Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Gli eredi di Wulf Dorn. Il volume è pubblicato in Italia da Corbaccio con un prezzo di copertina di 17,60 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Gli eredi: trama del libro
«Mi creda, avrà bisogno ancora di un sacco di caffè oggi. Sarà una cosa lunga.» Nella saletta colloqui del seminterrato del reparto psichiatrico dell’ospedale, Frank Bennell, stimato criminologo alla soglia della pensione, chiede aiuto a Robert Winter, psicologo con cui ha collaborato in numerosi casi di omicidio. Però i due esperti del lato oscuro della natura umana questa volta sono messi a dura prova. La donna che si trovano davanti, sopravvissuta a un grave incidente su una strada di montagna immersa nella nebbia e battuta dalla pioggia, sembra oscillare tra realtà terribili e allucinazioni. Si chiama Laura Schrader, trentadue anni, capelli biondi; nell’auto accanto a lei una pistola vecchio modello col caricatore vuoto e un baule in cui si nasconde una dura verità. Nel suo sguardo diffidenza e terrore. Perfino Winter, il quale nella sua carriera ha ascoltato dai suoi pazienti storie così plausibili da non riuscire quasi a smascherarle, non sa come mettere in ordine i pochi elementi ricavati con tanta fatica dalla donna: l’uomo che l’ha salvata chiamando i soccorsi e poi è sparito nel nulla, bambini dagli occhi di ghiaccio, misteriose uccisioni… Fatica a collegarli a quanto si vede nella foto che gli ha mostrato il collega: qualcosa di terribile, che supera ogni immaginazione. In una lunga notte, fuori dalla clinica, sotto un cielo nero e gonfio di odio sta succedendo qualcosa. Ma cosa? Bisogna credere a quella donna per arrivare in tempo. Se sarà ancora possibile.
In ebook Gli eredi (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di 2,99 euro.
Finalmente!
Però, invece della foto di Su, sullo schermo comparve il logo del suo gestore telefonico. Il messaggio annunciava una conveniente tariffa autunnale.
«Al diavolo!»
Lasciò cadere il cellulare sul sedile accanto a sé. Aveva ancora un lungo tragitto da compiere e il cielo si andava rannuvolando come un sinistro presagio. Accelerò e guardò nello specchietto retrovisore, quasi cercasse i volti e le voci che lo incalzavano mentalmente.
«Non dice più una parola…»
«È un’altra persona…»
«Si comporta in maniera strana, come… non saprei dire, è… inquietante. Sì, inquietante!»
«Forse mi prenderà per pazza, dottore, ma ho paura di lei.»
E alla fine il suo professore relatore: «Non so che cosa pensare, Patrick. Sono sbigottito quanto te. In vent’anni di carriera non mi è mai capitato niente del genere».
Queste ultime parole erano le più opprimenti per Patrick. Era partito subito dopo la telefonata e da allora rimpiangeva di non averlo fatto già molto prima. Perché, per la miseria, aveva lasciato passare un’altra notte?
La strada provinciale curvava a sinistra, oltre i ruderi di un caseificio abbandonato da tempo, e poi finalmente era segnato il valico. Nessuno gli veniva incontro sulla carreggiata opposta e anche alle sue spalle la strada era vuota. Da quando aveva lasciato l’autostrada e poi la statale, non aveva incrociato più molti veicoli e da mezz’ora viaggiava completamente solo. Le cose sarebbero cambiate solo con l’arrivo della primavera, quando i turisti avrebbero arrancato con i loro camper lungo la stretta stradina per trascorrere qualche giorno di vacanza o per dedicarsi al parapendio nella solitudine delle montagne.
Ammesso che per allora qualcuno venga ancora qui.
La spessa coltre di nuvole, che non prometteva niente di buono, nascose anche le ultime luci del tramonto davanti a Patrick. Fin dal pomeriggio il servizio meteorologico aveva annunciato raffiche violente e forti precipitazioni piovose sui rilievi. Un nubifragio autunnale su quelle strade di montagna strette e tortuose poteva essere estremamente pericoloso.
