Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Glamorama di Bret Easton Ellis, romanzo edito in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 16,00 euro (ma online lo si acquista con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Glamorama: trama del libro
Victor Ward è giovane e bellissimo. Fa il fotomodello. Gira con gente che conta, sta con una top model e all’inaugurazione del locale di cui è socio ci saranno Naomi, Kim e Uma e anche Alec, Bruce e Calvin. Madonna non ha ancora risposto. Ma per diventare davvero ricco e famoso a Victor manca il grande salto. E New York ormai gli sta stretta perché sono in molti a dare la caccia alla sua Vespa che sguscia tra sfilate, interviste a Mtv, palestre alla moda, incontri isterici con la fidanzata e appassionati con le amanti (sue e di altri). Non gli resta che partire per l’Europa dove, fra Londra, Parigi e l’Italia, troverà lo stesso vortice patinato e folle, schiavo delle droghe e ossessionato dal benessere, un mondo sfavillante eppure pieno di crepe che lasciano intravedere sprazzi di orrore, di vuoto macabro e inatteso, di trame nerissime architettate da belli e famosi.
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Le pause di riflessione non durano mai troppo, da queste parti.
– Amore, questa zona bar l’ha progettata George Nakashima, – puntualizza JD con calma. – Non Yaki Nakamashi, cioè Yuki Nakamorti, cioè — oh, merda, aiutami, Peyton.
– Il bar di questo piano è stato progettato da Yoki Nakamuri. E approvato, – dice Peyton.
– Ah, sí? – chiedo. – Approvato da chi?
– Be’, da moi, – dice Peyton.
Pausa. Fulmino con un’occhiata Peyton e JD.
– E chi cazzo è Moi? – chiedo. – Non ho la piú pallida idea di chi sia questo Moi, bello.
– Victor, ti prego, – dice Peyton. – Sono sicuro che Damien ha già discusso il problema con te.
– Ovvio, JD. Ovvio, Peyton. Ma adesso dimmi chi è Moi, bello, – esclamo. – Perché io sto, come dire, sclerando.
– Moi è Peyton, Victor, – dice JD con calma.
– Moi sono io, – dice Peyton, annuendo. – Moi è… francese, capisci?
– Sei sicuro che questi puntini non siano voluti? – JD tocca esitante il pannello. – Cioè, magari, non è che dovrebbero essere, oh, non so, tipo… in?
– Aspetta –. Alzo una mano. – Stai dicendo che questi puntini sono in?
– Victor — amore, abbiamo una lunga lista di cose da controllare –. JD sventola la lunga lista in questione. – Dei puntini ci occuperemo dopo. Qualcuno li scorterà fuori di qui. Sotto c’è un mago che aspetta.
– Entro domani sera? – Strepito: – Entro domani sera, JD?
– Si può risolvere entro domani, no? – JD guarda Peyton, che annuisce.
– Da queste parti «domani sera» vuol dire qualsiasi cosa da cinque giorni a un mese. Cristo, ma nessuno si accorge che sto impazzendo?
– Nessuno di noi è stato esattamente con le mani in mano, Victor.
– Secondo me la situazione è piuttosto chiara: quelli… – punto il dito, – … sono puntini. Hai bisogno di qualcuno che ti decifri la frase, JD, oppure riesci, come dire, ad afferrare il concetto?
C’è una «giornalista» di «Details» con noi. Incarico: venirmi dietro per una settimana. Titolo: NASCITA DI UN LOCALE. Tipo di ragazza: reggiseno push-up, abbondante eyeliner, un berretto da marinaio sovietico, gioielli floreali di plastica, una copia arrotolata di «W» sotto il braccio pallido e palestrato. Uma Thurman se Uma Thurman fosse alta uno e cinquantotto e catatonica. Alle sue spalle, un tizio con un gilè di velcro sopra una maglia da rugby e una giacca a vento di pelle ci segue, riprendendo la scena.
