Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Un giorno quasi perfetto di Mareike Krügel. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 18,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Un giorno quasi perfetto: trama del libro
Oggi è venerdì, e il compito dei venerdì è far concludere in modo morbido la settimana. Così vuole che sia Katharina, decidendo di ignorare la scoperta del Qualcosa, Qualcosa che dentro di lei non funziona bene, e rimandando tutto a lunedì. Katharina insegna musica ai bambini dell’asilo. Sua figlia Hellie soffre di disturbi comportamentali, mentre suo figlio Alex è praticamente perfetto – anche questa cosa la preoccupa – e ha ereditato la passione per le note da lei. Suo marito Costas ora lavora a Berlino: da quando la loro relazione è diventata “da fine settimana” litigano parecchio. E in questo venerdì, in cui Costas non tornerà a casa e Katharina vorrebbe mettere un po’ di pace fra i pensieri, il tipico caos che contraddistingue le sue giornate aumenta in modo incontrollato. Deve correre a scuola a prendere Hellie che perde sangue dal naso e poi soccorrere il vicino che si è tranciato un pollice con il tagliaerba e crede di poterlo ritrovare sul prato. Alex le comunica che sta per portare a casa per la prima volta la nuova fidanzata, proprio mentre lei si stava preparando ad accogliere Kilian, il suo caro amico dei tempi dell’università. Intanto l’asciugatrice prende fuoco… Katharina comincia a chiedersi se le cose, nella sua vita, siano andate esattamente come voleva: la passione per la musica, i figli, il matrimonio con Costas… Probabilmente è tempo di rivelare a qualcuno il suo segreto, anche se per farlo si ritroverà inaspettatamente in una situazione piuttosto imbarazzante… Nel racconto di una sola giornata si condensa il significato di un’esistenza intera: Katharina ci mostra cosa vuol dire essere madre e moglie oggi, affrontando contemporaneamente le avversità più grandi. Insieme a lei ci lanceremo in un’avventura on the road eccentrica e ironica: piangeremo e rideremo, ci chiederemo se i nostri sacrifici hanno avuto senso, se le nostre scelte sono state giuste e, in maniera del tutto non convenzionale, riscopriremo ciò che davvero conta nella vita.
Approfondimenti sul libro
Un giorno quasi perfetto è in vendita anche in formato eBook al prezzo di euro 9,99.
La porta è pesante e si apre verso l’esterno. Subito mi assale l’odore di questa scuola, uguale a tutte le altre che conosco, a parte quella di musica in cui lavoro, dove c’è odore di polvere e di resina per violino. L’odore di scuola mi fa venire la nausea. È una reazione psicosomatica che con gli anni non svanisce. Sono venuta a prendere Helli già un sacco di volte, ma il mio stomaco ancora si ribella.
Il corridoio, decorato con i lavori di una classe di arte, è diritto, poi si svolta un angolo, un altro ancora, e ci si ritrova davanti alla porta a vetri che separa la parte con l’odore di scuola e il pavimento in linoleum dalla parte accogliente che profuma di caffè e moquette. Individuo subito Helli. È seduta davanti alla segreteria e ha degli strani cornetti nel naso. Vederla seduta calma e tranquilla è insolito. Accelero il passo.
Nel periodo precedente la pubertà, quando avevo più o meno l’età che ha Helli adesso, soffrivo di una sindrome di cui nessuno riusciva a trovare una causa, si supponeva solo vagamente che potessero c’entrare il cambiamento ormonale e lo sviluppo: ogni tanto, senza preavviso e senza un’apparente regolarità, mi veniva un attacco di vomito a scuola. Dopo un paio di pessime scenette a lezione e nell’intervallo, avevo imparato ad ascoltare me stessa in modo così preciso da riuscire a leggere i sottili segni premonitori che lanciava il mio corpo, e da quel momento avevo sempre raggiunto il bagno in tempo. Là vomitavo senza un suono, a più riprese, come poi mi è capitato soltanto durante le gravidanze. In quei momenti però mi sembrava di morire. Anche se la ragione mi diceva che non poteva essere niente di grave, la sensazione era inequivocabile e mi terrorizzava ogni volta. Dopo ore, o anche giorni, ero ancora tremante e debole, i sensi sollecitati in maniera eccessiva anche dalle impressioni più lievi – la luce troppo forte, le voci troppo alte. In quel periodo mi sentivo come uno zombie, non del tutto morta ma neanche del tutto viva, e affrontare la vita mi sembrava un’impresa impossibile. Come se, a ogni attacco, una promessa non fosse stata mantenuta, come se fossi sopravvissuta a un prezzo che in realtà non ero pronta a pagare.
Mi avvicino e i cornetti nel naso di Helli si rivelano brandelli di fazzoletti di carta attorcigliati e infilati nelle narici come tamponi. Sono già completamente rossi di sangue e, appena salta su dalla sedia per salutarmi, le cadono.
«Be’, era ora» dice.
«Stavo facendo la spesa. Più in fretta non potevo.»
Il naso le gocciola, Helli si piega in avanti e colpisce con mira sicura la moquette.
È diversa da me, non ha nessun problema a vomitare, sanguinare o a causare schifezze e guai.
