Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Che la festa cominci di Niccolò Ammaniti, romanzo edito in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 14,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Che la festa cominci: trama del libro
Nel cuore di Roma, il palazzinaro Sasà Chiatti organizza nella sua nuova residenza di Villa Ada una festa che dovrà essere ricordata come il più grande evento mondano nella storia della nostra Repubblica. Tra cuochi bulgari, battitori neri reclutati alla stazione Termini, chirurghi estetici, attricette, calciatori, tigri, elefanti, il grande evento vedrà il noto scrittore Fabrizio Ciba e le Belve di Abaddon, una sgangherata setta satanica di Oriolo Romano, inghiottiti in un’avventura dove eroi e comparse daranno vita a una grandiosa e scatenata commedia umana. Ammaniti sa cogliere i vizi e le poche virtù della nostra epoca. E nel sorriso che non ci abbandona nel corso di tutta la lettura annegano ideali e sentimenti. E soli, alla fine, galleggiano i resti di una civiltà fatua e sfiancata. Incapace di prendere sul serio anche la propria rovina.
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Il loro leader, Saverio Moneta detto Mantos, era preoccupato.
La situazione era grave. Se non riusciva a riprendere in mano il comando della setta, quello rischiava di essere l’ultimo raduno delle Belve.
L’emorragia era cominciata da un po’. Per primo se ne era andato Paolino Scialdone detto Il Falciatore. Senza dire una parola li aveva mollati ed era entrato nei Figli dell’Apocalisse, un gruppo satanista di Pavia. Poche settimane dopo, Antonello Agnese detto Molten si era comprato una Harley Davidson di seconda mano e si era unito agli Hell’s Angels di Subiaco. E per finire Pietro Fauci detto Nosferatu, braccio destro di Mantos e storico fondatore delle Belve, si era sposato e aveva aperto un negozio di termoidraulica all’Abetone.
Erano rimasti in quattro.
Bisognava fare un discorso molto serio, rimetterli in riga e reclutare nuovi adepti.
– Mantos, tu che prendi? – gli domandò Silvietta, la vestale del gruppo. Una roscetta secca secca con due occhi a palla che sporgevano sotto le sopracciglia sottili, poste troppo in alto sulla fronte. Su una narice e al centro del labbro aveva un anello argentato.
Saverio diede un’occhiata distratta al menu. – Non so… Una marinara? No, meglio di no, l’aglio mi rimane sullo stomaco… Le pappardelle, dài.
– Le fanno ignoranti, ma so’ bone! – approvò Roberto Morsillo detto Murder, un ciccione alto quasi due metri, coi capelli lunghi e tinti di nero e gli occhiali da vista unti di grasso. Addosso aveva una maglietta slabbrata degli Slayer. Originario di Sutri, studiava Legge a Roma e lavorava al Bricocenter di Vetralla.
Saverio squadrò i suoi discepoli. Nonostante avessero superato la trentina si vestivano ancora come una manica di metallari sfigati. E dire che non faceva altro che raccomandarsi: «Dovete sembrare normali, via ’sti piercing, ’sti tatuaggi, ’ste borchie…» Ma non c’era verso.
Questo passa il convento, pensò rassegnato.
Mantos alzò lo sguardo, la sua immagine si rifletteva nella specchiera della Birra Moretti appesa dietro il bancone della pizzeria. Smilzo, un metro e settantadue, occhiali da vista con la montatura in metallo, capelli scuri pettinati con la riga a sinistra. Indossava una camicia azzurra mezze maniche abbottonata fino al collo, pantaloni di velluto a coste blu e un paio di mocassini college.
Un tipo normale. Come tutti i grandi paladini del Male: Ted Bundy, Andrej Oikatilo, Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee. Gente che potevi incontrare per strada e non gli avresti dato una lira. Invece erano i figli prediletti del Demonio.
Che avrebbe fatto Charlie Manson al mio posto se avesse avuto dei discepoli cosí sfigati?
