Corredato da un’ampia anteprima, ecco il riassunto della trama di Lunar Park di Bret Easton Ellis, romanzo edito in Italia da Einaudi con un prezzo di copertina di 16,00 euro (ma online lo si può acquistare con il 15% di sconto). Il titolo è disponibile anche in eBook al prezzo di euro 6,99.
Lunar Park: trama del libro
Lo scrittore maledetto Bret Easton Ellis decide di mettere la testa a posto e di sposare un’attrice famosa, una ex dalla quale ha avuto un figlio non riconosciuto. La famiglia (c’è anche una bambina, figlia di lei) va ad abitare in un elegante sobborgo del New England e Bret insegna scrittura creativa al college. Sembrerebbe una vita normale, finché l’uomo non scopre l’orrore della normalità, dell'”American way of life”: psicofarmaci per bambini, griffe, snobismi, nevrosi, adulteri e rivalità. Ma anche lapidi che spuntano nel giardino, cani che impazziscono, giocattoli che si animano… Ellis presenta un romanzo sotto forma di autobiografia semi-immaginaria, venata di caustica ironia.
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Questa è la prima frase di Lunar Park, e nella sua brevità e semplicità doveva essere un ritorno alla forma, un’eco, della frase iniziale del mio primo romanzo, Meno di zero.
«La gente ha paura di buttarsi nel traffico delle autostrade a Los Angeles».
Da allora le frasi iniziali dei miei romanzi – per quanto ben costruite – sono diventate sempre piú complicate ed elaborate, sovraccariche di un’enfasi pesante e inutile sui minimi dettagli.
Il mio secondo romanzo, Le regole dell’attrazione, ad esempio cominciava cosí:
e insomma forse è una storia noiosa ma non ti tocca ascoltarla per forza, mi ha detto, perché aveva sempre saputo che sarebbe andata a finire cosí, e comunque, secondo lei, era successo durante il primo anno di college a Camden, e precisamente un fine settimana, un venerdí di settembre, tre o quattro anni prima, e si era sbronzata a tal punto che era finita in un letto, aveva perduto la verginità (tardi, a diciotto anni) nella stanza di Lorna Slavin – perché allora era una matricola e aveva una compagna di stanza, e Lorna, ricorda, era al terzo o al quart’anno, e qualche volta andava dal suo ragazzo che stava fuori campus, e che in teoria avrebbe dovuto essere al secondo anno di corso in ceramica ma che era invece uno studente di cinema della New York University venuto su nel New Hampshire giusto per il party Vestíti Per Farsi Scopare, oppure uno del posto.
Quello che segue è l’inizio del mio terzo romanzo, American Psycho.
LASCIATE OGNI SPERANZA VOI CH’ENTRATE sta scritto a grandi lettere rosso sangue sul muro della Chemical Bank vicino all’angolo tra l’Undicesima e la Prima e la scritta è tanto grossa da saltare agli occhi dal sedile posteriore del taxi che strattona nel traffico proveniente da Wall Street e proprio mentre Timothy Price nota quelle parole sopraggiunge un autobus e la pubblicità di Les Misérables sulla fiancata va a coprirgli la visuale, ma Price che è alla Pierce & Pierce e ha ventisei anni non sembra farci caso e dice al tassista che gli darà cinque dollari se alza il volume della radio, c’è Be My Baby sulla WYNN, e il conducente, un nero non americano, esegue.
Questo è l’incipit del mio quarto romanzo, Glamorama:
Puntini – sul terzo pannello ci sono puntini dappertutto, non vedete? – no, non quello, il secondo dal basso, ieri volevo mostrarli a qualcuno ma poi c’era un servizio fotografico e Yaki Nakamari o come cazzo si chiama il designer – si fa per dire – mi ha scambiato per qualcun altro e cosí non sono riuscito a farmi sentire, ma ragazzi – e ragazze – eccoli: irritanti, minuscoli puntini che non sembrano lí per caso ma fatti da qualche macchina – quindi niente stronzate, solo la storia, nuda e cruda, senza fronzoli, solo i fatti: chi, che cosa, dove, quando e non dimentichiamo il perché, anche se a giudicare dalle vostre brutte facce ho la netta impressione che il perché non avrà risposta – dunque, allora, si può sapere cosa cazzo succede?
(Acqua dal sole era una raccolta di racconti pubblicata tra American Psycho e Glamorama: dato che l’avevo scritta quasi tutta quand’ero ancora al college – prima della pubblicazione di Meno di zero – rappresentava un esempio del medesimo nudo minimalismo).
