Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Il labirinto ai confini del mondo di Marcello Simoni. Il romanzo è pubblicato in Italia da Newton Compton con un prezzo di copertina di 5,90 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto) ed è disponibile in eBook al prezzo di euro 5,99.
Il labirinto ai confini del mondo: trama del libro
Napoli, Anno del Signore 1229. La scia di omicidi lasciata da un pericoloso e sfuggente cavaliere costringe l’inquisitore Konrad von Marburg a indagare sulla setta dei Luciferiani, devota a un antichissimo culto astrale. Suger de Petit-Pont, un “magister medicinae” cacciato dall’università di Notre-Dame, si trova suo malgrado coinvolto nella vicenda, attirando su di sé i sospetti di von Marburg. Ma non sarà l’unico a cadere nelle sue mani, avide di assicurare un colpevole alla giustizia divina: Ignazio da Toledo, giunto infatti a Napoli per vendere una reliquia, infiammerà i sospetti dell’inquisitore, fino al punto da essere ritenuto addirittura a capo dei famigerati Luciferiani e responsabile di tutti i delitti. Trovare una via d’uscita e dimostrare la propria innocenza non sarà affatto facile: Ignazio inizierà una complicata e rischiosa ricerca, che lo spingerà nel sud d’Italia, fino in Sicilia, alla “Corte dei miracoli” di Federico II. Il mistero sulla temibile setta si cela forse tra le mura del palazzo imperiale? E cosa nascondono i Luciferiani di così prezioso da valere il sacrificio di tante vite?
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Basilica minor di Seligenstadt
L’alba indugiava, soffocata da una notte impenetrabile. Una notte che forse sarebbe durata in eterno. Nella basilica carolingia, in una stanza lontana dal dormitorio, Konrad von Marburg era affacciato alla finestra. Osservava il paesaggio ammantato di buio, immobile come un cane da punta che ha fiutato la preda. Era in attesa di qualcosa, un segno, una visione, e in cuor suo non sapeva se si sarebbe manifestato davanti ai suoi occhi o nel profondo dell’anima. Aveva già intuito, tuttavia, di cosa si trattasse. Dopo trent’anni di roghi ed esorcismi, era certo di non sbagliarsi. L’aveva percepito come un suono uscito dalle tenebre, il nitrito di un destriero. Ed era pronto a combattere.
Socchiuse le palpebre, sprezzante dell’aria gelida che gli sferzava il viso. Il vento del nord sibilava per i campi e lungo le strade come una furia. Carezze di una natura matrigna, doni di un inverno che stringeva la Turingia e la Renania in una morsa ghiacciata. Vi coglieva quasi un avvertimento, un anticipo di quanto l’aspettava. Perché lui, Konrad von Marburg, era riuscito a scorgere la trama del Maligno negli eventi umani.
«Fiat voluntas tua», ruminò, chinando lievemente il capo.
Chiuse gli scuri e si rivolse alla stanza in penombra. Sopra uno scrittoio l’attendevano due lettere, una vergata in tedesco, l’altra in latino. Le aveva scritte entrambe nel corso della notte, quasi di getto, e lasciate sul ripiano in attesa che l’inchiostro si fosse asciugato. La situazione era assai grave. Entro poche ore una staffetta sarebbe partita per consegnarle.
La prima era destinata al langravio di Turingia, il signore di quelle terre; la seconda invece a Sua Santità in persona, papa Gregorio IX. Avevano più o meno lo stesso contenuto, con lievi variazioni riguardo le formule di omaggio e di encomio.
Konrad sedette allo scrittoio e prese la missiva vergata in latino, per rileggerla alla luce di una bugia. Era consapevole di aver viziato il testo con qualche germanismo, ma sapeva anche di non doversene preoccupare. Quando ancora non era papa e rispondeva al nome di Ugolino di Anagni, Gregorio IX aveva viaggiato come legato apostolico in Germania ed era perfettamente in grado di comprendere la lingua tedesca.
Il testo diceva:
In nomine Domini Jesus Christi. A Sua Santità papa Gregorio, episcopo della Chiesa Cattolica e servo dei servi di Dio, il sottoscritto Konradus de Marburc, predicator verbi Dei, riporta i risultati delle sue indagini sulla corruzione eretica che infetta la Germania.
Nel mese di gennaio dell’anno corrente mi recai nella diocesi di Magonza per visitare la casa di un chierico di nome Wilfridus, già sospettato di eresia, e in quel luogo ravvisai le tracce inequivocabili dell’evocazione del Maligno. Presi atto dei molti segni necromantici che potei identificare, feci arrestare il chierico e infine lo sottoposi a interrogatorio. Nonostante mi trovassi di fronte a un religioso e non a un semplice laico, ottemperai con fermezza al mio ufficio.
