Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di La foresta di Joe R. Lansdale, romanzo edito in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 12,50 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 8,99.
La foresta: trama del libro
Dopo aver perso entrambi i genitori durante un’epidemia di vaiolo, Jack Parker ha deciso di lasciare il Texas per trasferirsi in Kansas. Ma sulla strada incrocia una banda di fuorilegge che gli uccidono il nonno e rapiscono Lula, la sua sorella minore. Jack si mette allora sulle loro tracce, accompagnato da una squadra di cacciatori di taglie che piú insolita non potrebbe essere: un nano colto e melanconico, dalla mira infallibile; un nero gigantesco, che si guadagna da vivere scavando fosse; una giovane prostituta dalla lingua lunga e il cuore d’oro; uno sceriffo con la faccia e il corpo coperti di cicatrici. La foresta è un viaggio in un’America del primo Novecento che somiglia molto a quella di oggi.
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Fu il vaiolo a scatenare tutto. Aveva attraversato il paese come un mulo imbizzarrito ed era stato particolarmente spietato con Hinge Gate, una città non molto distante. Arrivò come una turbolenta e fangosa ondata di morte, e uccise cosí tanta gente che la chiamarono epidemia. Due tra le vittime furono i nostri genitori, che non avevano avuto un malanno in vita loro. Io, al contrario, ero stato cagionevole per tutta l’infanzia finché non iniziai a irrobustirmi, e Lula era sempre stata un po’ scheletrica, ma nessuno dei due prese il vaiolo. All’epoca avevo sedici anni e godevo di ottima salute, mentre Lula ne aveva quattordici, ed era un fiore pronto a sbocciare. Quel dannato vaiolo ci passò accanto come se fosse cieco da un occhio. Colse di sorpresa mamma e papà, che iniziarono ad avere la febbre e a coprirsi di vesciche, producendo un suono simile a quello di una fisarmonica scassata ogni volta che cercavano di respirare. La cosa peggiore era che dovevamo restare seduti e guardarli morire, e non potevamo fare un accidenti. Non potevamo neanche toccarli per paura di ammalarci anche noi.
Il vaiolo attraversò tutta la città come se fosse a caccia di soldi. I morti furono ammucchiati fuori dalle case, caricati sui carri e sepolti in fretta e furia. In alcuni casi, quando nessuno li conosceva, venivano bruciati, perché c’erano diversi stranieri di passaggio in città che si erano ammalati ed erano morti senza dire il loro nome o la loro destinazione. Alla fine lo sceriffo Gaston fu costretto a mettere dei cartelli lungo le strade di accesso con scritto che nessuno poteva lasciare la città e diffondere la malattia, e che nessuno poteva entrare rischiando di infettarsi.
C’era gente che accendeva piccoli fuochi nei vasi intorno alla propria casa e all’interno, convinta di tenere lontano il vaiolo, ma non serviva a niente, se non a riempire l’aria di fumo e a far respirare peggio di prima chi era già stato colpito.
Vivevamo ai margini della città, e ho sempre creduto che il responsabile fosse il calderaio, che fosse stato lui a portare quella piaga in casa come uno dei tanti articoli sul suo carro. Credo che l’inizio della fine sia stato quando mio padre gli strinse la mano e comprò una padella. Lui e mamma si ammalarono subito, anche se non vidi neanche una pustola addosso al calderaio.
Andai immediatamente in città con la mula a chiamare il dottore. Appena arrivato, capí all’istante che salvarli sarebbe stato come far schizzare le immagini fuori da un dipinto. Non era in grado di farlo, ma diede loro un paio di pillole da prendere, se non altro per dimostrare che ci stava provando. Pochi giorni dopo mamma e papà peggiorarono molto, cosí andai in città sperando di far tornare il dottore. Era morto anche lui di vaiolo; era già stato sepolto, e qualcuno aveva lasciato un vaso fumante sulla sua tomba. Lo sapevo perché l’avevo visto entrando al cimitero e lo vidi di nuovo mentre uscivo, quando ormai sapevo di chi fosse la lapide. Qualcuno doveva essere convinto che il fumo avrebbe impedito alla malattia di propagarsi dal cadavere. È difficile sapere che cosa pensasse davvero la gente, perché il vaiolo non aveva soltanto ucciso un bel po’ di anime ma aveva spaventato i vivi privandoli della ragione, e io stesso non ero del tutto lucido.