– Maestro, ti dovremmo parlare… Avremmo pensato una cosa sulla setta… – lo spiazzò Edoardo Sambreddero detto Zombie, il quarto del gruppo, un tipo allampanato che non poteva ingerire aglio, cioccolata e bevande gassate. Soffriva di esofagia congenita. Aiutava il padre a montare gli impianti elettrici a Manziana. – Tecnicamente noi, come setta, non esistiamo.
Saverio aveva intuito dove voleva andare a parare l’adepto, ma fece finta di non capire. – Che vuoi dire?
– Da quant’è che abbiamo fatto il giuramento di sangue? Saverio sollevò le spalle. – Saranno un paio d’anni.
– Su internet, per esempio, non si parla mai di noi. Dei Figli dell’Apocalisse tantissimo, – sussurrò Silvietta con una vocina cosí bassa che nessuno la sentí.
Zombie puntò il grissino contro il suo capo. – In tutto questo tempo che abbiamo combinato?
– Delle cose che avevi promesso, che abbiamo fatto? – si uní Murder. – Sacrifici umani non se ne sono visti e avevi detto che ne avremmo fatti un casino. E i riti di iniziazione con le vergini? E le orge sataniche?
– Intanto il sacrificio umano l’abbiamo fatto, eccome se lo abbiamo fatto, – precisò Saverio irritato. – Non sarà riuscito, ma l’abbiamo fatto. E pure l’orgia.
A novembre di un anno prima Murder aveva conosciuto sul treno per Roma Silvia Butti, una studentessa fuori sede della facoltà di Psicologia. I due avevano parecchio in comune: l’amore per la Lazio, i film dell’orrore, gli Slayer e gli Iron Maiden, insomma il buon vecchio heavy metal degli anni Ottanta. Avevano cominciato a chattare su msn e a vedersi a via del Corso il sabato pomeriggio.
Fu Saverio ad avere l’idea di sacrificare Silvia Butti a Satana nel bosco di Sutri.
C’era solo un problema. La vittima doveva essere vergine.
Murder aveva dato la sua parola. – Ci ho fatto di tutto, ma quando ho provato a scoparmela, non c’è stato verso.
Zombie aveva cominciato a ridere. – Non ti ha sfiorato l’idea che forse non ci vuole scopare con un ciccione come te?
– Imbecille, ha fatto una scelta personale di castità. Quella è vergine al cento per cento. E poi, scusatemi, se per caso non lo fosse, che succede?
Saverio, maestro e teorico del gruppo, era preoccupato. – Be’, è abbastanza grave. Il sacrificio sarebbe inutile, o peggio potrebbe addirittura rivoltarcisi contro. Le potenze infernali, non soddisfatte, ci potrebbero attaccare e distruggere.
Dopo ore di discussioni e ricerche su internet, le Belve avevano concluso che l’illibatezza della vittima non era un problema sostanziale. A quel punto avevano studiato un piano.
Murder aveva invitato Silvia Butti per una pizzata a Oriolo Romano. Lí, a lume di candela, le aveva offerto supplí, filetti di baccalà e una birra gigante in cui aveva sciolto tre pasticche di Roipnol. Alla fine della cena la studentessa si reggeva in piedi a malapena e farfugliava cose senza senso. Murder l’aveva caricata di peso in macchina e con la scusa di andare a vedere l’alba sul lago di Bracciano l’aveva portata nel bosco di Sutri. Lí le Belve di Abaddon, con dei blocchi di tufo, avevano innalzato un’ara sacrificale. La ragazza, semicosciente, era stata spogliata e stesa sull’altare. Saverio aveva invocato il Maligno, aveva mozzato la testa a una gallina e spruzzato il sangue sul corpo nudo della studentessa e poi se l’erano fatta tutti. A quel punto avevano scavato una buca e l’avevano seppellita viva. Il rito era stato consumato e la setta aveva intrapreso il suo viaggio negli oscuri territori del Male.
