Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di L’eredità segreta di Danielle Steel, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 14,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 9,99.
L’eredità segreta trama del libro
Un pacchetto di vecchie lettere colme di rimpianti, alcune foto sbiadite di una coppia elegante e, soprattutto, una magnifica collezione di gioielli: pietre spettacolari incastonate in montature dalla fattura squisita. È questo il contenuto di una cassetta di sicurezza che nessuno ha più reclamato presso la Metropolitan Bank di New York. Se non sarà possibile rintracciare gli eredi, i gioielli verranno messi all’asta. Ma chi era davvero Marguerite Pearson, la donna misteriosa, morta in solitudine, che ha lasciato una tale fortuna senza fare testamento? Due persone sono chiamate a risolvere il mistero. Jane Willoughby lavora presso il tribunale che deve assegnare l’eredità, mentre Phillip Lawton è un esperto di arte e gioielli della casa d’aste Christie’s. Per entrambi l’indagine comincia come un semplice incarico, ma diventa sempre più intensa e coinvolgente sul piano personale a ogni nuova, sorprendente svolta: gli indizi sul passato dell’enigmatica Marguerite li portano a ritroso da New York a Londra, da Parigi a Roma e infine a Napoli. A mano a mano che ricostruiscono la straordinaria storia di Marguerite, Jane e Phillip scoprono anche la verità su se stessi e sulla natura più profonda dell’amore. Perché l’eredità più importante che una donna possa lasciare non è quella materiale, ma quella del cuore.
Solo tre anni prima, una parte di New York era rimasta senza elettricità durante il catastrofico uragano che l’aveva investita. A pochi isolati a nord del quartiere rimasto al buio per il blackout e l’inondazione, la banca aveva continuato a funzionare e a servire la clientela offrendo persino vassoi di tramezzini e caffè alle vittime dell’alluvione, dimostrando grande senso civico.
Hal era responsabile delle cassette di sicurezza, un lavoro che altri trovavano noioso e che lui, invece, aveva sempre svolto con entusiasmo. Gli piaceva il contatto con la vecchia clientela che si presentava con regolarità per rovistare tra gli effetti personali ben custoditi, per controllare i titoli azionari o per depositare nuovi testamenti nelle cassette. Chiacchierava con loro, se lo desideravano – e molti non si facevano sfuggire l’occasione – oppure, se preferivano, concedeva la privacy più assoluta. Conosceva di vista la maggior parte dei clienti, e di parecchi sapeva il nome. Era un impiegato modello, sempre attento alle necessità di ognuno. Gli piaceva anche incontrare i clienti più giovani, in particolare quelli che non avevano mai posseduto una cassetta, e spiegare loro il valore di averne una in cui custodire documenti e oggetti importanti giacché gli appartamenti nei quali vivevano non sempre erano sicuri.
Era sposato, aveva due figli grandi, prendeva il lavoro molto seriamente, non era molto ambizioso, ed entro cinque anni – ne aveva compiuti sessanta – sarebbe andato tranquillamente in pensione. La gestione di quel settore bancario sembrava un compito su misura per lui. Hal era quella che si definiva una «persona per le persone» e svolgeva quel lavoro da ventotto anni, ai quali si sommavano i dieci trascorsi in un’altra filiale della medesima banca. Il suo più grande desiderio era giungere al termine della carriera senza più dover cambiare sede. Le cassette di sicurezza erano sempre state per lui un incarico di grande responsabilità. Del resto, i clienti vi depositavano i loro beni più preziosi, talvolta anche i loro più oscuri segreti, e li custodivano lì, dove nessuno, al di fuori di loro stessi, poteva accedere.
La banca si trovava in quello che un tempo era un quartiere elegante e residenziale conosciuto come Murray Hill e che ormai ospitava prevalentemente uffici. La clientela era varia e comprendeva sia chi lavorava in zona, sia i vecchi clienti di un tempo, persone distinte che ancora abitavano nei pochi palazzi residenziali rimasti. Nessuno degli anziani frequentatori si era ancora avventurato fuori, quel giorno. Le strade scivolose per il nevischio dissuadevano chiunque ne avesse la possibilità dall’uscire di casa, e Hal sfruttò con grande gioia l’occasione per sbrigare buona parte del lavoro che, sin dalle vacanze, si era accumulato sulla sua scrivania.
Quel giorno erano tre i problemi da risolvere. L’affitto di due delle cassette di sicurezza più piccole non veniva pagato da tredici mesi e gli intestatari non avevano risposto alle raccomandate inviate loro per informarli. Di solito, questo significava che la cassetta era stata abbandonata, ma non sempre era così. Dopo aver atteso trenta giorni dallo scadere dell’anno non saldato senza ricevere risposta alla raccomandata, Hal era autorizzato a chiamare un fabbro per forzare le cassette e, in genere, le trovava vuote. Alcuni clienti non si curavano di comunicare alla banca l’intenzione di disdirle, smettevano di pagare l’affitto mensile e spesso gettavano le chiavi. In entrambi i casi, se le cassette fossero state vuote, Hal le avrebbe messe a disposizione delle persone in lista per averne una. Quelle di piccole dimensioni erano le più richieste. Era frustrante dover attendere tredici mesi per reclamarle, ma era la procedura legale, seguita anche dalle altre banche newyorkesi. Sarebbe stato più semplice se i clienti avessero comunicato le proprie intenzioni all’ufficio preposto, liberato la cassetta e restituito le chiavi, ma molti se ne dimenticavano o, semplicemente, non si disturbavano a farlo.
