Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Le lame di Myra di Licia Troisi, primo volume della saga del Dominio. Il romanzo è pubblicato in Italia da Mondadori con un prezzo di copertina di 19,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto)
Le lame di Myra: trama del libro
Dopo l’apocalisse dei Cento Giorni d’Ombra, il Dominio è stato quasi interamente ricoperto di ghiacci e nevi. Solo le terre più a Sud rimangono temperate e rigogliose, mentre a Nord si muovono popoli in costante lotta per la sopravvivenza, spesso in guerra tra loro. La grande federazione di clan agli ordini di Acrab ha però un sogno molto più grande che la conquista di un pezzo di terra. Lui non vuole solo trovarsi uno spazio all’interno del Dominio, ma vuole rovesciarlo, distruggendo il potere dei maghi detti Camminanti. La loro magia, infatti, sfrutta la sofferenza degli Elementali, che i Camminanti hanno ridotto in schiavitù, mentre Acrab immagina un regno dove umani ed Elementali convivano. La strada per arrivarvi, però, passa attraverso la conquista dei numerosi regni che compongono il Dominio, una cruenta battaglia dopo l’altra. In prima fila nell’esercito di Acrab vi è Myra, che il comandante ha salvato dall’arena degli schiavi e cresciuto come una figlia. La sua abilità con i walud, le spade a forma di mezzaluna, ha assicurato all’esercito di Acrab la vittoria in più di un’occasione. Ora, però, Myra ha un’altra e più personale battaglia da combattere. A differenza di quanto ha sempre creduto, ha scoperto infatti che la sua famiglia non è stata uccisa per una disputa sulla terra, ma per un segreto che porta alla morte chiunque ne venga a conoscenza. Myra parte così alla ricerca della verità…
Approfondimenti sul libro
Le lame di Myra è in vendita anche in formato eBook al prezzo di euro 7,99.
Si tira su e ricomincia a correre. La spalla urla di dolore, la vista si offusca, ma lei continua imperterrita. Non si tratta solo di salvarsi. Per qualche ragione si convince che se corre abbastanza veloce riuscirà a lasciarsi alle spalle tutto quello che è successo. Tallia in un lago di sangue, il nemico col pugnale che gli spunta dal petto e gli occhi vuoti di suo padre.
Soprattutto gli occhi di suo padre.
Inciampa e cade di nuovo, senza fiato. È finita, non ce la fa più. Si trascina, ma riesce a percorrere solo poche braccia. Rimane distesa al suolo. E la realtà l’afferra in tutta la sua crudezza, come una tempesta che infuria e devasta ogni cosa.
Si domanda perché: perché è successo tutto questo, perché a lei? Lei e Fadi non hanno mai fatto del male a nessuno, e quella terra era loro, secondo gli uomini e secondo Ajel, il dio dei Biaswadi. Forse l’unica risposta è proprio questa: aveva tutto, e non doveva. È stata punita perché aveva l’affetto di suo padre e la sicurezza di una casa. Ha peccato perché è stata felice, e la felicità è un lusso pericoloso. Non era per quello che i Primi erano stati spazzati via dalla faccia del mondo?
È una giornata perfetta. Il risveglio con l’odore dei melhak e dei kossuth, i suoi dolci preferiti, zuppi di miele e pieni di quella frutta secca che lei adora, e suo padre che entra nella sua stanza col vassoio. “Tanti auguri, rospo” le dice. E lei gli salta al collo, facendogli quasi cadere tutto.
È il suo compleanno, otto anni, e va tutto alla perfezione. Lei e suo padre vivono ad Antraph, nel Biaswad, il territorio più a sud del Dominio, nel mezzo della Piana dell’Abbondanza. È il granaio del Dominio, l’unico luogo, in quel mondo gelato, in cui l’estate è lunga e mite a sufficienza per permettere di coltivare la terra con profitto. Hanno un piccolo appezzamento, regalo di un vecchio padrone di Fadi, e ci fanno crescere quanto basta al loro sostentamento. Non sono latifondisti, e Fadi si fa aiutare solo da un paio di schiavi thyrren, che si ostina a pagare perché non ha mai voluto comprarli. La loro è una vita semplice, ma a Myra piace. Le piace lavorare la terra, guardare la vita che nasce, tenace e miracolosa, dai semi, le piace faticare. Non riesce a immaginare un futuro diverso.
