullo, vedovo e senza figli. «Vacci con tua moglie a mangiare il pesce!» rispose Tatiana gentile.
Corrado sorrise appena. Era sempre gentile, Tatiana. Sempre sorridente. Sempre positiva. Forse anche per quello tre anni prima lui le aveva chiesto di diventare socia del bar. Tatiana non aveva messo soldi, dove poteva prenderli? Ma Corrado accanto a sé aveva bisogno di una persona onesta, di cui potersi fidare, cui affidare il bar e la cassa se avesse dovuto assentarsi per qualsiasi motivo. Come la settimana precedente. Quando Enzo s’era presentato a casa sua in piena notte per prelevarlo con la forza e portarlo ad Aosta. Chi gliel’aveva dato a quel bastardo l’indirizzo di Francavilla? Come l’aveva trovato? Ricattato da quell’assassino, non poteva fare altro che obbedirgli e sperare che sparisse al più presto dalla sua vita.
«Che hai?» gli sussurrò Tatiana. Corrado sorrise. «Sei pensieroso».
Cosa le poteva dire? Che i suoi giorni erano incubi senza fine? Che avrebbe volentieri preso il primo volo per un paese qualsiasi all’altro capo del mondo? Invece disse: «Questo è per te, Luca!» porgendo il caffè all’altro vigile.
«Allora Tatiana? Questo pesce ce lo andiamo a mangiare o no?».
«Fai una cosa, Luca. Finisci il caffè, prendi Ciro e continuate il giro. Chissà che prima di sera non riesci a mettere qualche multa!».
Ciro scoppiò a ridere, mollò una pacca sulle spalle di Luca: «Iamè Luca, non tieni speranze!» e i due vigili lasciarono il bar. Fuori incrociarono Barbara che entrò al Derby con un sorriso a 32 denti. «Corrado, mi fai due tè? Li porto in negozio!».
«Pronti!» rispose Corrado. Le due proprietarie della libreria accanto al bar gli mettevano soggezione. Non perché fossero severe o autoritarie. Barbara e Simona vendevano libri, e per lui erano ammantate di un alone di mistero. Insomma caffè e panini li comprano tutti, ma i libri? Eppure l’attività era ben avviata. Come fossero due sacerdotesse di un culto a lui sconosciuto, le rispettava ed esaudiva ogni loro desiderio. «Limone come sempre?».
«Limone come sempre!».
«Corrado, appena finisci i tè accendi le luci fuori che è ora…» disse Tatiana, poi fece un cenno alla libraia che la seguì fuori dal bar. Voleva parlarle.
Sul marciapiede si accese una sigaretta. Ne offrì una a Barbara che rifiutò.
«Che c’è Tatià?».
«Corrado è strano. Quattro giorni fa ha chiuso il bar. È stato via due notti. Non mi ha detto perché, e non mi ha neanche detto dove è andato. Da quando è tornato è… non lo so, pallido, testa fra le nuvole, e poi salta a ogni rumore».
«Che cosa pensi?».
«Non lo so. Però non mi piace».
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore romano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Antonio Manzini.
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