Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Insomnia di Stephen King, romanzo edito in Italia da Sperling & Kupfer con un prezzo di copertina di 12,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 7,99.
Insomnia: trama del libro
Ralph Roberts è un uomo distrutto, da mesi non riesce a dormire. Ciò che lo sconvolge di più sono le inquietanti percezioni, colori, forme, aure cangianti attorno alle persone, che accompagnano il suo stato di veglia. E non è tutto, l’intera comunità di cui fa parte sembra assalita da una marea montante di odio e di violenza. Ralph non lo sa ancora, ma forze terrificanti si stanno agitando nel sottosuolo.
Quei quattro mesi li aveva vissuti come trascinato, ubriaco, per un luna park perverso, dove le persone sulle montagne russe urlavano veramente di paura, le persone perse nella casa degli specchi si erano smarrite veramente, e gli inquilini dei baracconi dei fenomeni viventi ti guardavano con un sorriso falso sulle labbra e il terrore negli occhi. Ralph aveva cominciato ad accorgersene verso la metà di maggio e con l’inizio di giugno aveva anche cominciato a capire che gli ambulanti delle bancarelle lungo il viale centrale avevano da vendere solo intrugli inutili, mentre il gaio ritmo dell’organetto non riusciva più a nascondere il fatto che la melodia diffusa dagli altoparlanti fosse la Marcia funebre. Sì che era una sagra: la sagra delle anime perdute.
Ralph aveva continuato a respingere quelle immagini terribili, e l’idea ancora più terribile in agguato dietro di esse, per tutta la prima parte dell’estate 1992, ma quando giugno cedette il passo a luglio, gli diventò infine impossibile perseverare. Le regioni centrali del Maine furono colpite dalla più opprimente ondata di calore estiva verificatasi dal 1971 e Derry andò arrosto a fuoco lento sotto un sole perennemente velato dall’alta umidità, schiacciata da temperature che quotidianamente si assestavano sui trentacinque gradi. La cittadina, che nemmeno al culmine dell’animazione era mai stata un’esuberante metropoli, cadde in uno stato di assoluto stordimento e fu in quel silenzio surriscaldato che Ralph Roberts udì per la prima volta il ticchettio dell’orologio della morte e capì che, nel transito dai verdi umidi e freschi di giugno alla quiete torrida di luglio, le esigue possibilità che ancora erano rimaste a Carolyn si erano consumate del tutto. Sarebbe morta. Non quell’estate, probabilmente, visto che i medici sostenevano di avere ancora qualche asso nella manica e Ralph era sicuro che fosse così, ma certamente in autunno o nel prossimo inverno. La compagna di una vita, l’unica donna che aveva amato, stava per morire. Cercò di respingere l’idea, dandosi del vecchio scemo morboso, ma nei silenzi boccheggianti di quelle lunghe giornate di calura, sentiva il ticchettio dappertutto, gli pareva che risonasse persino dentro i muri.
Più forte però proveniva da dentro Carolyn, e quando girava verso di lui il suo viso calmo e bianco, magari per chiedergli di accendere la radio da ascoltare mentre sbucciava fagioli per cena, o se era disposto a fare un salto al Red Apple a comperarle un ghiacciolo, vedeva che lo udiva anche lei. Lo vedeva nei suoi occhi scuri, dapprincipio solo quand’era ben lucida, ma negli ultimi tempi anche quando i suoi occhi erano velati dalle medicine che prendeva contro il dolore. Ormai il ticchettio era diventato molto forte e quando era a letto accanto a lei in quelle calde notti d’estate, quando persino un singolo lenzuolo sembrava pesare cinque chili e pareva che tutti i cani di Derry abbaiassero alla luna, Ralph lo ascoltava, tendeva l’orecchio all’orologio della morte che ticchettava dentro Carolyn, e aveva la sensazione che il cuore gli si spezzasse di pena e terrore. Quanto le sarebbe stato imposto di soffrire prima che fosse sopraggiunta la fine? Quanto sarebbe stato imposto di soffrire a lui? E come avrebbe mai potuto vivere senza di lei?
Fu durante quel periodo strano e intenso che Ralph cominciò a spingersi in camminate sempre più lunghe nei pomeriggi canicolari e nelle sere lente e crepuscolari, rientrando spesso troppo stanco per voler mangiare. Si aspettava sempre che Carolyn lo rimproverasse per quelle sue uscite, che gli dicesse: Perché non la smetti, vecchio stupido? Ti ammazzerai, ad andare in giro a piedi con questo caldo! Invece lei niente e allora, piano piano, capì che non lo sapeva nemmeno. Che fosse fuori casa, sì, quello lo sapeva, ma non sapeva di tutte le miglia che percorreva, o che quando tornava a casa spesso tremava per lo sfinimento e una mezza insolazione. In un tempo lontano era parso a Ralph che vedesse tutto, persino uno spostamento di un centimetro nella scriminatura dei capelli. Non più; il tumore nel suo cervello le aveva carpito la capacità di osservazione, come presto le avrebbe rubato la vita.
Così camminava, beandosi del caldo anche se certe volte gli faceva girare la testa e fischiare le orecchie, beandosi di esso soprattutto proprio perché gli faceva fischiare le orecchie; certe volte passavano ore intere durante le quali gli fischiavano così forte e la testa gli batteva con tale ferocia che non sentiva più il ticchettio dell’orologio della morte di Carolyn.