Quando tornai a casa erano morti entrambi, e c’era Lula che piangeva in giardino, con in mano ancora una gallina dal collo ciondolante; si apprestava a preparare la cena, nonostante i due cadaveri fossero ancora in casa. Io e Lula dormivamo sotto un albero per non prendere il vaiolo, e cucinavamo e mangiavamo lí. Nonno veniva a controllare mamma e papà perché lui non poteva beccarlo, il vaiolo. Lo aveva avuto quando era piú giovane, ed essendosela scampata, era diventato immune. Si era contagiato su tra i Cheyenne, vicino ai monti del Wind River, una bella distanza da dove stavamo noi nell’East Texas. Lo prese allo stesso modo dei Cheyenne, con qualche coperta infetta che avevano ricevuto dai bianchi a mo’ di burla. Era un missionario e aveva vissuto lí insieme a loro. Sia lui sia nonna l’avevano avuto e non erano morti, e qualche anno dopo nonna fu travolta da una mucca imbizzarrita vicino Gilmer, in Texas, mentre cercava di calmarla per mungerla. Il vaiolo non era stato in grado di ucciderla, ma ci riuscí una mucca che non voleva essere munta.
Nonna me la ricordo appena. Dovevo avere circa cinque anni quando quella mucca la uccise. Lula ne aveva due. Nonno, secondo i racconti della famiglia, sparò alla mucca e la mangiò. Immagino che dal suo punto di vista fosse un modo per pareggiare i conti, mangiarsi l’assassino sotto forma di bistecca. Non l’ho mai sentito parlare con tristezza della morte di nonna o della mucca, ma lui e nonna sembravano una coppia felice, e fino a quel giorno né lui né la mucca avevano avuto un solo screzio, per quanto ne so.
Il giorno che mamma e papà morirono, entrai in casa e li guardai, ma senza avvicinarmi troppo e senza toccare niente. Avevano un aspetto orribile: erano completamente butterati e sanguinavano nei punti in cui si erano grattati e quelle piccole, strane vesciche con un incavo al centro si erano aperte. Andai con la nostra vecchia mula a cercare nonno, che viveva un po’ piú giú rispetto a noi; si mise la sua giacca e il suo cappello impolverati e mi fece sedere accanto a lui mentre guidava il carro per tornare a casa nostra. Portò con sé alcuni sacchi di calce che usava per il suo giardino e un paio di casse di pino che aveva costruito per tempo, prevedendo che cosa sarebbe successo. Aveva anche preparato le valigie e aveva messo pure quelle nel carro, ma allora ne ignoravo il motivo ed ero troppo stordito per fare domande. Se avessi visto un maiale volare con un mazzo di carte tra i denti non mi sarei meravigliato.
Io e nonno scavammo le fosse per mamma e papà. Dato che nonno non poteva prendere il vaiolo, li avvolse in lenzuola fresche, li trascinò fuori di casa, li depose nelle bare e li ricoprí di calce. Lo aiutai a calare le bare nelle fosse con una corda. Mentre le coprivamo disse di essere convinto che la calce avrebbe trattenuto la malattia impedendole di propagarsi dai cadaveri e di trasmettersi ad altre persone. Non lo so. Credo che due metri di terra fossero piú che sufficienti.
Li seppellimmo, e nonno recitò alcune preghiere sulle loro tombe con la Bibbia in mano, ma non saprei dire quale passo avesse scelto. Ero troppo stordito per capirlo, e Lula sembrava persa con la mente in un luogo che nessuno poteva trovare; non aveva detto una parola da quando l’avevo sorpresa con la gallina morta, che finimmo per gettare in un fosso. Terminata la preghiera, nonno diede fuoco alla casa e ci mise sul carro per farci lasciare la città, seguiti dalla mia vecchia mula, che aveva legato dietro con una corda.