Sa che suo padre ha un passato burrascoso. Era un Rewadir, i guerrieri biaswadi che usano i walud, le due lame ricurve che si possono unire con una catena per formare una lancia a due punte. Lui non ne parla molto, tranne quando si esercitano.
“Oggi però niente allenamento” dice Myra seria mentre, ancora a letto, mangia i dolcetti.
“Myra…” attacca Fadi.
“Ti prego, è il mio compleanno!”
Myra non ha mai capito perché Fadi insista a volerla addestrare alle armi. Nessuna ragazzina, intorno a lei, lo fa. Tutte si dedicano a cose molto più femminili: imparano a cucire, a cantare… Lei è l’unica che tutti i pomeriggi deve fare quei noiosi esercizi.
“Ti fa bene: ti fa crescere alta e bella” dice suo padre, ma a lei non interessa. Le figlie dei Munak, i grandi proprietari terrieri loro vicini a cui un tempo appartenevano le loro terre, non si addestrano alla spada, e sono bellissime, con la loro pelle d’ebano e il fisico slanciato e delicato. Eppure è brava, lo sa. Il suo corpo reagisce come dovrebbe, apprende movimenti difficili con naturalezza. Semplicemente, non le interessa.
Fadi sbuffa. “D’accordo.”
Myra esulta.
“Poi ci sarebbe quell’altra cosa…” mormora.
Lo sguardo di Fadi si indurisce. “No” dice secco.
Myra non insiste. Mette soltanto il broncio, sperando che serva, ma Fadi raccoglie i resti della sua colazione ed esce, troncando la conversazione. Così, trascinando i piedi, Myra va nell’altra stanza, dove Fadi è già pronto. In mano ha un lungo coltello molto affilato, e davanti a lui c’è una sedia. Myra ci si accomoda, e lui comincia.
È un rito cui deve sottostare ogni mattina. Fadi le rasa la testa. È uno dei misteri della sua vita: pur essendo una Thyrren, lei ha i capelli. Tutti gli altri sono calvi. Durante la notte, le cresce sulla testa una peluria candida, come quella degli Alboniti.
Myra ha provato a indagare, ha chiesto a Fadi se suo padre – il suo padre biologico – non fosse un Camminante. Fadi ha negato, ma, secondo lei, con scarsa convinzione.
“Perché mi devo rasare?” domanda ora, come se non lo avesse già fatto innumerevoli altre volte.
“Perché la gente è stupida e non ama chi è diverso. Tu già sei una Thyrren e non sei schiava, figurarsi se ti vedessero i capelli…” Anche la risposta è sempre la stessa, ma non l’ha mai soddisfatta.
Myra si presta comunque di buon grado alla rasatura. Anche perché le piacciono i tatuaggi che le ha fatto Tallia: sopra le orecchie ci sono due draghi e al centro della testa un intrico di fiori. Certo, farsi crescere i capelli è sempre stato un suo desiderio: è sicura che creerebbero un contrasto straordinario con i suoi occhi rossi come il sangue, profondi e grandi. E le darebbero un’aria interessante, diversa da quella di tutte le altre bambine del luogo. Non è forse bello essere diversi, particolari?
Ma non importa, è il suo compleanno, e non vuole rovinarselo.
La giornata scorre nei soliti argini, e Myra è contenta. Invece di allenarsi, svuota le risaie con suo padre, una cosa che ha sempre amato fare. Sguazza con i piedi immersi nell’acqua, misura il deflusso lungo le caviglie. L’estate biaswadi è al culmine, il sole bacia caldo la sua pelle. In nessun altro posto del Dominio è così piacevole.
Tallia arriva nel pomeriggio.
“Dov’è la mia piccola Myra?” dice.
È una Thyrren corpulenta, che a Myra è sempre sembrata vecchia da che ne ha memoria. Per lei è stata una specie di madre. Ha aiutato suo padre a crescerla, c’è sempre stata in tutti i momenti importanti, e non poteva mancare oggi.
“Otto anni… la mia piccolina che diventa sempre più grande…” dice con la voce già macchiata di commozione.
“Zia, però ora non metterti a piangere… Piuttosto, passiamo alle cose serie.” Myra sporge le mani. “Regalo?”
Tallia fa la preziosa, si fa pregare, fino a quando non tira fuori il regalo da dietro la schiena: è un piccolo involto di cuoio che Myra conosce bene.
Infatti, gioisce. “Un altro tatuaggio!”