Batté una gran parte di Derry in quel luglio rovente, un vecchio con le spalle strette e radi capelli bianchi e mani grandi che ancora sembravano capaci di lavoro pesante. Si fece a piedi da Witcham Street ai Barren, da Kansas Street a Neibolt Street, da Main Street al Ponte dei Baci, ma i piedi lo portavano più frequentemente a ovest sulla Harris Avenue, dove l’ancora bella e molto amata Carolyn Roberts consumava il suo ultimo anno in una nebbia di mal di testa e morfina, fino alla Harris Avenue Extension e al Derry County Airport. A piedi usciva sull’Extension, che era priva di alberi e completamente esposta al sole impietoso, finché sentiva che le gambe minacciavano di cedergli, e solo allora tornava indietro.
Spesso sostava a riprendere fiato nell’area da picnic ombreggiata di fianco all’entrata di servizio dell’aeroporto. Dopo cena era un ritrovo di adolescenti, che ci andavano a bere e amoreggiare al suono dei rap amplificati dalle loro megaradio portatili, ma nelle ore diurne era il dominio più o meno esclusivo di un gruppo che Bill McGovern, suo amico, aveva battezzato gli Old Crocks di Harris Avenue. Gli Old Crocks, vecchi ronzini, si riunivano per giocare a scacchi o a ramino, o anche solo per far flanella. Molti di loro Ralph li conosceva da anni (era andato addirittura alle elementari con Stan Eberly) e con loro si trovava a suo agio… finché non diventavano troppo curiosi. Non succedeva quasi mai. Erano yankee della vecchia scuola, per la maggior parte, educati a ritenere che ciò di cui un uomo sceglie di non parlare è affare esclusivamente suo.
Fu durante una di quelle camminate che ebbe per la prima volta l’impressione che qualcosa fosse finito molto fuori posto in Ed Deepneau, un suo vicino di casa.
2
Quel giorno Ralph si era spinto più avanti del solito sulla Harris Avenue Extension, probabilmente perché le nuvole avevano nascosto il sole e si era alzato un venticello fresco, seppure saltuario. Era scivolato in una specie di trance, senza pensare più a niente, senza osservare niente altro che le punte impolverate delle scarpe da tennis, quando all’improvviso sfrecciò basso sopra di lui il volo delle 16.45 della United Airlines da Boston, richiamandolo bruscamente al presente con lo stridio dei suoi motori.
Guardò l’aereo sorvolare i vecchi binari della GS&WM e la recinzione che delimitava il perimetro dell’aeroporto, lo guardò scendere verso la pista, notò gli sbuffi azzurri di fumo nel momento in cui il carrello toccava terra. Poi controllò l’orologio, vide quanto si era fatto tardi e rialzò gli occhi sgranati al tetto arancione del locale di Howard Johnson poco più avanti. Bella trance, la sua: si era macinato più di cinque miglia senza la minima cognizione del passare del tempo.
Il tempo di Carolyn, sottolineò una voce in fondo alla sua testa.
Sì, sì, il tempo di Carolyn. In quel momento sarebbe stata a casa a contare i minuti che mancavano alla prossima dose di Darvon Complex, mentre lui era dall’altra parte dell’aeroporto… a mezza strada da Newport, a dirla tutta.
Alzò lo sguardo al cielo e fu quella in effetti la prima volta in cui notò le nubi livide che si andavano ammassando sopra l’aeroporto. Non significavano pioggia, non di certo, non ancora, ma nel caso avessero preannunciato pioggia, quasi sicuramente non l’avrebbe evitata; non c’erano ripari fra il punto in cui si trovava e la piccola area da picnic a lato della pista Tre, dove peraltro tutto quel che gli era offerto era un piccolo e gracile gazebo che sapeva sempre un po’ di birra.
Diede un’altra occhiata al tetto arancione, poi infilò la mano nella tasca destra e tastò il sottile mazzetto di banconote trattenuto dal fermaglio d’argento che Carolyn gli aveva regalato per il suo sessantacinquesimo. Niente gli impediva di arrivare fino all’HoJo, da dove chiamare un taxi… salvo il pensiero di come il conducente avrebbe potuto guardarlo. Vecchio stupido, avrebbe letto forse negli occhi dentro lo specchietto retrovisore. Vecchio stupido, a farsi una sgambata da mentecatto in una giornata che non si respira. Fossi uscito a nuoto, saresti affogato.
Paranoia, Ralph, lo criticò la voce nella testa, e ora la lieve sicumera che avvertì nel tono schioccante gli ricordò Bill McGovern.
Oh be’, forse che sì e forse che no. Pensò comunque di arrischiare la pioggia e tornare indietro a piedi.
E se non si limitasse a piovere? L’estate scorsa è venuta giù grandine e c’è stata quella volta in agosto che per la violenza sono saltate tutte le finestre esposte a ovest.
«Che grandini, allora», disse. «La pelle ce l’ho dura.»
S’incamminò lentamente verso la città tenendosi sul ciglio dell’Extension e sollevando nuvolette di polvere inaridita da sotto le vecchie scarpe a plantare alto. Da occidente, dove si accumulavano le nuvole, giunsero i primi brontolii di tuono. Il sole, sebbene coperto, si rifiutava di cedere il passo senza lottare; bordava le nubi con striature color oro brillante e risplendeva negli occasionali squarci come il raggio frammentato di un enorme proiettore da cinematografo. Ralph scoprì di essere contento per aver deciso di rientrare a piedi, nonostante il mal di gambe e il dolore che lo assillava in fondo alla schiena.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore del Maine rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Stephen King.
Lascia un commento