Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Fiesta di Ernest Hemingway. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori, con un prezzo di copertina di 13,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Fiesta: trama del libro
Pubblicato nel 1926, “Fiesta” è il libro che ha consacrato il suo autore ventisettenne tra i più importanti scrittori americani della “generazione perduta”. Basato su una materia ampiamente autobiografica (i viaggi compiuti da Hemingway con la moglie e alcuni amici in Spagna a partire dal 1923), il romanzo narra le vicende di un gruppo cosmopolita di giovani espatriati, con le loro burrascose inquietudini esistenziali e sentimentali. In queste pagine lo scrittore raggiunge uno stile già maturo, calibrato tra cronaca e poesia, asciutto, essenziale, con dialoghi che riescono a mettere a nudo l’anima dei suoi personaggi, e a infondere loro la vita.
Approfondimenti sul libro
In ebook Fiesta (in pdf, epub e mobi) può essere acquistato al prezzo di euro 7,99.
Io diffido delle persone semplici e schiette, soprattutto quando le loro storie stanno in piedi, e avevo sempre sospettato che Robert Cohn non fosse mai stato campione di pugilato, categoria pesi medi, e che il viso glielo avesse calpestato un cavallo, o che sua madre si fosse spaventata o avesse avuto un incubo, o che lui stesso avesse sbattuto contro qualcosa quando era piccolo, ma alla fine scovai uno che chiese conferma di questa storia a Spider Kelly. E Spider non soltanto si ricordava di Cohn. Si era spesso chiesto che fine avesse fatto.
Robert Cohn faceva parte, tramite suo padre, di una delle più ricche famiglie ebree di New York e, tramite sua madre, di una delle più antiche. Nel collegio militare dove si era preparato per Princeton, ed era stato un’ottima ala nella squadra di football, non gli avevano mai fatto pesare la sua razza. Mai nessuno gli aveva fatto sentire che era ebreo, e quindi in qualche modo diverso da tutti gli altri, prima che andasse a Princeton. Era un bravo ragazzo, e un ragazzo cordiale, e timidissimo, e la cosa lo amareggiò. Si sfogò nel pugilato e uscì da Princeton con un doloroso senso di disagio e il naso schiacciato, e sposò la prima ragazza che fu gentile con lui. Rimase ammogliato per cinque anni, ebbe tre figli, perse la maggior parte dei cinquantamila dollari che gli aveva lasciato il padre – il resto del patrimonio era andato alla madre –, si lasciò modellare in uno stampo piuttosto sgradevole dall’infelicità coniugale con una moglie ricca; e, proprio quando aveva deciso di piantarla, fu la moglie a piantare lui, andandosene con un miniaturista. E poiché per mesi aveva progettato di lasciarla, e non l’aveva mai fatto perché pensava che sarebbe stato troppo crudele privarla di se stesso, la partenza di lei fu uno choc molto salutare.
Dopo il divorzio, Robert Cohn si trasferì sulla costa del Pacifico. In California prese a frequentare letterati, e dopo qualche tempo, essendogli rimasto ancora qualcosa dei cinquantamila dollari, si mise a finanziare una rivista d’arte. I primi numeri della rivista uscirono a Carmel, in California, gli ultimi a Provincetown, nel Massachusetts. A quel punto Cohn, considerato in origine un mero mecenate, il cui nome compariva nell’elenco dei collaboratori soltanto come membro del comitato consultivo, ne era diventato il direttore unico. I soldi erano suoi e aveva scoperto che dirigere gli dava un’autorità che gli piaceva. Ci rimase male quando la rivista divenne troppo costosa e fu costretto a chiuderla.
A questo punto, però, c’erano altre cose che lo angustiavano. Si era messa a occuparsi di lui una signora che sperava di farsi strada insieme con la rivista. Era una donna molto energica e Cohn non era mai stato capace di sfuggire a chi voleva occuparsi di lui. Era inoltre convinto di amarla. Quando poi questa signora capì che la rivista non sarebbe mai stata un successo, si disgustò un poco di Cohn e, convinta che le convenisse prendere quello che c’era finché restava ancora qualcosa, insistette perché andassero insieme in Europa, dove Cohn avrebbe potuto scrivere. Vennero in Europa, dove la signora aveva studiato, e vi rimasero tre anni. In quei tre anni, il primo trascorso in viaggi, gli ultimi due a Parigi, Robert Cohn ebbe due amici, Braddocks e me. Braddocks era l’amico letterato. Io l’amico tennista.