La terza cassetta di sicurezza di cui intendeva occuparsi quella mattina, invece, era un caso diverso. Negli anni, Hal aveva visto di rado la cliente, ma la ricordava perfettamente. Era una signora anziana molto distinta e cortese, che non si fermava mai a scambiare due chiacchiere con lui. Erano quasi cinque anni che non veniva più, e il pagamento della cassetta era stato interrotto da tre anni e un mese. Come da regolamento, trascorso un anno dall’interruzione dei versamenti, Hal aveva mandato la raccomandata per poi attendere i trenta giorni previsti dalla legge prima di forzare la serratura, aprire davanti a un notaio la cassetta – una delle cinque più grandi messe a disposizione dalla banca – e fare l’inventario. La cassetta conteneva molti portadocumenti contrassegnati dalla grafia precisa della proprietaria, uno zeppo di fotografie, un altro con documenti e carte di vario genere, inclusi diversi passaporti scaduti, americani e italiani, rilasciati a Roma. C’erano anche due voluminosi fasci di lettere: uno, legato da un nastro azzurro ormai sbiadito, era vergato con una calligrafia vecchio stile, in italiano, e l’altro, trattenuto da un nastro rosa, era scritto in inglese da mano sicuramente femminile. Oltre a lettere e incartamenti di vario genere, la cassetta conteneva ventidue astucci portagioie di pelle, molti dei quali contenevano un unico pezzo, che Hal non aveva ancora esaminato da vicino. Anche al suo occhio poco allenato, però, erano parsi oggetti di grande valore. Ne aveva stilato una lista semplice, dandone una descrizione sommaria – un anello di brillanti, un braccialetto, una collana, una spilla – senza aggiungere dettagli che andavano oltre la sua competenza e che non era tenuto a riportare. Aveva anche cercato un documento che contenesse le ultime volontà della cliente, un testamento, nel caso si fosse avuta la certezza del decesso, ma non aveva trovato nulla. La cliente aveva pagato la cassetta per ventidue anni, e adesso non si sapeva che fine avesse fatto. Come previsto dalla legge, Hal aveva atteso esattamente due anni dall’apertura senza ricevere risposta da parte della cliente. Il suo compito, adesso, era di notificare al tribunale preposto alle questioni ereditarie di New York l’esistenza di una cassetta di sicurezza abbandonata e l’assenza di testamento, e di consegnare il contenuto della stessa all’autorità giudiziaria; senza testamento o eventuale erede, il tribunale si sarebbe impegnato a pubblicare un annuncio sui giornali, invitando eventuali parenti e coeredi a presentarsi per reclamarne gli effetti personali. Se entro un mese non si fosse fatto avanti nessuno, il tribunale avrebbe dichiarato i beni abbandonati e dato il permesso di venderli e di versarne il ricavato nelle casse dello Stato di New York. I documenti e le altre carte sarebbero stati conservati per altri sette anni a beneficio di eventuali parenti. In mancanza di testamento, le norme erano molto severe e Hal le seguiva sempre con grande scrupolo.
Quel giorno sarebbe dunque passato al secondo stadio della procedura. Se la cliente, ultranovantenne, non fosse stata più in vita, sarebbe spettato alla corte decretarne il decesso prima di disporre delle sue proprietà. La signora era Marguerite Wallace Pearson di San Pignelli. Da due anni Hal nutriva il forte sospetto che i gioielli da lui inventariati avessero un valore considerevole. Sarebbe stato compito del tribunale trovare un perito che li stimasse e, in mancanza di eredi, di autorizzarne la vendita all’asta.
Seguendo il consueto iter, Hal per prima cosa chiamò il fabbro per far aprire le due cassette più piccole, poi contattò il tribunale richiedendo un perito per esaminare il contenuto di quella più grande. Di sicuro non sarebbero venuti immediatamente; il personale era poco, e il lavoro molto.
Erano le undici quando Hal chiamò il tribunale. Rispose Jane Willoughby, una studentessa di legge che faceva il tirocinio di tre mesi per guadagnare crediti prima di laurearsi, a giugno, presso la Columbia Law School; quell’estate stessa avrebbe preso l’abilitazione alla professione. Lavorare in quella sezione non era il sogno di Jane: la sua prima scelta aveva riguardato il tribunale della famiglia, una branca nella quale sperava di praticare come difensore per i diritti dei minori; la seconda opzione era stata il tribunale penale, ma nemmeno lì aveva trovato un posto. Così aveva dovuto ripiegare sul ramo della successione oppure dell’eredità. Jane non aveva accolto con entusiasmo nessuna delle due possibilità, ma aveva rifiutato di prendere in considerazione la prima; trovava deprimente avere a che fare solo con questioni riguardanti persone decedute e dover studiare infiniti incartamenti senza avere mai un contatto umano. Così, aveva optato per la seconda offerta, e al momento vi si sentiva intrappolata. Come se non bastasse, la sua responsabile non poteva essere definita un esempio di simpatia. Harriet Fine era una donna dall’aria stanca, spenta, che lavorarava solo perché aveva bisogno dello stipendio e non aveva mai avuto il coraggio di mollare. I suoi commenti costantemente negativi e l’atteggiamento acido rendevano il compito di Jane ancora più duro, tanto che la ragazza era impaziente di terminare il tirocinio. Le mancava poco per completare gli studi in legge. Il praticantato rappresentava l’ultimo gradino prima della laurea, ed era essenziale che si guadagnasse un buon giudizio da parte di Harriet, da aggiungere al curriculum; così, negli ultimi due mesi, si era dedicata a contattare gli studi legali più famosi di New York.
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice newyorchese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Danielle Steel.
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