– Ehi, bella –. Faccio un tiro da una Marlboro che qualcuno mi ha dato. – Tu cosa pensi dei puntini?
La giornalista abbassa gli occhiali da sole. – Non sono sicura –. Riflette sulla posizione da assumere.
– East Coast girls are hip –. Scrollo le spalle. – I really dig those styles they wear.
– Non credo di far veramente parte della storia, – dice.
– Perché, invece questi cialtroni sí, secondo te? – sbuffo. – Lasciami perdere.
Beau si sporge dalla ringhiera dell’ultimo piano e chiama, – Victor — c’è Chloe sulla dieci.
La giornalista solleva immediatamente la copia di «W», rivelando un taccuino su cui scarabocchia qualcosa con subitanea, prevedibile animazione.
Senza smettere di fissare i puntini grido: – Dille che ho da fare. Che sono in riunione. Che c’è un’emergenza. Dille che sono in riunione e che c’è un’emergenza. La richiamerò appena ho finito di spegnere l’incendio.
– Victor, – grida Beau. – È la sesta volta che chiama, oggi. È la terza volta che chiama in un’ora.
– Dille che ci vediamo da Doppelgänger’s alle dieci –. Mi inginocchio insieme a Peyton e JD, passo una mano sul pannello, indicando le zone colpite dai puntini, poi mi rialzo. – Puntini, amico, guardali questi stronzi. Brillano. Stanno brillando, JD, – sussurro. – Cristo, sono dappertutto –. All’improvviso ne noto un intero gruppo nuovo e squittisco allibito, – E secondo me si stanno anche moltiplicando. Non mi sembra che ci fosse prima, questo gruppo qua! – Deglutisco, poi incalzo, gracchiando, – Mi hanno praticamente prosciugato la bocca — qualcuno mi potrebbe procurare un tè freddo dietetico Arizona ma in bottiglia non in lattina?
– Damien non ha parlato con te del design, Victor? – chiede JD. – Non eri al corrente dell’esistenza di questi puntini?
– Io non so niente, JD. Niente, nada. Ricordatelo. Io… non so… niente. Non dare mai per scontato che io sappia qualcosa. Nada. Niente. Niente di niente, non so un bel niente. Mai —
– Ho capito, ho capito, – dice JD stancamente, alzandosi in piedi.
– Io non riesco proprio a vederli, amore, – dice Peyton, ancora inginocchiato sul pavimento.
– Capisci? – sospira JD. – Nemmeno Peyton riesce a vederli, Victor.
– Di’ al vampiro di togliersi quei merdosi occhiali da sole, – ringhio. – Dio santo.
– Non tollererò di essere chiamato vampiro, Victor, – dice Peyton, col muso.
– Cosa? Tolleri di essere sodomizzato ma non di essere chiamato Dracula per scherzo? Ma dove siamo? Andiamo avanti –. Agito un braccio, indicando qualcosa di invisibile.
Mentre l’intero gruppo mi segue giú al secondo piano, il cuoco — Bongo, venuto dal Venezuela via Vunderbahr, Moonclub, Paddy-O e MasaMasa — si accende una sigaretta, abbassa gli occhiali da sole e cerca di tenermi dietro. – Victor, dobbiamo parlare –. Tossisce, scaccia il fumo con una mano. – Ti prego, i piedi mi fanno un male cane.
Il gruppo si ferma. – Un momento, Bongo, – dico, notando le occhiate preoccupate che lancia a Kenny Kenny, il quale ha qualche legame poco chiaro con la Glorious Foods e deve ancora essere informato del fatto che è completamente tagliato fuori dal catering della cena di domani sera. Peyton, JD, Bongo, Kenny Kenny, l’operatore e la ragazza di «Details» aspettano che io faccia qualcosa, e siccome sono in difficoltà guardo giú dalla ringhiera del secondo piano. – Su, ragazzi. Cazzo, devo ancora controllare tre piani e cinque bar. Per favore, lasciatemi respirare. Questa non è una storia facile. Quei puntini mi fanno letteralmente vomitare.