La signora che lo aveva irretito – si chiamava Frances – s’accorse, verso la fine del secondo anno, che la propria bellezza stava sfiorendo e il suo atteggiamento nei confronti di Robert cambiò, passando da uno spensierato senso di possesso e di sfruttamento alla ferma decisione di farsi sposare. In quei tre anni, la madre aveva fatto pervenire a Robert un assegno mensile di circa trecento dollari. Credo che per due anni e mezzo Robert Cohn non avesse mai guardato nessun’altra donna. Era abbastanza felice, solo che, come tanti che vivono in Europa, avrebbe preferito stare in America; e aveva scoperto il piacere di scrivere. Terminò un romanzo, che in realtà non era tanto brutto come lo avrebbero poi giudicato i critici, ma era comunque assai mediocre. Leggeva molti libri, giocava a bridge, a tennis e tirava di boxe in una palestra cittadina.
Mi resi conto per la prima volta di quale fosse l’atteggiamento della sua donna verso di lui una sera, dopo una cena cui avevamo partecipato tutti e tre. Avevamo mangiato all’Avenue ed eravamo poi andati a prendere il caffè al Café de Versailles. Al caffè seguì un considerevole numero di fines, finché io non annunciai che dovevo andare. Cohn aveva accennato all’idea di passare insieme, noi due soli, un weekend da qualche parte. Aveva voglia di uscire dalla città e di farsi una bella camminata. Suggerii di prendere un aereo per Strasburgo e di proseguire poi a piedi sino a Sainte-Odile o a qualche altra località dell’Alsazia. «A Strasburgo conosco una ragazza che potrebbe farci da guida» dissi.
Qualcuno mi sferrò un calcio sotto la tavola. Pensai che fosse stato un caso e continuai: «Vive lì da due anni e sa tutto quello che c’è da sapere della città. È una gran ragazza».
Mi arrivò un altro calcio da sotto il tavolo e, levando gli occhi, vidi Frances, la donna di Robert, con il mento alzato e il viso indurito.
«Ma no» dissi, «perché andare a Strasburgo? Potremmo andare a Bruges, o nelle Ardenne.»
Cohn mi parve sollevato. Non mi arrivarono altri calci. Augurai la buona notte e mi avviai verso l’uscita. Cohn disse che voleva comprare un giornale e che mi avrebbe accompagnato sino all’angolo. «Dio santo» disse, «cosa ti è saltato in mente di parlare di quella ragazza di Strasburgo? Non hai notato la faccia di Frances?»
«No. Perché avrei dovuto notarla? Se conosco una ragazza americana che vive a Strasburgo, cosa diavolo può importare a Frances?»
«Non è questo il punto. Qualsiasi ragazza. Io non potrei mai venire, punto e basta.»
«Non essere assurdo.»
«Tu non conosci Frances. Qualsiasi ragazza, ti dico. Non hai visto la sua espressione?»
«E va bene» dissi. «Andiamo a Senlis.»
«Non arrabbiarti.»
«Non sono arrabbiato. Senlis è un bel posto; potremmo alloggiare al Grand Cerf, farci una camminata nei boschi e tornare poi a casa.»
«Sarà bellissimo.»
«Be’, ci vediamo domani al tennis» dissi.
«Buona notte, Jake» disse lui, avviandosi per tornare al caffè.
«Hai dimenticato di comprare il giornale» dissi.
«È vero.» Mi accompagnò sino all’edicola all’angolo. «Davvero non sei arrabbiato, Jake?» Si voltò con il giornale in mano.
«No, perché dovrei esserlo?»
«Ci vediamo al tennis» disse. Lo guardai tornare al caffè con il suo giornale. Mi era piuttosto simpatico ed era evidente che lei gli stava rendendo dura la vita.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore francese rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Ernest Hemingway.