Tuttavia non era il clima a preoccuparlo, quanto piuttosto ciò che poteva aspettarlo all’arrivo. La paura che le sue congetture fossero esatte non gli dava pace.
Anni prima Su gli aveva regalato una maglietta con la scritta Take it easy or easy takes you. «Sembra fatta apposta per te» aveva detto, e nessuno di quelli che conoscevano anche superficialmente Patrick l’avrebbe smentita. Patrick Landers non era una persona che perdesse facilmente la pazienza. Da allora erano cambiate molte cose, certo, lui e Su non stavano più insieme da un bel po’ e la maglietta ormai sbrindellata aspettava da parecchio in qualche angolo del suo armadio di essere messa tra gli abiti usati, ma la scritta era sempre valida. Anzi, sempre di più con il passare del tempo. Nei trentacinque anni della sua vita aveva imparato che la maggior parte delle cose si rivela più innocua di quanto appaia a prima vista. Ammesso che le si affronti riflettendo e con la necessaria calma.
Questa volta però aveva sottovalutato la situazione. Su aveva promesso di tenerlo informato. Per tanti anni da quando si conoscevano aveva sempre mantenuto le promesse. Ora invece erano passati già tre giorni senza nessuna notizia da parte sua. Nessuna telefonata, nessun sms, niente. C’era di che preoccuparsi seriamente, e da pensare che fosse successo qualcosa. Qualcosa che lui forse avrebbe potuto impedire.
Maledizione, perché aveva rimandato così? Invece di provare ripetutamente a telefonarle invano e aspettare che lei lo richiamasse, si sarebbe dovuto mettere in viaggio già prima. Nel caso il suo presentimento, sempre più concreto e ormai diventato quasi una certezza, si fosse rivelato fondato, non c’era più tempo da perdere.
E se arrivo troppo tardi?
Scacciò quel pensiero, che lo tormentava come un insetto molesto, e si strofinò gli occhi stanchi. Era sfinito dopo il lungo viaggio e la precedente notte insonne. Una notte trascorsa a rigirarsi nel letto tormentato da quelle voci che anche ora lo perseguitavano.
«È cambiato all’improvviso…»
«Si comporta in modo strano…»
«Inquietante!»
Che cosa non avrebbe dato ora per un buon caffè!
Inoltre era quasi in riserva. Forse ce l’avrebbe fatta a raggiungere la meta, ma era rischioso.
Alla fine la ragione ebbe la meglio sull’impazienza e Patrick si fermò a un distributore dove un’insegna di grandi dimensioni informava: Prossima area di servizio 30 km.
L’indicazione tuttavia si rivelò un brutto scherzo del destino. Dopo essere sceso e aver infilato velocemente la pistola nel serbatoio, si accorse che la pompa non dava segnali di vita. Era spenta, come pure le luci nel casotto lì vicino. Solo allora Patrick si rese conto che anche l’abitazione adiacente era buia. I cartelli che promettevano Ogni giorno brioche fresche e caffè da portare via e Controllo gratuito degli pneumatici – chiedere alla cassa erano smentiti da un foglio attaccato alla porta d’ingresso dove qualcuno aveva frettolosamente scarabocchiato Temporaneamente chiuso.
Patrick rimase immobile per un attimo davanti alla porta. C’era qualcosa che non lo convinceva in quel messaggio. Qualcosa che non sapeva spiegarsi e che al massimo poteva essere definita un’intuizione. Gli occhi si lasciano ingannare, l’istinto no, gli era stato insegnato quando studiava medicina, e la vita gli aveva confermato che quell’affermazione non valeva solo in campo medico.
Forse dipendeva dal modo in cui era scritto il foglio. Scarabocchiato in fretta, come se il proprietario fosse fuggito all’improvviso.