– Victor, nessuno nega l’esistenza dei puntini, – dice Peyton cauto. – Però tu dovresti, ehm, in un certo senso, be’, contestualizzarli.
Su uno dei monitor del secondo piano c’è MTV, una pubblicità, Helena Christensen, «Rock the Vote».
– Beau! – grido. – Beau!
Beau si sporge dalla ringhiera dell’ultimo piano. – Chloe dice che ti aspetta al Metro CC alle undici e trenta.
– Aspetta, Beau. E Ingrid Chavez? Ha RSVPpato? – grido.
– Controllo — aspetta, vuoi dire per la cena?
– Sí, e sto stringendo i denti, Beau. Guarda la lettera C.
– Oddio, devo parlare con te, Victor, – dice Bongo, con un accento cosí forte da renderne incerte le origini, afferrandomi per un braccio. – Mi devi concedere un po’ di tempo.
– Bongo, perché non ti togli dalle palle? – dice Kenny Kenny, la faccia contratta. – Tieni, Victor, assaggia un crostino.
Gliene strappo uno dalle mani. – Mmm, rosmarino. Sublime, caro.
– È salvia, Victor. Salvia.
– Va-vacci tu tu, fuori dalle palle, – farfuglia Bongo. – E portati dietro quello schifoso crostino.
– Perché voi due degenerati non vi prendete uno Xanax e non chiudete quelle bocche di merda? Andate a fare i biscotti o quello che vi pare. Beau — Cristo santo! Parla!
– Naomi Campbell, Helena Christensen, Cindy Crawford, Sheryl Crow, David Charvet, Courteney Cox, Harry Connick Jr, Francesco Clemente, Nick Constantine, Zoe Cassavetes, Nicolas Cage, Thomas Calabro, Cristi Conway, Bob Colacello, Whitfield Crane, John Cusack, Dean Cain, Jim Courier, Roger Clemens, Russell Crowe, Tia Carrere ed Helena Bonham Carter — ma non sono sicuro se dovrebbe stare sotto la B o sotto la C.
– Ingrid Chavez! Ingrid Chavez! – grido. – Cazzo, Ingrid Chavez ha RSVPpato o no?
– Victor, le celebrità e i loro ipersolleciti PR si lamentano perché la tua segreteria telefonica non funziona, – grida Beau. – Dicono che si sente Love Shack per trenta secondi e che poi per il messaggio ne rimangono solo cinque.
– È una domanda semplice. E la risposta è sí o no. Cos’altro potrebbe avere da dirmi, questa gente? Non è una domanda difficile: «Vieni alla cena e all’inaugurazione del locale oppure no?» È un concetto cosí difficile da afferrare? E tu somigli proprio a Uma Thurman, bella.
– Victor, Cindy non è «questa gente», Veronica Webb non è «questa gente», Elaine Irwin non è «questa gente» —
– Beau! E come siamo messi con la A? Kenny Kenny, piantala di dare pizzicotti a Bongo.
– Tutti e nove? – grida Beau. – Carol Alt, Pedro Almodóvar, Dana Ashbrook, Kevyn Aucoin, Patricia, Rosanna, David e Alexis Arquette e Andre Agassi, ma niente Giorgio Armani e niente Pamela Anderson.
– Merda –. Mi accendo un’altra sigaretta, poi guardo la ragazza di «Details». – Ehm, in senso positivo.
– Cioè, tipo… una merda positiva? – dice lei.
– Mmm. Ehi, Beau! – chiamo. – Accertati che tutti i monitor siano su quel nastro virtual-reality o su MTV o qualcosa del genere. Sono passato davanti a uno schermo sintonizzato su VH1 e c’era un bestione con un cappello da cowboy che piangeva —
– Andrai all’appuntamento con Chloe da Flowers — scusa, al Metro CC? – grida Beau. – Perché non ho piú intenzione di dirle bugie.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore americano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Bret Easton Ellis.
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