Tallia sorride. “Proprio in cima alla testa, come le giovani signorine.”
“Fammi capire” scherza Fadi “ti piace soffrire il giorno del tuo compleanno?”
“Sta’ zitto, che tu non mi hai ancora regalato niente.”
“Dopo, dopo…” dice lui, misterioso.
Il tatuaggio in effetti è un po’ doloroso, ma Myra ci è abituata. I primi Tallia glieli ha fatti quando aveva due anni. E questo, una volta completato, la lascia senza parole. È una rosa in boccio, che sta per aprirsi. I colori e le ombre sui petali sono così perfetti che sembra vera.
“Oh, zia, è meravigliosa!” dice Myra con gli occhi che le luccicano e l’abbraccia con forza.
“Sei tu che sei meravigliosa.”
Quando cala la sera, cenano. Tallia ha cucinato per dieci, e il profumo di spezie è inebriante. Mangiano fino a sentirsi male, tutti e tre insieme: Myra, suo padre e la cosa più vicina a una madre che lei abbia mai avuto.
È al termine della serata che finalmente Fadi si alza e va a prendere il suo regalo.
“Io lo so cos’è…” dice Tallia con aria misteriosa.
“Mi piacerà?”
Tallia le si fa vicina. “I walud di tuo padre” mormora.
“Davvero?” Myra è delusa.
“Tanti auguri ancora” le dice Fadi e finalmente le allunga l’involto. È di carta di riso, e dal peso e dalla forma non può certo contenere armi. Tallia ride, la stava prendendo in giro.
Myra scarta l’involucro eccitata. Ne viene fuori un vestito da principessa. È blu notte, il colore biaswadi per eccellenza, e la tunica è bordata da sottilissimi fregi dorati. La stoffa dei calzoni è grigio chiaro, cangiante.
Myra è estasiata. Guarda suo padre con gli occhi lucidi, non sa che dire.
“Lo so che ti piace questa roba, e allora…” si schernisce Fadi. Lei sa che non capisce niente di vestiti e che preferirebbe lei avesse interessi più vicini ai suoi. Proprio per questo il dono è ancora più prezioso.
“È la cosa più bella che abbia mai visto, grazie!” Stringe la stoffa al petto. È fredda, liscia, magnifica. Si alza e abbraccia fortissimo suo padre. “Sei il miglior papà del mondo” dice e lo sente tremare appena sotto il suo tocco. Poi vola nell’altra stanza e indossa l’abito. Si sente davvero una principessa. Vorrebbe andare dalle figlie dei Munak a farsi vedere, a mostrar loro quanto è bella ora. E magari lo farà. Adesso le basta farsi vedere da Tallia e da suo padre.
Tallia si commuove, e anche Fadi sembra colpito. Myra corre allo specchio che c’è in un angolo, l’unico della casa, e si contempla a lungo. È bellissima.
Vanno a letto che è già tardi, così tardi che Fadi non si fida di far tornare Tallia dai Munak. Il percorso è lungo, insidioso. Dormirà con loro, e lui domani pagherà la notte ai suoi padroni. Non sarà un problema: il linguaggio dei soldi è l’unico che i Munak comprendono. Le cose sono cambiate da quando Noorjeb, il capofamiglia, è morto. I figli non sono alla sua altezza.
Myra è così sfinita che non si toglie neppure il vestito, e Fadi la lascia coricarsi così.
Prima di cedere alla stanchezza, Myra riassapora con lentezza ogni istante della giornata. Sì, è stata davvero perfetta.
Poi, piano, si addormenta.
Si risveglia all’improvviso, non sa a che ora. Sa solo che la stanza rifulge di riflessi rossastri e che l’aria è spessa, ha uno strano odore. Per qualche istante, Myra è disorientata. La sua mente è ancora sulla splendida giornata trascorsa, e del resto indossa il vestito da principessa che le ha regalato suo padre.
È Tallia a scuoterla di colpo. Irrompe nella sua stanza trafelata, con indosso solo una lunga camicia da notte bianca che copre le sue forme abbondanti. In faccia ha un’espressione che Myra non le ha mai visto, tra le mani stringe un corto pugnale.
“Alzati, forza” le dice prendendola per un braccio.
Myra sente la paura montare. “Che sta succedendo?”
“Ce ne dobbiamo andare.”
Per la biografia e la bibliografia completa della scrittrice italiana rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Licia Troisi.
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