Il problema si era presentato tre giorni dopo. Le Belve erano appena uscite dal cinema Flamingo dove avevano visto Non aprite quella porta. L’inizio e si erano trovate davanti Silvia. La ragazza, seduta su una panchina dei giardinetti, si mangiava una piadina. Non ricordava molto della serata, ma aveva la sensazione di essersi divertita. Aveva raccontato che quando si era risvegliata sotto terra aveva scavato fino alla superficie.
Saverio l’aveva arruolata come sacerdotessa ufficiale della setta. Qualche settimana dopo si era fidanzata con Murder.
– Sí, è vero, l’orgia l’avete fatta, – ridacchiò imbarazzata Silvietta. – Me l’avete raccontata cento volte.
– Sí, ma non eri vergine. E quindi tecnicamente la messa non è riuscita… – fece Zombie.
– Ma come potevate pensare che ero vergine? Il mio primo rapporto…
Saverio la interruppe. – Comunque era un rito satanico…
Zombie tagliò corto. – Ok, lasciamo perdere il sacrificio, poi che altro abbiamo fatto?
– Abbiamo sgozzato diverse pecore, mi pare. O no?
– E poi?
Mantos senza volerlo alzò la voce. – E poi! E poi! Poi ci so’ le scritte sul viadotto di Anguillara Sabazia!
– Capirai. Lo sai che Paolino con quelli di Pavia hanno sventrato una suora?
L’unica cosa che riuscí a fare il leader delle Belve di Abaddon fu scolarsi un bicchiere d’acqua.
– Mantos? Hai capito? – Murder mise la mano accanto alla bocca. – Hanno sventrato una suora di cinquantotto anni.
Saverio sollevò le spalle. – La solita cazzata. Paolo ci vuole fare rosicare, si è pentito di averci lasciato –. Ma aveva la sensazione che non fosse una cazzata.
– Il telegiornale lo guardi o no? – continuò impietoso Murder. – Ti ricordi di quella suora originaria di Caianello che hanno trovato decapitata vicino Pavia?
– Embè?
– Sono stati i Figli dell’Apocalisse. Se la sono caricata a una fermata dell’autobus e poi Kurtz l’ha decapitata con un’ascia bipenne.
Saverio detestava Kurtz, il leader dei Figli dell’Apocalisse di Pavia. Sempre il primo della classe. Sempre quello che faceva le cose piú esagerate. Bravo Kurtz! Complimenti! Sei il migliore!
Saverio si passò la mano sul viso. – Vabbe’ ragazzi… Dovete pure considerare che ’sto periodo è stato molto duro per me. La nascita dei gemelli. ’Sto maledetto mutuo per la casa nuova.
– A proposito, come stanno i piccoli? – domandò Silvietta.
– Sono dei tubi. Mangiano e cagano. E la notte non ci fanno chiudere occhio. Si sono presi anche la rosolia. Aggiungete pure che il padre di Serena si è operato al bacino e tutto il mobilificio sta sulle mie spalle. Ditemi voi come faccio a organizzare qualcosa per la setta?
– Senti, hai qualche occasione in negozio? Vorrei comprarmi un divano letto tre posti, il mio me l’ha distrutto il gatto, – chiese Zombie.
Il capo delle Belve non ascoltava, pensava a Kurtz Minetti. Alto un cazzo e un barattolo. Pasticcere di professione. Aveva già dato fuoco a un rappresentante della Folletto e ora aveva decapitato una suora.
– Comunque siete degli ingrati, – e li indicò uno a uno. – Io mi sono fatto un culo cosí per questa setta. Se non c’ero io che vi introducevo nel culto degli Inferi voi a quest’ora stavate ancora a leggere Harry Potter.
– Sí, Saverio, capisci pure noi però. Noi ci crediamo nel gruppo, ma cosí non si può andare avanti –. Murder nervoso addentò un grissino. – Lasciamo perdere e rimaniamo amici.
Il capo delle Belve, esasperato, sbatté le mani sul tavolo. – Facciamo cosí. Datemi una settimana. Una settimana non si nega a nessuno.
– Che ci devi fare? – chiese Silvietta mordicchiandosi l’anello sul labbro.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore romano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Niccolò Ammaniti.