L’interrogato provò a mentire, com’è solito fare chi intende nascondere la propria colpevolezza, poi confessò di venerare una trinità eretica più antica di quella cristiana, che io sospetto essere Lucifero nell’atto di anteporsi alla Santissima Trinità. A riprova di tali sospetti, Wilfridus recava sulla mano destra il segno del patto con il Maligno, che per decenza e timor di Dio ometto di descrivere alla Santità Vostra.
Cosa ancor più grave, l’interrogato confessò di essere stato iniziato a questo culto blasfemo da un magister di Toledo. Lo descrisse come un uomo alto, magro, vestito di scuro, e giurò di non conoscerne il nome. Io però, in base a precedenti indagini, so bene di chi si tratti. È l’Homo Niger, l’Uomo Nero che sovente si manifesta agli eretici durante i loro turpi conciliaboli.
Di fronte a simili evidenze, chiedo licenza di estendere l’indagine a sud della corona alpina, dove, a detta dell’interrogato, si nasconderebbe la setta più importante fondata dal magister di Toledo. E poiché i gregari di codesta setta si abbandonano alla più aberrante delle eresie, ovvero il culto di Lucifero, auspico che questi Luciferiani siano fulminati da anatema e puniti dal vincastro della Santa Romana Chiesa.
Risuonò un rumore, uno scalpiccio di sandali proveniente dal corridoio attiguo. Konrad sollevò lo sguardo dall’incartamento e rimase in ascolto finché non vide un uomo presentarsi all’uscio. Era un francescano con un’ampia tonsura cinta da una raggiera di capelli ispidi, il volto illuminato da due occhi d’asceta.
«Gerhard von Lützelkolb, amico mio». Von Marburg si alzò in piedi, allargando le braccia. «Stavo proprio interrogandomi sul vostro indugiare».
Il frate fece un breve inchino e inspirò profondamente, a più riprese. Doveva aver corso. «Sono stato trattenuto, magister. Perdonatemi».
Magister. Konrad veniva chiamato in quel modo da circa due anni, da quando il Santo Padre gli aveva affidato un compito di grande importanza, un indubbio segno di predilezione ma anche un immane fardello. A nessuno, prima di allora, era mai stato conferito l’incarico di indagare sull’eresia con lo scopo preciso di estirparla, a ogni costo. Un simile potere lo metteva al di sopra di qualsiasi vescovo, priore o abate, e suscitava in chiunque un reverenziale timore.
Gerhard von Lützelkolb si guardò intorno, stringendosi nella guarnacca di lana che indossava sopra il saio. Dava l’impressione di cercare una fonte di calore, che però non trovò. «In questa stanza si gela».
«Il gelo purifica», ribatté il religioso, con una nota di rimprovero.
Il frate si morse la lingua. Il rigore di von Marburg era ben noto. «Ebbene, magister. Cosa ordinate?».
Konrad gli fece cenno di attendere. Diede un’ultima scorsa alle lettere, poi le sigillò con la cera e gliele porse. «Vanno inviate subito, mi raccomando».
«Le staffette sono già pronte a partire». Gerhard soppesò i due rotoli con titubanza. Le mani gli tremavano, una strana luce trapelava dal suo sguardo.
Konrad lo scrutò con attenzione. Era solito non lasciarsi sfuggire nulla, nemmeno il minimo particolare. «Qualcosa vi turba?».
Prima di rispondere, il francescano emise una sorta di rantolo. «È accaduta una cosa terribile, magister».
«Spiegatevi».
«Riguarda il clerico Wilfridus, l’eretico che avete appena interrogato».
«Ebbene? L’ho fatto segregare in cella, in attesa che venga impiccato».
«Non ce ne sarà bisogno». La bocca di Gerhard si storse. «È già morto».
Konrad serrò i pugni contro il petto. «Ma come…».
«Le guardie l’hanno trovato coperto di ustioni, ecco il motivo del mio ritardo. Ustioni terribili, a causa di… qualcosa che si è conficcato nel suo costato». Il frate indugiò. «La sua cella è pregna del tanfo dello zolfo».
«Nessuno ha visto nulla?»
«No, ma… Come può essere accaduto? Era impossibile entrare in quella cella. La finestra che dà all’esterno è troppo angusta perché vi possa passare un…».
«Un uomo?». Konrad gli batté le mani sulle spalle, un sorriso cupo sul volto. Ecco, pensò, il segno che stava aspettando. Prima di parlare pregustò il sapore delle parole. «Non abbiate tema di dar voce ai vostri pensieri, amico mio. Stanotte, il Maligno cavalca su queste terre».
Gerhard si fece il segno della croce, quasi per proteggersi da una maledizione.
«Suvvia, fate consegnare quelle lettere», lo spronò Konrad. «E pregate il Signore di darci la forza».
Poi, nonostante il freddo intenso, si portò di nuovo alla finestra e spalancò gli scuri. Aveva bisogno di guardare fuori, di cercare nel buio. Il vento entrò con un sibilo nella stanza, smorzando la fiammella della bugia. E l’oscurità della notte, densa come il catrame, sommerse ogni cosa.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore di Comacchio rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Marcello Simoni.