Le porgo un pacchetto di fazzoletti che ho portato dalla macchina, ci armeggia un po’ e infine si preme il naso con alcuni fazzoletti spiegazzati. Abbasso lentamente lo sguardo per valutare il pasticcio. Le scarpe di Helli hanno ricevuto la loro parte, sulla moquette una scia regolare di sangue conduce dalla porta di vetro alla segreteria. La seguo, busso e infilo la testa nell’ufficio per avvisare che sono arrivata e che porto via mia figlia.
«Signora Theodoroulakis» mi chiama la segretaria, che ha un cognome così comune che ogni volta me lo dimentico subito: Lehmann? Kaufmann? Neumann?
«Sì?»
«Venga, per favore, e guardi qui.»
Proprio quello che temevo. Mentre Helli aspetta in corridoio, entro in segreteria, dove la signora Neumann è accovacciata a pulire il pavimento.
«Così non va, signora Theodoroulakis, non va bene che sua figlia sporchi di sangue dappertutto. Io non ho proprio il tempo. Adesso mi tocca passare la mattina a sfregare per terra, e questa roba non va via. Non vedo perché devo essere io a farlo. Non sono la donna delle pulizie.»
Helli dev’essere rimasta a lungo in piedi davanti alla scrivania della signora Neumann, perché c’è un arabesco di gocce di sangue ben visibile sulla moquette. Non faccio fatica a immaginarmela lì, piegata in avanti a gocciolare maligna, mentre la signora Neumann compone febbrilmente il mio numero e intanto con l’altra mano rovista nel cassetto in cerca di qualcosa con cui pulire. In un punto del pavimento scorgo un mucchietto bianco. La signora Neumann deve aver provato con il sale, come si fa per il vino rosso.
«Il sangue va via solo con l’acqua fredda» dico.
Sono un’esperta di macchie, da quando Helli è al mondo. La signora Neumann si tira su e mi allunga lo straccio.
«Allora lo faccia lei, se sa come va via. Certa gente non la sopporto. Tutti bravi a dare consigli, poi stanno lì a guardare.»
Colta un po’ alla sprovvista, prendo lo straccio che stava usando, che è caldo e quindi inutile. La signora Neumann ha le braccia conserte e lo sguardo severo. Anche se è piccola e rotonda, ha un aspetto minaccioso.
Non so cosa fare. So solo che fuori nel corridoio Helli sta aspettando e continua impaziente a gocciolare. So che c’è tutta una scia di sangue da strofinare che non finisce alla porta di vetro, ma conduce fin dentro una delle aule, nelle viscere profonde della scuola, dove c’è puzza di conati di vomito. So che tra poco suonerà la campanella e che gli insegnanti arriveranno da ogni parte, e io non voglio assolutamente pulire il pavimento attorno ai loro piedi. In questo momento non riesco a immaginarmi niente di peggio.
Davanti a me c’è la signora Neumann che schiocca la lingua irritata perché non ho ancora cominciato. Ha ragione, certo. Non è la donna delle pulizie, e magari anche per lei esistono poche cose peggiori che gattonare davanti al corpo docente riunito. Mi dispiace, ma non è nemmeno compito mio pulire i pavimenti della scuola. Il mio compito è prendermi cura di mia figlia. Le rimetto in mano lo straccio e abbandono spedita la stanza. Fuori, agguanto zaino e cappotto di Helli, la prendo per il braccio e la trascino via.
«Be’, senta un po’» ci grida dietro la signora Neumann. «Non ci posso credere. Mi faccia il piacere di tornare qui. Venga a pulire questa schifezza. Non sono la donna delle pulizie, io.»
Helli e io ci mettiamo a correre, svoltiamo gli angoli lungo il corridoio e superiamo la porta pesante, finché non raggiungiamo la macchina che nonostante tutti i divieti ho parcheggiato proprio davanti all’edificio. Saliamo al volo.
«Parti, presto» grida Helli ridendo. «Sennò quella vecchia strega ci tira dietro lo straccio dalla finestra.»
Si è messa sul sedile del passeggero, la guardo con le sopracciglia inarcate. Il suo naso ha smesso di sanguinare, probabilmente nel momento stesso in cui abbiamo lasciato la scuola.
«Fila dietro» dico.
«Nooo.»
Non sono sicura che il movimento che colgo con la coda dell’occhio venga davvero da quella strega della segretaria, che si sta arrampicando sulla finestra per confermarmi ancora una volta, energicamente, che lei non è la donna delle pulizie, ma decido che non ho tempo di discutere con mia figlia, e schiaccio l’acceleratore.
Anche se il parabrezza è appannato e nel giro di un secondo non vedo più niente, mi allontano velocemente dalla scuola e mi sento al sicuro solo una volta arrivate all’area con il limite di trenta all’ora davanti alla fermata dell’autobus. Accosto nella piazzola e tengo acceso il motore per lasciar andare il riscaldamento. La ventola è al massimo, sembra una lotta senza speranza, ma so che alla fine vince sempre l’aria calda.
«Cos’è successo alla signora Neumann?» chiedo. «Di solito non è così.»
«Suo marito non c’è più, per quello è un po’ sconvolta» dice Helli.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittrice rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Mareike Krügel.
Lascia un commento