Il vento si era rinforzato e portava con sé l’odore di pioggia. I tuoni rimbombavano assordanti e minacciosamente vicini.
Patrick lasciò perdere il bizzarro messaggio e tornò di corsa verso la macchina. Aveva già perso fin troppo tempo. Si mise di nuovo in viaggio, ignorando l’indicatore della benzina.
Ben presto la stazione di servizio deserta e le finestre buie scomparvero dal suo specchietto. Non si era affatto accorto del nugolo di mosche che ronzava contro i vetri di una di esse.
Mancavano pochi chilometri al valico quando il nubifragio si abbatté sulla strada. Le nubi scure avevano inghiottito completamente il cielo al tramonto, mantenendo la loro tetra promessa. Il vento si alzò ululando e spingeva con tale forza la Mercedes che Patrick faticava a restare in carreggiata.
Grosse gocce di pioggia colpivano il parabrezza, sempre più fitte, finché si trasformarono in una vera e propria cascata che nascondeva quasi del tutto la strada.
Patrick non poté fare altro che rallentare. Scalò di una marcia, imprecando. Mentre saliva per i tornanti, cercando di vedere qualcosa oltre la densa cortina di pioggia, non riusciva a smettere di pensare a quel foglio scarabocchiato in fretta. Alla sua inquietante intuizione. Come se esistesse un nesso tra i suoi timori e il distributore abbandonato.
Naturalmente era un’assurdità. Un’idea del genere era semplicemente frutto della stanchezza, della tensione e dell’agitazione di cui era vittima. Le situazioni di stress e di esaurimento possono provocare fenomeni di paranoia. Sebbene i tergicristalli si muovessero avanti e indietro alla massima velocità, non riuscivano a fare granché contro la massa d’acqua che scrosciava dal cielo.
Proprio adesso che la salita era più ripida e la strada più tortuosa.
Spazientito, diede un pugno al volante, quindi si richiamò all’ordine. Doveva trattenere l’impulso di schiacciare l’acceleratore e affrontare più velocemente la curva successiva. Essere in viaggio su quella strada con un tempo simile era già di per sé pericoloso. Non vedeva niente e oltre ogni curva poteva esserci un mucchio di foglie morte scivolose. Oppure una frana che l’acqua aveva staccato dal fianco della montagna.
Si strofinò nuovamente gli occhi e gettò una breve occhiata nello specchietto. Era sempre solo. Al chiarore del cruscotto i suoi occhi sembravano quelli del protagonista di un film dell’orrore. Come il dottor Jekyll dopo essersi trasformato in mister Hyde.
Cercò di tranquillizzarsi pensando che ben presto avrebbe raggiunto la sommità del passo. Erano molti anni che non veniva più in questa regione, ma ricordava ancora il punto panoramico che offriva una vista spettacolare sulla vallata. Di sicuro non con quella pioggia e non di notte, ma se non altro sapeva che da quel punto mancava giusto una mezz’ora di strada. Appena arrivato avrebbe…
Una solitaria luce accecante trasformò il parabrezza inondato di pioggia in un mare di luci. Una moto! pensò istintivamente Patrick
Schiacciò a fondo il pedale del freno e per un attimo gli sembrò di sbandare. Ma dopo pochi istanti la Mercedes si fermò ubbidiente con uno stridio di gomme. All’inizio Patrick temette di non riuscire comunque a evitare l’impatto contro il motociclista. Solo dopo un altro agghiacciante secondo si rese conto che il fanale non si muoveva.
Socchiuse gli occhi, accecato, per cercare di distinguere qualcosa in mezzo a quel diluvio illuminato scandito dal viavai frenetico dei tergicristalli. Il cuore gli batteva forte in gola.
Si era sbagliato. Da quanto riusciva a capire, quella davanti al lui sul lato sinistro della strada non era una motocicletta. Era un’auto, con un solo faro anteriore funzionante. Il guidatore doveva aver perso il controllo in curva ed era uscito di strada.