Come poteva immaginare chiunque avesse seguito i progressi della mia carriera – se è vero che la finzione narrativa svela involontariamente la vita interiore dell’autore –, le cose mi stavano sfuggendo di mano, o per dirla con il «New York Times», il mio modo di scrivere sembrava ormai «bizzarramente complicato… borioso e triviale… drogato», e io non ero necessariamente in disaccordo. Volevo tornare all’antica semplicità. La vita che conducevo mi opprimeva, e quelle frasi iniziali parevano la conseguenza di ciò che era andato a rotoli. Era arrivato il momento di tornare alle origini, e anche se speravo che quella frase essenziale – «Sei una perfetta caricatura di te stesso» – potesse dare il via al cambiamento, sapevo che non sarebbe bastata una serie di parole per sbarazzarmi del disordine e dei disastri che si erano accumulati attorno a me. Ma sarebbe stato l’inizio.
Da studente, al Camden College nel New Hampshire, mi ero iscritto a un corso di scrittura creativa e nell’inverno del 1983 avevo tirato fuori un manoscritto che alla fine era diventato Meno di zero. Raccontava per filo e per segno le vacanze di Natale a Los Angeles – per la precisione a Beverly Hills – di uno studente ricco, alienato e sessualmente ambiguo, iscritto a un college della costa orientale, descrivendo tutte le feste per cui vagava e tutte le droghe che prendeva e tutte le ragazze e i ragazzi con cui faceva sesso e tutti gli amici che osservava passivamente mentre si perdevano nella tossicodipendenza, nella prostituzione e in una smisurata apatia; giorni passati correndo strafatti di Nembutal con bellissime bionde su cabriolet scintillanti verso la spiaggia; notti perdute nelle sale vip dei club alla moda e tirando cocaina ai tavoli in vetrina di Spago. Era un atto d’accusa non solo a uno stile di vita che mi era familiare ma anche – pensavo con una certa presunzione – ai reaganiani anni Ottanta e, indirettamente, alla civiltà occidentale contemporanea. Anche il mio insegnante ne era convinto, e dopo un po’ di editing e di revisioni casuali (l’avevo scritto di getto in otto settimane di iperattività anfetaminica sul pavimento della mia stanza a L.A.) l’aveva passato al suo agente e al suo editore, che l’avevano accettato (l’editore con una certa riluttanza – un membro del comitato di lettura aveva argomentato: «Se c’è un pubblico per un romanzo che parla di zombie che tirano coca e sparano pompini, be’, allora questa cazzo di roba dobbiamo pubblicarla ad ogni costo»), e io avevo assistito con un misto di paura e di incanto – e con un pizzico di eccitazione – alla trasformazione del mio dattiloscritto da compito in classe a lucido volume rilegato destinato a diventare un grandissimo bestseller e una pietra di paragone dello Zeitgeist, tradotto in trenta lingue e portato sullo schermo in una grossa produzione hollywoodiana, tutto nel giro di circa sedici mesi. E all’inizio dell’autunno del 1985, appena quattro mesi dopo la pubblicazione, mi capitarono allo stesso tempo tre cose: diventai autonomamente ricco, irragionevolmente famoso e, cosa piú importante, sfuggii al controllo di mio padre.
Mio padre aveva fatto la maggior parte dei suoi soldi grazie ad affari immobiliari altamente speculativi durante gli anni di Reagan, e la libertà comprata con quei soldi l’aveva reso sempre piú instabile. D’altra parte mio padre – menefreghista, violento, alcolizzato, vanitoso, collerico, paranoico – era sempre stato un problema, e perfino dopo il divorzio dei miei genitori (chiesto da mia madre) durante la mia adolescenza il suo potere e la sua autorità avevano continuato a incombere sulla famiglia (composta anche da due sorelle piú piccole) attraverso modalità sempre e solo monetarie (infinite discussioni tra gli avvocati a proposito degli alimenti e degli assegni di mantenimento per i figli). La sua missione, la sua crociata, era di indebolirci, di renderci acutamente consapevoli di come fosse colpa nostra – e non del suo modo di comportarsi – se non volevamo piú avere a che fare con lui.
Per la biografia e la bibliografia completa dello scrittore americano rimandiamo i lettori alla pagina di Wikipedia dedicata a Bret Easton Ellis.
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