– Dove stiamo andando? – chiesi, voltandomi a guardare la nostra casa avvolta dalle fiamme. Fu la sola cosa che riuscii a dire. Lula se ne stava tutta rannicchiata e non aprí bocca. Chi non la conosceva l’avrebbe scambiata per una graziosa ragazza muta.
– Be’, Jack, – rispose nonno senza neanche voltarsi indietro, – non torneremo in quella camera ardente, questo è sicuro. Andrete nel Kansas per stare con vostra zia Tessle.
– Non so neanche se l’ho mai conosciuta, – disse Lula, come se quella dichiarazione l’avesse scossa dal suo torpore e le avesse restituito la parola. Lo disse cosí all’improvviso e in modo tanto inaspettato che feci un balzo, e credo che anche nonno abbia fatto lo stesso.
– Me la ricordo appena, – dissi io.
– Anche fosse, andrete comunque a vivere con lei, – ribadí nonno. – Lei ancora non lo sa, ma ho pensato che fosse meglio non darle il tempo di rifletterci su. Le faremo una sorpresa. E considerato che ho intenzione di fermarmi anch’io, anche se arriverò piú tardi per non appesantire troppo la situazione, sarà davvero una sorpresa. Tessle non mi è mai piaciuta, in realtà, visto che è sempre stata la preferita di mamma, ma le tragedie creano strani legami.
– Siete sicuro che sia la soluzione migliore? – chiesi. – Presentarsi cosí?
– Non sarà la soluzione migliore, – rispose, – ma è quello che faremo. Lasciate che vi dica un altro paio di cose. Sapevo che sarebbe successo, e ho venduto tutto il bestiame, a parte questi due muli; voi avete la mula di vostro padre e i contratti per entrambi i pezzi di terra, quello di vostro padre e il mio. Sono in una banca a Sylvester. Non li ho messi nella vostra banca in città; ho pensato che con la faccenda del vaiolo ci fosse troppa confusione. Ho sistemato tutto con un avvocato di nome Cowton Little. Ha il compito di vendere la proprietà a un prezzo ragionevole e di dare i soldi a voi due, meno la commissione, ovviamente. Non ho idea di quanto tempo ci vorrà, ma la mia proprietà sarà roba di prima classe quando la città si sarà ingrandita, e lo farà. Anche quella dei vostri vecchi è una terra di tutto rispetto e, non appena il vaiolo sarà passato e nessuno si preoccuperà di chi ci è morto sopra, diventerà un ottimo affare. Avete capito tutto?
Rispondemmo entrambi che avevamo capito, anche se Lula sembrava fosse scivolata via di nuovo, come una mongolfiera. Era già abbastanza lunatica in circostanze normali, sempre lí a guardare stupita la forma delle nuvole e a chiedersi perché le cose fossero verdi e roba del genere, e mai che accettasse un «È Dio che le ha fatte cosí» come risposta. Era costantemente alla ricerca di una verità piú grande, come se ce ne fosse una. Nonno ripeteva spesso che, quando c’era un buca a terra, Lula immaginava sempre che dovesse esserci qualcosa dentro, per una ragione precisa e con una sua storia, anche se lei non vedeva niente. Non poteva accettare che una buca fosse vuota e, se c’era qualcosa dentro, che questo qualcosa non si fosse domandato perché o come fosse finito lí. «Mai fidarsi delle donne che cercano una spiegazione per tutto», diceva.
Nonno allungò una mano nella tasca della giacca e tirò fuori un foglio, dicendo: – Ecco i documenti di cui avrete bisogno per la questione della proprietà. Una volta arrivato nel Kansas, non tornerò qui, e forse neanche voi, ma potrete trattare con l’avvocato per posta, se sarà necessario.
Presi i documenti che mi porgeva, li piegai e li infilai in fondo alla tasca della mia salopette.
– Ti occuperai tu di questi documenti, d’ora in poi, – disse nonno.
– Lo farò, – risposi.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore texano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Joe R. Lansdale.
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