«Ci mancava solo questa!»
Patrick spense il motore e azionò le quattro frecce, anche se in quel punto non aveva molto senso. Le curve erano così ravvicinate che non si vedeva a più di cinquanta metri di distanza. Avrebbe dovuto segnalare il punto dell’incidente con due triangoli, ma siccome non aveva incontrato nessun’altra vettura da una mezza eternità, decise di infrangere le regole e di dare prima un’occhiata all’automobilista. Forse a bordo c’erano addirittura più persone.
Prese una pila dal cassettino del cruscotto e si infilò in tasca il cellulare. Quindi si calò fin sul viso il cappuccio della giacca a vento e scese.
Solo allora si rese conto dell’entità dell’incidente. La metà anteriore dell’Audi sembrava essere finita dentro una pressa. L’auto doveva aver sbandato prima sulla corsia di destra strisciando lungo la parete di roccia dalla parte del guidatore. Lo dimostravano diverse ammaccature e quel poco che restava della vernice argentata. Poi chi era alla guida doveva aver commesso l’errore di sterzare di scatto. Il muretto di pietra aveva fermato la sbandata della vettura facendo accartocciare il lato del passeggero come una lattina di birra vuota.
Patrick guardò il cofano semiaperto simile a un ghigno sinistro. Inspirò l’aria fredda della sera, riconobbe l’odore di benzina e si preparò a un brutto spettacolo. Poi corse verso la macchina, tenendosi il cappuccio con una mano per evitare che il vento glielo strappasse dalla testa.
Le schegge di vetro sparse sull’asfalto scricchiolavano sotto le sue scarpe. A parte il parabrezza, simile a un mosaico ripiegato appeso all’interno della vettura, tutti i finestrini erano frantumati. Ancora prima di arrivare all’auto, Patrick vide una donna seduta al volante. Aveva la testa reclinata sulla spalla destra, il viso nascosto da lunghi capelli biondi.
«Mi sente?» gridò nel fragore della bufera, senza ottenere risposta.
Patrick si avvicinò e diede un’occhiata all’interno dell’abitacolo. Tirò un sospiro di sollievo quando vide che il petto della donna si alzava e si abbassava, in modo lieve ma regolare. A parte lei non c’era nessun altro a bordo dell’auto.
«Ehi, riesce a sentirmi?»
La donna non reagì. Era priva di sensi e Patrick si domandò quanto tempo fosse trascorso dall’incidente. Nonostante il freddo e la pioggia non si vedeva uscire fumo dal cofano accartocciato. Il motore doveva essersi ormai raffreddato.
Patrick si accorse che il busto della donna era macchiato di sangue secco. Non sapeva giudicare se avesse riportato ferite anche alle gambe e di quale entità. L’airbag afflosciato le nascondeva completamente.
Provò a percuotere la portiera, senza riuscire ad aprirla. Non si sorprese, il telaio e la carrozzeria erano completamente deformati. Tirò fuori dalla tasca il cellulare e compose il numero di emergenza. Sotto quella pioggia fu costretto a toccare il display più volte prima di riuscirci.
Il centralinista del servizio di pronto soccorso che rispose al secondo squillo aveva una voce giovane e pacata. Quando Patrick cercò di spiegargli approssimativamente il luogo dell’incidente, si fece sempre più nervoso. Non sembrava avere idea di dove si trovasse il valico né quale fosse l’ospedale più vicino. Probabilmente il soccorso alpino avrebbe mandato un elicottero, lo rassicurò infine. Ci sarebbe voluto un po’, ma naturalmente avrebbero cercato di fare il prima possibile.
«Rimanga sul luogo dell’incidente» concluse l’uomo. «La strada è già stata messa in sicurezza?»
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore tedesco rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Wulf Dorn.
Qui potete trovare tutti i libri di Wulf Dorn in ordine di pubblicazione.